CODICE DI DIRITTO CANONICO
LIBRO II
IL POPOLO DI DIO
Prima Parte
I FEDELI (Cann. 204 – 207)
204 Can. 204 - §1. I fedeli
sono coloro che, essendo stati incorporati a Cristo mediante il battesimo, sono
costituiti popolo di Dio e perciò, resi partecipi nel modo loro proprio
dell'ufficio sacerdotale, profetico e regale di Cristo, sono chiamati ad
attuare, secondo la condizione propria di ciascuno, la missione che Dio ha
affidato alla Chiesa da compiere nel mondo. §2. Questa Chiesa,
costituita e ordinata nel mondo come società, sussiste nella Chiesa
cattolica, governata dal successore di Pietro e dai Vescovi in comunione con
lui. 205 Can. 205 - Su questa terra
sono nella piena comunione della Chiesa cattolica quei battezzati che sono
congiunti con Cristo nella sua compagine visibile, ossia mediante i vincoli della professione di fede, dei sacramenti e del governo ecclesiastico. 206 Can. 206 - §1. Per un
titolo particolare sono legati alla Chiesa i catecumeni, coloro cioè che,
mossi dallo Spirito Santo, chiedono con intenzione esplicita di essere
incorporati ad essa e di conseguenza, per questo desiderio, come pure per la
vita di fede, di speranza e di carità che essi conducono, sono congiunti alla
Chiesa, che già ne ha cura come suoi. §2. La Chiesa dedica una
cura particolare ai catecumeni, e mentre li invita a condurre una vita
evangelica e li introduce alla celebrazione dei riti sacri, già ad essi elargisce
diverse prerogative che sono proprie dei cristiani. 207 Can. 207 - §1. Per
istituzione divina vi sono nella Chiesa tra i fedeli i ministri sacri, che
nel diritto sono chiamati anche chierici; gli altri fedeli poi sono chiamati
anche laici. §2. Dagli uni e dagli
altri provengono fedeli i quali, con la professione dei consigli evangelici
mediante voti o altri vincoli sacri, riconosciuti e sanciti dalla Chiesa,
sono consacrati in modo speciale a Dio e danno incremento alla missione
salvifica della Chiesa; il loro stato, quantunque non riguardi la struttura
gerarchica della Chiesa, appartiene tuttavia alla sua vita e alla sua
santità. TITOLO
I OBBLIGHI
E DIRITTI DI TUTTI I FEDELI (Cann. 208 – 223) 208 Can. 208 - Fra tutti i
fedeli, in forza della loro rigenerazione in Cristo, sussiste una vera
uguaglianza nella dignità e nell'agire, e per tale uguaglianza tutti
cooperano all'edificazione del Corpo di Cristo, secondo la condizione e i
compiti propri di ciascuno. 209 Can. 209 - §1. I fedeli
sono tenuti all'obbligo di conservare sempre, anche nel loro modo di agire,
la comunione con la Chiesa. §2. Adempiano con grande
diligenza i doveri cui sono tenuti sia nei confronti della Chiesa universale,
sia nei confronti della Chiesa particolare alla quale appartengono, secondo
le disposizioni del diritto. 210 Can. 210 - Tutti i
fedeli, secondo la propria condizione, devono dedicare le proprie energie al
fine di condurre una vita santa e di promuovere la crescita della Chiesa e la
sua continua santificazione. 211 Can. 211 - Tutti i fedeli
hanno il dovere e il diritto di impegnarsi perché l'annuncio divino della
salvezza si diffonda sempre più fra gli uomini di ogni tempo e di ogni luogo. 212 Can. 212 - §1. I fedeli,
consapevoli della propria responsabilità, sono tenuti ad osservare con
cristiana obbedienza ciò che i sacri Pastori, in quanto rappresentano Cristo,
dichiarano come maestri della fede o dispongono come capi della Chiesa. §2. I fedeli hanno il
diritto di manifestare ai Pastori della Chiesa le proprie necessità,
soprattutto spirituali, e i propri desideri. §3. In modo proporzionato
alla scienza, alla competenza e al prestigio di cui godono, essi hanno il
diritto, e anzi talvolta anche il dovere, di manifestare ai sacri Pastori il
loro pensiero su ciò che riguarda il bene della Chiesa; e di renderlo noto agli
altri fedeli, salva restando l'integrità della fede e dei costumi e il
rispetto verso i Pastori, tenendo inoltre presente l'utilità comune e la
dignità della persona. 213 Can. 213 - I fedeli hanno
il diritto di ricevere dai sacri Pastori gli aiuti derivanti dai beni
spirituali della Chiesa, soprattutto dalla parola di Dio e dai sacramenti. 214 Can. 214 - I fedeli hanno
il diritto di rendere culto a Dio secondo le disposizioni del proprio rito
approvato dai legittimi Pastori della Chiesa e di seguire un proprio metodo
di vita spirituale, che sia però conforme alla dottrina della Chiesa. 215 Can. 215 - I fedeli hanno
il diritto di fondare e di dirigere liberamente associazioni che si
propongano un fine di carità o di pietà, oppure l'incremento della vocazione
cristiana nel mondo; hanno anche il diritto di tenere riunioni per il
raggiungimento comune di tali finalità. 216 Can. 216 - Tutti i
fedeli, in quanto partecipano alla missione della Chiesa, hanno il diritto,
secondo lo stato e la condizione di ciascuno, di promuovere o di sostenere
l'attività apostolica anche con proprie iniziative; tuttavia nessuna
iniziativa rivendichi per se stessa il nome di cattolica, senza il consenso
dell'autorità ecclesiastica competente. 217 Can. 217 - I fedeli, in
quanto sono chiamati mediante il battesimo a condurre una vita conforme alla
dottrina evangelica, hanno diritto all'educazione cristiana, con cui possano
essere formati a conseguire la maturità della persona umana e
contemporaneamente a conoscere e a vivere il mistero della salvezza. 218 Can. 218 - Coloro che si
dedicano alle scienze sacre godono della giusta libertà di investigare e di
manifestare con prudenza il loro pensiero su ciò di cui sono esperti,
conservando il dovuto ossequio nei confronti del magistero della Chiesa. 219 Can. 219 - Tutti i fedeli
hanno il diritto di essere immuni da qualsiasi costrizione nella scelta dello
stato di vita. 220 Can. 220 - Non è lecito
ad alcuno ledere illegittimamente la buona fama di cui uno gode, o violare il
diritto di ogni persona a difendere la propria intimità. 221 Can. 221 - §1. Compete ai
fedeli rivendicare e difendere legittimamente i diritti di cui godono nella
Chiesa presso il foro ecclesiastico competente a norma del diritto. §2. I fedeli hanno anche
il diritto, se sono chiamati in giudizio dall'autorità competente, di essere
giudicati secondo le disposizioni di legge, da applicare con equità. §3. I fedeli hanno il
diritto di non essere colpiti da pene canoniche, se non a norma di legge. 222 Can. 222 - §1. I fedeli
sono tenuti all'obbligo di sovvenire alle necessità della Chiesa, affinché
essa possa disporre di quanto è necessario per il culto divino, per le opere di
apostolato e di carità e per l'onesto sostentamento dei ministri. §2. Sono anche tenuti
all'obbligo di promuovere la giustizia sociale, come pure, memori del
comandamento del Signore, di soccorrere i poveri coi propri redditi. 223 Can. 223 - §1. Nell'esercizio
dei propri diritti i fedeli, sia come singoli sia riuniti in associazioni,
devono tener conto del bene comune della Chiesa, dei diritti altrui e dei
propri doveri nei confronti degli altri. §2. Spetta all'autorità
ecclesiastica, in vista del bene comune, regolare l'esercizio dei diritti che
sono propri dei fedeli. TITOLO
II OBBLIGHI
E DIRITTI DEI FEDELI LAICI (Cann. 224 – 231) 224 Can. 224 - I fedeli
laici, oltre agli obblighi e ai diritti che sono comuni a tutti i fedeli e
oltre a quelli che sono stabiliti negli altri canoni, sono tenuti agli
obblighi e godono dei diritti elencati nei canoni del presente titolo. 225 Can. 225 - §1. I laici,
dal momento che, come tutti i fedeli, sono deputati da Dio all'apostolato
mediante il battesimo e la confermazione, sono tenuti all'obbligo generale e
hanno il diritto di impegnarsi, sia come singoli sia riuniti in associazioni,
perché l'annuncio della salvezza venga conosciuto e accolto da ogni uomo in
ogni luogo; tale obbligo li vincola ancora maggiormente in quelle situazioni
in cui gli uomini non possono ascoltare il Vangelo e conoscere Cristo se non
per mezzo loro. §2. Sono tenuti anche al
dovere specifico, ciascuno secondo la propria condizione, di animare e
perfezionare l'ordine delle realtà temporali con lo spirito evangelico e in
tal modo di rendere testimonianza a Cristo, particolarmente nel trattare tali
realtà e nell'esercizio dei compiti secolari. 226 Can. 226 - §1. I laici
che vivono nello stato coniugale, secondo la propria vocazione, sono tenuti
al dovere specifico di impegnarsi, mediante il matrimonio e la famiglia,
nell'edificazione del popolo di Dio. §2. I genitori, poiché
hanno dato ai figli la vita, hanno l'obbligo gravissimo e il diritto di
educarli; perciò spetta primariamente ai genitori cristiani curare
l'educazione cristiana dei figli secondo la dottrina insegnata dalla Chiesa. 227 Can. 227 - E diritto dei
fedeli laici che venga loro riconosciuta nella realtà della città terrena
quella libertà che compete ad ogni cittadino; usufruendo tuttavia di tale
libertà, facciano in modo che le loro azioni siano animate dallo spirito
evangelico e prestino attenzione alla dottrina proposta dal magistero della
Chiesa, evitando però di presentare nelle questioni opinabili la propria tesi
come dottrina della Chiesa. 228 Can. 228 - §1. I laici
che risultano idonei, sono giuridicamente abili ad essere assunti dai sacri
Pastori in quegli uffici ecclesiastici e in quegli incarichi che sono in
grado di esercitare secondo le disposizioni del diritto. §2. I laici che si
distinguono per scienza adeguata, per prudenza e per onestà, sono idonei a
prestare aiuto ai Pastori della Chiesa come esperti o consiglieri, anche nei
consigli a norma del diritto. 229 Can. 229 - §1. I laici,
per essere in grado di vivere la dottrina cristiana, per poterla annunciare
essi stessi e, se necessario, difenderla, e per potere inoltre partecipare
all'esercizio dell'apostolato, sono tenuti all'obbligo e hanno il diritto di
acquisire la conoscenza di tale dottrina, in modo adeguato alla capacità e
alla condizione di ciascuno. §2. Hanno anche il
diritto di acquisire quella conoscenza più piena delle scienze sacre che
viene data nelle università e facoltà ecclesiastiche o nelle scuole di
scienze religiose, frequentandovi le lezioni e conseguendovi i gradi
accademici. §3. Così pure, osservate
le disposizioni stabilite in ordine alla idoneità richiesta, hanno la
capacità di ricevere dalla legittima autorità ecclesiastica il mandato di
insegnare le scienze sacre. 230 Can. 230 - §1. I laici di
sesso maschile che abbiano l'età e le doti determinate con decreto dalla
Conferenza Episcopale, possono essere assunti stabilmente, mediante il rito
liturgico stabilito, ai ministeri di lettori e di accoliti; tuttavia tale
conferimento non attribuisce loro il diritto al sostentamento o alla rimunerazione
da parte della Chiesa. §2. I laici possono
assolvere per incarico temporaneo la funzione di lettore nelle azioni
liturgiche; così pure tutti i laici godono della facoltà di esercitare le
funzioni di commentatore, cantore o altre ancora a norma del diritto. §3. Ove le necessità
della Chiesa lo suggeriscano, in mancanza di ministri, anche i laici, pur
senza essere lettori o accoliti, possono supplire alcuni dei loro uffici,
cioè esercitare il ministero della parola, presiedere alle preghiere liturgiche,
amministrare il battesimo e distribuire la sacra Comunione, secondo le
disposizioni del diritto. 231 Can. 231 - §1. I laici,
designati in modo permanente o temporaneo ad un particolare servizio della
Chiesa, sono tenuti all'obbligo di acquisire una adeguata formazione,
richiesta per adempiere nel modo dovuto il proprio incarico e per esercitarlo
consapevolmente, assiduamente e diligentemente. §2. Fermo restando il
disposto del can. 230, §1, essi hanno diritto ad una onesta rimunerazione
adeguata alla loro condizione, per poter provvedere decorosamente, anche nel
rispetto delle disposizioni del diritto civile, alle proprie necessità e a
quelle della famiglia; hanno inoltre il diritto che si garantiscano la
previdenza sociale, le assicurazioni sociali e l'assistenza sanitaria. TITOLO
III I
MINISTRI SACRI O CHIERICI (Cann. 232 – 293) CAPITOLO I
LA FORMAZIONE DEI CHIERICI
232 Can. 232 - La Chiesa ha
il dovere e il diritto proprio ed esclusivo di formare coloro che sono
destinati ai ministeri sacri. 233 Can. 233 - §1. E dovere
di tutta la comunità cristiana promuovere le vocazioni affinché si possa
convenientemente provvedere alla necessità di sacro ministero in tutta la
Chiesa; hanno questo dovere specialmente le famiglie cristiane, gli
educatori, e in modo particolare i sacerdoti, soprattutto i parroci. I
Vescovi diocesani, ai quali spetta in sommo grado curare la promozione delle
vocazioni, rendano consapevole il popolo loro affidato sull'importanza del
ministero sacro e sulla necessità di ministri nella Chiesa, suscitino e
sostengano le iniziative atte a favorire le vocazioni, soprattutto mediante
le opere istituite a tale scopo. §2. I sacerdoti e
soprattutto i Vescovi diocesani si impegnino perché coloro che in età più
matura si ritengono chiamati ai ministeri sacri siano prudentemente aiutati con
la parola e con l'opera e preparati nel debito modo. 234 Can. 234 - §1. Si
mantengano, dove esistono, e si favoriscano i seminari minori o altri
istituti simili; in essi, allo scopo di incrementare le vocazioni, si
provveda a dare una particolare formazione religiosa insieme con una
preparazione umanistica e scientifica; anzi, se lo ritiene opportuno, il
Vescovo diocesano provveda all'erezione del seminario minore o di un istituto
analogo. §2. A meno che in casi determinati
le circostanze non suggeriscano diversamente, i giovani che intendono essere
ammessi al sacerdozio siano forniti della stessa formazione umanistica e
scientifica con la quale i giovani di quella regione vengono preparati a
compiere gli studi superiori. 235 Can. 235 - §1. I giovani
che intendono accedere al sacerdozio siano formati ad una vita spirituale ad
esso confacente e ai relativi doveri presso il seminario maggiore durante
tutto il tempo della formazione, oppure, se a giudizio del Vescovo diocesano
le circostanze lo richiedono, almeno per quattro anni. §2. Coloro che
legittimamente dimorano fuori del seminario, siano affidati dal Vescovo
diocesano ad un sacerdote pio e idoneo, affinché abbia cura che siano
diligentemente formati alla vita spirituale e alla disciplina. 236 Can. 236 - I candidati al
diaconato permanente, secondo le disposizioni della conferenza dei Vescovi,
siano formati a condurre una vita evangelica e siano preparati a compiere nel
debito modo i doveri propri dell'ordine: 1) se sono giovani, dimorando almeno
per tre anni in una casa specifica, a meno che per gravi ragioni il Vescovo
diocesano non abbia disposto diversamente; 2) se sono uomini di età più
matura, sia celibi sia coniugati, mediante un progetto formativo della durata
di tre anni, determinato dalla conferenza Episcopale. 237 Can. 237 - §1. Dove
risulta possibile e opportuno, vi sia nelle singole diocesi il seminario
maggiore; altrimenti gli alunni che si preparano ai ministeri sacri vengano
affidati ad un altro seminario oppure venga eretto un seminario
interdiocesano. §2. Non si eriga un
seminario interdiocesano se prima non è stata ottenuta l'approvazione della
Sede Apostolica, sia in ordine alla erezione del seminario, sia in ordine ai
suoi statuti: da parte della Conferenza Episcopale, se si tratta di un
seminario per tutto il territorio corrispondente, altrimenti da parte dei
Vescovi interessati. 238 Can. 238 - §1. I seminari
eretti legittimamente godono per il diritto stesso di personalità giuridica
nella Chiesa. §2. Nel trattare tutti
gli affari il rettore rappresenta il seminario, a meno che, per determinate
questioni, l'autorità competente non abbia stabilito in modo diverso. 239 Can. 239 - §1. In ogni
seminario vi sia il rettore che lo dirige e, se del caso, un vice-rettore,
l'economo e inoltre, se gli alunni compiono gli studi nel seminario stesso,
anche i docenti i quali insegnino le varie discipline curandone la reciproca
coordinazione. §2. In ogni seminario vi
sia almeno un direttore spirituale, lasciando agli alunni la libertà di
rivolgersi ad altri sacerdoti ai quali il Vescovo abbia affidato tale
incarico. §3. Negli statuti del
seminario siano stabilite le modalità secondo cui gli altri moderatori, gli
insegnanti e anche gli stessi alunni possano condividere la responsabilità
del rettore, soprattutto per quanto riguarda la disciplina. 240 Can. 240 - §1. Oltre ai
confessori ordinari, si facciano venire regolarmente nel seminario altri
confessori e, salva la disciplina del seminario, gli alunni abbiano sempre
ampia possibilità di rivolgersi a qualsiasi confessore sia all'interno sia
all'esterno del seminario. §2. Nel prendere
decisioni riguardanti l'ammissione degli alunni agli ordini o la loro
dimissione dal seminario, non può mai essere richiesto il parere del
direttore spirituale e dei confessori. 241 Can. 241 - §1. Il Vescovo
diocesano ammetta al seminario maggiore soltanto coloro che, sulla base delle
loro doti umane e morali, spirituali e intellettuali, della loro salute fisica
e psichica e della loro retta intenzione, sono ritenuti idonei a consacrarsi
per sempre ai ministeri sacri. §2. Prima di essere
accolti, devono presentare i certificati di battesimo e di confermazione e gli
altri documenti richiesti secondo le disposizioni della Ratio di formazione
sacerdotale. §3. Quando si tratta di
ammettere alcuni dimessi da un altro seminario o da un istituto religioso, si
richiede inoltre la dichiarazione del rispettivo superiore, soprattutto circa
la causa della dimissione o dell'uscita. 242 Can. 242 - §1. In ogni
nazione vi sia una Ratio di formazione sacerdotale, emanata dalla Conferenza
Episcopale sulla base delle norme fissate dalla suprema autorità della Chiesa
e approvata dalla Santa Sede, adattabile alle nuove situazioni con una nuova
approvazione della Santa Sede; in essa vengano definiti i principi essenziali
e le norme generali della formazione seminaristica, adattate alle necessità
pastorali di ogni regione o provincia. §2. Le norme della Ratio
di cui al §1 siano osservate in tutti i seminari, sia diocesani sia
