CODICE DI DIRITTO CANONICO
LIBRO I
NORME GENERALI
Can. 1 - I canoni di
questo Codice riguardano la sola Chiesa latina. 2 Can. 2 - Il Codice il più
delle volte non definisce i riti, che sono da osservarsi nel celebrare le
azioni liturgiche; di conseguenza le leggi liturgiche finora vigenti
mantengono il loro vigore, a meno che qualcuna di esse
non sia contraria ai canoni del Codice. 3 Can. 3 - I canoni del
Codice non abrogano le convenzioni stipulate dalla Sede Apostolica con le
nazioni o con le altre società politiche né ad esse derogano;
le medesime perciò continuano ad essere in vigore come al presente, non
opponendosi in alcun modo le disposizioni contrarie di questo Codice. 4 Can. 4 - I diritti
acquisiti, e parimenti i privilegi che, concessi dalla Sede Apostolica fino
al presente alle persone sia fisiche sia giuridiche, sono in uso e non
revocati, permangono integri, a meno che non siano
espressamente revocati dai canoni di questo Codice. 5 Can. 5
- §1. Le consuetudini sia universali sia particolari vigenti al
presente contro le disposizioni di questi canoni, che sono riprovate dagli
stessi canoni di questo Codice, sono soppresse del tutto, né siano lasciate
rivivere in futuro; anche le rimanenti si ritengano soppresse, a meno che non
sia disposto espressamente altro dal Codice oppure
siano centenarie o immemorabili; queste appunto, se a giudizio dell'Ordinario
non possono essere rimosse a causa di circostanze di luoghi e di persone,
possono essere tollerate. §2. Le consuetudini fuori
del diritto finora vigenti, sia universali sia particolari, sono conservate. 6 Can. 6
- §1. Entrando in vigore questo Codice, sono abrogati: 1) il Codice di Diritto
Canonico promulgato nell'anno 1917; 2) anche le altre leggi,
sia universali sia particolari, contrarie alle disposizioni di questo Codice,
a meno che non sia disposto espressamente altro circa quelle
particolari; 3) qualsiasi legge
penale, sia universale sia particolare emanata dalla Sede Apostolica, a meno
che non sia ripresa in questo stesso Codice; 4) così pure tutte le altre
leggi disciplinari universali riguardanti materia, che viene
ordinata integralmente da questo Codice. §2. I canoni di questo
Codice, nella misura in cui riportano il diritto antico, sono da valutarsi
tenuto conto anche della tradizione canonica. Can. 7 - La legge è
istituita quando è promulgata. 8 Can. 8
- §1. Le leggi ecclesiastiche universali sono promulgate con
l'edizione nella gazzetta ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis, a meno che
in casi particolari non sia stato stabilito un modo
diverso di promulgare; ed entrano in vigore soltanto compiuti tre mesi dal
giorno apposto al numero degli Acta, a meno che non obblighino immediatamente
per la natura delle cose oppure nella stessa legge sia stata stabilita in
modo speciale ed espressamente una più breve o una più lunga vacanza. §2. Le leggi particolari
sono promulgate nel modo determinato dal legislatore e cominciano a obbligare dopo un mese dal giorno della promulgazione, a
meno che nella stessa legge non sia stabilito un termine diverso. 9 Can. 9 - Le leggi
riguardano le cose future, non le cose passate, a meno che non si disponga nominatamente in esse delle cose passate. 10 Can. 10 - Sono da
ritenersi irritanti o inabilitanti solo quelle leggi, con le quali si stabilisce
espressamente che l'atto è nullo o la persona è inabile. 11 Can. 11 - Alle leggi
puramente ecclesiastiche sono tenuti i battezzati nella Chiesa cattolica o in
essa accolti, e che godono di sufficiente uso di
ragione e, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto, hanno
compiuto il settimo anno di età. 12 Can. 12
- §1. Alle leggi universali sono tenuti dovunque tutti coloro per i
quali sono state date. §2. Dalle leggi
universali invece, che non sono in vigore in un determinato territorio, sono
esenti tutti quelli che si trovano attualmente in
tale territorio. §3. Alle leggi fatte per
un territorio peculiare sono sottoposti coloro per i quali sono state date e
che in esso hanno il domicilio o il quasi-domicilio
e insieme attualmente vi dimorano, fermo restando il disposto del can. 13. 13 Can. 13
- §1. Le leggi particolari non si presumono personali, ma
territoriali, se non consta altrimenti. §2. I forestieri non sono
obbligati: 1) alle leggi particolari
del loro territorio fino a quando ne sono assenti, a meno che o la loro
trasgressione rechi danno nel proprio territorio, o le leggi siano personali; 2) e neppure alle leggi
del territorio in cui si trovano, eccetto quelle che provvedono all'ordine
pubblico, o determinano le formalità degli atti, o riguardano gli immobili
situati nel territorio. §3. I girovaghi sono
obbligati alle leggi, sia universali sia particolari, che sono
in vigore nel luogo in cui si trovano. 14 Can. 14 - Le leggi, anche
irritanti o inabilitanti, nel dubbio di diritto non urgono; nel dubbio di
fatto invece gli Ordinari possono dispensare da esse,
purché, se si tratta di dispensa riservata, venga solitamente concessa
dall'autorità cui è riservata. 15 Can. 15
- §1. L'ignoranza o l'errore circa le leggi irritanti e inabilitanti
non impediscono l'effetto delle medesime, a meno che non sia
stabilito espressamente altro. §2. L'ignoranza o
l'errore circa la legge o la pena oppure su un fatto personale o intorno a un fatto notorio di altri non si presumono; circa un
fatto non notorio di altri si presumono, finché non si provi il contrario. 16 Can. 16
- §1. Interpreta autenticamente le leggi il legislatore e colui al
quale egli abbia concesso la potestà d'interpretarle
autenticamente. §2. L'interpretazione
autentica presentata a modo di legge ha la medesima forza della legge stessa
e deve essere promulgata; e se soltanto dichiara le parole di per sé certe
della legge, ha valore retroattivo; se restringe o estende la legge oppure
chiarisce quella dubbia, non è retroattiva. §3. L'interpretazione
invece a modo di sentenza giudiziale o di atto
amministrativo in cosa peculiare, non ha forza di legge e obbliga soltanto le
persone e dispone delle cose per cui è stata data. 17 Can. 17 - Le leggi
ecclesiastiche sono da intendersi secondo il significato proprio delle parole
considerato nel testo e nel contesto; che se
rimanessero dubbie e oscure, si deve ricorrere ai luoghi paralleli, se ce ne
sono, al fine e alle circostanze della legge e all'intendimento del
legislatore. 18 Can. 18 - Le leggi che
stabiliscono una pena, o che restringono il libero esercizio dei diritti, o
che contengono un'eccezione alla legge, sono sottoposte a
interpretazione stretta. 19 Can. 19 - Se su una
determinata materia manca una espressa disposizione
di legge sia universale sia particolare o una consuetudine, la causa, se non
è penale, è da dirimersi tenute presenti le leggi date per casi simili, i
principi generali del diritto applicati con equità canonica, la giurisprudenza
e la prassi della Curia Romana, il modo di sentire comune e costante dei
giuristi. 20 Can. 20 - La legge
posteriore abroga la precedente o deroga alla medesima, se lo indica
espressamente, o è direttamente contraria a quella, oppure riordina integralmente
tutta quanta la materia della legge precedente; la legge universale però non
deroga affatto al diritto particolare o speciale, a meno che non sia disposto espressamente altro dal diritto. 21 Can. 21 - Nel dubbio la
revoca della legge preesistente non si presume, ma le leggi posteriori devono
essere ricondotte alle precedenti e con queste conciliate, per quanto è
possibile. 22 Can. 22 - Le leggi civili
alle quali il diritto della Chiesa rimanda, vengano
osservate nel diritto canonico con i medesimi effetti, in quanto non siano
contrarie al diritto divino e se il diritto canonico non dispone altrimenti. Can. 23 - Ha forza di
legge soltanto quella consuetudine, introdotta dalla comunità dei fedeli, che
sia stata approvata dal legislatore, a norma dei
canoni che seguono. 24 Can. 24
- §1. Nessuna consuetudine, che sia contraria al diritto divino, può
ottenere forza di legge. §2. Né
può ottenere forza di legge la consuetudine contro o fuori del diritto
canonico, che non sia razionale; ora la consuetudine che è espressamente
riprovata nel diritto, non è razionale. 25 Can. 25
- Nessuna consuetudine ottiene forza di legge, se non sarà stata
osservata da una comunità capace almeno di ricevere una legge, con l'intenzione
di introdurre un diritto. 26 Can. 26 - A meno che non sia stata approvata in modo speciale dal legislatore
competente, una consuetudine contraria al diritto canonico vigente o che è al
di fuori della legge canonica, ottiene forza di legge soltanto, se sarà stata
osservata legittimamente per trenta anni continui e completi; ma contro una
legge canonica che contenga la clausola che proibisce le consuetudini future,
può prevalere la sola consuetudine centenaria o immemorabile. 27 Can. 27 - La consuetudine
è ottima interprete delle leggi. 28 Can. 28 - Fermo restando
il disposto del can. 5, la consuetudine, sia contro sia al di fuori della
legge, è revocata per mezzo di una consuetudine o di una legge contraria; ma,
se non se ne fa espressa menzione, la legge non revoca le consuetudini
centenarie o immemorabili, né la legge universale revoca le consuetudini
particolari. 29 Can. 29 - I decreti
generali, con i quali dal legislatore competente vengono
date disposizioni comuni per una comunità capace di ricevere una legge, sono
propriamente leggi e sono retti dalle disposizioni dei canoni sulle leggi. 30 Can. 30 - Chi gode
soltanto della potestà esecutiva non può validamente
emanare il decreto generale, di cui al can. 29, a meno che in casi particolari
a norma del diritto ciò non gli sia stato espressamente concesso dal
legislatore competente, e adempiute le condizioni stabilite nell'atto della
concessione. 31 Can. 31
- §1. Possono dare i decreti generali esecutivi, con cui sono appunto
determinati più precisamente i modi da osservarsi nell'applicare la legge o
con cui si urge l'osservanza delle leggi, coloro che godono
della potestà esecutiva, entro i limiti della loro competenza. §2. Per ciò che attiene
alla promulgazione e alla vacanza dei decreti di cui al §1, si osservino le
disposizioni del can. 8. 32 Can. 32 - I decreti
generali esecutivi obbligano coloro che sono tenuti
alle leggi delle quali i decreti stessi determinano i modi di applicazione o
urgono l'osservanza. 33 Can. 33
- §1. I decreti generali esecutivi, anche se sono pubblicati nei
direttori o in documenti di altro nome, non derogano
alle leggi, e le loro disposizioni che siano contrarie alle leggi sono prive
di ogni vigore. §2. I medesimi decreti
cessano d'avere vigore per revoca esplicita o implicita fatta dall'autorità
competente, e altresì cessando la legge per la cui esecuzione furono dati; non cessano però venuto meno il diritto di
colui che li stabilisce, eccetto che non sia disposto espressamente il
contrario. 34 Can. 34
- §1. Le istruzioni, che propriamente rendono chiare le disposizioni
delle leggi e sviluppano e determinano i procedimenti nell'eseguirle, sono
date a uso di quelli il cui còmpito è curare che le
leggi siano mandate ad esecuzione e li obbligano nell'esecuzione stessa delle
leggi; le pubblicano legittimamente, entro i limiti della loro competenza,
coloro che godono della potestà esecutiva. §2. I dispositivi delle
istruzioni non derogano alle leggi, e se qualcuno non può accordarsi con le
disposizioni delle leggi, è privo di ogni vigore. §3. Le istruzioni cessano
di avere vigore non soltanto con la revoca esplicita o implicita
dell'autorità competente, che le pubblicò, o del suo superiore, ma anche
cessando la legge per chiarire o per mandare ad esecizio. CAPITOLO I
NORME COMUNI
35 Can. 35 - L'atto
amministrativo singolare, si tratti di un decreto o di un precetto oppure si
tratti di un rescritto, può essere prodotto, entro i limiti della sua
competenza, da colui che gode di potestà esecutiva,
fermo restando il disposto del can. 76, §1. 36 Can. 36
- §1. L'atto amministrativo è da intendersi secondo il significato
proprio delle parole e l'uso comune del parlare; nel dubbio, gli atti che si
riferiscono alle liti o che riguardano le pene da comminare
o da infliggere, oppure restringono i diritti della persona, o che ledono i
diritti acquisiti, o che sono contrari a una legge a vantaggio dei privati,
sono sottoposti a interpretazione stretta; tutti gli altri a interpretazione
larga. §2. Un atto
amministrativo non deve essere esteso ad altri casi al di
fuori di quelli espressi. 37 Can. 37 - L'atto
amministrativo, che riguarda il foro esterno, si deve consegnare per
iscritto; così pure il relativo atto di esecuzione,
se viene fatto in forma commissoria. 38 Can. 38 - L'atto
amministrativo, anche se si tratta di un rescritto dato Motu proprio, è privo
di effetto nella misura in cui lede un diritto
acquisito oppure è contrario a una legge o a una consuetudine approvata, a
meno che l'autorità competente non abbia aggiunto espressamente una clausola
derogatoria. 39 Can. 39 - Le condizioni
nell'atto amministrativo allora soltanto si reputano aggiunte per la
validità, quando sono espresse per mezzo delle congiunzioni "si",
"nisi", "dummodo". 40 Can. 40 - L'esecutore di
un atto amministrativo espleta invalidamente
il suo incarico, prima di aver ricevuto la lettera e di averne controllato
l'autenticità e l'integrità, a meno che non ne sia stata a lui trasmessa previamente
la notizia per autorità di colui che ha emesso l'atto. 41 Can. 41 - L'esecutore
dell'atto amministrativo cui viene affidato il
semplice còmpito dell'esecuzione, non può negare l'esecuzione di tale atto, a
meno che non appaia manifestamente che l'atto medesimo è nullo o per altra
grave causa non può essere sostenuto, oppure che le condizioni apposte nello
stesso atto amministrativo non furono adempiute; se tuttavia l'esecuzione
dell'atto amministrativo sembri inopportuna a motivo delle circostanze di
persona o di luogo, l'esecutore interrompa l'esecuzione; ma in questi casi ne
informi immediatamente l'autorità che ha emesso l'atto. 42 Can. 42 - L'esecutore
dell'atto amministrativo deve procedere a norma del mandato; se però non avrà
adempiuto le condizioni essenziali apposte nella lettera e non avrà osservato
la procedura sostanziale, l'esecuzione è invalida. 43 Can. 43 - L'esecutore
dell'atto amministrativo può farsi sostituire da un altro a suo prudente
arbitrio, a meno che la sostituzione non sia stata proibita, o non sia stata scelta l'abilità specifica della persona, o non
sia stata prestabilita la persona del sostituto; in questi casi però è lecito
all'esecutore affidare ad un altro gli atti preparatori. 44 Can. 44 - L'atto amministrativo
può essere mandato ad esecuzione anche dal successore nell'ufficio
dell'esecutore, a meno che non sia stata scelta
l'abilità specifica della persona. 45 Can. 45 - E' lecito
all'esecutore, se ha errato in qualche modo nell'esecuzione dell'atto amministrativo,
mandarlo di nuovo ad esecuzione. 46 Can. 46 - L'atto
amministrativo non cessa venuto meno il diritto di colui
che lo stabilisce, eccetto che non sia disposto espressamente altro
dal diritto. 47 Can. 47 - La revoca
dell'atto amministrativo per mezzo di un altro atto amministrativo
dell'autorità competente ottiene effetto unicamente dal momento in cui viene legittimamente notificato alla persona per la quale
è stato dato. CAPITOLO II I DECRETI E I PRECETTI SINGOLARI 48 Can. 48 - Per decreto
singolare s'intende un atto amministrativo emesso dalla competente autorità
esecutiva, mediante il quale secondo le norme del diritto è data per un caso
particolare una decisione o viene fatta una
provvisione, le quali per loro natura non suppongono una petizione fatta da
qualcuno. 49 Can. 49 - Il precetto
singolare è un decreto mediante il quale s'impone direttamente e
legittimamente a una persona o a persone determinate
qualcosa da fare o da omettere, specialmente per urgere l'osservanza di una
legge. 50 Can. 50 - Prima di dare
un decreto singolare, l'autorità ricerchi le notizie e le prove necessarie,
e, per quanto è possibile, ascolti coloro i cui diritti possono essere lesi. 51 Can. 51 - Il decreto si
dia per iscritto esponendo, almeno sommariamente, le
motivazioni, se si tratta di una decisione. 52 Can. 52 - Il decreto
singolare ha forza obbligante soltanto circa le cose sulle quali dispone e per le persone cui è dato; queste però le
obbliga dovunque, se non consta altro. 53 Can. 53 - Se i decreti
sono tra di loro contrari, quello peculiare, nelle
cose che vengono espresse in modo peculiare, prevale su quello generale; se
sono ugualmente peculiari o generali, quello successivo nel tempo obroga il precedente, nella misura in cui gli è
contrario. 54 Can. 54
- §1. Il decreto singolare, la cui applicazione viene
affidata all'esecutore, ha effetto dal momento dell'esecuzione; in caso
contrario dal momento in cui viene intimato alla persona per autorità di
colui che emette il decreto. §2. Il decreto singolare,
per poterne urgere l'osservanza, deve essere intimato con un legittimo
documento a norma del diritto. 55 Can. 55 - Fermo restando
il disposto dei cann. 37 e 51, quando una
gravissima ragione si frapponga alla consegna del testo scritto del decreto,
il decreto si ritiene intimato se viene letto alla
persona cui è destinato di fronte a un notaio o a due testimoni, con la
redazione degli atti, da sottoscriversi da tutti i presenti. 56 Can. 56 - Il decreto si
ritiene intimato, se colui al quale è destinato,
chiamato nel dovuto modo a ricevere o ad udire il decreto, senza giusta causa
non comparve o ricusò di sottoscrivere. 57 Can. 57
- §1. Tutte le volte che la legge impone di dare un decreto oppure da parte
dell'interessato viene legittimamente proposta una
petizione o un ricorso per ottenere il decreto, l'autorità competente
provveda entro tre mesi dalla ricezione della petizione o del ricorso, a meno
che la legge non disponga un termine diverso. §2. Trascorso questo
termine, se il decreto non fu ancora dato, la risposta si presume negativa,
per ciò che si riferisce alla proposta di un ulteriore
ricorso. §3. La presunta risposta
negativa non esime la competente autorità dall'obbligo di dare il decreto, e
anzi di riparare il danno eventualmente causato, a norma del can. 128. 58 Can. 58
- §1. Il decreto singolare cessa di avere vigore con la revoca
legittima da parte dell'autorità competente e altresì cessando la legge per
la cui esecuzione fu dato. §2. Il precetto
singolare, non imposto con legittimo documento, cessa venuto meno il diritto
di colui che lo ha dato. CAPITOLO III
I RESCRITTI
59 Can. 59
- §1. Per rescritto s'intende l'atto amministrativo dato per iscritto
dalla competente autorità esecutiva, per mezzo del quale, di sua stessa
natura, su petizione di qualcuno, viene concesso un
privilegio, una dispensa o un'altra grazia. §2. Le
disposizioni che sono stabilite sui rescritti, valgono anche per la
concessione della licenza, come pure per le concessioni di grazie fatte a
viva voce, se non consta altrimenti. 60 Can. 60 - Qualsiasi
rescritto può essere ottenuto da tutti coloro ai quali non è
proibito espressamente di farlo. 61 Can. 61 - Se non consta
altrimenti, un rescritto può essere ottenuto a favore di altra