interdiocesani. 243 Can. 243 - Ogni seminario
abbia inoltre il proprio regolamento approvato dal Vescovo diocesano o, se si
tratta di un seminario interdiocesano, dai Vescovi interessati; in esso si
adattino le norme della Ratio di formazione sacerdotale alle situazioni
particolari e si determinino in modo più preciso soprattutto le questioni
disciplinari che riguardano la vita quotidiana degli alunni e il buon ordine
di tutto il seminario. 244 Can. 244 - La formazione
spirituale e l'insegnamento dottrinale degli alunni del seminario vengano
coordinati armonicamente e siano finalizzati a far loro acquisire lo spirito
del Vangelo e un rapporto profondo con Cristo, unito ad una adeguata maturità
umana, secondo l'indole di ciascuno. 245 Can. 245 - §1. Mediante
la formazione spirituale gli alunni siano resi idonei all'esercizio fecondo
del ministero pastorale e siano permeati di spirito missionario, consapevoli
che l'adempimento fedele del ministero in atteggiamento costante di fede viva
e di carità contribuisce alla propria santificazione; imparino insieme a
coltivare quelle virtù che sono ritenute di grande importanza nella
convivenza umana, cosicché siano in grado di giungere ad una adeguata armonia
tra i valori umani e i valori soprannaturali. §2. Gli alunni siano
formati in modo tale che, pieni di amore per la Chiesa di Cristo, abbiano un
profondo legame di carità, umile e filiale, con il Romano Pontefice successore
di Pietro, siano uniti al proprio Vescovo come fedeli cooperatori e
collaborino con i fratelli; mediante la vita comune nel seminario e mediante
la pratica di un rapporto di amicizia e di familiarità con gli altri, si
dispongano alla fraterna comunione col presbiterio diocesano di cui faranno
parte al servizio della Chiesa. 246 Can. 246 - §1. La
celebrazione eucaristica sia il centro di tutta la vita del seminario, in
modo che ogni giorno gli alunni, partecipando alla stessa carità di Cristo, attingano
soprattutto a questa fonte ricchissima forza d'animo per il lavoro apostolico
e per la propria vita spirituale. §2. Siano formati alla
celebrazione della liturgia delle ore, mediante la quale i ministri di Dio lo
invocano a nome della Chiesa per tutto il popolo loro affidato, anzi per
tutto il mondo. §3. Siano incrementati il
culto della Beata Vergine Maria, anche con il rosario mariano, l'orazione
mentale e gli altri esercizi di pietà con cui gli alunni acquisiscono lo
spirito di preghiera e conseguono la solidità della vocazione. §4. Gli alunni si
abituino ad accostarsi con frequenza al sacramento della penitenza; si
raccomanda inoltre che ognuno abbia la guida della sua vita spirituale,
scelta liberamente, a cui aprire con fiducia la propria coscienza. §5. Gli alunni facciano
ogni anno gli esercizi spirituali. 247 Can. 247 - §1. Siano
preparati mediante un'adeguata educazione a vivere lo stato del celibato e
imparino ad apprezzarlo come dono peculiare di Dio. §2. Gli alunni siano resi
debitamente consapevoli dei doveri e degli oneri che sono propri dei ministri
della Chiesa, senza alcuna reticenza sulle difficoltà della vita sacerdotale. 248 Can. 248 - L'insegnamento
dottrinale impartito agli alunni è finalizzato ad acquisire una dottrina
ampia e solida nelle scienze sacre, parallelamente ad una cultura generale
rispondente alle necessità di luogo e di tempo, in modo che, mediante la
propria fede in essa fondata e da essa nutrita, siano in grado di annunciare
convenientemente il messaggio del Vangelo agli uomini del proprio tempo, in
modo adeguato alla loro capacità. 249 Can. 249 - Nella Ratio di
formazione sacerdotale si stabilisca che gli alunni conoscano accuratamente
non solo la lingua del proprio paese, ma abbiano anche una buona conoscenza
della lingua latina e inoltre un'adeguata conoscenza delle lingue straniere,
nella misura in cui essa risulti necessaria o utile alla loro formazione o
all'esercizio del ministero pastorale. 250 Can. 250 - Gli studi
filosofici e teologici che sono programmati nel seminario possono essere
compiuti o in modo successivo o in modo congiunto, secondo la Ratio di
formazione sacerdotale; essi devono comprendere almeno un sessennio completo,
in modo tale che il periodo riservato alle discipline filosofiche corrisponda
ad un intero biennio, il periodo riservato agli studi teologici ad un intero
quadriennio. 251 Can. 251 - La formazione
filosofica, radicata nel patrimonio filosofico perennemente valido, ma
attenta anche al continuo progresso della ricerca, venga impartita in modo da
arricchire la formazione umana degli alunni, da esaltare l'acutezza del
pensiero e da renderli più idonei a compiere gli studi teologici. 252 Can. 252 - §1. La
formazione teologica, illuminata dalla fede e guidata dal Magistero, venga
impartita in modo che gli alunni conoscano integralmente la dottrina
cattolica, fondata sulla Rivelazione divina, ne alimentino la loro vita
spirituale e siano in grado di annunciarla e difenderla in modo appropriato
nell'esercizio del ministero. §2. Gli alunni vengano
istruiti con particolare diligenza nella sacra Scrittura, in modo da
acquisirne una visione globale. §3. Vi siano lezioni di
teologia dogmatica, radicata sempre nella parola di Dio scritta e nella sacra
Tradizione, mediante le quali gli alunni imparino a penetrare più intimamente
i misteri della salvezza, seguendo soprattutto la dottrina di s. Tommaso;
inoltre lezioni di teologia morale e pastorale, di diritto canonico, di
liturgia, di storia ecclesiastica e di altre discipline, ausiliarie e
speciali, secondo le disposizioni della Ratio di formazione sacerdotale. 253 Can. 253 - §1.
All'incarico di insegnante nelle discipline filosofiche, teologiche e giuridiche
siano nominati dal Vescovo o dai Vescovi interessati soltanto coloro che,
distinti per virtù, abbiano conseguito il dottorato o la licenza in una
università o facoltà riconosciuta dalla Santa Sede. §2. Si abbia cura che
vengano nominati insegnanti singoli e distinti per l'insegnamento di sacra
Scrittura, teologia dogmatica, teologia morale, liturgia, filosofia, diritto
canonico, storia ecclesiastica e delle altre discipline che devono essere
insegnate secondo un proprio metodo. §3. L'insegnante che in
modo grave venga meno al suo incarico sia rimosso dall'autorità di cui al §1. 254 Can. 254 - §1.
Nell'insegnamento delle diverse discipline gli insegnanti pongano
costantemente in evidenza l'intima unità e armonia di tutta la dottrina della
fede, affinché gli alunni possano sperimentare l'apprendimento di un'unica
scienza; per conseguire più agevolmente questo scopo, vi sia nel seminario
chi coordina tutto il piano degli studi. §2. Gli alunni vengano
educati alla capacità di esaminare con metodo scientifico le varie questioni
mediante adeguate ricerche personali; ci siano perciò esercitazioni con le
quali, sotto la guida degli insegnanti, gli alunni imparino a compiere
qualche ricerca col proprio lavoro. 255 Can. 255 - Quantunque
tutta la formazione degli alunni nel seminario si proponga una finalità
pastorale, vi si programmi una preparazione pastorale in senso stretto che
insegni agli alunni i principi e i metodi che riguardano l'esercizio del
ministero di insegnare, santificare e governare il popolo di Dio, tenendo
anche presenti le necessità di luogo e di tempo. 256 Can. 256 - §1. Gli alunni
vengano diligentemente istruiti in tutto ciò che riguarda in modo specifico
il sacro ministero, soprattutto nell'attività catechetica e omiletica, nel culto
divino e in modo particolare nella celebrazione dei sacramenti, nel dialogo
con le persone, anche non cattoliche o non credenti, nell'amministrazione
parrocchiale e nell'adempimento di tutti gli altri impegni. §2. Gli alunni siano resi
consapevoli delle necessità della Chiesa universale in modo che siano
solleciti nel promuovere le vocazioni, dei problemi missionari ed ecumenici e
inoltre dei vari problemi particolarmente urgenti, anche di carattere
sociale. 257 Can. 257 - §1. La
formazione degli alunni sia impostata in modo che sentano la sollecitudine
non solo della Chiesa particolare al servizio della quale sono incardinati,
ma anche della Chiesa universale e in modo che si dimostrino pronti a
dedicarsi alle Chiese particolari in cui urgano gravi necessità. §2. Il Vescovo diocesano
abbia cura che i chierici che hanno intenzione di trasferirsi dalla propria
ad una Chiesa particolare di un'altra regione, siano preparati
convenientemente ad esercitarvi il ministero sacro, che imparino cioè la
lingua della regione, abbiano conoscenza delle sue istituzioni, delle
condizioni sociali, degli usi e delle consuetudini. 258 Can. 258 - Perché gli
alunni imparino anche nella pratica il metodo dell'azione apostolica, durante
il periodo degli studi e soprattutto nel tempo delle vacanze siano iniziati,
sempre sotto la guida di un sacerdote esperto, alla prassi pastorale mediante
opportune esperienze da determinare secondo il giudizio dell'Ordinario,
adatte all'età degli alunni e alle situazioni locali. 259 Can. 259 - §1. Spetta al
Vescovo diocesano oppure, se si tratta di un seminario interdiocesano, ai
Vescovi interessati, decidere ciò che riguarda l'alta direzione ed
amministrazione del seminario. §2. Il Vescovo diocesano
o i Vescovi interessati, se si tratta di un seminario interdiocesano,
visitino di persona frequentemente il seminario, vigilino sulla formazione
dei propri alunni e sull'insegnamento filosofico e teologico che viene
impartito, si informino inoltre sulla vocazione, l'indole, la pietà e il progresso
degli alunni, in vista soprattutto del conferimento degli ordini sacri. 260 Can. 260 -
Nell'adempimento dei propri incarichi, tutti devono obbedire al rettore al
quale spetta la direzione quotidiana del seminario, a norma della Ratio di
formazione sacerdotale e del regolamento del seminario. 261 Can. 261 - §1. Il rettore
del seminario, come pure, sotto la sua autorità, i superiori e gli
insegnanti, ciascuno per la parte che gli compete, curino che gli alunni
osservino fedelmente le norme fissate dalla Ratio di formazione sacerdotale e
dal regolamento del seminario. §2. Il rettore del
seminario e il moderatore degli studi provvedano con diligenza che gli
insegnanti adempiano nel debito modo il loro incarico, secondo le
disposizioni della Ratio di formazione sacerdotale e del regolamento del
seminario. 262 Can. 262 - Il seminario
sia esente dalla giurisdizione parrocchiale; per tutti coloro che si trovano
nel seminario svolge l'ufficio di parroco, ad eccezione della materia
matrimoniale e fermo restando il disposto del can. 985, il rettore del
seminario o un suo delegato. 263 Can. 263 - Il Vescovo
diocesano oppure, se si tratta di un seminario interdiocesano, i Vescovi
interessati, nella misura che essi stessi hanno determinato di comune accordo
devono fare in modo che si provveda alla costituzione e alla conservazione
del seminario, al sostentamento degli alunni, alla rimunerazione degli
insegnanti e alle altre necessità del seminario. 264 Can. 264 - §1. Per provvedere
alle necessità del seminario, oltre all'offerta di cui al can. 1266, il
Vescovo può imporre nella diocesi un tributo. §2. Sono soggette al
tributo per il seminario tutte le persone giuridiche ecclesiastiche, anche
private che hanno sede in diocesi, a meno che non si sostengano solo di
elemosine oppure non abbiano attualmente un collegio di studenti o di docenti
finalizzato a promuovere il bene comune della Chiesa; tale tributo deve
essere generale, proporzionato ai redditi di coloro che vi sono soggetti e
determinato secondo le necessità del seminario. CAPITOLO II
L'ASCRIZIONE DEI CHIERICI O INCARDINAZIONE
265 Can. 265 - Ogni chierico
deve essere incardinato o in una Chiesa particolare o in una prelatura
personale oppure in un istituto di vita consacrata o in una società che ne
abbiano la facoltà, in modo che non siano assolutamente ammessi chierici
acefali o girovaghi. 266 Can. 266 - §1. Uno
diviene chierico con l'ordinazione diaconale e viene incardinato nella Chiesa
particolare o nella prelatura personale al cui servizio è stato ammesso. §2. Il professo con voti
perpetui in un istituto religioso oppure chi è stato incorporato
definitivamente in una società clericale di vita apostolica, con
l'ordinazione diaconale viene incardinato come chierico nell'istituto o nella
società, a meno che, per quanto riguarda le società, le costituzioni non
prevedano diversamente. §3. Il membro di un
istituto secolare con l'ordinazione diaconale viene incardinato nella Chiesa
particolare al cui servizio è stato ammesso, a meno che, in forza di una
concessione della Sede Apostolica, non venga incardinato nell'istituto
stesso. 267 Can. 267 - §1. Perché un
chierico già incardinato sia incardinato validamente in un'altra Chiesa
particolare, deve ottenere dal Vescovo diocesano una lettera di
escardinazione sottoscritta dal medesimo; allo stesso modo deve ottenere dal
Vescovo diocesano della Chiesa particolare nella quale desidera essere
incardinato una lettera di incardinazione sottoscritta dal medesimo. §2. L'escardinazione
concessa in tale modo non ha effetto se non è stata ottenuta l'incardinazione
in un'altra Chiesa particolare. 268 Can. 268 - §1. Il
chierico che si trasferisce legittimamente dalla propria Chiesa particolare
in un'altra, dopo cinque anni viene incardinato in quest'ultima per il
diritto stesso, purché abbia manifestato per iscritto tale intenzione sia al
Vescovo diocesano della Chiesa ospite, sia al Vescovo diocesano proprio e
purché nessuno dei due abbia espresso un parere contrario alla richiesta
entro quattro mesi dalla recezione della lettera. §2. Con l'ammissione
perpetua o definitiva in un istituto di vita consacrata o in una società di
vita apostolica, il chierico che, a norma del can. 266, §2, è incardinato in
tale istituto o società, viene escardinato dalla propria Chiesa particolare. 269 Can. 269 - Il Vescovo
diocesano non proceda all'incardinazione di un chierico se non quando: 1) ciò
sia richiesto dalla necessità o utilità della sua Chiesa particolare e salve le
disposizioni del diritto riguardanti l'onesto sostentamento dei chierici; 2)
gli consti a un documento legittimo la concessione dell'escardinazione e
inoltre abbia avuto opportuno attestato da parte del Vescovo diocesano di
escardinazione, se necessario sotto segreto, sulla vita, sui costumi e sugli
studi del chierico; 3) il chierico abbia dichiarato per iscritto al Vescovo
diocesano stesso di volersi dedicare al servizio della nuova Chiesa
particolare a norma del diritto. 270 Can. 270 - L'escardinazione
può essere lecitamente concessa solo per giusti motivi, quali l'utilità della
Chiesa o il bene del chierico stesso; tuttavia non può essere negata se non
in presenza di gravi cause; però il chierico che ritenga gravosa la decisione
nei suoi confronti e abbia trovato un Vescovo che lo accoglie, può fare
ricorso contro la decisione stessa. 271 Can. 271 - §1. Al di
fuori di una situazione di vera necessità per la propria Chiesa particolare,
il Vescovo diocesano non neghi la licenza di trasferirsi ai chierici che
sappia preparati e ritenga idonei ad andare in regioni afflitte da grave
scarsità di clero, per esercitarvi il ministero sacro; provveda però che,
mediante una convenzione scritta con il Vescovo diocesano del luogo a cui
sono diretti, vengano definiti i diritti e i doveri dei chierici in
questione. §2. Il Vescovo diocesano
può concedere ai suoi chierici la licenza di trasferirsi in un'altra Chiesa
particolare per un tempo determinato, rinnovabile anche più volte, in modo
però che i chierici rimangano incardinati nella propria Chiesa particolare e,
se vi ritornano, godano di tutti i diritti che avrebbero se avessero
esercitato in essa il ministero sacro. §3. Il chierico che è
passato legittimamente ad un'altra Chiesa particolare, rimanendo incardinato
nella propria Chiesa, per giusta causa può essere richiamato dal proprio
Vescovo diocesano, purché siano rispettate le convenzioni stipulate con
l'altro Vescovo e l'equità naturale; ugualmente, alle stesse condizioni, il
Vescovo diocesano dell'altra Chiesa particolare potrà, per giusta causa,
negare al chierico la licenza di un'ulteriore permanenza nel suo territorio. 272 Can. 272 -
L'Amministratore diocesano non può concedere l'escardinazione e
l'incardinazione, come pure la licenza di trasferirsi in un'altra Chiesa
particolare, se non dopo un anno di sede episcopale vacante e col consenso
del collegio dei consultori. CAPITOLO III
OBBLIGHI E DIRITTI DEI CHIERICI
273 Can. 273 - I chierici sono
tenuti all'obbligo speciale di prestare rispetto e obbedienza al Sommo
Pontefice e al proprio Ordinario. 274 Can. 274 - §1. Solo i
chierici possono ottenere uffici il cui esercizio richieda la potestà di
ordine o la potestà di governo ecclesiastico. §2. I chierici, se non
sono scusati da un impedimento legittimo, sono tenuti ad accettare e
adempiere fedelmente l'incarico loro affidato dal proprio Ordinario. 275 Can. 275 - §1. I
chierici, dal momento che tutti operano per un unico fine, cioè l'edificazione
del Corpo di Cristo, siano uniti tra di loro col vincolo della fraternità e
della preghiera e si impegnino a collaborare tra di loro, secondo le
disposizioni del diritto particolare. §2. I chierici riconoscano
e promuovano la missione che i laici, secondo la loro specifica condizione,
esercitano nella Chiesa e nel mondo. 276 Can. 276 - §1. Nella loro
condotta di vita i chierici sono tenuti in modo peculiare a tendere alla
santità, in quanto, consacrati a Dio per un nuovo titolo mediante
l'ordinazione, sono dispensatori dei misteri di Dio al servizio del Suo
popolo. §2. Per essere in grado
di perseguire tale perfezione: 1) innanzitutto adempiano fedelmente e
indefessamente i doveri del ministero pastorale; 2) alimentino la propria
vita spirituale alla duplice mensa della sacra Scrittura e dell'Eucaristia; i
sacerdoti perciò sono caldamente invitati ad offrire ogni giorno il
Sacrificio eucaristico, i diaconi poi a parteciparvi quotidianamente; 3) isacerdoti