persona, anche prescindendo dal suo assenso, e ha valore prima
dell'accettazione da parte del medesimo, salvo clausole contrarie. 62 Can. 62 - Il rescritto in
cui non viene assegnato alcun esecutore, ha effetto
dal momento in cui è firmata la lettera; gli altri, dal momento
dell'esecuzione. 63 Can. 63
- §1. Alla validità del rescritto si oppone la surrezione
o reticenza del vero, se nella richiesta non sono stati espressi quegli elementi
che secondo la legge, lo stile e la prassi canonica sono da esprimersi per la
validità, a meno che non si tratti di un rescritto
di grazia che sia stato dato Motu proprio. §2. Parimenti si oppone
alla validità del rescritto l'orrezione o esposizione
del falso, se neppure una delle cause motivanti
proposte è vera. §3. La causa motivante, nei rescritti nei quali non c'è alcun
esecutore, è necessario che sia vera al tempo in cui il rescritto fu dato;
negli altri al tempo dell'esecuzione. 64 Can. 64 - Salvo il
diritto della Penitenzieria per il foro interno,
una grazia negata da qualsiasi dicastero della Curia Romana, non può essere
validamente concessa da un altro dicastero della
medesima Curia o da un'altra competente autorità al di sotto del Romano
Pontefice, senza l'assenso del dicastero con cui si iniziò a trattare. 65 Can. 65
- §1. Salve le disposizioni dei §§2 e 3, nessuno richieda a un altro Ordinario una grazia negata dal proprio
Ordinario, se non fatta menzione del diniego; fatta però menzione,
l'Ordinario non conceda la grazia, senza aver avuto i motivi del diniego
dall'Ordinario precedente. §2. Una grazia negata dal
Vicario generale o dal Vicario episcopale, non può essere concessa
validamente da un altro Vicario dello stesso Vescovo, anche avuti i motivi
del diniego da parte del Vicario che ha negato la grazia. §3. Una grazia negata dal
Vicario generale o dal Vicario episcopale e in seguito, senza aver fatto
alcuna menzione di tale diniego, richiesta al Vescovo diocesano, è invalida;
una grazia negata però dal Vescovo diocesano non può essere validamente
richiesta, anche fatta menzione del diniego, al suo Vicario generale o al
Vicario episcopale, senza il consenso del Vescovo. 66 Can. 66 - Un rescritto
non diventa invalido a causa di errore nel nome
della persona cui viene dato o da cui è emesso, oppure del luogo in cui essa
stessa risiede, o della cosa di cui si tratta, purché, a giudizio
dell'Ordinario, non ci sia alcun dubbio circa la persona stessa o la cosa. 67 Can. 67
- §1. Se accadesse che su una medesima cosa
vengano richiesti due rescritti fra di loro contrari, quello peculiare, nelle
cose che sono espresse in modo peculiare, prevale su quello generale. §2. Se fossero
ugualmente peculiari o generali, il precedente nel tempo prevale su quello
posteriore, a meno che nel secondo non si faccia espressa menzione del
precedente, oppure se il primo richiedente non abbia fatto uso del suo
rescritto per dolo o per notevole negligenza. §3. Nel dubbio se il
rescritto sia invalido o no, si ricorra a colui che
ha dato il rescritto. 68 Can. 68 - Un rescritto
della Sede Apostolica in cui non viene assegnato
alcun esecutore, allora soltanto deve essere presentato all'Ordinario del
richiedente, quando ciò sia ingiunto nella lettera medesima, oppure si tratti
di cose pubbliche, o si renda necessario comprovare le condizioni. 69 Can. 69 - Il rescritto,
per la cui presentazione non è definito alcun tempo,
può essere esibito all'esecutore in qualsiasi momento, purché non ci siano
frode e dolo. 70 Can. 70 - Se nel
rescritto la stessa concessione fosse commessa
all'esecutore, spetta a lui secondo il suo prudente arbitrio e la sua
coscienza concedere o negare la grazia. 71 Can. 71 - Nessuno è
tenuto a usare un rescritto concesso solamente in
suo favore, a meno che per altro titolo a ciò non sia tenuto da obbligo
canonico. 72 Can. 72 - I rescritti
concessi dalla Sede Apostolica, che sono scaduti, possono
essere prorogati una sola volta per giusta causa da parte del Vescovo
diocesano, tuttavia non oltre tre mesi. 73 Can. 73 - Nessun
rescritto è revocato a causa di una legge contraria, a meno che la legge
stessa non disponga altrimenti. 74 Can. 74 - Benché una
persona possa usare in foro interno di una grazia concessale oralmente, è
tenuta a provarla per il foro esterno, ogniqualvolta ciò le sia legittimamente richiesto. 75 Can. 75 - Se il rescritto
contiene un privilegio o una dispensa, si osservino inoltre le disposizioni
dei canoni che seguono. CAPITOLO IV
I PRIVILEGI
76 Can. 76
- §1. Il privilegio, ossia una grazia in favore di determinate
persone, sia fisiche sia giuridiche, accordata per mezzo di un atto
peculiare, può essere concesso dal legislatore come pure dall'autorità
esecutiva cui il legislatore abbia conferito tale
potestà. §2. Il possesso
centenario o immemorabile induce la presunzione che il privilegio sia stato concesso. 77 Can. 77 - Il privilegio è
da interpretarsi a norma del can. 36, §1; ma ci si deve sempre servire di una interpretazione tale, per cui i dotati di privilegio
abbiano a conseguire davvero una qualche grazia. 78 Can. 78
- §1. Il privilegio si presume perpetuo, se non si prova il contrario. §2. Il privilegio
personale, cioè quello che segue la persona, si
estingue con essa. §3. Il privilegio reale
cessa con la distruzione totale della cosa o del luogo; il privilegio locale
però rivive, se il luogo viene ricostituito entro
cinquanta anni. 79 Can. 79 - Il privilegio
cessa per revoca da parte dell'autorità competente a norma del can. 47, fermo restando il disposto del can. 81. 80 Can. 80
- §1. Nessun privilegio cessa per rinuncia, a meno che questa non sia stata accettata dall'autorità competente. §2. Qualsiasi persona
fisica può rinunciare al privilegio concesso solamente in proprio favore. §3. Le persone singole
non possono rinunciare al privilegio concesso a una
persona giuridica, o in ragione della dignità del luogo o della cosa; né alla
stessa persona giuridica è lecito rinunciare a un privilegio a lei concesso,
se la rinuncia torni a pregiudizio della Chiesa o di altri. 81 Can. 81 - Venuto meno il
diritto del concedente, il privilegio non si estingue, a meno che non sia stato dato con la clausola ad beneplacitum
nostrum o con altra equipollente. 82 Can. 82 - Per non uso o
per uso contrario un privilegio non oneroso ad altri non cessa; quello invece che ritorna a gravame di altri, si perde, se
si aggiunge la legittima prescrizione. 83 Can. 83
- §1. Il privilegio cessa passato il tempo o esaurito il numero dei
casi per i quali fu concesso, fermo restando il disposto del can. 142, §2. §2. Cessa pure, se con il
progredire del tempo le circostanze, a giudizio dell'autorità competente,
sono talmente cambiate, che sia risultato nocivo o
il suo uso divenga illecito. 84 Can. 84 - Chi abusa della
potestà datagli per privilegio, merita di essere privato del privilegio
stesso; di conseguenza, l'Ordinario, ammonito invano il privilegiato, privi
chi gravemente ne abusa, del privilegio che egli stesso
ha concesso; che se il privilegio fu concesso dalla Sede Apostolica,
l'Ordinario è tenuto a informarla. CAPITOLO V
LE DISPENSE
85 Can. 85 - La dispensa,
ossia l'esonero dall'osservanza di una legge puramente ecclesiastica in un
caso particolare, può essere concessa da quelli che godono
di potestà esecutiva, entro i limiti della loro competenza, e altresì
da quelli cui compete la potestà di dispensare esplicitamente o
implicitamente sia per lo stesso diritto sia in forza di una legittima
delega. 86 Can. 86 - Non sono
suscettibili di dispensa le leggi in quanto
definiscono quelle cose, che sono essenzialmente costitutive degli istituti o
degli atti giuridici. 87 Can. 87
- §1. Il Vescovo diocesano può dispensare validamente i fedeli,
ogniqualvolta egli giudichi che ciò giovi al loro
bene spirituale, dalle leggi disciplinari sia universali sia particolari date
dalla suprema autorità della Chiesa per il suo territorio o per i suoi
sudditi, tuttavia non dalle leggi processuali o penali, né da quelle la cui
dispensa è riservata in modo speciale alla Sede Apostolica o ad un'altra
autorità. §2. Quando
sia difficile il ricorso alla Santa Sede e insieme nell'attesa vi sia
pericolo di grave danno, qualunque Ordinario può dispensare validamente dalle
medesime leggi, anche se la dispensa è riservata alla Santa Sede, purché si
tratti di una dispensa che la stessa Santa Sede nelle medesime circostanze
solitamente concede, fermo restando il disposto del can. 291. 88 Can. 88 - L'Ordinario del
luogo può dispensare validamente dalle leggi diocesane, e, tutte le volte
egli giudichi che ciò giovi al bene dei fedeli,
dalle leggi date dal Concilio plenario o provinciale oppure dalla Conferenza
Episcopale. 89 Can. 89 - Il parroco e
gli altri presbiteri o i diaconi non possono dispensare validamente da una
legge universale e da una particolare, a meno che tale potestà non sia stata loro espressamente concessa. 90 Can. 90
- §1. Non si dispensi dalla legge ecclesiastica senza giusta e
ragionevole causa, tenuto conto delle circostanze del caso e della gravità
della legge dalla quale si dispensa; altrimenti la dispensa è illecita e, se
non fu data dal legislatore stesso o dal suo superiore, è anche invalida. §2. Nel dubbio sulla
sufficienza della causa la dispensa è concessa validamente e lecitamente. 91 Can. 91 - Chi gode della potestà di dispensare la può esercitare
validamente anche stando fuori dal territorio, verso i sudditi, benché
assenti dal territorio, e, se non è stabilito espressamente il contrario, anche
verso i forestieri che si trovano attualmente nel territorio, e altresì verso
se stesso. 92 Can. 92 - E' sottoposta a interpretazione stretta non solo la dispensa a norma del
can. 36, §1, ma la stessa potestà di dispensare concessa per un caso determinato. 93 Can. 93 - La dispensa che
ha tratti successivi cessa nei medesimi modi del privilegio, e inoltre per la
sicura e totale cessazione della causa motivante. 94 Can. 94
- §1. Gli statuti, in senso proprio, sono regolamenti che vengono composti a norma del diritto negli insiemi sia di
persone sia di cose, e per mezzo dei quali sono definiti il fine dei
medesimi, la loro costituzione, il governo e i modi di agire. §2. Agli statuti di un
insieme di persone sono obbligate le sole persone che ne sono legittimamente
membri; agli statuti di un insieme di cose, quelli che ne curano la
conduzione. §3. Le disposizioni degli
statuti, fatte e promulgate in forza della potestà legislativa, sono rette
dalle disposizioni dei canoni sulle leggi. 95 Can. 95
- §1. I regolamenti sono regole o norme che devono essere osservate
nei convegni di persone, sia indetti dall'autorità ecclesiastica sia
liberamente convocati dai fedeli, come pure in altre celebrazioni, e per
mezzo dei quali viene definito ciò che si riferisce
alla costituzione, alla conduzione e ai modi di agire. §2. Nei convegni o nelle
celebrazioni, sono tenuti alle norme del regolamento quelli che vi
partecipano.ne la quale
furono date. CAPITOLO I
LA CONDIZIONE CANONICA DELLE PERSONE FISICHE 96 Can. 96 - Mediante il battesimo l'uomo è incorporato alla Chiesa di Cristo e in
essa è costituito persona, con i doveri e i diritti che ai cristiani, tenuta
presente la loro condizione, sono propri, in quanto sono nella comunione ecclesiastica
e purché non si frapponga una sanzione legittimamente inflitta. 97 Can. 97
- §1. La persona che ha compiuto diciotto anni, è maggiorenne; sotto tale età, è minorenne. §2. Il minorenne, prima
dei sette anni compiuti, viene detto bambino e lo si
considera non responsabile dei suoi atti, compiuti però i sette anni, si
presume che abbia l'uso di ragione. 98 Can. 98
- §1. La persona maggiorenne ha il pieno esercizio dei suoi diritti. §2. La persona minorenne
nell'esercizio dei suoi diritti rimane sottoposta alla potestà dei genitori o
dei tutori, eccetto per quelle cose nelle quali i
minorenni sono esenti dalla loro potestà per legge divina o per diritto
canonico; per ciò che attiene alla costituzione dei tutori e alla loro
potestà, si osservino le disposizioni del diritto civile, a meno che non si
disponga altro dal diritto canonico, o il Vescovo diocesano in casi
determinati abbia per giusta causa stimato doversi provvedere con la nomina
di un altro tutore. 99 Can. 99 - Chiunque manca
abitualmente dell'uso di ragione, lo si considera
non responsabile dei suoi atti ed è assimilato ai bambini. 100 Can. 100 - La persona viene detta: abitante, nel luogo in cui è il suo
domicilio; dimorante, nel luogo in cui ha il quasi-domicilio; forestiero, se
si trova fuori del domicilio e del quasi-domicilio che ancora ritiene;
girovago, se non ha in alcun luogo il domicilio o il quasi-domicilio. 101 Can. 101
- §1. Il luogo di origine del figlio, anche
neofita, è quello in cui, quando il figlio è nato, i genitori avevano il
domicilio o, mancando questo, il quasi-domicilio, oppure, se i genitori non
avevano il medesimo domicilio o quasi-domicilio, l'aveva la madre. §2. Se si tratta di un
figlio di girovaghi, il luogo di origine è il luogo
stesso della nascita; se di un esposto, è il luogo in cui fu trovato. 102 Can. 102
- §1. Il domicilio si acquista con la dimora nel territorio di qualche
parrocchia o almeno di una diocesi, tale che o sia
congiunta con l'intenzione di rimanervi in perpetuo se nulla lo allontani da
quel luogo, o sia protratta per cinque anni completi. §2. Il quasi-domicilio si
acquista con la dimora nel territorio di qualche parrocchia o almeno di una
diocesi, tale che o sia congiunta con l'intenzione
di rimanervi almeno per tre mesi se nulla lo allontani da quel luogo, o sia
protratta effettivamente per tre mesi. §3. Il domicilio o il
quasi-domicilio nel territorio di una parrocchia è detto parrocchiale; nel
territorio di una diocesi, anche se non in una parrocchia, diocesano. 103 Can. 103 - I membri degli
istituti religiosi e delle società di vita apostolica acquistano il domicilio
nel luogo dove è situata la casa cui sono ascritti;
il quasi-domicilio, nella casa in cui, a norma del can. 102, §2, dimorano. 104 Can. 104 - I coniugi
abbiano in comune il domicilio o il quasi-domicilio; a motivo di legittima
separazione o per altra giusta causa, entrambi possono
avere un proprio domicilio o quasi-domicilio. 105 Can. 105
- §1. Il minorenne ritiene necessariamente il domicilio e il
quasi-domicilio di colui, alla cui potestà è soggetto. Uscito dall'infanzia può acquistare anche un proprio
quasi-domicilio; e legittimamente emancipato a norma del diritto civile,
anche un domicilio proprio. §2. Chiunque per una
ragione diversa dalla minore età è stato affidato legittimamente in tutela o
in curatela di un altro, ha il domicilio e il quasi-domicilio del tutore o
del curatore. 106 Can. 106 - Il domicilio e
il quasi-domicilio si perdono con la partenza dal luogo con intenzione di non
tornare, salvo il disposto del can. 105. 107 Can. 107
- §1. A ciascuno sia per il domicilio sia per il
quasi-domicilio tocca il parroco e l'Ordinario proprio. §2. Il parroco o
l'Ordinario proprio del girovago è il parroco o l'Ordinario del luogo in cui
il girovago dimora attualmente. §3. Il parroco proprio di
colui che non ha se non il domicilio o il
quasi-domicilio diocesano, è il parroco del luogo in cui attualmente dimora. 108 Can. 108
- §1. La consanguineità si computa per linee e per gradi. §2. Nella linea retta
tanti sono i gradi quante le generazioni, ossia quante le persone, tolto il
capostipite. §3. Nella linea obliqua
tanti sono i gradi quante le persone in tutte e due le
linee insieme, tolto il capostipite. 109 Can. 109
- §1. L'affinità sorge dal matrimonio valido, anche se non consumato,
e sussiste tra il marito e i consanguinei della moglie, e parimenti tra la
moglie e i consanguinei del marito. §2. Si computa in maniera
tale che coloro che sono consanguinei del marito,
siano affini della moglie nella medesima linea e grado, e viceversa. 110 Can. 110 - I figli, che
sono stati adottati a norma della legge civile, sono ritenuti figli di colui
o di coloro che li hanno adottati. 111 Can. 111
- §1. Con la ricezione del battesimo è ascritto alla Chiesa latina il
figlio dei genitori, che ad essa appartengono o, se
uno dei due non appartiene ad essa, ambedue i genitori di comune accordo
abbiano optato che la prole fosse battezzata nella Chiesa latina; che se
manca il comune accordo, è ascritto alla Chiesa rituale, cui appartiene il
padre. §2. Qualsiasi battezzando
che abbia compiuto quattordici anni di età, può
liberamente scegliere di essere battezzato nella Chiesa latina o in un'altra
Chiesa rituale di diritto proprio; nel qual caso, egli appartiene a quella
Chiesa che avrà scelto. 112 Can. 112
- §1. Dopo aver ricevuto il battesimo, sono ascritti a un'altra Chiesa rituale di diritto proprio: 1) chi ne
abbia ottenuto la licenza da parte della Sede Apostolica; 2) il coniuge che,
nel celebrare il matrimonio o durante il medesimo, abbia dichiarato di voler
passare alla Chiesa rituale di diritto proprio dell'altro coniuge; sciolto
però il matrimonio, può ritornare liberamente alla Chiesa latina; 3) i figli
di quelli, di cui ai nn. 1 e 2, prima del compimento dei quattordici anni di età e parimenti, nel matrimonio misto, i figli della
parte cattolica, che sia passata legittimamente a un'altra Chiesa rituale;
raggiunta però questa età, i medesimi possono ritornare alla Chiesa latina. §2. L'usanza, anche se a
lungo protratta, di ricevere i sacramenti secondo il rito di una Chiesa
rituale di diritto proprio, non comporta l'ascrizione
alla medesima Chiesa. CAPITOLO II
LE PERSONE GIURIDICHE
113 Can. 113
- §1. La Chiesa cattolica e la Sede Apostolica sono persone morali in
forza della stessa disposizione divina. §2. Nella Chiesa, oltre
alle persone fisiche, ci sono anche le persone giuridiche, soggetti cioè nel diritto canonico di obblighi e di diritti che
corrispondono alla loro natura. 114 Can. 114
- §1. Le persone giuridiche sono costituite o dalla stessa
disposizione del diritto oppure dalla concessione speciale da parte della
competente autorità data per mezzo di un decreto, come insiemi sia di persone
sia di cose ordinati ad un fine corrispondente alla missione della Chiesa,
che trascende il fine dei singoli. §2. Come fini, di cui al
§1, s'intendono quelli attinenti ad opere di pietà, di apostolato
o di carità sia spirituale sia temporale. §3. L'autorità competente
della Chiesa non conferisca la personalità giuridica se non a quegli insiemi
di persone o di cose, che perseguono un fine effettivamente utile e che, tutto considerato, sono forniti dei mezzi che si possono
prevedere sufficienti a conseguire il fine prestabilito. 115 Can. 115
- §1. Le persone giuridiche nella Chiesa sono o insiemi di persone o
insiemi di cose. §2. L'insieme di persone,
che non può essere composto se non almeno di tre persone, è collegiale, se i membri determinano la sua azione,
concorrendo nel prendere le decisioni, con uguale diritto o meno, a norma del
diritto e degli statuti; altrimenti è non collegiale. §3. L'insieme di cose,
ossia la fondazione autonoma, consta di beni o di cose, sia spirituali sia
materiali, e lo dirigono, a norma del diritto e degli statuti, sia una o più
persone fisiche sia un collegio. 116 Can. 116
- §1. Le persone giuridiche pubbliche sono insiemi di persone o di