e i diaconi aspiranti al presbiterato sono obbligati a recitare ogni giorno
la liturgia delle ore secondo i libri liturgici approvati; i diaconi
permanenti nella misura definita dalla conferenza Episcopale; 4) sono
ugualmente tenuti a partecipare ai ritiri spirituali, secondo le disposizioni
del diritto particolare; 5) sono sollecitati ad attendere regolarmente
all'orazione mentale, ad accostarsi frequentemente al sacramento della
penitenza, a coltivare una particolare devozione alla Vergine Madre di Dio, e
ad usufruire degli altri mezzi di santificazione comuni e particolari. 277 Can. 277 - §1. I chierici
sono tenuti all'obbligo di osservare la continenza perfetta e perpetua per il
regno dei cieli, perciò sono vincolati al celibato, che è un dono particolare
di Dio mediante il quale i ministri sacri possono aderire più facilmente a
Cristo con cuore indiviso e sono messi in grado di dedicarsi più liberamente
al servizio di Dio e degli uomini. §2. I chierici si
comportino con la dovuta prudenza nei rapporti con persone la cui familiarità
può mettere in pericolo l'obbligo della continenza oppure suscitare lo
scandalo dei fedeli. §3. Spetta al Vescovo
diocesano stabilire norme più precise su questa materia e giudicare
sull'osservanza di questo obbligo nei casi particolari. 278 Can. 278 - §1. E' diritto
dei chierici secolari associarsi con altri in vista di finalità confacenti
allo stato clericale. §2. I chierici secolari
diano importanza soprattutto alle associazioni le quali, avendo gli statuti approvati
dall'autorità competente, mediante una regola di vita adatta e
convenientemente approvata e mediante l'aiuto fraterno, stimolano alla
santità nell'esercizio del ministero e favoriscono l'unità dei chierici fra
di loro e col proprio Vescovo. §3. I chierici si
astengano dal fondare o partecipare ad associazioni il cui fine o la cui
attività non sono compatibili con gli obblighi propri dello stato clericale,
oppure possono ostacolare il diligente compimento dell'incarico loro affidato
dalla competente autorità ecclesiastica. 279 Can. 279 - §1. I chierici
proseguano gli studi sacri anche dopo l'ordinazione sacerdotale e seguano la
solida dottrina fondata sulla sacra Scrittura, tramandata dal passato e
comunemente accolta dalla Chiesa, secondo quanto viene determinato
particolarmente dai documenti dei Concili e dei Romani Pontefici, evitando le
vane novità e la falsa scienza. §2. Secondo le
disposizioni del diritto particolare, i sacerdoti frequentino le lezioni di
carattere pastorale che devono essere programmate dopo l'ordinazione
sacerdotale e inoltre, nei tempi stabiliti dal diritto stesso, partecipino
anche ad altre lezioni, convegni teologici o conferenze con le quali si offra
loro l'occasione di acquisire una conoscenza più approfondita delle scienze
sacre e delle metodologie pastorali. §3. Proseguano anche
nell'apprendimento di altre scienze, quelle soprattutto che hanno un rapporto
con le scienze sacre, particolarmente in quanto possono essere utili
nell'esercizio del ministero pastorale. 280 Can. 280 - Si raccomanda
vivamente ai chierici di praticare una consuetudine di vita comune; dove essa
è attuata, per quanto è possibile, si mantenga. 281 Can. 281 - §1. Ai
chierici, in quanto si dedicano al ministero ecclesiastico, spetta una rimunerazione
adeguata alla loro condizione, tenendo presente sia la natura dell'ufficio,
sia circostanze di luogo e di tempo, perché con essa possano provvedere alle
necessità della propria vita e alla giusta retribuzione di chi è al loro
servizio. §2. Così pure occorre
fare in modo che usufruiscano della previdenza sociale con cui sia possibile
provvedere convenientemente alle loro necessità in caso di malattia, di
invalidità o di vecchiaia. §3. I diaconi coniugati,
che si dedicano a tempo pieno al ministero ecclesiastico, siano rimunerati in
modo che siano in grado di provvedere al proprio sostentamento e a quello
della loro famiglia; coloro poi che ricevono una rimunerazione per la
professione civile che esercitano o hanno esercitato, provvedano ai loro bisogni
e a quelli della propria famiglia con i redditi provenienti da tale
rimunerazione. 282 Can. 282 - §1. I chierici
conducano una vita semplice e si astengano da tutto quello che può avere
sapore di vanità. §2. I beni di cui vengono
in possesso in occasione dell'esercizio di un ufficio ecclesiastico e che
avanzano, dopo aver provveduto con essi al proprio onesto sostentamento e
all'adempimento di tutti i doveri del proprio stato, siano da loro impiegati
per il bene della Chiesa e per opere di carità. 283 Can. 283 - §1. I
chierici, anche se non hanno un ufficio residenziale, non si allontanino
dalla propria diocesi per un tempo notevole, che va determinato dal diritto
particolare, senza la licenza almeno presunta dell'Ordinario proprio. §2. Spetta ai chierici
usufruire ogni anno di un tempo conveniente e sufficiente di ferie,
determinato dal diritto universale o particolare. 284 Can. 284 - I chierici
portino un abito ecclesiastico decoroso secondo le norme emanate dalla
Conferenza Episcopale e secondo le legittime consuetudini locali. 285 Can. 285 - §1. I chierici
si astengano del tutto da ciò che è sconveniente al proprio stato, secondo le
disposizioni del diritto particolare. §2. Evitino ciò che, pur
non essendo indecoroso, è alieno dallo stato clericale. §3. E' fatto divieto ai
chierici di assumere uffici pubblici, che comportano una partecipazione
all'esercizio del potere civile. §4. Senza la licenza del
proprio Ordinario non intraprendano amministrazione di beni riguardanti i
laici né esercitino uffici secolari che comportino l'onere del rendiconto; è
loro proibita la fideiussione, anche su propri beni, senza consultare il
proprio Ordinario; così pure si astengano dal firmare cambiali, quelle cioè
con cui viene assunto l'impegno di pagare un debito senza una causa definita. 286 Can. 286 - E' proibito ai
chierici di esercitare, personalmente o tramite altri, l'attività affaristica
e commerciale, sia per il proprio interesse, sia per quello degli altri, se
non con la licenza della legittima autorità ecclesiastica. 287 Can. 287 - §1. I chierici
favoriscano sempre in sommo grado il mantenimento, fra gli uomini, della pace
e della concordia fondate sulla giustizia. §2. Non abbiano parte
attiva nei partiti politici e nella guida di associazioni sindacali, a meno
che, a giudizio dell'autorità ecclesiastica competente, non lo richiedano la
difesa dei diritti della Chiesa o la promozione del bene comune. 288 Can. 288 - I diaconi
permanenti non sono tenuti alle disposizioni dei cann. 284, 285, §§3 e 4,
286, 287, §2, a meno che il diritto particolare non stabilisca diversamente. 289 Can. 289 - §1. Poiché il
servizio militare propriamente non si addice allo stato clericale, i chierici
e i candidati agli Ordini sacri non prestino il servizio militare volontario,
se non su licenza del proprio Ordinario. §2. I chierici
usufruiscano delle esenzioni dall'esercitare incarichi e pubblici uffici
civili estranei allo stato clericale, concesse in loro favore dalle leggi e
dalle convenzioni o dalle consuetudini, a meno che in casi particolari il
proprio Ordinario non abbia disposto diversamente. CAPITOLO IV
LA PERDITA
DELLO STATO CLERICALE 290 Can. 290 - La sacra ordinazione, una volta validamente
ricevuta, non diviene mai nulla. Tuttavia il
chierico perde lo stato clericale: 1) per sentenza giudiziaria o decreto
amministrativo con cui si dichiara l'invalidità della sacra ordinazione; 2)
mediante la pena di dimissione inflitta legittimamente; 3) per
rescritto della Sede Apostolica; tale rescritto viene concesso dalla Sede
Apostolica ai diaconi soltanto per gravi cause, ai presbiteri per cause
gravissime. 291 Can. 291 - Oltre ai casi
di cui al can. 290, n. 1, la perdita dello stato clericale non comporta la
dispensa dall'obbligo del celibato: questa viene concessa unicamente dal
Romano Pontefice. 292 Can. 292 - Il chierico
che a norma del diritto perde lo stato clericale, ne perde insieme i diritti
e non è tenuto ad alcun obbligo di tale stato, fermo restando il disposto del
can. 291; gli è proibito di esercitare la potestà di ordine, salvo il
disposto del can. 976; con ciò egli è privato di tutti gli uffici, di tutti
gli incarichi e di qualsiasi potestà delegata. 293 Can. 293 - Il chierico
che ha perduto lo stato clericale, non può essere nuovamente ascritto tra i
chierici, se non per rescritto della Sede Apostolica. TITOLO
IV LE
PRELATURE PERSONALI (Cann. 294 – 297) 294 Can. 294 - Al fine di
promuovere un'adeguata distribuzione dei presbiteri o di attuare speciali
opere pastorali o missionarie per le diverse regioni o per le diverse
categorie sociali, la Sede Apostolica può erigere prelature personali formate
da presbiteri e da diaconi del clero secolare, udite le conferenze dei
Vescovi interessati. 295 Can. 295 - §1. La
prelatura personale è retta dagli statuti fatti dalla Sede Apostolica e ad
essa viene preposto un Prelato come Ordinario proprio, il quale ha il diritto
di erigere un seminario nazionale o internazionale, di incardinare gli alunni
e di promuoverli agli ordini con il titolo del servizio della prelatura. §2. Il Prelato deve
provvedere sia alla formazione spirituale di coloro che ha promosso con il
predetto titolo, sia al loro decoroso sostentamento. 296 Can. 296 - I laici possono
dedicarsi alle opere apostoliche di una prelatura personale mediante
convenzioni stipulate con la prelatura stessa; il modo di tale organica
cooperazione e i principali doveri e diritti con essa connessi siano
determinati con precisione negli statuti. 297 Can. 297 - Parimenti gli
statuti definiscano i rapporti della prelatura personale con gli Ordinari del
luogo nelle cui Chiese particolari la prelatura stessa esercita o intende
esercitare, previo consenso del Vescovo diocesano, le sue opere pastorali o
missionarie. TITOLO
V LE
ASSOCIAZIONI DEI FEDELI (Cann. 298 – 329) CAPITOLO I
NORME COMUNI 298 Can. 298 - §1. Nella
Chiesa vi sono associazioni, distinte dagli istituti di vita consacrata e
dalle società di vita apostolica, in cui i fedeli, sia chierici, sia laici,
sia chierici e laici insieme, tendono, mediante l'azione comune,
all'incremento di una vita più perfetta, o alla promozione del culto pubblico
o della dottrina cristiana, o ad altre opere di apostolato, quali sono
iniziative di evangelizzazione, esercizio di opere di pietà o di carità,
animazione dell'ordine temporale mediante lo spirito cristiano. §2. I fedeli diano la
propria adesione soprattutto alle associazioni erette, lodate o raccomandate
dall'autorità ecclesiastica competente. 299 Can. 299 - §1. I fedeli
hanno il diritto di costituire associazioni, mediante un accordo privato tra
di loro per conseguire i fini di cui al can. 298, §1, fermo restando il
disposto del can. 301, §1. §2. Tali associazioni,
anche se lodate o raccomandate dall'autorità ecclesiastica, si chiamano associazioni
private. §3. Nessuna associazione
privata di fedeli è riconosciuta nella Chiesa, se i suoi statuti non sono
esaminati dall'autorità competente. 300 Can. 300 - Nessuna
associazione assuma il nome di "cattolica", se non con il consenso
dell'autorità ecclesiastica competente a norma del can. 312. 301 Can. 301 - §1. Spetta
unicamente all'autorità ecclesiastica competente erigere associazioni di
fedeli che si propongano l'insegnamento della dottrina cristiana in nome della
Chiesa o l'incremento del culto pubblico, oppure che intendano altri fini il
cui conseguimento è riservato, per natura sua, all'autorità ecclesiastica. §2. L'autorità
ecclesiastica competente, se lo giudica opportuno, può erigere associazioni
di fedeli anche per il conseguimento diretto o indiretto di altre finalità
spirituali alle quali non sia stato sufficientemente provveduto mediante
iniziative private. §3. Le associazioni di
fedeli erette dall'autorità ecclesiastica competente si chiamano associazioni
pubbliche. 302 Can. 302 - Le
associazioni di fedeli si chiamano clericali se sono dirette da chierici,
assumono l'esercizio dell'ordine sacro e sono riconosciute come tali
dall'autorità competente. 303 Can. 303 - Le
associazioni i cui membri conducono una vita apostolica e tendono alla
perfezione cristiana partecipando nel mondo al carisma di un istituto
religioso, sotto l'alta direzione dell'istituto stesso, assumono il nome di
terzi ordini oppure un altro nome adatto. 304 Can. 304 - §1. Tutte le
associazioni di fedeli, sia pubbliche sia private, con qualunque titolo o
nome siano chiamate, abbiano propri statuti con cui vengano definiti il fine
dell'associazione o ragione sociale, la sede, il governo e le condizioni
richieste per parteciparvi, e mediante i quali vengano determinate le
modalità d'azione tenendo presente la necessità o l'utilità relativa al tempo
e al luogo. §2. Assumano un titolo o
un nome, adatto agli usi del tempo e del luogo, scelto soprattutto in ragione
della finalità perseguita. 305 Can. 305 - §1. Tutte le
associazioni di fedeli sono soggette alla vigilanza dell'autorità
ecclesiastica competente, alla quale pertanto spetta aver cura che in esse
sia conservata l'integrità della fede e dei costumi e vigilare che non si
insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica; ad essa perciò spetta il
diritto e il dovere di visitare tali associazioni, a norma del diritto e
degli statuti; sono anche soggette al governo della medesima autorità secondo
le disposizioni dei canoni seguenti. §2. Sono soggette alla
vigilanza della Santa Sede le associazioni di qualsiasi genere; sono soggette
alla vigilanza dell'Ordinario del luogo le associazioni diocesane e le altre,
in quanto esercitano la loro azione nella diocesi. 306 Can. 306 - Perché uno
possa fruire dei diritti e dei privilegi dell'associazione, delle indulgenze
e delle altre grazie spirituali ad essa concesse, è necessario e sufficiente
che vi sia validamente accolto e non dimesso legittimamente dalla medesima,
secondo le disposizioni del diritto e degli statuti dell'associazione. 307 Can. 307 - §1.
L'accettazione dei membri avvenga a norma del diritto e degli statuti di
ciascuna associazione. §2. La stessa persona può
essere iscritta a più associazioni. §3. I membri degli istituti
religiosi possono aderire alle associazioni, a norma del diritto proprio, col
consenso del proprio superiore. 308 Can. 308 - Nessuno,
legittimamente iscritto, sia dimesso da una associazione, se non per giusta
causa, a norma del diritto e degli statuti. 309 Can. 309 - Le
associazioni legittimamente costituite hanno facoltà, a norma del diritto e
degli statuti, di emanare norme peculiari riguardanti l'associazione stessa,
di tenere assemblee, di designare i moderatori, gli officiali, gli aiutanti e
gli amministratori dei beni. 310 Can. 310 -
Un'associazione privata non costituita in persona giuridica, come tale non
può essere soggetto di obblighi e di diritti; tuttavia i fedeli associati
possono congiuntamente contrarre obblighi, acquisire e possedere diritti e
beni come comproprietari e compossessori; sono in grado di esercitare tali
diritti e obblighi mediante un mandatario o procuratore. 311 Can. 311 - I membri di
istituti di vita consacrata che presiedono o assistono associazioni in
qualche modo unite al proprio istituto, abbiano cura che tali associazioni
prestino aiuto alle attività di apostolato esistenti in diocesi, soprattutto
operando, sotto la direzione dell'Ordinario del luogo, insieme con le
associazioni finalizzate all'esercizio dell'apostolato nella diocesi. CAPITOLO II
ASSOCIAZIONI
PUBBLICHE DI FEDELI 312 Can. 312 - §1. L'autorità
competente ad erigere associazioni pubbliche è: 1) la Santa Sede per le associazioni
universali e internazionali; 2) la Conferenza Episcopale nell'ambito del
proprio territorio per le associazioni nazionali, quelle cioè che sono
destinate, mediante l'erezione stessa, ad esercitare la loro attività in
tutta una nazione; 3) il Vescovo diocesano nell'ambito del suo territorio per
le associazioni diocesane, non però l'Amministratore diocesano; tuttavia sono
eccettuate le associazioni per le quali il diritto di erezione è riservato ad
altri per privilegio apostolico. §2. Per erigere
validamente nella diocesi un'associazione o una sua sezione, anche se ciò
avviene in forza di un privilegio apostolico, si richiede il consenso scritto
del Vescovo diocesano; tuttavia il consenso del Vescovo diocesano per
l'erezione di una casa di un istituto religioso vale anche per l'erezione,
presso la stessa casa o presso la chiesa annessa, di una associazione propria
di quell'istituto. 313 Can. 313 -
Un'associazione pubblica, come pure una confederazione di associazioni
pubbliche, per lo stesso decreto con cui viene eretta dall'autorità
ecclesiastica competente a norma del can. 312, è costituita persona giuridica
e riceve, per quanto è richiesto, la missione per i fini che essa si propone
di conseguire in nome della Chiesa. 314 Can. 314 - Gli statuti di
ogni associazione pubblica, la loro revisione e il loro cambiamento
necessitano dell'approvazione dell'autorità ecclesiastica cui compete erigere
l'associazione a norma del can. 312, §1. 315 Can. 315 - Le associazioni
pubbliche possono intraprendere spontaneamente quelle iniziative che sono
confacenti alla loro indole; tali associazioni sono dirette a norma degli
statuti, però sotto la superiore direzione dell'autorità ecclesiastica di cui
al can. 312, §1. 316 Can. 316 - §1. Non può
essere validamente accolto nelle associazioni pubbliche chi ha pubblicamente
abbandonato la fede cattolica, chi si è allontanato dalla comunione
ecclesiastica e chi è irretito da una scomunica inflitta o dichiarata. §2. Coloro che, dopo
essere stati legittimamente associati, vengono a trovarsi nel caso di cui al
§1, premessa un'ammonizione, siano dimessi dall'associazione, osservando gli
statuti e salvo il diritto di ricorso all'autorità ecclesiastica di cui al
can. 312, §1. 317 Can. 317 - §1. Se non si
prevede altro negli statuti, spetta all'autorità ecclesiastica di cui al can.
312, §1 confermare il moderatore dell'associazione pubblica eletto dalla
stessa, istituire colui che è stato presentato, oppure nominarlo secondo il
diritto proprio; la stessa autorità ecclesiastica poi nomina il cappellano o
l'assistente ecclesiastico, dopo aver sentito, se risulta opportuno, gli
officiali maggiori dell'associazione. §2. La norma stabilita al
§1 vale anche per le associazioni erette da membri di istituti religiosi in
forza di un privilegio apostolico, al di fuori delle proprie chiese o delle
proprie case; nelle associazioni poi erette da membri di istituti religiosi
presso la propria chiesa o presso la propria casa, la nomina o la conferma
del moderatore e del cappellano spetta al superiore dell'istituto, a norma
degli statuti. §3. Nelle associazioni
non clericali, i laici possono ricoprire l'incarico di moderatore; il
cappellano o l'assistente ecclesiastico non siano assunti a tale compito, a
meno che negli statuti non sia disposto diversamente. §4. Nelle associazioni
pubbliche di fedeli finalizzate direttamente all'esercizio dell'apostolato,
non siano moderatori coloro che occupano còmpiti direttivi nei partiti
politici. 318 Can. 318 - §1. In
circostanze speciali, se lo richiedono gravi motivi, l'autorità ecclesiastica
di cui al can. 312, §1 può designare un commissario che in suo nome diriga
temporaneamente l'associazione. §2. Il moderatore di
un'associazione pubblica può essere rimosso, per giusta causa, da chi lo ha
nominato o confermato, tuttavia dopo aver sentito sia il moderatore stesso,
sia gli officiali maggiori dell'associazione, a norma degli statuti; il
cappellano può essere rimosso, a norma dei cann. 192-195, da chi lo ha
nominato. 319 Can. 319 - §1.
Un'associazione pubblica eretta legittimamente, a meno che non sia disposto
in modo diverso, a norma degli statuti amministra i beni che possiede, sotto
l'alta direzione dell'autorità ecclesiastica di cui al can. 312, §1, alla
quale ogni anno deve rendere conto dell'amministrazione. §2. Deve inoltre
presentare alla medesima autorità un fedele rendiconto della distribuzione
delle offerte e delle elemosine raccolte. 320 Can. 320 - §1. Le
associazioni erette dalla Santa Sede possono essere soppresse solo dalla
Santa Sede stessa. §2. Per gravi cause la
conferenza dei Vescovi può sopprimere le associazioni erette dalla conferenza
stessa; il Vescovo diocesano può sopprimere le associazioni che egli stesso
ha eretto e anche le associazioni erette, per indulto apostolico, da membri
di istituti religiosi col consenso del Vescovo diocesano. §3. Un'associazione
pubblica non venga soppressa dall'autorità competente, senza aver prima
sentito il suo moderatore e gli altri officiali maggiori. CAPITOLO III
ASSOCIAZIONI
PRIVATE DI FEDELI 321 Can. 321 - Le
associazioni private sono dirette e presiedute dai fedeli, secondo le
disposizioni degli statuti. 322 Can. 322 - §1. Un'associazione
privata di fedeli può acquistare personalità giuridica per decreto formale
dell'autorità ecclesiastica competente di cui al can. 312. §2. Nessuna associazione
privata di fedeli può acquistare personalità giuridica se i suoi statuti non
sono stati approvati dall'autorità ecclesiastica di cui al can. 312, §1;
tuttavia l'approvazione degli statuti non cambia la natura privata
dell'associazione. 323 Can. 323 - §1. Quantunque
le associazioni private di fedeli godano di autonomia a norma del can. 321,
sono soggette alla vigilanza dell'autorità ecclesiastica a norma del can.
305, come pure al governo della medesima autorità. §2. Spetta ancora
all'autorità ecclesiastica, nel rispetto della autonomia propria delle
associazioni private, vigilare e fare in modo che si eviti la dispersione
delle forze e ordinare al bene comune l'esercizio del loro apostolato. 324 Can. 324 - §1.
L'associazione privata di fedeli designa liberamente il moderatore e gli
officiali a norma degli statuti. §2. L'associazione
privata di fedeli può scegliere liberamente, se lo desidera, un consigliere
spirituale fra i sacerdoti che esercitano legittimamente il ministero nella
diocesi; tuttavia colui che è scelto deve avere la conferma dell'Ordinario
del luogo. 325 Can. 325 - §1.
L'associazione privata di fedeli amministra liberamente i beni che possiede,
secondo le disposizioni degli statuti, salvo il diritto dell'autorità
ecclesiastica competente di vigilare perché i beni siano usati per i fini
dell'associazione. §2. E' pure soggetta
all'autorità dell'Ordinario del luogo, a norma del can. 1301, per quanto
riguarda l'amministrazione e la distribuzione dei beni che le sono stati
donati o lasciati per cause pie. 326 Can. 326 - §1.
L'associazione privata di fedeli si estingue a norma degli statuti; può anche
essere soppressa dall'autorità competente se la sua attività è causa di danno
grave per la dottrina o la disciplina ecclesiastica, oppure di scandalo per i
fedeli. §2. La destinazione dei
beni di un'associazione estinta deve essere determinata a norma degli
statuti, salvi i diritti acquisiti e la volontà degli offerenti. CAPITOLO IV
NORME SPECIALI PER LE ASSOCIAZIONI DI LAICI
327 Can. 327 - I fedeli laici
tengano in grande considerazione le associazioni costituite per i fini
spirituali di cui al can. 298, specialmente quelle che si propongono di
animare mediante lo spirito cristiano le realtà temporali e in tal modo
favoriscono intensamente un rapporto più intimo fra fede e vita. 328 Can. 328 - Coloro che
dirigono le associazioni di laici, anche quelle erette in forza di un
privilegio apostolico, facciano in modo che le proprie associazioni
collaborino, dove ciò risulta opportuno, con altre associazioni di fedeli e
che sostengano volentieri le diverse opere cristiane, soprattutto quelle
esistenti nello stesso territorio. 329 Can. 329 - I moderatori
delle associazioni di laici facciano in modo che i membri dell'associazione
siano debitamente formati all'esercizio dell'apostolato specificamente
laicale. PARTE
SECONDA LA COSTITUZIONE GERARCHICA DELLA Chiesa SEZIONE
I LA
SUPREMA AUTORITÀ DELLA CHIESA (Cann. 330 – 367) CAPITOLO I
IL ROMANO PONTEFICE
E IL COLLEGIO
DEI VESCOVI 330 Can. 330 - Come, per
volontà del Signore, san Pietro e gli altri Apostoli costituiscono un unico
Collegio, per analoga ragione il Romano Pontefice, successore di Pietro, ed i
Vescovi, successori degli Apostoli, sono tra di loro congiunti. Art. 1: Il Romano
Pontefice 331 Can. 331 - Il Vescovo della Chiesa di Roma,
in cui permane l'ufficio concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo
degli Apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori, è capo del
Collegio dei Vescovi, Vicario di Cristo e Pastore qui in terra della Chiesa
universale; egli perciò, in forza del suo ufficio, ha potestà ordinaria
suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, potestà che può sempre
esercitare liberamente. 332 Can. 332 - §1. Il Sommo
Pontefice ottiene la potestà piena e suprema sulla Chiesa con l'elezione legittima, da lui accettata,
insieme con la consacrazione episcopale. Di conseguenza l'eletto al sommo
pontificato che sia già insignito del carattere episcopale ottiene tale
potestà dal momento dell'accettazione. Che se l'eletto fosse privo del
carattere episcopale, sia immediatamente ordinato Vescovo. §2. Nel caso che il
Romano Pontefice rinunci al suo ufficio, si richiede per la validità che la
rinuncia sia fatta liberamente e che venga debitamente manifestata, non si
richiede invece che qualcuno la accetti. 333 Can.
333 - §1. Il Romano Pontefice, in forza del suo ufficio, ha potestà non solo
sulla Chiesa universale, ma ottiene anche il primato della potestà ordinaria
su tutte le Chiese particolari e i loro raggruppamenti; con tale primato viene
contemporaneamente rafforzata e garantita la potestà propria, ordinaria e
immediata che i Vescovi hanno sulle Chiese particolari affidate alla loro
cura. §2. Il Romano Pontefice, nell'adempimento
dell'ufficio di supremo Pastore della Chiesa, è sempre congiunto nella
comunione con gli altri Vescovi e anzi con tutta la Chiesa; tuttavia egli ha
il diritto di determinare, secondo le necessità della Chiesa, il modo, sia
personale sia collegiale, di esercitare tale ufficio. §3. Non si dà appello né ricorso contro la
sentenza o il decreto del Romano Pontefice. 334 Can. 334 - Nell'esercizio del suo ufficio il Romano Pontefice è assistito
dai Vescovi, che possono cooperare con lui in diversi modi, uno dei quali è
il sinodo dei Vescovi. Inoltre gli sono di aiuto i Padri Cardinali e altre
persone, come pure diverse istituzioni, secondo le necessità dei tempi; tutte
queste persone e istituzioni adempiono in suo nome e per sua autorità
l'incarico loro affidato per il bene di tutte le Chiese, secondo le norme
determinate dal diritto. 335 Can. 335 - Mentre la Sede
romana è vacante o totalmente impedita, non si modifichi nulla nel governo
della Chiesa universale; si osservino invece le leggi speciali emanate per
tali circostanze. Art. 2: Il Collegio dei Vescovi 336 Can. 336 - Il Collegio dei Vescovi, il cui capo è il Sommo Pontefice e i
cui membri sono i Vescovi in forza della consacrazione sacramentale e della
comunione gerarchica con il capo e con i membri del Collegio, e nel quale
permane perennemente il corpo apostolico, insieme con il suo capo e mai senza il suo capo, è pure soggetto
di suprema e piena potestà sulla Chiesa universale. 337 Can. 337 - §1. Il Collegio dei Vescovi
esercita in modo solenne la potestà sulla Chiesa universale nel Concilio
Ecumenico. §2. Esercita la medesima potestà mediante
l'azione congiunta dei Vescovi sparsi nel mondo, se essa come tale è indetta o liberamente recepita dal Romano
Pontefice, così che si realizzi un vero atto collegiale. §3. Spetta al Romano Pontefice, secondo le
necessità della Chiesa, scegliere e promuovere i modi con cui il Collegio dei
Vescovi può esercitare collegialmente il suo ufficio per la Chiesa
universale. 338 Can. 338 - §1. Spetta unicamente al Romano
Pontefice convocare il Concilio Ecumenico, presiedendolo personalmente o
mediante altri, come pure trasferire il Concilio stesso, sospenderlo o
scioglierlo e approvarne i decreti. §2. Spetta al Romano Pontefice determinare
le questioni da trattare nel Concilio e stabilire l'ordinamento da osservare
in esso; i Padri del Concilio, alle questioni proposte dal Romano Pontefice,
possono aggiungerne altre, che devono essere approvate dallo stesso Romano
Pontefice. 339 Can. 339 - §1. Tutti e
soli i Vescovi che sono membri del Collegio dei Vescovi hanno il diritto e il
dovere di partecipare al Concilio Ecumenico con voto deliberativo. §2. Alcuni altri inoltre,
che non sono insigniti della dignità episcopale, possono essere chiamati al
Concilio Ecumenico dall'autorità suprema della Chiesa, alla quale spetta
determinare il loro ruolo nel Concilio. 340 Can. 340 - Nel caso che la Sede Apostolica
divenga vacante durante la celebrazione del Concilio, questo viene interrotto
per il diritto stesso, finché il nuovo Sommo Pontefice non abbia ordinato di
proseguirlo o non l'abbia sciolto. 341 Can. 341 - §1. Non hanno forza obbligante se
non quei decreti del Concilio Ecumenico che, insieme con i Padri del
Concilio, siano stati approvati dal Romano Pontefice, da lui confermati e per
suo comando promulgati. §2. Perché abbiano forza obbligante devono
avere la stessa conferma e promulgazione i decreti che emana il Collegio dei
Vescovi quando pone un'azione propriamente collegiale secondo una modalità
diversa, indetta dal Romano Pontefice o da lui deliberatamente recepita. CAPITOLO II
IL SINODO DEI VESCOVI
342 Can. 342 - Il sinodo dei
Vescovi è un'assemblea di Vescovi i quali, scelti dalle diverse regioni
dell'orbe, si riuniscono in tempi determinati per favorire una stretta unione
fra il Romano Pontefice e i Vescovi stessi, e per prestare aiuto con il loro
consiglio al Romano Pontefice nella salvaguardia e nell'incremento della fede
e dei costumi, nell'osservanza e nel consolidamento della disciplina
ecclesiastica e inoltre per studiare i problemi riguardanti l'attività della
Chiesa nel mondo. 343 Can. 343 - Spetta al sinodo dei Vescovi
discutere sulle questioni proposte ed esprimere dei voti, non però dirimerle
ed emanare decreti su tali questioni, a meno che in casi determinati il
Romano Pontefice, cui spetta in questo caso ratificare le decisioni del
sinodo, non gli abbia concesso potestà deliberativa. 344 Can.