cose, che vengono costituite dalla competente autorità
ecclesiastica perché, entro i fini ad esse prestabiliti, a nome della Chiesa
compiano, a norma delle disposizioni del diritto, il proprio compito, loro
affidato in vista del bene pubblico; tutte le altre persone giuridiche sono
private. §2. Le persone giuridiche
pubbliche vengono dotate di tale personalità sia per
il diritto stesso sia per speciale decreto dell'autorità competente che la
concede espressamente; le persone giuridiche private vengono dotate di questa
personalità soltanto per mezzo dello speciale decreto dell'autorità
competente che concede espressamente la medesima personalità. 117 Can. 117 - Nessun insieme
di persone o di cose che intenda ottenere la
personalità giuridica, può validamente conseguirla se i suoi statuti non
siano stati approvati dalla competente autorità. 118 Can. 118 - Rappresentano
la persona giuridica pubblica, agendo a suo nome, coloro ai quali tale
competenza è riconosciuta dal diritto universale o particolare oppure dai
propri statuti; rappresentano la persona giuridica privata, coloro cui la
medesima competenza è attribuita attraverso gli statuti. 119 Can. 119 - Per quanto
concerne gli atti collegiali, a meno che non sia
disposto altro dal diritto o dagli statuti: 1) se si tratta di elezioni, ha
forza di diritto ciò che, presente la maggior parte di quelli che devono
essere convocati, e piaciuto alla maggioranza assoluta di coloro che sono
presenti; dopo due scrutini inefficaci, la votazione verta sopra i due
candidati che hanno ottenuto la maggior parte dei voti, o, se sono parecchi,
sopra i due più anziani di età; dopo il terzo scrutinio, se rimane la parità,
si ritenga eletto colui che è più anziano di età; 2) se si tratta di altri
affari, ha forza di diritto ciò che, presente la maggior parte di quelli che
devono essere convocati, è piaciuto alla maggioranza assoluta di coloro che
sono presenti; che se dopo due scrutini i suffragi furono uguali, il
presidente può dirimere la parità con un suo voto; 3) ciò che poi tocca tutti
come singoli, da tutti deve essere approvato. 120 Can. 120
- §1. La persona giuridica per sua natura è perpetua; si estingue
tuttavia se viene legittimamente soppressa dalla
competente autorità o se ha cessato di agire per lo spazio di cento anni; la
persona giuridica privata si estingue inoltre, se l'associazione stessa si
discioglie a norma degli statuti, oppure se, a giudizio dell'autorità
competente, la stessa fondazione ha cessato di esistere a norma degli
statuti. §2. Se
rimane anche uno solo dei membri della persona giuridica collegiale, e
l'insieme delle persone secondo gli statuti non ha cessato di esistere,
l'esercizio di tutti i diritti dell'insieme compete a quel membro. 121 Can. 121 - Se gli insiemi
sia di persone sia di cose, che sono persone giuridiche pubbliche, si
congiungano in tale maniera che dai medesimi sia
costituito un unico insieme dotato anch'esso di personalità giuridica, questa
nuova persona giuridica ottiene i beni e i diritti patrimoniali propri dei
precedenti e assume gli oneri, di cui i medesimi erano gravati; per quanto
concerne poi la destinazione dei beni e l'adempimento degli oneri, devono
essere salvaguardati la volontà dei fondatori e degli offerenti e i diritti
acquisiti. 122 Can. 122 - Se l'insieme,
che gode di personalità giuridica pubblica, si
divide in maniera tale che o una parte di esso sia unita a un'altra persona
giuridica o dalla parte divisa si eriga una distinta persona giuridica
pubblica, l'autorità ecclesiastica cui compete la divisione deve curare
personalmente o per mezzo di un esecutore, osservati invero in primo luogo
sia la volontà dei fondatori e degli offerenti sia i diritti acquisiti sia
infine gli statuti approvati: 1) che i beni comuni divisibili e i diritti
patrimoniali come pure i debiti e gli altri oneri siano divisi tra le persone
giuridiche di cui si tratta con debita proporzione secondo il giusto e
l'onesto, tenuto conto di tutte le circostanze e delle necessità di entrambe;
2) che l'uso e l'usufrutto dei beni comuni, che non sono sottoposti a
divisione, tornino a vantaggio di tutte e due le persone giuridiche, e che
gli oneri propri alle medesime siano imposti a entrambe, osservata parimenti
la dovuta proporzione da definirsi secondo il giusto e l'onesto. 123 Can. 123 - Estinta la
persona giuridica pubblica, la destinazione dei beni e dei diritti
patrimoniali e parimenti degli oneri della medesima viene
retta dal diritto e dagli statuti; se questi tacciono, essi toccano in sorte
alla persona giuridica immediatamente superiore, salvi sempre la volontà dei
fondatori e degli offerenti come pure i diritti acquisiti; estinta la persona
giuridica privata, la destinazione dei beni e degli oneri della medesima è
retta dagli statuti propri. 124 Can. 124
- §1. Per la validità dell'atto giuridico, si richiede che sia posto
da una persona abile, e che in esso ci sia ciò che
costituisce essenzialmente l'atto stesso, come pure le formalità e i
requisiti imposti dal diritto per la validità dell'atto. §2. L'atto giuridico
posto nel debito modo riguardo ai suoi elementi esterni si presume valido. 125 Can. 125
- §1. L' atto posto per violenza inferta dall'esterno alla persona,
cui essa stessa in nessun modo potè resistere, è
nullo. §2. L'atto posto per
timore grave, incusso ingiustamente, o per dolo, vale, a meno che non sia disposto altro dal diritto; ma può essere rescisso per
sentenza del giudice, sia su istanza della parte lesa o dei suoi successori
nel diritto, sia d'ufficio. 126 Can. 126 - L'atto posto
per ignoranza o per errore, che verta intorno a ciò che ne costituisce la
sostanza, o che ricada nella condizione sine qua
non, è nullo; altrimenti vale, se dal diritto non è disposto altro, ma l'atto
compiuto per ignoranza o per errore può dar luogo all'azione rescissoria a
norma del diritto. 127 Can. 127
- §1. Quando dal diritto è stabilito che il Superiore per porre gli
atti necessiti del consenso o del consiglio di un
collegio o di un gruppo di persone, il collegio o il gruppo deve essere
convocato a norma del can. 166, a meno che, quando si tratti di richiedere
soltanto il consiglio, non sia stato disposto altrimenti dal diritto
particolare o proprio; perché poi l'atto valga si richiede che sia ottenuto
il consenso della maggioranza assoluta di quelli che sono presenti o
richiesto il consiglio di tutti. §2. Quando dal diritto è
stabilito che il Superiore per porre gli atti necessiti
del consenso o del consiglio di alcune persone, come singole: 1) se si esige
il consenso, è invalido l'atto del Superiore che non richiede il consenso di
quelle persone o che agisce contro il loro voto o contro il voto di una
persona; 2) se si esige il consiglio, è invalido l'atto del Superiore che non
ascolta le persone medesime; il Superiore, sebbene non sia tenuto da alcun
obbligo ad accedere al loro voto, benché concorde, tuttavia, senza una
ragione prevalente, da valutarsi a suo giudizio, non si discosti dal voto
delle stesse, specialmente se concorde. §3. Tutti quelli, il cui
consenso o consiglio è richiesto, sono tenuti all'obbligo di esprimere
sinceramente la propria opinione, e, se la gravità degli affari lo richiede,
di osservare diligentemente il segreto; obbligo che può essere sollecitato
dal Superiore. 128 Can. 128 - Chiunque
illegittimamente con un atto giuridico, anzi con qualsiasi altro atto posto
con dolo o con colpa, arreca danno ad un altro, è
tenuto all'obbligo di riparare il danno arrecato. 129 Can. 129
- §1. Sono abili alla potestà di governo, che propriamente è nella
Chiesa per istituzione divina e viene denominata
anche potestà di giurisdizione, coloro che sono insigniti dell'ordine sacro,
a norma delle disposizioni del diritto. §2. Nell'esercizio della
medesima potestà, i fedeli laici possono cooperare a norma del diritto. 130 Can. 130 - La potestà di
governo di per sé è esercitata nel foro esterno, talora tuttavia nel solo
foro interno, in modo tale però che gli effetti che il suo esercizio ha
originariamente nel foro esterno, in questo foro non vengano
riconosciuti, se non in quanto ciò è stabilito dal diritto per casi
determinati. 131 Can. 131
- §1. La potestà di governo ordinaria è quella che dallo stesso
diritto è annessa a un ufficio; la potestà delegata,
quella che è concessa alla persona stessa, non mediante l'ufficio. §2. La potestà di governo
ordinaria può essere sia propria sia vicaria. §3. A chi si asserisce
delegato, incombe l'onere di provare la delega. 132 Can. 132
- §1. Le facoltà abituali vengono rette dalle
disposizioni sulla potestà delegata. §2. Purtuttavia
se nella sua concessione non è disposto espressamente altro o non è stata
scelta l'abilità specifica della persona, la facoltà abituale concessa
all'Ordinario non è annullata venendo meno il diritto dell'Ordinario cui fu
concessa, sebbene egli stesso abbia iniziato a
eseguirla, ma passa a qualsiasi Ordinario che gli succede nel governo. 133 Can. 133
- §1. Il delegato, che oltrepassa i limiti del suo mandato sia circa
le cose sia circa le persone, agisce invalidamente. §2. Non si reputa che il
delegato oltrepassi i limiti del suo mandato se compie ciò per
cui fu delegato in modo diverso da quello determinato dal mandato, a
meno che il modo non sia stato imposto per la validità dallo stesso
delegante. 134 Can. 134
- §1. Col nome di Ordinario nel diritto
s'intendono, oltre il Romano Pontefice, i Vescovi diocesani e gli altri che,
anche se soltanto interinalmente, sono preposti a
una Chiesa particolare o a una comunità ad essa equiparata a norma del can.
368; inoltre coloro che nelle medesime godono di potestà esecutiva ordinaria
generale, vale a dire i Vicari generali ed episcopali; e parimenti, per i
propri membri, i Superiori maggiori degli istituti religiosi di diritto
pontificio clericali e delle società di vita apostolica di diritto pontificio
clericali, che possiedono almeno potestà esecutiva ordinaria. §2. Col nome di Ordinario del luogo s'intendono tutti quelli recensiti
nel §1, eccetto i Superiori degli istituti religiosi e delle società di vita
apostolica. §3. Quanto viene attribuito nominatamente al Vescovo diocesano nell'àmbito della potestà esecutiva, s'intende competere
solamente al Vescovo diocesano e agli altri a lui stesso equiparati nel can.
381, §2, esclusi il Vicario generale ed episcopale, se non per mandato
speciale. 135 Can. 135
- §1. La potestà di governo si distingue in legislativa, esecutiva e
giudiziale. §2. La potestà
legislativa è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto, e quella di cui
gode nella Chiesa il legislatore al di sotto dell'autorità
suprema, non può essere validamente delegata, se non è disposto
esplicitamente altro dal diritto; da parte del legislatore inferiore non può
essere data validamente una legge contraria al diritto superiore. §3. La potestà
giudiziale, di cui godono i giudici e i collegi giudiziari, è da esercitarsi nel modo stabilito dal diritto, e non può
essere delegata, se non per eseguire gli atti preparatori di un qualsiasi
decreto o sentenza. §4. Per ciò che concerne
l'esercizio della potestà esecutiva, si osservino le disposizioni dei canoni
che seguono. 136 Can. 136 - Pur stando
fuori del territorio, la potestà esecutiva si può esercitare validamente
verso i sudditi, benché assenti dal territorio, a meno che non consti altro dalla natura della cosa o dal disposto del
diritto; la si può esercitare verso i forestieri che si trovano attualmente
nel territorio, se si tratta di concedere favori o di mandare ad esecuzione
sia le leggi universali sia le leggi particolari, alle quali gli stessi sono
tenuti a norma del can. 13, §2, n. 2. 137 Can. 137
- §1. La potestà esecutiva ordinaria può essere delegata sia per un
atto sia per un insieme di casi, a meno che non sia
disposto espressamente altro dal diritto. §2. La potestà esecutiva
delegata dalla Sede Apostolica può essere suddelegata
sia per un atto sia per un insieme di casi, a meno che non sia
stata scelta l'abilità specifica della persona o non sia stata
espressamente proibita la suddelega. §3. La potestà esecutiva
delegata da un'altra autorità che ha potestà ordinaria, se è stata delegata
per un insieme di casi, può essere suddelegata
soltanto in casi singoli; se invece è stata delegata per un atto o per atti
determinati, non può essere suddelegata, se non per
espressa concessione del delegante. §4. Nessuna potestà suddelegata può essere nuovamente suddelegata,
se ciò non fu concesso espressamente da parte del delegante. 138 Can. 138 - La potestà
esecutiva ordinaria come pure la potestà delegata per un insieme di casi, è da
interpretarsi in senso largo, qualsiasi altra invece in senso stretto;
tuttavia a chi è stata delegata la potestà, s'intendono concesse anche quelle
facoltà senza le quali la medesima potestà non può essere esercitata. 139 Can. 139
- §1. Se non è stabilito altro dal diritto, per il
fatto che uno si rivolga a qualche autorità competente, anche
superiore, non si sospende la potestà esecutiva dell'altra autorità
competente, sia essa ordinaria oppure delegata. §2. Tuttavia l'inferiore
non s'intrometta nella questione deferita
all'autorità superiore, se non per causa grave e urgente; nel qual caso
avverta immediatamente il superiore della cosa. 140 Can. 140
- §1. Qualora siano stati delegati parecchi a trattare in solido lo
stesso affare, chi per primo abbia iniziato a svolgere l'affare esclude gli
altri dal trattarlo, a meno che in seguito non sia stato
impedito o non abbia voluto procedere ulteriormente nel condurlo a termine. §2. Qualora siano stati
delegati parecchi collegialmente a trattare un affare,
tutti devono procedere a norma del can. 119, a meno che non sia stato
disposto altro nel mandato. §3. La potestà esecutiva
delegata a parecchi, si presume delegata ai medesimi in solido. 141 Can. 141 - Qualora siano
stati delegati parecchi successivamente, sbrighi
l'affare colui, il cui mandato è anteriore, né fu poi revocato. 142 Can. 142
- §1. La potestà delegata si estingue compiuto il mandato; trascorso
il tempo o esaurito il numero dei casi per i quali fu concessa; cessando la
causa finale della delega; per revoca del delegante
intimata direttamente al delegato come pure per rinuncia del delegato
fatta conoscere al delegante e da lui accettata; non si estingue invece
venendo meno il diritto del delegante, eccetto che ciò non appaia dalle clausole
apposte. §2. Tuttavia l'atto,
proveniente da potestà delegata che si esercita nel solo foro interno, posto
per inavvertenza dopo la scadenza del tempo di
concessione, è valido. 143 Can. 143
- §1. La potestà ordinaria si estingue con la perdita dell'ufficio cui
è annessa. §2. Se non sia disposto altro dal diritto, la potestà ordinaria è
sospesa, qualora si appelli legittimamente o s'interponga un ricorso contro
la privazione o la rimozione dall'ufficio. 144 Can. 144
- §1. Nell'errore comune di fatto o di
diritto, e parimenti nel dubbio positivo e probabile sia di diritto sia di
fatto, la Chiesa supplisce, tanto nel foro esterno quanto interno, la potestà
di governo esecutiva. §2. La stessa norma si
applica alle facoltà di cui ai cann. 882, 883, 966,
e 1111, §1. 145 Can. 145
- §1. L'ufficio ecclesiastico è qualunque incarico, costituito
stabilmente per disposizione sia divina sia ecclesiastica, da esercitarsi per
un fine spirituale. §2. Gli obblighi e i diritti
propri dei singoli uffici ecclesiastici sono definiti sia dallo stesso
diritto con cui l'ufficio viene costituito, sia dal
decreto dell'autorità competente con cui viene insieme costituito e
conferito. CAPITOLO I PROVVISIONE DELL'UFFICIO ECCLESIASTICO 146 Can. 146 - L'ufficio
ecclesiastico non può essere validamente ottenuto senza provvisione canonica. 147 Can. 147 - La provvisione
dell'ufficio ecclesiastico si effettua: per libero
conferimento da parte dell'autorità ecclesiastica competente; per istituzione
data dalla medesima, se precedette la presentazione; per conferma o per
ammissione fatta dalla stessa, se precedette l'elezione o la postulazione; infine per semplice elezione e accettazione
dell'eletto, se l'elezione non esige conferma. 148 Can. 148 - All'autorità,
cui spetta erigere, innovare e sopprimere gli uffici, compete pure la loro
provvisione, a meno che non sia stabilito altro dal
diritto. 149 Can. 149
- §1. Perché uno sia promosso ad un ufficio ecclesiastico, deve essere
nella comunione della Chiesa e possedere l'idoneità, cioè
essere dotato delle qualità, richieste per l'ufficio stesso dal diritto
universale o particolare oppure dalla legge di fondazione. §2. La provvisione
dell'ufficio ecclesiastico fatta a colui che manca
delle qualità richieste, è nulla soltanto se le qualità siano esatte
espressamente per la validità della provvisione dal diritto universale o
particolare oppure dalla legge di fondazione; altrimenti è valida, ma può
essere rescissa per mezzo di un decreto dell'autorità competente o con
sentenza del tribunale amministrativo. §3. La provvisione
dell'ufficio ecclesiastico fatta con simonia è nulla per lo stesso diritto. 150 Can. 150 - L'ufficio che
comporta la piena cura delle anime, ad adempiere la
quale si richiede l'esercizio dell'ordine sacerdotale, non può essere
conferito validamente a colui che non è ancora stato ordinato sacerdote. 151 Can. 151 - La provvisione
dell'ufficio che comporta la cura delle anime non
sia differita senza grave causa. 152 Can. 152 - A nessuno
siano conferiti due o più uffici incompatibili, che cioè
non possono essere espletati contemporaneamente dalla stessa persona. 153 Can. 153
- §1. La provvisione di un ufficio non vacante di diritto è nulla per
lo stesso fatto, né diventa valida per la susseguente vacanza. §2. Se tuttavia si tratta
di un ufficio che viene conferito di diritto a tempo
determinato, la provvisione può essere fatta nei sei mesi prima del
compimento di questo tempo, e ha effetto dal giorno della vacanza
dell'ufficio. §3. La promessa di un