344 - Il sinodo dei Vescovi è direttamente sottoposto all'autorità del Romano
Pontefice, al quale spetta propriamente: 1) convocare il sinodo ogni
qualvolta lo ritenga opportuno e designare il luogo in cui tenere le
assemblee; 2) ratificare l'elezione dei membri che, a norma del diritto
peculiare, devono essere eletti, e altresì designare e nominare gli altri
membri; 3) stabilire gli argomenti delle questioni da trattare in tempo
opportuno, a norma del diritto peculiare, prima della celebrazione del Sinodo;
4) definire l'ordine dei lavori; 5) presiedere il sinodo personalmente o
attraverso altri; 6) concludere, trasferire, sospendere e sciogliere il
sinodo. 345 Can. 345 - Il sinodo dei
Vescovi può riunirsi in assemblea generale ordinaria o straordinaria, in cui
vengono trattati argomenti che riguardano direttamente il bene della Chiesa
universale, oppure può riunirsi in assemblea speciale, in cui vengono
trattati affari che riguardano direttamente una o più regioni determinate. 346 Can. 346 - §1. Il sinodo
dei Vescovi che si riunisce in assemblea generale ordinaria è composto di
membri, la maggioranza dei quali Vescovi che vengono eletti per le singole
assemblee dei Vescovi, secondo le modalità determinate dal diritto peculiare
del sinodo; altri vengono deputati in forza del medesimo diritto, altri sono
nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad essi si aggiungono alcuni
membri di istituti religiosi clericali, eletti a norma del medesimo diritto
peculiare. §2. Il sinodo dei
Vescovi, riunito in assemblea generale straordinaria per trattare affari che
richiedono una soluzione sollecita, è composto di membri, la maggioranza dei
quali Vescovi, deputati dal diritto peculiare del sinodo in ragione
dell'ufficio svolto; altri poi nominati direttamente dal Romano Pontefice; ad
essi si aggiungono alcuni membri di istituti religiosi clericali eletti a
norma del medesimo diritto. §3. Il sinodo dei Vescovi
che si riunisce in assemblea speciale è composto soprattutto di membri scelti
da quelle regioni per le quali il sinodo viene convocato, a norma del diritto
peculiare da cui è retto il sinodo. 347 Can. 347 - §1. Quando
l'assemblea del sinodo dei Vescovi viene conclusa dal Romano Pontefice, cessa
l'incarico affidato nel sinodo stesso ai Vescovi e agli altri membri. §2. Se la Sede Apostolica
diviene vacante dopo la convocazione del sinodo o durante la sua
celebrazione, per il diritto stesso è sospesa l'assemblea del sinodo, come
pure l'incarico assegnato in esso ai membri, finché il nuovo Pontefice non
abbia deciso o il suo scioglimento o la sua continuazione. 348 Can. 348 - §1. Il sinodo
dei Vescovi ha una segreteria generale permanente presieduta dal Segretario
generale, nominato dal Romano Pontefice, al quale è d'aiuto il consiglio di
segreteria composto di Vescovi, alcuni dei quali vengono eletti, a norma del
diritto peculiare, dallo stesso sinodo dei Vescovi, altri nominati dal Romano
Pontefice; l'incarico di tutti costoro però cessa quando inizia la nuova
assemblea generale. §2. Vengono inoltre costituiti
per ogni assemblea del sinodo dei Vescovi uno o più segretari speciali,
nominati dal Romano Pontefice, i quali rimangono nell'ufficio affidato solo
fino al termine dell'assemblea del sinodo. CAPITOLO III
I CARDINALI DI SANTA ROMANA CHIESA
349 Can. 349 - I Cardinali di
Santa Romana Chiesa costituiscono un Collegio peculiare cui spetta provvedere
all'elezione del Romano Pontefice, a norma del diritto peculiare; inoltre i
Cardinali assistono il Romano Pontefice sia agendo collegialmente quando sono
convocati insieme per trattare le questioni di maggiore importanza, sia come
singoli, cioè nei diversi uffici ricoperti prestandogli la loro opera nella
cura soprattutto quotidiana della Chiesa universale. 350 Can. 350 - §1. Il Collegio
dei Cardinali è distinto in tre ordini: l'ordine episcopale, cui appartengono
i Cardinali ai quali il Romano Pontefice assegna il titolo di una Chiesa
suburbicaria e inoltre i Patriarchi Orientali che sono stati annoverati nel
Collegio dei Cardinali; l'ordine presbiterale e l'ordine diaconale. §2. A ciascun Cardinale
dell'ordine presbiterale e diaconale viene assegnato dal Romano Pontefice un
titolo o una diaconia nell'Urbe. §3. I Patriarchi
Orientali assunti nel Collegio dei Cardinali, hanno come titolo la propria
sede patriarcale. §4. Il Cardinale Decano
ha come titolo la diocesi di Ostia, insieme all'altra Chiesa che aveva come
titolo precedente. §5. Mediante opzione
fatta nel Concistoro e approvata dal Sommo Pontefice, i Cardinali dell'ordine
presbiterale, nel rispetto della priorità di ordine e di promozione, possono
passare ad un altro titolo e i Cardinali dell'ordine diaconale ad un'altra
diaconia e, se sono rimasti per un intero decennio nell'ordine diaconale,
possono passare anche all'ordine presbiterale. §6. Il Cardinale che
passa per opzione dall'ordine diaconale all'ordine presbiterale, ottiene la
precedenza su tutti i Cardinali presbiteri che sono stati assunti al
cardinalato dopo di lui. 351 Can. 351 - §1. Ad essere
promossi Cardinali vengono scelti liberamente dal Romano Pontefice uomini che
siano costituiti almeno nell'ordine del presbiterato, in modo eminente
distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari;
coloro che già non siano Vescovi, devono ricevere la consacrazione
episcopale. §2. I Cardinali vengono
creati con un decreto del Romano Pontefice, che viene reso pubblico davanti
al Collegio dei Cardinali; dal momento della pubblicazione essi sono
vincolati dai doveri e godono dei diritti definiti dalla legge. §3. Colui che è promosso
alla dignità cardinalizia, se il Romano Pontefice ne ha annunciato la
creazione, riservandosi però il nome in pectore, durante questo tempo non è
tenuto ad alcun dovere e non gode di alcun diritto proprio dei Cardinali;
tuttavia dopo che il suo nome è stato reso pubblico dal Romano Pontefice, è
tenuto a tali doveri e fruisce di tali diritti; ma gode del diritto di
precedenza dal giorno della riserva in pectore. 352 Can. 352 - §1. Presiede
il Collegio dei Cardinali il Decano e, se impedito, ne fa le veci il
Sottodecano; il Decano, o il Sottodecano, non ha nessuna potestà di governo
sugli altri Cardinali, ma è considerato primus inter pares. §2. Quando l'ufficio di
Decano diviene vacante, i Cardinali insigniti del titolo di una Chiesa
suburbicaria, e solo essi, con la presidenza del Sottodecano, se è presente,
oppure del più anziano tra di loro, eleggano al proprio interno chi debba
diventare il Decano del Collegio; comunichino il suo nome al Romano
Pontefice, al quale spetta approvare l'eletto. §3. Nello stesso modo
previsto al §2, sotto la presidenza del Decano, viene eletto il Sottodecano;
spetta al Romano Pontefice approvare anche l'elezione del Sottodecano. §4. Il Decano e il
Sottodecano, se ancora non lo hanno, acquistino il domicilio nell'Urbe. 353 Can. 353 - §1. I Cardinali prestano
principalmente aiuto con attività collegiale al Supremo Pastore della Chiesa
nei Concistori, nei quali si riuniscono per ordine del Romano Pontefice e
sotto la sua presidenza; i Concistori possono essere ordinari o straordinari. §2. Nel Concistoro
ordinario vengono convocati tutti i Cardinali, almeno quelli che si trovano
nell'Urbe, per essere consultati su qualche questione grave, che tuttavia si
verifica più comunemente, o per compiere determinati atti della massima
solennità. §3. Nel Concistoro
straordinario, che si celebra quando lo suggeriscono peculiari necessità
della Chiesa o la trattazione di questioni particolarmente gravi, vengono
convocati tutti i Cardinali. §4. Solo il Concistoro
ordinario in cui si celebrino particolari solennità può essere pubblico, in
cui cioè, oltre ai Cardinali, vengono ammessi i Prelati, i legati delle
società civili ed altri che vi sono invitati. 354 Can. 354 - I Padri Cardinali
preposti ai dicasteri o agli altri organismi permanenti della Curia Romana e
della Città del Vaticano, che abbiano compiuto il settantacinquesimo anno di
età, sono invitati a presentare al Romano Pontefice la rinuncia all'ufficio,
ed egli provvederà, dopo aver valutato tutte le circostanze. 355 Can. 355 - §1. Spetta al
Cardinale Decano ordinare Vescovo il Romano Pontefice eletto, qualora non
fosse ordinato; se il Decano è impedito, tale diritto spetta al Sottodecano,
e se anche quest'ultimo è impedito, al Cardinale più anziano dell'ordine
episcopale. §2. Il Cardinale
Proto-diacono annuncia al popolo il nome del Sommo Pontefice neo-eletto;
inoltre impone il pallio ai Metropoliti o lo consegna ai loro procuratori, in
nome del Romano Pontefice. 356 Can. 356 - I Cardinali
sono tenuti all'obbligo di collaborare assiduamente col Romano Pontefice;
perciò i Cardinali che ricoprono qualsiasi ufficio nella Curia, se non sono
Vescovi diocesani, sono tenuti all'obbligo di risiedere nell'Urbe; i
Cardinali che hanno la cura di una diocesi come Vescovi diocesani, si rechino
a Roma ogni volta che sono convocati dal Romano Pontefice. 357 Can. 357 - §1. I
Cardinali ai quali è stata assegnata in titolo una Chiesa suburbicaria o una
chiesa nell'Urbe, dopo che ne hanno preso possesso, promuovano il bene di
tali diocesi e chiese mediante il consiglio e il patrocinio, pur senza avere
su di esse alcuna potestà di governo, e per nessuna ragione interferiscano in
ciò che riguarda l'amministrazione dei beni, la disciplina o il servizio
delle chiese. §2. I Cardinali che si
trovano fuori dell'Urbe e fuori della propria diocesi, sono esenti dalla
potestà di governo del Vescovo della diocesi in cui dimorano in tutto ciò che
riguarda la propria persona. 358 Can. 358 - Al Cardinale al quale il Romano
Pontefice dia l'incarico di rappresentano in qualche solenne celebrazione o
in qualche assemblea di persone, come Legato a latere, cioè come suo alter
ego, come pure al Cardinale al quale venga affidato di compiere un determinato
incarico pastorale come suo inviato speciale, compete solo quanto gli è
demandato dal Romano Pontefice. 359 Can. 359 - Mentre la Sede Apostolica è
vacante, il sacro Collegio dei Cardinali ha nella Chiesa solamente quella
potestà che gli è conferita nella legge peculiare. CAPITOLO IV
LA CURIA ROMANA
360 Can. 360 - La Curia
Romana, mediante la quale il Sommo Pontefice è solito trattare le questioni
della Chiesa universale, e che in
suo nome e con la sua autorità adempie alla propria funzione
per il bene e a servizio delle Chiese, è composta dalla Segreteria di Stato o
Papale, dal Consiglio per gli affari pubblici della Chiesa, dalle
Congregazioni, dai Tribunali, e da altri Organismi; la loro costituzione e
competenza vengono definite da una legge peculiare. 361 Can. 361 - Col nome di
Sede Apostolica o Santa Sede si intendono nel codice non solo il Romano
Pontefice, ma anche, se non risulta diversamente dalla natura della questione
o dal contesto, la Segreteria di Stato, il Consiglio per gli affari pubblici
della Chiesa e gli altri Organismi della Curia Romana. CAPITOLO V
I LEGATI DEL ROMANO PONTEFICE
362 Can. 362 - Il Romano
Pontefice ha il diritto nativo e indipendente di nominare e inviare suoi
Legati sia presso le Chiese particolari nelle diverse nazioni o regioni, sia
presso gli Stati e le Autorità pubbliche, come pure di trasferirli e
richiamarli, nel rispetto però delle norme del diritto internazionale per
quanto riguarda l'invio e la revoca dei Legati accreditati presso i Governi. 363 Can. 363 - §1. Ai Legati
del Romano Pontefice è affidato l'ufficio di rappresentare stabilmente lo
stesso Romano Pontefice presso le Chiese particolari o anche presso gli Stati
e le Autorità pubbliche cui sono stati inviati. §2. Rappresentano la Sede
Apostolica anche coloro che sono incaricati di una Missione pontificia come
Delegati od Osservatori presso i Consigli internazionali o presso le
Conferenze e i Congressi. 364 Can. 364 - Il compito
principale del Legato pontificio è quello di rendere sempre più saldi ed
efficaci i vincoli di unità che intercorrono tra la Sede Apostolica e le
Chiese particolari. Spetta perciò al Legato pontificio nell'ambito della sua
circoscrizione: 1) informare la Sede Apostolica sulle condizioni in cui
versano le Chiese particolari, nonché su tutto ciò che tocca la vita stessa
della Chiesa e il bene delle anime; 2) assistere i Vescovi con l'azione e il
consiglio, senza pregiudizio per l'esercizio della loro potestà legittima; 3)
favorire relazioni frequenti con la Conferenza Episcopale, fornendo ad essa
tutto l'aiuto possibile; 4) per quanto riguarda la nomina dei Vescovi,
comunicare o proporre i nomi dei candidati alla Sede Apostolica, nonché
istruire il processo informativo sui promovendi, secondo le norme date dalla
Sede Apostolica; 5) adoperarsi per promuovere tutto ciò che riguarda la pace,
il progresso e la cooperazione tra i popoli; 6) cooperare con i Vescovi per
favorire opportuni scambi fra la Chiesa cattolica e le altre Chiese o comunità
ecclesiali, anzi anche con le religioni non cristiane; 7) in azione congiunta
con i Vescovi, difendere di fronte ai governanti degli Stati tutto ciò che
riguarda la missione della Chiesa e della Sede Apostolica; 8) esercitare
inoltre le facoltà e adempiere gli altri mandati affidatigli dalla Sede
Apostolica. 365 Can. 365 - §1. E' inoltre
compito peculiare del Legato pontificio che esercita contemporaneamente una
legazione presso gli Stati secondo le norme del diritto internazionale: 1)
promuovere e sostenere le relazioni fra la Sede Apostolica e le Autorità
dello Stato; 2) affrontare le questioni che riguardano i rapporti fra Chiesa
e Stato; trattare in modo particolare la stipulazione e l'attuazione dei
concordati e delle altre convenzioni similari. §2. Nella trattazione
delle questioni di cui al §1, a seconda che lo suggeriscano le circostanze,
il Legato pontificio non ometta di richiedere il parere e il consiglio dei
Vescovi della circoscrizione ecclesiastica e li informi sull'andamento dei
lavori. 366 Can. 366 - Atteso il
carattere peculiare dell'ufficio di Legato: 1) la sede della Legazione
pontificia è esente dalla potestà di governo dell'Ordinario del luogo, a meno
che non si tratti della celebrazione di matrimoni; 2) il Legato pontificio,
avvertiti, per quanto è possibile, gli Ordinari del luogo, può compiere
celebrazioni liturgiche, anche pontificali, in tutte le chiese della sua
legazione. 367 Can. 367 - L'ufficio di
Legato pontificio non cessa quando diviene vacante la Sede Apostolica, a meno
che non venga stabilito diversamente nella lettera pontificia; cessa invece
quando scade il mandato, con l'intimazione della revoca, con la rinuncia
accettata dal Romano Pontefice. SEZIONE
II LE CHIESE PARTICOLARI E I LORO RAGGRUPPAMENTI TITOLO
I LE
CHIESE PARTICOLARI E L'AUTORITÀ IN ESSE COSTITUITA (Cann. 368 – 430) CAPITOLO I
LE CHIESE PARTICOLARI
368 Can. 368 - Le Chiese
particolari, nelle quali e dalle quali sussiste la sola e unica Chiesa
cattolica, sono innanzitutto le diocesi, alle quali, se non consta altro,
vengono assimilate la prelatura territoriale e l'abbazia territoriale, il
vicariato apostolico e la prefettura apostolica e altresì l'amministrazione
apostolica eretta stabilmente. 369 Can. 369 - La diocesi è
la porzione del popolo di Dio che viene affidata alla cura pastorale del
Vescovo con la cooperazione del presbiterio, in modo che, aderendo al suo
pastore e da lui riunita nello Spirito Santo mediante il Vangelo e
l'Eucaristia, costituisca una Chiesa particolare in cui è veramente presente
e operante la Chiesa di Cristo una, santa, cattolica e apostolica. 370 Can. 370 - La prelatura
territoriale, o l'abbazia territoriale, è una determinata porzione del popolo
di Dio, circoscritta territorialmente, la cura della quale viene affidata,
per circostanze speciali, ad un Prelato o ad un Abate che la governa a modo
di Vescovo diocesano, come suo pastore proprio. 371 Can. 371 - §1. Il
vicariato apostolico, o la prefettura apostolica, è una determinata porzione
del popolo di Dio che, per circostanze peculiari, non è ancora stata
costituita come diocesi ed è affidata alla cura pastorale di un Vicario
apostolico o di un Prefetto apostolico, che la governano in nome del Sommo
Pontefice. §2. L'amministrazione
apostolica è una determinata porzione del popolo di Dio che, per ragioni
speciali e particolarmente gravi, non viene eretta come diocesi dal Sommo
Pontefice e la cura pastorale della quale viene affidata ad un Amministratore
apostolico, che la governa in nome del Sommo Pontefice. 372 Can. 372 - §1. Di regola
la porzione del popolo di Dio, che costituisce una diocesi o un'altra Chiesa
particolare, sia circoscritta entro un determinato territorio, in modo da
comprendere tutti i fedeli che abitano in quel territorio. §2. Tuttavia, dove a
giudizio della suprema autorità della Chiesa, sentite le Conferenze Episcopali
interessate, l'utilità lo suggerisca, nello stesso territorio possono essere
erette Chiese particolari distinte sulla base del rito dei fedeli o per altri
simili motivi. 373 Can. 373 - Spetta
unicamente alla suprema autorità erigere Chiese particolari; queste, una
volta legittimamente erette, godono per il diritto stesso di personalità
giuridica. 374 Can. 374 - §1. Ogni
diocesi o altra Chiesa particolare sia divisa in parti distinte o parrocchie. §2. Per favorire la cura
pastorale mediante un'azione comune, più parrocchie vicine possono essere
riunite in peculiari raggruppamenti, quali sono i vicariati foranei. CAPITOLO II
I VESCOVI
Art. 1: I Vescovi in genere 375 Can. 375 - §1. I Vescovi,
che per divina istituzione sono successori degli Apostoli, mediante lo
Spirito Santo che è stato loro donato, sono costituiti Pastori della Chiesa,
perché siano anch'essi maestri di dottrina, sacerdoti del sacro culto e
ministri del governo. §2. Con la stessa
consacrazione episcopale i Vescovi ricevono, con l'ufficio di santificare,
anche gli uffici di insegnare e governare, i quali tuttavia, per loro natura,
non possono essere esercitati se non nella comunione gerarchica col Capo e
con le membra del Collegio. 376 Can. 376 - Si chiamano
diocesani i Vescovi ai quali è stata affidata la cura di una diocesi; gli
altri si chiamano titolari. 377 Can. 377 - §1. Il Sommo
Pontefice nomina liberamente i Vescovi, oppure conferma quelli che sono stati
legittimamente eletti. §2. Almeno ogni triennio
i Vescovi di una provincia ecclesiastica, oppure, dove le circostanze lo
suggeriscono, le conferenze dei Vescovi, mediante una consultazione comune e
segreta, compilino un elenco di presbiteri, anche membri di istituti di vita
consacrata, che risultino particolarmente idonei all'episcopato, e lo
trasmettano alla Sede Apostolica, fermo restando il diritto di ciascun
Vescovo di presentare separatamente alla Sede Apostolica i nomi dei
presbiteri che giudica degni e idonei alla funzione episcopale. §3. A meno che non sia
stato stabilito legittimamente in modo diverso, ogni volta che deve essere
nominato un Vescovo diocesano o un Vescovo coadiutore, per proporre la
cosiddetta terna alla Sede Apostolica, spetta al Legato pontificio ricercare
singolarmente e comunicare alla stessa Sede Apostolica, insieme con il suo
voto, ciò che suggeriscono il Metropolita e i Suffraganei della provincia,
alla quale appartiene la diocesi in questione, o con la quale è aggregata, e
altresì il presidente della conferenza dei Vescovi; il Legato pontificio
inoltre ascolti alcuni del collegio dei consultori e del capitolo cattedrale
e, se lo riterrà opportuno, richieda anche singolarmente e in segreto il
parere di altri, del clero diocesano e religioso, come pure di laici distinti
per saggezza. §4. Se non è stato
legittimamente disposto in modo diverso, il Vescovo diocesano che ritenga si
debba dare un ausiliare alla sua diocesi, proponga alla Sede Apostolica un
elenco di almeno tre presbiteri idonei a tale ufficio. §5. Per il futuro non
verrà concesso alle autorità civili alcun diritto e privilegio di elezione,
nomina, presentazione o designazione dei Vescovi. 378 Can. 378 - §1. Per
l'idoneità di un candidato all'episcopato, si richiede che: 1) sia eminente
per fede salda, buoni costumi, pietà, zelo per le anime, saggezza, prudenza e
virtù umane, e inoltre dotato di tutte le altre qualità che lo rendono adatto
a compiere l'ufficio in questione; 2) goda di buona reputazione; 3) abbia
almeno trentacinque anni di età; 4) sia presbitero almeno da cinque anni; 5)
abbia conseguito la laurea dottorale o almeno la licenza in sacra Scrittura,
teologia o diritto canonico in un istituto di studi superiori approvato dalla
Sede Apostolica, oppure sia almeno veramente esperto in tali discipline. §2. Il giudizio
definitivo sull'idoneità del candidato spetta alla Sede Apostolica. 379 Can. 379 - Se non è
legittimamente impedito, chi è promosso all'Episcopato deve ricevere la
consacrazione episcopale, entro tre mesi dalla ricezione della lettera
apostolica, e comunque, prima che prenda possesso del suo ufficio. 380 Can. 380 - Prima di
prendere possesso canonico del suo ufficio, colui che è promosso emetta la
professione di fede e presti giuramento di fedeltà alla Sede Apostolica,
secondo la formula approvata dalla stessa Sede Apostolica. Art. 2: I Vescovi diocesani 381 Can. 381 - §1. Compete al
Vescovo diocesano nella diocesi affidatagli tutta la potestà ordinaria,
propria e immediata che è richiesta per l'esercizio del suo ufficio pastorale,
fatta eccezione per quelle cause che dal diritto o da un decreto del Sommo
Pontefice sono riservate alla suprema oppure ad altra autorità ecclesiastica. §2. Nel diritto sono
equiparati al Vescovo diocesano, a meno che non risulti diversamente per la
natura della cosa o per una disposizione del diritto, coloro che presiedono
le altre comunità di fedeli di cui al can. 368. 382 Can. 382 - §1. Il Vescovo
promosso non può intromettersi nell'esercizio dell'ufficio affidatogli, se
prima non ha preso possesso canonico della diocesi; tuttavia può esercitare
gli uffici che aveva nella medesima diocesi prima della promozione, fermo
restando il disposto del can. 409, §2. §2. Se non è
legittimamente impedito, colui che è promosso all'ufficio di Vescovo diocesano
deve prendere possesso canonico della sua diocesi entro quattro mesi dalla
ricezione della lettera apostolica, se non è già stato consacrato Vescovo;
entro due mesi dalla ricezione, se è già consacrato. §3. Il Vescovo prende
possesso canonico della diocesi nel momento in cui esibisce nella diocesi
stessa, personalmente o mediante un procuratore, la lettera apostolica al
collegio dei consultori, alla presenza del cancelliere della curia, che mette
agli atti il fatto, oppure, nelle diocesi di nuova erezione, nel momento in
cui comunica al clero e al popolo presenti nella chiesa cattedrale tale
lettera, mentre il presbitero più anziano tra i presenti mette agli atti il
fatto. §4. Si raccomanda
vivamente che la presa di possesso canonico avvenga nella chiesa cattedrale
in un atto liturgico, alla presenza del clero e del popolo. 383 Can. 383 - §1.