ufficio, da chiunque sia stata fatta, non produce alcun effetto giuridico. 154 Can. 154 - L'ufficio
vacante di diritto, che sia eventualmente ancora posseduto da qualcuno
illegittimamente, può essere conferito, purché sia stata dichiarata nel
debito modo l'illegittimità del possesso, e di tale dichiarazione venga fatta menzione nella lettera di conferimento. 155 Can. 155 - Chi, facendo
le veci di un altro che sia negligente o impedito, conferisce l'ufficio, non
acquista da ciò nessuna potestà sulla persona cui fu conferito, ma la
condizione giuridica di questi è costituita come se la provvisione fosse
stata effettuata a norma ordinaria del diritto. 156 Can. 156 - La provvisione
di qualsiasi ufficio sia fatta per iscritto. Art. 1: Il libero conferimento 157 Can. 157 - Se non è
stabilito esplicitamente altro dal diritto, spetta al Vescovo diocesano
provvedere con libero conferimento agli uffici ecclesiastici nella propria
Chiesa particolare. Art. 2: La presentazione 158 Can. 158
- §1. La presentazione a un ufficio
ecclesiastico da parte di colui, cui compete il diritto di presentare, deve
essere fatta all'autorità alla quale spetta dare l'istituzione all'ufficio di
cui si tratta, e precisamente, se altro non è stato legittimamente disposto,
entro tre mesi dalla ricezione della notizia della vacanza dell'ufficio. §2. Se il diritto di
presentazione compete a un collegio o a un gruppo di
persone, colui che deve essere presentato sia designato osservando le
disposizioni dei cann. 165-179. 159 Can. 159 - Nessuno sia
presentato contro la sua volontà; di conseguenza colui che
è proposto per essere presentato, richiesto del suo parere, se non rifiuta entro
otto giorni utili, può essere presentato. 160 Can. 160
- §1. Chi gode del diritto di presentazione,
può presentare una o anche più persone, e questo sia contemporaneamente sia
successivamente. §2. Nessuno può
presentare se stesso; un collegio o un gruppo di persone però può presentare
uno dei suoi membri. 161 Can. 161
- §1. Se non è stabilito altro dal diritto,
chi ha presentato una persona riconosciuta non idonea può soltanto per una
seconda volta presentare, entro un mese, un altro candidato. §2. Se il presentato avesse rinunciato prima che sia stata fatta l'istituzione
o fosse deceduto, chi gode del diritto di presentare, entro un mese dalla
ricezione della notizia della rinuncia o della morte, può esercitare
nuovamente il suo diritto. 162 Can. 162 - Chi, entro il
tempo utile, a norma del can. 158, §1 e del can. 161, non ha fatto la
presentazione, e parimenti colui che ha presentato
due volte una persona riconosciuta non idonea, perde per quel caso il diritto
di presentazione, e all'autorità cui spetta dare l'istituzione, compete
provvedere liberamente all'ufficio vacante, con l'assenso tuttavia
dell'Ordinario proprio del candidato alla provvisione. 163 Can. 163 - L'autorità,
cui compete a norma del diritto istituire il presentato, istituisca
legittimamente colui che avrà riconosciuto idoneo e
che avrà accettato; che se parecchi, legittimamente presentati, fossero stati
riconosciuti idonei, deve istituire uno dei medesimi. Art. 3: L'elezione 164 Can. 164 - Nelle elezioni
canoniche si osservino le disposizioni dei canoni che seguono, eccetto che il
diritto non abbia previsto altro. 165 Can. 165 - Qualora non
sia stato disposto altro dal diritto oppure dai legittimi statuti del
collegio o del gruppo, se un collegio o un gruppo di persone avesse il
diritto di eleggere a un ufficio, l'elezione non sia
differita oltre il trimestre utile da computarsi dalla ricezione della
notizia della vacanza dell'ufficio; trascorso inutilmente questo termine,
l'autorità ecclesiastica, cui compete il diritto di confermare l'elezione o
il diritto di provvedere sucessivamente, provveda
liberamente all'ufficio vacante. 166 Can. 166
- §1. Il presidente del collegio o del gruppo convochi tutti gli
appartenenti al collegio o al gruppo; la convocazione poi, quando deve essere
personale, ha valore, se viene fatta nel luogo del
domicilio o del quasi-domicilio oppure nel luogo di dimora. §2. Se qualcuno di quelli
che devono essere chiamati fu trascurato e perciò è stato assente, l'elezione
vale; purtuttavia su istanza
del medesimo, una volta provata l'omissione e l'assenza, l'elezione, anche se
fu confermata, deve essere rescissa dall'autorità competente, purché consti
giuridicamente che il ricorso è stato trasmesso almeno entro tre giorni dalla
ricezione della notizia dell'elezione. §3. Che se fosse stata trascurata più della terza parte degli
elettori, l'elezione è nulla per il diritto stesso, a meno che tutti i non
convocati non siano effettivamente intervenuti. 167 Can. 167
- §1. Fatta legittimamente la convocazione, hanno il diritto di dare
il voto i presenti nel giorno e nel luogo determinati nella stessa
convocazione, esclusa la facoltà di dare il voto sia per lettera sia per
procuratore, a meno che non sia disposto legittimamente
altro dagli statuti. §2. Se
qualcuno degli elettori è presente nella casa, in cui si tiene l'elezione, ma
non può partecipare all'elezione per malferma salute, sia richiesto il suo
voto scritto da parte degli scrutatori. 168 Can. 168 - Sebbene qualcuno
abbia per più titoli il diritto di dare il voto a
nome proprio, non può darne che uno solo. 169 Can. 169 - Perché
l'elezione sia valida, non può essere ammesso al voto nessuno, che non
appartenga al collegio o al gruppo. 170 Can. 170 - L'elezione, la
cui libertà sia stata in qualche modo effettivamente
impedita, è invalida per lo stesso diritto. 171 Can. 171
- §1. Sono inabili a dare il voto: 1) chi è incapace di atto umano; 2) colui che manca di voce attiva; 3) chi è
legato dalla pena della scomunica sia per sentenza giudiziale sia per decreto
con il quale la pena viene inflitta o dichiarata; 4) colui che si è staccato
notoriamente dalla comunione della Chiesa §2. Se uno dei predetti viene ammesso, il suo voto è nullo, ma l'elezione vale, a meno
che non consti che, tolto quel voto, l'eletto non ha riportato il numero dei
voti richiesto. 172 Can. 172
- §1. Perché il voto sia valido, deve essere: 1)
libero; e perciò è invalido il voto di colui, che per timore grave o con
dolo, direttamente o indirettamente, fu indotto ad eleggere una determinata
persona o diverse persone disgiuntamente; 2) segreto, certo, assoluto,
determinato. §2. Le
condizioni poste al voto prima dell'elezione si ritengano come non
aggiunte. 173 Can. 173
- §1. Prima che cominci l'elezione, siano designati tra i membri del
collegio o del gruppo almeno due scrutatori. §2. Gli scrutatori
raccolgano i voti e di fronte al presidente dell'elezione esaminino se il
numero delle schede corrisponda al numero degli
elettori, procedano allo scrutinio dei voti stessi e facciano a tutti sapere
quanti voti abbia riportato ciascuno. §3. Se
il numero dei voti supera il numero degli elettori, nulla si è realizzato. §4. Tutti gli atti
dell'elezione siano accuratamente descritti da colui che
funge da attuario, e, firmati almeno dallo stesso attuario, dal presidente e dagli scrutatori, siano
diligentemente custoditi nell'archivio del collegio. 174 Can. 174
- §1. L'elezione, se non è disposto altrimenti dal diritto o dagli statuti,
può essere fatta anche per compromesso, a condizione cioè
che gli elettori, con consenso unanime e scritto, trasferiscano per quella
volta il diritto di eleggere ad una o a più persone idonee, sia membri sia
estranee, le quali eleggano a nome di tutti in forza della facoltà ricevuta. §2. Se
si tratta di un collegio o di un gruppo formato da soli chierici, i compromissari devono essere costituiti nell'ordine sacro;
altrimenti l'elezione è invalida. §3. I compromissari
devono osservare le disposizioni del diritto sulle elezioni e, per la
validità dell'elezione, devono attenersi alle condizioni apposte al
compromesso, non contrarie al diritto; le condizioni invece contrarie al
diritto si ritengano come non apposte. 175 Can. 175 - Il compromesso
cessa e il diritto di dare il voto ritorna ai compromettenti: 1) con la
revoca fatta dal collegio o dal gruppo, quando ancor nulla si è fatto; 2) se
rimane inadempiuta qualche condizione apposta al compromesso; 3) se
l'elezione effettuata risulta nulla. 176 Can. 176 - Se non è
disposto altro dal diritto o dagli statuti, si ritenga eletto e venga proclamato dal presidente del collegio o del gruppo
colui che ha riportato il numero richiesto dei voti, a norma del can. 119, n.