Nell'esercizio del suo ufficio di pastore, il Vescovo diocesano si mostri
sollecito nei confronti di tutti i fedeli che sono affidati alla sua cura, di
qualsiasi età, condizione o nazione, sia di coloro che abitano nel territorio
sia di coloro che vi si trovano temporaneamente, rivolgendosi con animo
apostolico anche verso coloro che per la loro situazione di vita non possono
usufruire sufficientemente della cura pastorale ordinaria, come pure verso
quelli che si sono allontanati dalla pratica religiosa. §2. Se ha nella sua
diocesi fedeli di rito diverso, provveda alle loro necessità spirituali sia mediante
sacerdoti o parroci del medesimo rito, sia mediante un Vicario episcopale. §3. Abbia un
atteggiamento di umanità e di carità nei confronti dei fratelli che non sono
nella piena comunione con la Chiesa cattolica, favorendo anche l'ecumenismo,
come viene inteso dalla Chiesa. §4. Consideri affidati a
sé nel Signore i non battezzati, affinché risplenda anche per loro la carità
di Cristo, di cui il Vescovo deve essere testimone di fronte a tutti. 384 Can. 384 - Il Vescovo
diocesano segua con particolare sollecitudine i presbiteri che deve ascoltare
come aiutanti e consiglieri, difenda e curi i loro diritti in modo che
adempiano fedelmente gli obblighi propri del loro stato e in modo che abbiano
a disposizione i mezzi e le istituzioni di cui hanno bisogno per alimentare
la vita spirituale e intellettuale; così pure faccia in modo che si provveda
al loro onesto sostentamento e all'assistenza sociale, a norma del diritto. 385 Can. 385 - Il Vescovo
diocesano favorisca in sommo grado le vocazioni ai diversi ministeri e alla
vita consacrata, avendo cura in modo speciale delle vocazioni sacerdotali e
missionarie. 386 Can. 386 - §1. Il Vescovo
diocesano è tenuto a proporre e spiegare ai fedeli le verità di fede che si
devono credere e applicare nei costumi, predicando personalmente con
frequenza; abbia anche cura che si osservino fedelmente le disposizioni e i
canoni che riguardano il ministero della parola, soprattutto l'omelia e la
formazione catechetica, in modo che venga offerta a tutti la dottrina cristiana. §2. Difenda con fermezza,
usando i metodi più adatti, l'integrità e l'unità della fede che si deve
professare, riconoscendo tuttavia la giusta libertà nell'ulteriore
approfondimento delle verità. 387 Can. 387 - Il Vescovo
diocesano, consapevole di essere tenuto ad offrire un esempio di santità
nella carità, nell'umiltà e nella semplicità di vita, si impegni a promuovere
con ogni mezzo la santità dei fedeli, secondo la vocazione propria di
ciascuno, ed essendo il principale dispensatore dei misteri di Dio, si
adoperi di continuo perché i fedeli affidati alle sue cure crescano in grazia
mediante la celebrazione dei sacramenti e perché conoscano e vivano il
mistero pasquale. 388 Can. 388 - §1. Il Vescovo
diocesano, dopo aver preso possesso della diocesi, deve applicare la Messa
per il popolo che gli è affidato, ogni domenica e nelle altre feste che nella
sua regione sono di precetto. §2. Il Vescovo deve
celebrare ed applicare personalmente la Messa per il popolo nei giorni di cui
al §1; se però ne è legittimamente impedito, la applichi in tali giorni
tramite un altro, o personalmente in giorni diversi. §3. Il Vescovo al quale
sono affidate, oltre alla propria, altre diocesi, anche a titolo di
amministrazione, soddisfa l'obbligo applicando una sola Messa per tutto il
popolo che gli è affidato. §4. Il Vescovo che non
abbia soddisfatto l'obbligo di cui ai §§1-3, applichi quanto prima per il
popolo tante Messe quante ne ha tralasciate. 389 Can. 389 - Presieda
frequentemente nella chiesa cattedrale o in un'altra chiesa della sua diocesi
alla celebrazione della santissima Eucaristia, soprattutto nelle feste di
precetto e nelle altre solennità. 390 Can. 390 - Il Vescovo
diocesano può celebrare pontificali in tutta la sua diocesi; non però fuori della
sua diocesi senza il consenso espresso, o almeno ragionevolmente presunto,
dell'Ordinario del luogo. 391 Can. 391 - §1. Spetta al
Vescovo diocesano governare la Chiesa particolare a lui affidata con potestà legislativa,
esecutiva e giudiziaria, a norma del diritto. §2. Il Vescovo esercita
la potestà legislativa personalmente; esercita la potestà esecutiva sia
personalmente sia mediante i Vicari generali o episcopali, a norma del
diritto; esercita la potestà giudiziaria sia personalmente sia mediante il
Vicario giudiziale e i giudici, a norma del diritto. 392 Can. 392 - §1. Poiché
deve difendere l'unità della Chiesa universale, il Vescovo è tenuto a
promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa e perciò a urgere
l'osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche. §2. Vigili che non si
insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero
della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, nel culto
di Dio e dei Santi e nell'amministrazione dei beni. 393 Can. 393 - In tutti i
negozi giuridici della diocesi, è il Vescovo diocesano che la rappresenta. 394 Can. 394 - §1. Il Vescovo
favorisca nella diocesi le diverse forme dell'apostolato e curi che in tutta
la diocesi o nei suoi distretti particolari tutte le opere di apostolato,
mentre conservano l'indole propria di ciascuna, siano coordinate sotto la sua
direzione. §2. Solleciti
l'adempimento del dovere, a cui sono tenuti i fedeli, di esercitare
l'apostolato secondo la condizione e l'attitudine di ciascuno e li esorti a
partecipare e a sostenere le varie opere di apostolato, secondo le necessità
di luogo e di tempo. 395 Can. 395 - §1. Il Vescovo
diocesano, anche se ha il coadiutore o l'ausiliare, è tenuto alla legge della
residenza personale in diocesi. §2. Tranne che a motivo
della visita ad Limina, dei Concili, del sinodo dei Vescovi, della conferenza
dei Vescovi, a cui debba partecipare, oppure di un altro ufficio
legittimamente affidatogli, può rimanere assente dalla diocesi per giusta
causa non più di un mese, sia continuo sia interrotto, purché rimanga
assicurato che per la sua assenza la diocesi non risenta alcun danno. §3. Non sia assente dalla
diocesi nei giorni di Natale, della Settimana Santa e della Risurrezione del
Signore, della Pentecoste e del Corpo e del Sangue di Cristo, se non per una
causa grave e urgente. §4. Se il Vescovo è
rimasto assente illegittimamente dalla diocesi più di sei mesi, il
Metropolita informi la Sede Apostolica della sua assenza; se poi si tratta
del Metropolita, faccia la stessa cosa il suffraganeo più anziano. 396 Can. 396 - §1. Il Vescovo
è tenuto all'obbligo di visitare ogni anno la diocesi, o tutta o in parte, in
modo da visitare tutta la diocesi almeno ogni cinque anni, o personalmente
oppure, se è legittimamente impedito, tramite il Vescovo coadiutore, o
l'ausiliare, o il Vicario generale o episcopale, o un altro presbitero. §2. E' in facoltà del
Vescovo scegliere i chierici che preferisce come accompagnatori e aiutanti nella
visita, riprovato ogni privilegio o consuetudine contraria. 397 Can. 397 - §1. Sono
soggetti alla visita ordinaria del Vescovo le persone, le istituzioni
cattoliche, le cose e i luoghi pii che sono nell'ambito della diocesi. §2. Il Vescovo può visitare
i membri degli istituti religiosi di diritto pontificio e le loro case solo
nei casi espressamente previsti dal diritto. 398 Can. 398 - Il Vescovo si
impegni a compiere la visita pastorale con la dovuta diligenza; faccia
attenzione a non gravare su alcuno con spese superflue. 399 Can. 399 - §1. Il Vescovo
diocesano è tenuto a presentare ogni cinque anni una relazione al Sommo
Pontefice sullo stato della diocesi affidatagli, secondo la forma e il tempo
stabiliti dalla Sede Apostolica. §2. Se l'anno determinato
per la presentazione della relazione coincide in tutto o in parte con il
primo biennio dall'inizio del governo della diocesi, il Vescovo, per quella
volta, può astenersi dal compilare e presentare la relazione. 400 Can. 400 - §1. Il Vescovo
diocesano nell'anno in cui è tenuto a presentare la relazione al Sommo
Pontefice, se non è stato stabilito diversamente dalla Sede Apostolica, si
rechi nell'Urbe per venerare le tombe dei Beati Apostoli Pietro e Paolo e si
presenti al Romano Pontefice. §2. Il Vescovo adempia
personalmente tale obbligo, se non ne è legittimamente impedito; in tal caso
vi soddisfi tramite il coadiutore, se lo ha, o l'ausiliare, oppure tramite un
sacerdote idoneo del suo presbiterio, che risieda nella sua diocesi. §3. Il Vicario apostolico
può soddisfare tale obbligo tramite un procuratore, anche residente
nell'Urbe; il Prefetto apostolico non è tenuto a tale obbligo. 401 Can. 401 - §1. Il Vescovo
diocesano che abbia compiuto i settantacinque anni di età è invitato a
presentare la rinuncia all'ufficio al Sommo Pontefice, il quale provvederà,
dopo aver valutato tutte le circostanze. §2. Il Vescovo diocesano
che per infermità o altra grave causa risultasse meno idoneo all'adempimento
del suo ufficio, è vivamente invitato a presentare la rinuncia all'ufficio. 402 Can. 402 - §1. Il
Vescovo, la cui rinuncia all'ufficio sia stata accettata, mantiene il titolo
di vescovo emerito della sua diocesi e, se lo desidera, può conservare
l'abitazione nella stessa diocesi, a meno che in casi determinati, per
speciali circostanze, la Sede Apostolica non provveda diversamente. §2. La Conferenza
Episcopale deve curare che si provveda ad un adeguato e degno sostentamento
del Vescovo che rinuncia, avuto presente tuttavia l'obbligo primario a cui è
tenuta la diocesi per la quale ha prestato servizio. Art. 3: I Vescovi coadiutori e ausiliari 403 Can. 403 - §1. Quando le
necessità pastorali della diocesi lo suggeriscono, vengano costituiti, su
richiesta del Vescovo diocesano, uno o più Vescovi ausiliari; il Vescovo
ausiliare non ha il diritto di successione. §2. In circostanze
particolarmente gravi, anche di carattere personale, al Vescovo diocesano può
essere assegnato un Vescovo ausiliare fornito di speciali facoltà. §3. La Santa Sede, se ciò
le risulta più opportuno, può costituire d'ufficio un Vescovo coadiutore, che
pure viene fornito di speciali facoltà; il Vescovo coadiutore gode del
diritto di successione. 404 Can. 404 - §1. Il Vescovo
coadiutore prende possesso del suo ufficio quando esibisce, personalmente o
mediante procuratore, la lettera apostolica di nomina al Vescovo diocesano e
al collegio dei consultori, alla presenza del cancelliere di curia, che mette
agli atti il fatto. §2. Il Vescovo ausiliare
prende possesso del suo ufficio quando esibisce la lettera apostolica di
nomina al Vescovo diocesano, alla presenza del cancelliere di curia, che
mette agli atti il fatto. §3. Se il Vescovo
diocesano è totalmente impedito, è sufficiente che, sia il Vescovo coadiutore
sia il Vescovo ausiliare, esibiscano la lettera apostolica di nomina al
collegio dei consultori, alla presenza del cancelliere della curia. 405 Can. 405 - §1. Il Vescovo
coadiutore, come pure il Vescovo ausiliare, hanno gli obblighi e i diritti
determinati dalle disposizioni dei canoni che seguono e definiti nella
lettera di nomina. §2. Il Vescovo coadiutore
e il Vescovo ausiliare di cui al can. 403, §2 assistono il Vescovo diocesano
in tutto il governo della diocesi e lo suppliscono se è assente o impedito. 406 Can. 406 - §1. Il Vescovo
coadiutore, come il Vescovo ausiliare di cui al can. 403, §2, sia costituito
dal Vescovo diocesano Vicario generale; inoltre il Vescovo diocesano affidi a
lui a preferenza di altri tutto ciò che richiede, a norma del diritto, un
mandato speciale. §2. A meno che nella
lettera apostolica non si provveda diversamente e fermo restando il disposto
del §1, il Vescovo diocesano costituisca l'ausiliare o gli ausiliari Vicari
generali o almeno Vicari episcopali, dipendenti solo dalla sua autorità
oppure da quella del Vescovo coadiutore o del Vescovo ausiliare di cui al
can. 403, §2. 407 Can. 407 - §1. Perché sia
favorito nel migliore dei modi il bene presente e futuro della diocesi, il
Vescovo diocesano, il coadiutore e il Vescovo ausiliare di cui al can. 403,
§2, si consultino tra di loro nelle questioni di maggiore importanza. §2. Il Vescovo diocesano,
nel valutare le cause di maggiore importanza, soprattutto di carattere
pastorale, prima degli altri voglia consultare i Vescovi ausiliari. §3. Il Vescovo coadiutore
e il Vescovo ausiliare, in quanto sono chiamati a partecipare alla
sollecitudine del Vescovo diocesano, esercitino i loro compiti in modo da
procedere insieme con lui di comune accordo. 408 Can. 408 - §1. Il Vescovo
coadiutore e il Vescovo ausiliare che non siano giustamente impediti, sono
obbligati, ogni volta che ne siano richiesti dal Vescovo diocesano, a
celebrare i pontificali e le altre funzioni a cui il Vescovo diocesano
sarebbe tenuto. §2. Il Vescovo diocesano
non affidi abitualmente ad un altro i diritti episcopali e le funzioni che il
Vescovo coadiutore o l'ausiliare possono esercitare. 409 Can. 409 - §1. Nel
momento in cui la sede episcopale è vacante, il Vescovo coadiutore diviene
immediatamente Vescovo della diocesi per la quale era stato costituito,
purché ne abbia preso legittimo possesso. §2. Quando la sede
episcopale diviene vacante, se non è stato stabilito in modo diverso
dall'autorità competente, il Vescovo ausiliare, finché il nuovo Vescovo non
abbia preso possesso della sede, conserva tutte e sole le potestà e facoltà
di cui godeva, come Vicario generale o come Vicario episcopale, mentre la
sede era occupata; se poi non è stato designato all'ufficio di Amministratore
apostolico o di Amministratore diocesano, eserciti tale sua potestà,
conferitagli dal diritto, sotto l'autorità dell'Amministratore apostolico o
dell'Amministratore diocesano che presiede al governo della diocesi. 410 Can. 410 - Il Vescovo
coadiutore e il Vescovo ausiliare sono tenuti, come il Vescovo diocesano,
all'obbligo di risiedere in diocesi; non se ne allontanino se non per breve
tempo, tranne che a motivo di un ufficio da svolgere fuori della diocesi o di
ferie, da non protrarsi oltre un mese. 411 Can. 411 - Al Vescovo
coadiutore e all'ausiliare, per quanto attiene alla rinuncia dall'ufficio, si
applicano le disposizioni dei cann. 401 e 402, §2. CAPITOLO III
SEDE IMPEDITA E SEDE VACANTE
Art. 1: La sede impedita 412 Can. 412 - La sede
episcopale si intende impedita se il Vescovo diocesano è totalmente impedito
nell'esercizio dell'ufficio pastorale nella diocesi, non essendo in grado di
comunicare nemmeno per lettera con i suoi diocesani a motivo di prigionia,
confino, esilio o inabilità. 413 Can. 413 - §1. Mentre la
sede è impedita, il governo della diocesi, se la Santa Sede non ha provveduto
in altro modo, spetta al Vescovo coadiutore se c'è; se questo manca o è
impedito, spetta ad un Vescovo ausiliare o ad un Vicario generale o
episcopale o ad un altro sacerdote, mantenendo l'ordine delle persone
stabilito nell'elenco che il Vescovo diocesano, dopo avere preso possesso
della diocesi, deve compilare quanto prima; tale elenco, che deve essere
comunicato al Metropolita, sia rinnovato almeno ogni tre anni e conservato
sotto segreto dal cancelliere. §2. Se manca o è impedito
il Vescovo coadiutore e non sopperisce l'elenco di cui al §1, spetta al
collegio dei consultori eleggere il sacerdote che deve governare la diocesi. §3. Colui che ha assunto
il governo della diocesi a norma dei §§1 e 2, informi quanto prima la Santa
Sede che la sede è impedita e che egli stesso ha assunto tale ufficio. 414 Can. 414 - Chiunque è
stato chiamato, a norma del can. 413, ad assumere provvisoriamente la cura
pastorale della diocesi soltanto per il tempo in cui la sede è impedita,
nell'esercizio di tale cura pastorale è tenuto agli obblighi e gode della
potestà che, a norma del diritto, competono all'Amministratore diocesano. 415 Can. 415 - Se al Vescovo
diocesano viene proibito di esercitare il proprio ufficio a motivo di una
pena ecclesiastica, il Metropolita oppure, se il Metropolita manca o se si
tratta del Metropolita stesso, il più anziano per promozione tra i
suffraganei, ricorra immediatamente alla Santa Sede perché provveda essa
stessa. Art. 2: La sede vacante 416 Can. 416 - La sede
episcopale diviene vacante con la morte del Vescovo diocesano, con la
rinuncia accettata dal Romano Pontefice, col trasferimento e con la privazione
intimata al Vescovo stesso. 417 Can. 417 - Tutto ciò che
viene compiuto dal Vicario generale o dal Vicario episcopale ha valore finché
non hanno ricevuto notizia certa della morte del Vescovo diocesano; così pure
ha valore tutto ciò che viene compiuto dal Vescovo diocesano o dal Vicario
generale o episcopale finché non abbiano ricevuto notizia certa degli atti
pontifici sopra menzionati. 418 Can. 418 - §1. Dal
momento che ha ricevuto notizia certa del trasferimento il Vescovo, entro due
mesi, deve raggiungere la diocesi alla quale è destinato e prenderne possesso
canonico; dal giorno della presa di possesso canonico della nuova diocesi, la
diocesi di provenienza diviene vacante. §2. Dal momento che ha
ricevuto notizia certa del trasferimento fino alla presa di possesso canonico
della nuova diocesi, il Vescovo trasferito nella diocesi di provenienza: 1)
ha la potestà di Amministratore diocesano ed è tenuto agli agli obblighi
relativi, mentre cessa ogni potestà del Vicario generale e del Vicario
episcopale, salvo tuttavia il can. 409, §2; 2) percepisce l'intera
rimunerazione propria dell'ufficio. 419 Can. 419 - Quando la sede
diviene vacante, il governo della diocesi, fino alla costituzione
dell'Amministratore diocesano, passa al Vescovo ausiliare e, se sono più
d'uno, al più anziano per promozione; se manca il Vescovo ausiliare, è
affidato al collegio dei consultori, a meno che la Santa Sede non abbia
provveduto diversamente. Colui che assume in tal modo il governo della
diocesi convochi senza indugio il collegio competente a nominare
l'Amministratore diocesano. 420 Can. 420 - Nel vicariato
o in una prefettura apostolica quando la sede è vacante, assume il governo il
Provicario o il Proprefetto, nominato soltanto a questo effetto dal Vicario o
dal Prefetto subito dopo la presa di possesso, a meno che la Santa Sede non
abbia stabilito diversamente. 421 Can. 421 - §1. Entro otto
giorni dal momento in cui si è ricevuta notizia che la sede episcopale è
vacante, il collegio dei consultori, fermo restando il disposto del can. 502,
§3, deve eleggere l'Amministratore diocesano con il compito di reggere
interinalmente la diocesi. §2. Se l'Amministratore
diocesano per qualsiasi causa non viene eletto legittimamente entro il tempo
prescritto, la sua nomina passa al Metropolita e se è vacante la stessa sede
metropolitana o, contemporaneamente, la sede metropolitana e quella
suffraganea, passa al Vescovo suffraganeo più anziano per promozione. 422 Can. 422 - Il Vescovo
ausiliare o, se egli manca, il collegio dei consultori informi quanto prima
la Sede Apostolica della morte del Vescovo; così pure colui che è eletto
Amministratore diocesano la informi quanto prima della sua elezione. 423 Can. 423 - §1. Si nomini
un solo Amministratore diocesano, riprovata qualsiasi consuetudine contraria;
altrimenti l'elezione è nulla. §2. L'Amministratore
diocesano non sia contemporaneamente economo; perciò se l'economo della
diocesi viene eletto Amministratore, il consiglio per gli affari economici
elegga temporaneamente un altro economo. 424 Can. 424 -
L'Amministratore diocesano venga eletto a norma dei cann. 165-178. 425 Can. 425 - §1.