1. 177 Can. 177
- §1. L'elezione deve essere intimata immediatamente all'eletto, il
quale deve notificare entro otto giorni utili dalla ricezione
dell'intimazione al presidente del collegio o del gruppo se accetta
l'elezione o no; altrimenti l'elezione non ha effetto. §2. Se l'eletto non ha
accettato, perde ogni diritto proveniente dall'elezione né questo rivive per una accettazione susseguente, ma può essere di nuovo
eletto; il collegio o il gruppo, precisamente entro un mese dall'aver
conosciuto la non-accettazione, deve proceder a una nuova elezione. 178 Can. 178 - L'eletto,
accettata l'elezione, che non necessiti di conferma,
ottiene immediatamente l'ufficio con pieno diritto; altrimenti, non acquista
se non il diritto alla cosa. 179 Can. 179
- §1. Se l'elezione necessita di conferma,
l'eletto, entro otto giorni dal giorno dell'accettazione dell'elezione, deve
richiedere personalmente o per mezzo di un altro la conferma all'autorità
competente; altrimenti è privato di ogni diritto, se non avrà provato di
essere stato trattenuto da un giusto impedimento nel chiedere la conferma. §2. L'autorità
competente, se avrà trovato idoneo l'eletto a norma
del can. 149, §1, e l'elezione sia stata compiuta a norma del diritto, non
può negare la conferma. §3. La conferma deve
essere data per iscritto. §4. Prima
dell'intimazione della conferma, non è lecito all'eletto intromettersi
nell'amministrazione dell'ufficio sia nelle cose spirituali sia in quelle temporali, e gli atti eventualmente da lui posti
sono nulli. §5. Intimata la conferma,
l'eletto ottiene l'ufficio con pieno diritto, a meno che non si disponga altrimenti dal diritto. Art. 4: La postulazione 180 Can. 180
- §1. Se all'elezione di colui, che gli elettori stimano più adatto e preferiscono,
si frappone un impedimento canonico, del quale si possa e si sia soliti
concedere la dispensa, essi stessi con i propri voti lo possono postulare
alla competente autorità, a meno che non sia
disposto altro dal diritto. §2. I compromissari
non possono postulare, se ciò non è stato espresso nel compromesso. 181 Can. 181
- §1. Perché la postulazione
abbia valore, si richiedono almeno i due terzi dei voti. §2. Il
voto per la postulazione deve essere espresso per
mezzo della parola: postulo, o termine equivalente; la formula: eleggo o
postulo, o altra equipollente, vale per l'elezione, se l'impedimento non
esista, altrimenti per la postulazione. 182 Can. 182
- §1. La postulazione deve essere trasmessa
dal presidente entro otto giorni utili all'autorità competente alla quale
appartiene confermare l'elezione, cui spetta concedere la dispensa
dall'impedimento, oppure, se non ha tale potestà, richiederla all'autorità
superiore; se non si esige la conferma, la postulazione
deve essere trasmessa all'autorità competente perché venga
concessa la dispensa. §2. Se la postulazione non fosse stata
trasmessa entro il tempo stabilito, per lo stesso fatto è nulla, e il
collegio o il gruppo per quella volta è privato del diritto di eleggere o di
postulare, a meno che non si provi che il presidente sia stato trattenuto da
un giusto impedimento nel trasmettere la postulazione
o si sia astenuto dal trasmetterla a tempo opportuno per dolo o per
negligenza. §3. Il postulato non
acquista alcun diritto dalla postulazione;
l'autorità competente non è tenuta all'obbligo di ammetterla. §4. Gli elettori non
possono revocare la postulazione una volta fatta
all'autorità competente, se non con il consenso dell'autorità stessa. 183 Can. 183
- §1. Se non fu ammessa la postulazione da parte dell'autorità competente, il
diritto di eleggere ritorna al collegio o al gruppo. §2. Se
invece la postulazione è stata ammessa, ciò sia
reso noto al postulato, che deve rispondere a norma del can. 177, §1. §3. Chi accetta la postulazione ammessa, ottiene immediatamente l'ufficio
con pieno diritto. CAPITOLO II
PERDITA DELL'UFFICIO ECCLESIASTICO 184 Can. 184
- §1. L'ufficio ecclesiastico si perde con lo scadere del tempo
prestabilito, raggiunti i limiti d'età definiti dal diritto, per rinuncia,
trasferimento, rimozione e anche per privazione. §2. Venuto meno in
qualsiasi modo il diritto dell'autorità dalla quale fu conferito, l'ufficio
ecclesiastico non si perde, a meno che non sia
disposto altro dal diritto. §3. La perdita dell'ufficio,
che ha sortito effetto, sia resa nota quanto prima a
tutti quelli cui compete un qualche diritto nella provvisione dell'ufficio. 185 Can. 185 - A colui, che
perde l'ufficio per raggiunti limiti d'età o per rinuncia accettata, può
essere conferito il titolo di emerito. 186 Can. 186 - Allo scadere
del tempo prestabilito o raggiunti i limiti d'età, la perdita dell'ufficio ha
effetto soltanto dal momento, in cui è intimata per iscritto dalla competente
autorità. Art. 1: La rinuncia 187 Can. 187 - Chiunque è responsabile dei suoi atti può per giusta causa
rinunciare all'ufficio ecclesiastico. 188 Can.
188 - La rinuncia fatta per timore grave, ingiustamente incusso, per dolo o
per errore sostanziale oppure con simonia, e nulla per il diritto
stesso. 189 Can. 189
- §1. La rinuncia, perché abbia valore, sia che necessiti
di accettazione o no, deve essere fatta all'autorità alla quale appartiene la
provvisione dell'ufficio di cui si tratta, e precisamente per iscritto oppure
oralmente di fronte a due testimoni. §2. L'autorità non
accetti una rinuncia non fondata su una causa giusta e proporzionata. §3. La rinuncia che necessita di accettazione, se non sia accettata entro tre
mesi, manca di ogni valore; quella che non ha bisogno di accettazione
sortisce l'effetto con la comunicazione del rinunciante fatta a norma del
diritto. §4. La rinuncia, fino a
quando non abbia sortito l'effetto, può essere
revocata da parte del rinunciante; conseguito l'effetto non può essere
revocata, ma colui che ha rinunciato può conseguire l'ufficio per altro
titolo. Art. 2: Il trasferimento 190 Can. 190
- §1. Il trasferimento può essere effettuato
soltanto da parte di colui, che ha il diritto di provvedere all'ufficio che
si perde e insieme all'ufficio che viene affidato. §2. Se
il trasferimento fosse fatto contro la volontà del titolare dell'ufficio, è
richiesta una causa grave e, fermo sempre restando il diritto di esporre le
ragioni contrarie, si osservi il modo di procedere disposto dal diritto. §3. Il trasferimento, per
sortire effetto, deve essere intimato per iscritto. 191 Can. 191
- §1. Nel trasferimento, il primo ufficio è vacante con il possesso
del secondo ufficio canonicamente ottenuto, a meno che non si disponga altrimenti dal diritto o non sia stato imposto
altro da parte dell'autorità competente. §2. Il trasferito
percepisce la remunerazione connessa con il primo ufficio, finché abbia
ottenuto canonicamente il possesso del secondo. Art. 3: La rimozione 192 Can. 192 - Una persona viene rimossa dall'ufficio sia per decreto legittimamente
emesso dall'autorità competente, osservati i diritti acquisiti eventualmente
dal contratto, sia per il diritto stesso a norma del can. 194. 193 Can. 193
- §1. Non si può essere rimossi dall'ufficio che viene
conferito a tempo indeterminato, se non per cause gravi e osservato il modo
di procedere definito dal diritto. §2. Lo stesso vale perché
dall'ufficio, che a qualcuno è conferito a tempo determinato, uno possa essere rimosso prima dello scadere di questo tempo,
fermo restando il disposto del can. 624, §3. §3. Dall'ufficio che,
secondo le disposizioni del diritto, viene conferito
a qualcuno a prudente discrezione dell'autorità competente, uno può per
giusta causa essere rimosso, a giudizio della medesima autorità. §4. Il decreto di
rimozione, per sortire effetto, deve essere intimato per iscritto. 194 Can. 194 - §1. È rimosso dall'ufficio ecclesiastico per il diritto stesso: 1)
chi ha perso lo stato clericale; 2) chi si è separato pubblicamente dalla
fede cattolica o dalla comunione della Chiesa; 3) il chierico che ha
attentato al matrimonio anche soltanto civile. §2. La rimozione, di cui
ai nn. 2 e 3, può essere sollecitata soltanto se della medesima consti da una
dichiarazione dell'autorità competente. 195 Can. 195 - Se qualcuno,
non però per il diritto stesso, ma per decreto dell'autorità competente sia
rimosso dall'ufficio mediante il quale si provvede al suo sostentamento, la
medesima autorità curi che gli sia assicurato il sostentamento per un congruo
periodo di tempo, a meno che non si sia provvisto
altrimenti. Art. 4: La privazione 196 Can. 196
- §1. La privazione dell'ufficio, vale a dire in pena di un delitto,
può essere effettuata solamente a norma del diritto. §2. La privazione
sortisce effetto secondo le disposizioni dei canoni sul diritto penale. 197 Can. 197 - La
prescrizione, come modo di acquistare o di perdere un diritto soggettivo e
anche di liberarsi da obblighi, è recepita dalla
Chiesa quale si trova nella legislazione civile della rispettiva nazione,
salve le eccezioni stabilite nei canoni di questo Codice. 198 Can. 198
- Nessuna prescrizione ha valore, se non è fondata sulla buona fede,
non solo all'inizio, ma per tutto il decorso del tempo richiesto per la
prescrizione, salvo il disposto del can. 1362. 199 Can. 199 - Non sono sottoposti alla
prescrizione: 1) i diritti e gli obblighi che sono di legge divina naturale o
positiva 2) i diritti che si possono ottenere per
solo privilegio apostolico; 3) i diritti e gli obblighi che riguardano
direttamente la vita spirituale dei fedeli; 4) i confini certi e indubitati
delle circoscrizioni ecclesiastiche; 5) le elemosine e gli oneri delle Messe;
6) la provvisione dell'ufficio ecclesiastico che a norma del diritto richiede
l'esercizio dell'ordine sacro; 7) il diritto di visita e l'obbligo di
obbedienza, con la conseguenza che i fedeli non possano essere visitati da
nessuna autorità ecclesiastica e non siano più soggetti ad alcuna autorità. 200 Can. 200 - Se non è
disposto espressamente altro dal diritto, il tempo si computa a norma dei
canoni che seguono. 201 Can. 201
- §1. Per tempo continuo s'intende quello che non può subire alcuna interruzione. §2. Per tempo utile
s'intende quello che compete in modo tale a chi esercita o persegue il suo
diritto, che non decorra per chi ignora o non può effettivamente agire. 202 Can. 202
- §1. Nel diritto, s'intende per giorno lo spazio
che consta di 24 ore da computarsi in modo continuo, e comincia dalla
mezzanotte, se non è disposto espressamente altro; per settimana lo spazio di
7 giorni; per mese lo spazio di 30 e per anno lo spazio di 365 giorni, a meno
che il mese e l'anno non si dica di doverli prendere come sono nel calendario. §2. Se
il tempo è continuo, il mese e l'anno sono sempre da prendere come sono nel
calendario. 203 Can. 203
- §1. Il giorno a quo non si computa nel termine, a meno che l'inizio
di questo non coincida con l'inizio del giorno o non sia disposto espressamente
altro dal diritto. §2. Se non è stabilito il
contrario, il giorno ad quem
si computa nel termine, il quale, se il tempo consta di uno o più mesi o
anni, di una o più settimane, finisce trascorso l'ultimo giorno del medesimo
numero oppure, se il mese manca del giorno del medesimo numero, trascorso
l'ultimo giorno del mese. |