All'ufficio di Amministratore diocesano può essere destinato validamente solo
un sacerdote che abbia compiuto i trentacinque anni di età e che non sia già
stato eletto, nominato o presentato per la medesima sede vacante. §2. Venga eletto
Amministratore diocesano un sacerdote che si distingua per dottrina e
prudenza. §3. Se non sono state
rispettate le condizioni stabilite al §1, il Metropolita oppure, se è vacante
la stessa Chiesa metropolitana, il Vescovo suffraganeo più anziano per
promozione, dopo avere preso conoscenza della vera situazione, nomini per
quella volta l'Amministratore; gli atti di colui che è stato eletto contro le
disposizioni del §1 sono nulli per il diritto stesso. 426 Can. 426 - Colui che,
mentre la sede è vacante, regge la diocesi prima della nomina
dell'Amministratore diocesano, ha la stessa potestà che il diritto riconosce
al Vicario generale. 427 Can. 427 - §1.
L'Amministratore diocesano è tenuto agli stessi obblighi e ha la potestà del
Vescovo diocesano, escluso ciò che non gli compete o per la natura della cosa
o per il diritto stesso. §2. L'Amministratore
diocesano ottiene la relativa potestà dal momento in cui accetta l'elezione,
senza bisogno di conferma da parte di alcuno, fermo restando quanto prescrive
il can. 833, n. 4. 428 Can. 428 - §1. Mentre la
sede è vacante non si proceda a innovazioni. §2. A coloro che
provvedono interinalmente al governo della diocesi è proibito compiere
qualsiasi atto che possa arrecare pregiudizio alla diocesi o ai diritti
episcopali; in modo speciale è proibito a loro e perciò a chiunque altro, sia
personalmente, sia attraverso altri, di sottrarre o distruggere o modificare
qualsiasi documento della curia diocesana. 429 Can. 429 -
L'Amministratore diocesano è tenuto all'obbligo di risiedere nella diocesi e
di applicare la Messa per il popolo, a norma del can. 388. 430 Can. 430 - §1. L'ufficio
dell'Amministratore diocesano cessa con la presa di possesso della diocesi da
parte del nuovo Vescovo. §2. La rimozione
dell'Amministratore diocesano è riservata alla Santa Sede; l'eventuale
rinuncia deve essere presentata in forma autentica al collegio competente per
la sua elezione, e non ha bisogno di essere accettata; in caso di rimozione,
di rinuncia o di morte dell'Amministratore diocesano, ne venga eletto un
altro, a norma del can. 421. TITOLO
II I
RAGGRUPPAMENTI DI CHIESE PARTICOLARI (Cann. 431 – 459) CAPITOLO I
PROVINCE ECCLESIASTICHE E
REGIONI ECCLESIASTICHE
431 Can. 431 - §1. Affinché
venga promossa un'azione pastorale comune da parte di diverse diocesi vicine
secondo le circostanze di persone e di luoghi, e affinché vengano favoriti in
modo più adeguato i mutui rapporti dei Vescovi diocesani, le Chiese
particolari più vicine siano riunite in province ecclesiastiche, delimitate
da un territorio determinato. §2. D'ora in avanti non
vi siano di regola diocesi esenti; perciò le singole diocesi e le altre
Chiese particolari che esistono nell'ambito del territorio di una provincia
ecclesiastica, devono far parte di tale provincia ecclesiastica. §3. Spetta unicamente
alla suprema autorità della Chiesa, sentiti i Vescovi interessati,
costituire, sopprimere o modificare le province ecclesiastiche. 432 Can. 432 - §1. Nella
provincia ecclesiastica hanno autorità, a norma del diritto, il concilio
provinciale e il Metropolita. §2. La provincia
ecclesiastica gode di personalità giuridica per il diritto stesso. 433 Can. 433 - §1. Se
l'utilità lo suggerisce, specialmente nelle nazioni dove sono più numerose le
Chiese particolari, le province ecclesiastiche viciniori, su proposta della
Conferenza Episcopale, possono essere congiunte dalla Santa Sede in regioni
ecclesiastiche. La regione ecclesiastica può essere eretta in persona giuridica. 434 Can. 434 - All'assemblea
dei Vescovi della regione ecclesiastica spetta favorire la cooperazione e
l'attività pastorale comune nella regione; tuttavia i poteri che nei canoni di
questo Codice sono attribuiti alla Conferenza Episcopale non competono a tale
assemblea, a meno che alcuni di essi non le siano stati concessi in modo
speciale dalla Santa Sede. CAPITOLO II
I METROPOLITI
435 Can. 435 - Alla provincia
ecclesiastica presiede il Metropolita, che è l'Arcivescovo della diocesi cui
è preposto; tale ufficio è congiunto con una sede episcopale, determinata o
approvata dal Romano Pontefice. 436 Can. 436 - §1. Nelle
diocesi suffraganee spetta al Metropolita: 1) vigilare perché la fede e la
disciplina ecclesiastica siano accuratamente osservate, e informare il Romano
Pontefice su eventuali abusi; 2) fare la visita canonica, per una causa
precedentemente approvata dalla Santa Sede, se il suffraganeo l'avesse trascurata;
3) nominare l'Amministratore diocesano, a norma dei cann. 421, §2 e 425 §3. §2. Dove le circostanze
lo richiedono, la Sede Apostolica può conferire al Metropolita funzioni e
potestà peculiari da determinare nel diritto particolare. §3. Nessun'altra potestà
di governo compete al Metropolita nelle diocesi suffraganee; può però
celebrare funzioni sacre in tutte le chiese, come il Vescovo nella propria
diocesi, dopo avere avvertito il Vescovo, se si tratta della chiesa
cattedrale. 437 Can. 437 - §1. Il
Metropolita è tenuto all'obbligo di chiedere personalmente o tramite un
procuratore il pallio al Romano Pontefice, entro tre mesi dalla consacrazione
episcopale oppure, se è già stato consacrato, dalla provvisione canonica;
esso esprime la potestà che, in comunione con la Chiesa di Roma, il
Metropolita acquisisce di diritto nella propria provincia. §2. Il Metropolita può
portare il pallio, nel rispetto delle leggi liturgiche, in qualsiasi chiesa
della provincia ecclesiastica a cui presiede; invece non può assolutamente
portarlo fuori di essa, neppure col consenso del Vescovo diocesano. §3. Il Metropolita che
venga trasferito ad un'altra sede metropolitana, necessita di un nuovo
pallio. 438 Can. 438 - Il titolo di
Patriarca e di Primate, al di là di una prerogativa di onore, non comporta
nella Chiesa latina alcuna potestà di governo, a meno che per qualcuno di
essi non consti diversamente per un privilegio apostolico o per una
consuetudine approvata. CAPITOLO III
I CONCILI PARTICOLARI
439 Can. 439 - §1. Il
concilio plenario, cioè di tutte le Chiese particolari della medesima
Conferenza Episcopale, sia celebrato ogni volta che risulti necessario o
utile alla stessa Conferenza Episcopale, con l'approvazione della Sede
Apostolica. §2. La norma stabilita
dal §1 vale anche per la celebrazione del concilio provinciale nella
provincia ecclesiastica i cui confini coincidono col territorio della
nazione. 440 Can. 440 - §1. Il
concilio provinciale per le diverse Chiese particolari della medesima provincia
ecclesiastica, sia celebrato ogni volta che risulti opportuno a giudizio
della maggioranza dei Vescovi diocesani della provincia, salvo il can. 439,
§2. §2. Mentre è vacante la
sede metropolitana, non si convochi il concilio provinciale. 441 Can. 441 - Spetta alla
Conferenza Episcopale: 1) convocare il concilio plenario; 2) scegliere il
luogo in cui celebrare il concilio, nell'ambito del territorio della
Conferenza Episcopale; 3) eleggere, fra i Vescovi diocesani del concilio
plenario, il presidente, che deve essere approvato dalla Sede Apostolica; 4)
determinare la procedura e le questioni da trattare, indire l'apertura e la
durata del concilio plenario, trasferirlo, prorogarlo o scioglierlo. 442 Can. 442 - §1. Spetta al
Metropolita, col consenso della maggioranza dei Vescovi suffraganei: 1)
convocare il concilio provinciale; 2) scegliere il luogo della celebrazione
del concilio provinciale, nell'ambito del territorio della provincia; 3)
determinare la procedura e le questioni da trattare, indire l'apertura e la
durata del concilio provinciale, trasferirlo, prorogarlo o scioglierlo. §2. Spetta al
Metropolita, e se questi è legittimamente impedito al Vescovo suffraganeo
eletto dagli altri Vescovi suffraganei, presiedere il concilio provinciale. 443 Can. 443 - §1. Devono
essere convocati ai concili particolari e in essi hanno diritto al voto
deliberativo: 1) i Vescovi diocesani; 2) i Vescovi coadiutori e ausiliari; 3)
gli altri Vescovi titolari che esercitano nel territorio uno speciale incarico,
loro affidato dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale. §2. Possono essere
chiamati ai concili particolari gli altri Vescovi titolari, anche emeriti,
che si trovano nel territorio; essi poi hanno diritto al voto deliberativo. §3. Ai concili
particolari devono essere chiamati con voto solamente consultivo: 1) i Vicari
generali e i Vicari episcopali di tutte le Chiese particolari del territorio;
2) i Superiori maggiori degli istituti e delle società di vita apostolica, in
numero da determinare, sia per gli uomini sia per le donne, dalla Conferenza
Episcopale o dai Vescovi della provincia, eletti rispettivamente da tutti i
Superiori maggiori degli istituti e delle società che hanno sede nel
territorio; 3) i rettori delle università ecclesiastiche e cattoliche, nonché
i decani delle facoltà di teologia e di diritto canonico, che hanno sede nel
territorio; 4) alcuni rettori dei seminari maggiori, in numero da
determinarsi come al n. 2, eletti dai rettori dei seminari situati nel
territorio. §4. Ai concili
particolari possono essere chiamati, con voto solamente consultivo, anche
presbiteri e altri fedeli, in modo però che il loro numero non superi la metà
di coloro di cui ai §§1-3. §5. Ai concili
provinciali siano invitati inoltre i capitoli cattedrali, come pure il
consiglio presbiteriale e il consiglio pastorale di ciascuna Chiesa
particolare, in modo che ognuno di essi invii due suoi membri designati
collegialmente; essi però hanno voto solamente consultivo. §6. Ai concili
particolari possono essere invitati come ospiti anche altri, se ciò risulta
opportuno a giudizio della Conferenza Episcopale, per quanto riguarda il
concilio plenario, o a giudizio del Metropolita insieme con i Vescovi
suffraganei, per quanto riguarda il concilio provinciale. 444 Can. 444 - §1. Tutti
coloro che sono convocati ai concili particolari devono parteciparvi, se non
sono trattenuti da un giusto impedimento, di cui sono tenuti ad informare il
presidente del concilio. §2. Coloro che sono
convocati ai concili particolari ed hanno in essi voto deliberativo, se sono
trattenuti da un giusto impedimento, possono mandare un procuratore; tale
procuratore ha voto solamente consultivo. 445 Can. 445 - Il concilio
particolare cura che si provveda, nel proprio territorio, alle necessità
pastorali del popolo di Dio; esso ha potestà di governo, soprattutto
legislativa, così da poter decidere, salvo sempre il diritto universale della
Chiesa, ciò che risulta opportuno per l'incremento della fede, per ordinare
l'attività pastorale comune; per regolare i costumi e per conservare,
introdurre, difendere la disciplina ecclesiastica. 446 Can. 446 - Concluso il
concilio particolare, il presidente provveda che vengano trasmessi alla Sede
Apostolica tutti gli atti del concilio; i decreti emanati dal concilio non
siano promulgati se non dopo essere stati riveduti dalla Sede Apostolica;
spetta al concilio stesso definire il modo di promulgazione dei decreti e il
tempo in cui i decreti promulgati iniziano ad essere obbliganti. CAPITOLO IV
LE CONFERENZE EPISCOPALI
447 Can. 447 - La Conferenza
Episcopale, organismo di per sé permanente, è l'assemblea dei Vescovi di una
nazione o di un territorio determinato, i quali esercitano congiuntamente
alcune funzioni pastorali per i fedeli di quel territorio, per promuovere
maggiormente il bene che la Chiesa offre agli uomini, soprattutto mediante
forme e modalità di apostolato opportunamente adeguate alle circostanze di
tempo e di luogo, a norma del diritto. 448 Can. 448 - §1. La Conferenza
Episcopale, come regola generale, comprende i presuli di tutte le Chiese
particolari della medesima nazione, a norma del can. 450. §2. Se poi, a giudizio
della Sede Apostolica, sentiti i Vescovi diocesani interessati, le
circostanze relative alle persone o alle cose lo suggeriscono, la Conferenza
Episcopale può essere eretta per un territorio di ampiezza minore o maggiore,
in modo che comprenda solamente i Vescovi di alcune Chiese particolari
costituite in un determinato territorio oppure i presuli di Chiese
particolari esistenti in diverse nazioni; spetta alla Sede Apostolica
stabilire norme peculiari per ciascuna di esse. 449 Can. 449 - §1. Spetta
unicamente alla suprema autorità della Chiesa, sentiti i Vescovi interessati,
erigere, sopprimere o modificare le Conferenze Episcopali. §2. La Conferenza
Episcopale, una volta eretta legittimamente, gode di personalità giuridica
per il diritto stesso. 450 Can. 450 - §1.
Appartengono alla Conferenza Episcopale per il diritto stesso tutti i Vescovi
diocesani del territorio e quelli che nel diritto sono loro equiparati;
inoltre i Vescovi coadiutori, i Vescovi ausiliari e gli altri Vescovi
titolari che esercitano in tale territorio uno speciale incarico loro
affidato dalla Sede Apostolica o dalla Conferenza Episcopale; possono esservi
invitati anche gli Ordinari di un altro rito, in modo tuttavia che abbiano
soltanto voto consultivo, a meno che gli statuti della Conferenza Episcopale
non stabiliscano diversamente. §2. Gli altri Vescovi
titolari e il Legato del Romano Pontefice non sono membri di diritto della
Conferenza Episcopale. 451 Can. 451 - Ogni
Conferenza Episcopale elabori i propri statuti, che devono essere riveduti
dalla Sede Apostolica; in essi, fra l'altro, vengano regolate le riunioni plenarie
della Conferenza, si provveda alla costituzione del consiglio permanente,
della segreteria generale della Conferenza e anche di altri uffici e
commissioni che, a giudizio della Conferenza, contribuiscano più
efficacemente al conseguimento delle sue finalità. 452 Can. 452 - §1. Ogni
Conferenza Episcopale si elegga il presidente, determini chi assume la
funzione di pro-presidente se il presidente è legittimamente impedito e
designi il segretario generale, a norma degli statuti. §2 Il presidente della
conferenza e, se questi è legittimamente impedito, il pro-presidente,
presiede non solo le riunioni generali della conferenza dei Vescovi, ma anche
il consiglio permanente. 453 Can. 453 - Le riunioni plenarie
della Conferenza Episcopale si tengano almeno una volta all'anno e inoltre
ogni volta che lo richiedano speciali circostanze, secondo le disposizioni
degli statuti. 454 Can. 454 - §1. Nelle
riunioni plenarie della Conferenza Episcopale per il diritto stesso il voto
deliberativo compete ai Vescovi diocesani e a quelli che nel diritto sono
loro equiparati, nonché ai Vescovi coadiutori. §2. Ai Vescovi ausiliari
e ai Vescovi titolari che appartengono alla Conferenza Episcopale, compete il
voto deliberativo oppure consultivo, secondo le disposizioni degli statuti
della Conferenza; fermo restando tuttavia che il voto deliberativo compete
solo a quelli di cui al §1, quando si tratta di elaborare o modificare gli
statuti. 455 Can. 455 - §1. La Conferenza
Episcopale può emanare decreti generali solamente nelle materie in cui lo
abbia disposto il diritto universale, oppure lo stabilisce un mandato
speciale della Sede Apostolica, sia motu proprio, sia su richiesta della
conferenza stessa. §2. Perché i decreti di
cui al §1 siano emanati validamente, devono essere espressi nella riunione
plenaria almeno mediante i due terzi dei voti dei Presuli che appartengono
alla Conferenza con voto deliberativo, e non ottengono forza obbligante se
non vengono legittimamente promulgati, dopo essere stati autorizzati dalla
Sede Apostolica. §3. Il modo di
promulgazione e il tempo in cui i decreti acquistano forza obbligante vengono
determinati dalla stessa Conferenza Episcopale. §4. Nei casi in cui né il
diritto universale né uno speciale mandato della Sede Apostolica abbiano
concesso alla Conferenza Episcopale la potestà di cui al §1, rimane intatta
la competenza di ogni singolo Vescovo diocesano e la Conferenza Episcopale o
il suo presidente non possono agire validamente in nome di tutti i Vescovi, a
meno che tutti e singoli i Vescovi non abbiano dato il loro consenso. 456 Can. 456 - Conclusa la
riunione plenaria della Conferenza Episcopale, la relazione sugli atti della
Conferenza e i suoi decreti vengano trasmessi alla Sede Apostolica, sia per
farle conoscere gli atti, sia perché i decreti, se ci sono, possano essere
riveduti dalla stessa. 457 Can. 457 - Spetta al
consiglio permanente dei Vescovi curare che vengano preparate le questioni da
trattare nella riunione plenaria della conferenza e che siano fatte
debitamente eseguire le decisioni prese in essa; ad esso spetta pure trattare
gli altri affari che gli vengono affidati, a norma degli statuti. 458 Can. 458 - Spetta alla
segreteria generale: 1) stendere la relazione degli atti e dei decreti della
riunione plenaria della Conferenza e degli atti del consiglio permanente e
comunicarla a tutti i membri della Conferenza, stendere inoltre gli altri
atti commissionati ad essa dal presidente della Conferenza o dal consiglio
permanente; 2) comunicare alle Conferenze Episcopali confinanti gli atti e i
documenti che la Conferenza nella riunione plenaria o il consiglio permanente
hanno stabilito di trasmettere loro. 459 Can. 459 - §1. Si
favoriscano le relazioni fra le Conferenze Episcopali, soprattutto viciniori,
per la promozione e la tutela del bene maggiore. §2. Ogni qualvolta però
le Conferenze intraprendono attività o modi di procedere che assumono un
carattere internazionale, e necessario che venga sentita la Sede Apostolica. TITOLO
III STRUTTURA
INTERNA DELLE CHIESE PARTICOLARI (Cann. 460 – 572) CAPITOLO
I IL
SINODO DIOCESANO Can.
460 - Il sinodo diocesano è l'assemblea dei sacerdoti e degli altri fedeli
della Chiesa particolare, scelti per prestare aiuto al Vescovo diocesano in
ordine al bene di tutta la comunità diocesana, a norma dei canoni seguenti. Can.
461 - §1. Il sinodo diocesano si celebri nelle singole Chiese particolari
quando, a giudizio del Vescovo diocesano, sentito il consiglio presbiterale
le circostanze lo suggeriscano. §2.
Se il Vescovo ha la cura di più diocesi oppure ha la cura di una come Vescovo
proprio e di un'altra come Amministratore, può convocare un solo sinodo
diocesano da tutte le diocesi affidategli. Can.
462 - §1. Convoca il sinodo diocesano solo il Vescovo diocesano, non chi
presiede la diocesi interinalmente. §2.
Presiede il sinodo diocesano il Vescovo diocesano, il quale tuttavia può
delegare il Vicario generale o il Vicario episcopale, a svolgere tale
ufficio, per le singole sessioni del sinodo. Can.
463 - §1. Al sinodo diocesano devono essere chiamati in qualità di membri e
sono tenuti all'obbligo di parteciparvi: 1) il Vescovo coadiutore e i Vescovi
ausiliari; 2) i Vicari generali e i Vicari episcopali, nonché il Vicario
giudiziale; 3) i canonici della chiesa cattedrale; 4) i membri del consiglio
presbiterale; 5) i fedeli laici, anche membri di istituti di vita consacrata,
eletti dal consiglio pastorale nel modo e nel numero da determinarsi dal
Vescovo diocesano, oppure, dove tale consiglio non esiste, secondo i criteri
determinati dal Vescovo diocesano; 6) il rettore del seminario maggiore
diocesano; 7) i vicari foranei; 8) almeno un presbitero eletto in ciascun
vicariato foraneo da tutti coloro che ivi hanno cura d'anime; inoltre deve
essere eletto un altro presbitero che lo sostituisca se il primo è impedito;
9) alcuni Superiori degli istituti religiosi e delle società di vita
apostolica che hanno la casa nella diocesi, i quali devono essere eletti nel
numero e nel modo determinati dal Vescovo diocesano. §2.
Al sinodo diocesano possono essere chiamati in qualità di membri anche altri,
sia chierici, sia membri di istituti di vita consacrata, sia fedeli laici. §3.
Il Vescovo diocesano, se lo ritiene opportuno, può invitare come osservatori
alcuni ministri o membri di Chiese o comunità ecclesiali che non sono nella
piena comunione con la Chiesa cattolica. Can.
464 - Un membro del sinodo, se è trattenuto da legittimo impedimento, non può
inviare un procuratore che vi partecipi in suo nome; avverta però il Vescovo
diocesano di tale impedimento. Can.
465 - Tutte le questioni proposte siano sottomesse alla libera discussione
dei membri nelle sessioni del sinodo. Can.
466 - Nel sinodo diocesano l'unico legislatore è il Vescovo diocesano, mentre
gli altri membri del sinodo hanno solamente voto consultivo; lui solo
sottoscrive le dichiarazioni e i decreti sinodali, che possono essere resi
pubblici soltanto per la sua autorità. Can.
467 - Il Vescovo diocesano comunichi al Metropolita e alla conferenza dei Vescovi
i testi delle dichiarazioni e dei decreti sinodali. Can.
468 - §1. Spetta al Vescovo diocesano, secondo il suo prudente giudizio,
sospendere e sciogliere il sinodo diocesano. §2.
Quando la sede episcopale è vacante o impedita, il sinodo diocesano si interrompe
per il diritto stesso finché il Vescovo diocesano che gli succede non decreti
che esso venga continuato oppure non lo dichiari estinto. CAPITOLO
II LA
CURIA DIOCESANA Can.
469 - La curia diocesana consta degli organismi e delle persone che aiutano
il Vescovo nel governo di tutta la diocesi, cioè nel dirigere l'attività
pastorale, nel curare l'amministrazione della diocesi come pure nell'esercitare
la potestà giudiziaria. Can.
470 - La nomina di coloro che esercitano un ufficio nella curia diocesana
spetta al Vescovo diocesano. Can.
471 - Tutti coloro che sono ammessi agli uffici della curia devono: 1)
promettere di adempiere fedelmente l'incarico secondo le modalità determinate
dal diritto o dal Vescovo; 2) osservare il segreto nei limiti e secondo le
modalità determinate dal diritto o dal Vescovo. Can.
472 - Circa le cause e le persone che, nella curia, si riferiscono
all'esercizio della potestà giudiziaria, si osservino le prescrizioni del
Libro VII I processi; in ordine a ciò che riguarda l'amministrazione della
diocesi, si osservino le disposizioni dei canoni seguenti. Can.
473 - §1. Il Vescovo diocesano deve curare che tutti gli affari inerenti
all'amministrazione di tutta la diocesi siano debitamente coordinati e
diretti a procurare nel modo più opportuno il bene della porzione di popolo
di Dio che gli è affidata. §2.
Spetta allo stesso Vescovo diocesano coordinare l'attività pastorale dei
Vicari generali ed episcopali; dove risulta conveniente, può essere nominato
il Moderatore di curia, che deve essere un sacerdote e al quale spetta, sotto
l'autorità del Vescovo, coordinare le attività che riguardano la trattazione
degli affari amministrativi come pure curare che gli altri addetti alla curia
svolgano fedelmente l'ufficio loro affidato. §3.
Se le situazioni locali, a giudizio del Vescovo, non suggeriscono
diversamente, sia nominato Moderatore di curia il Vicario generale oppure, se
sono più di uno, uno dei Vicari generali. §4.
Quando il Vescovo lo ritiene opportuno per favorire maggiormente l'attività
pastorale, può costituire un consiglio episcopale, composto dai Vicari
generali e dai Vicari episcopali. Can.
474 - Gli atti di curia che hanno per loro natura effetto giuridico, devono
essere sottoscritti dall'Ordinario da cui provengono, anche in ordine alla
loro validità, e nello stesso tempo devono essere sottoscritti dal
cancelliere o dal notaio di curia; il cancelliere poi è tenuto ad informare
degli atti il Moderatore di curia. Articolo
1 - I Vicari generali ed episcopali Can.
475 - §1. In ogni diocesi il Vescovo diocesano deve costituire il Vicario
generale affinché, con la potestà ordinaria di cui è munito a norma dei
canoni seguenti, presti il suo aiuto al Vescovo stesso nel governo di tutta
la diocesi. §2.
Come regola generale, venga costituito un solo Vicario generale, a meno che
l'ampiezza della diocesi o il numero degli abitanti oppure altre ragioni
pastorali non suggeriscano diversamente. Can.
476 - Ogni qualvolta lo richieda il buon governo della diocesi, possono
essere costituiti dal Vescovo diocesano anche uno o più Vicari episcopali;
essi hanno la stessa potestà ordinaria che, per diritto universale, a norma
dei canoni seguenti, spetta al Vicario generale, o per una parte determinata
della diocesi, o per un genere determinato di affari, o in rapporto ai fedeli
di un determinato rito o di un ceto determinato di persone. Can.
477 - §1. Il Vicario generale e il Vicario episcopale vengono nominati
liberamente dal Vescovo diocesano e da lui possono essere liberamente
rimossi, fermo restando il disposto del can. 406; il Vicario episcopale che
non sia il Vescovo ausiliare sia nominato per un tempo da determinarsi
nell'atto di costituzione. §2.
Quando il Vicario generale è assente o legittimamente impedito, il Vescovo
diocesano può nominarne un altro che lo supplisca; la stessa norma si applica
per il Vicario episcopale. Can.
478 - §1. Il Vicario generale ed episcopale siano sacerdoti di età non
inferiore a trent'anni, dottori o licenziati in diritto canonico o teologia
oppure almeno veramente esperti in tali discipline, degni di fiducia per sana
dottrina, rettitudine, saggezza ed esperienza nel trattare gli affari. §2.
L'ufficio di Vicario generale ed episcopale non è compatibile con l'ufficio
di canonico penitenziere; inoltre non si può affidare tale ufficio a
consanguinei del Vescovo fino al quarto grado. Can.
479 - §1. Al Vicario generale compete, in forza dell'ufficio, la stessa
potestà esecutiva su tutta la diocesi che, in forza del diritto, spetta al
Vescovo diocesano, la potestà cioè di porre tutti gli atti amministrativi, ad
eccezione di quelli che il Vescovo si è riservato oppure che richiedono, a
norma del diritto, un mandato speciale del Vescovo. §2.
Al Vicario episcopale compete, per il diritto stesso, la medesima potestà di
cui al §1, però circoscritta a quella determinata parte del territorio o a
quel genere di affari o a quei fedeli di un rito determinato o di un gruppo
soltanto, per i quali è stato costituito, fatta eccezione per quelle cause
che il Vescovo ha riservato a sé o al Vicario generale, oppure che, a norma
del diritto, richiedono un mandato speciale del Vescovo. §3.
Spettano al Vicario generale e al Vicario episcopale, nell'ambito della
propria competenza, anche le facoltà abituali concesse al Vescovo dalla Sede
Apostolica, come pure l'esecuzione dei rescritti, a meno che espressamente
non sia stato disposto in modo diverso o a meno che non sia stata scelta
l'abilità specifica della persona del Vescovo diocesano. Can.
480 - Il Vicario generale e il Vicario episcopale devono riferire al Vescovo
diocesano sulle principali attività programmate e attuate e inoltre non
agiscano mai contro la sua volontà e il suo intendimento. Can.
481 - §1. La potestà del Vicario generale e del Vicario episcopale cessa allo
scadere del mandato, con la rinuncia e, salvi restando i cann. 406 e 409, con
la rimozione intimata loro dal Vescovo diocesano e inoltre quando la sede
episcopale diviene vacante. §2.
Mentre è sospeso l'ufficio del Vescovo diocesano, è sospesa anche la potestà
del Vicario generale e del Vicario episcopale, a meno che non siano insigniti
della dignità episcopale. Articolo
2 - Il cancelliere, gli altri notai e gli archivi Can.
482 - §1. In ogni curia venga costituito il cancelliere il cui incarico
principale, a meno che non sia stabilito altro dal diritto particolare,
consiste nel provvedere che gli atti della curia siano redatti compiutamente,
e siano custoditi nell'archivio della stessa. §2.
Se si ritiene necessario, al cancelliere può essere dato un aiutante, col
nome di vice-cancelliere. §3.
Il cancelliere e il vice-cancelliere sono per ciò stesso notai e segretari di
curia. Can.
483 - §1. Oltre al cancelliere, possono essere costituiti altri notai, la cui
scrittura o firma fa pubblica fede, e questo o per tutti gli atti, o per gli
atti giudiziari solamente, o per gli atti di una causa determinata o di un
negozio soltanto. §2.
Il cancelliere e i notai devono essere di integra reputazione e al di sopra
di ogni sospetto; nelle cause in cui può essere in discussione la fama di un
sacerdote, il notaio deve essere sacerdote. Can.
484 - È dovere dei notai: 1) stendere per iscritto gli atti e gli strumenti
riguardanti i decreti, le disposizioni, gli obblighi e le altre questioni per
le quali si richiede il loro intervento; 2) redigere fedelmente per iscritto
le pratiche in corso e apporvi la firma insieme con l'indicazione del luogo,
del giorno, del mese e dell'anno; 3) esibire dalla registrazione con le
dovute cautele, a chi ne fa legittima richiesta, gli atti e gli strumenti e
dichiararne le copie conformi all'originale. Can.
485 - Il cancelliere e gli altri notai possono essere liberamente rimossi
dall'ufficio da parte del Vescovo diocesano, non però dall'Amministratore
diocesano, se non con il consenso del collegio dei consultori. Can.
486 - §1. Tutti i documenti che riguardano la diocesi o le parrocchie devono
essere custoditi con la massima cura. §2.
In ogni curia si costituisca in luogo sicuro l'archivio o tabularium
diocesano per custodirvi, disposti secondo un ordine determinato e
diligentemente chiusi, gli strumenti e le scritture che riguardano le
questioni spirituali e temporali della diocesi. §3.
Dei documenti contenuti nell'archivio si compili un inventario o catalogo,
con un breve riassunto delle singole scritte. Can.
487 - §1. L'archivio deve rimanere chiuso e ne abbiano la chiave solo il
Vescovo e il cancelliere; a nessuno è lecito entrarvi se non con licenza del
Vescovo oppure, contemporaneamente, del Moderatore della curia e del
cancelliere. §2.
È diritto degli interessati ottenere, personalmente o mediante un
procuratore, copia autentica manoscritta o fotostatica dei documenti che per
loro natura sono pubblici e che riguardano lo stato della propria persona. Can.
488 - Non è lecito asportare documenti dall'archivio, se non per breve tempo
e col consenso del Vescovo oppure, contemporaneamente, del Moderatore della
curia e del cancelliere. Can.
489 - §1. Vi sia nella curia diocesana anche un archivio segreto o almeno,
nell'archivio comune, vi sia un armadio o una cassa chiusi a chiave e che non
possano essere rimossi dalla loro sede; in essi si custodiscano con estrema
cautela i documenti che devono essere conservati sotto segreto. §2.
Ogni anno si distruggano i documenti che riguardano le cause criminali in
materia di costumi, se i rei sono morti oppure se tali cause si sono concluse
da un decennio con una sentenza di condanna, conservando però un breve
sommario del fatto con il testo della sentenza definitiva. Can.
490 - §1. Solo il Vescovo abbia la chiave dell'archivio segreto. §2.
Mentre la sede è vacante, l'archivio o l'armadio segreto non si apra se non
in caso di vera necessità dallo stesso Amministratore diocesano. §3.
Non siano asportati documenti dall'archivio o armadio segreto. Can.
491 - §1. Il Vescovo diocesano abbia cura che anche gli atti e i documenti
degli archivi delle chiese cattedrali, collegiate, parrocchiali e delle altre
chiese che sono presenti nel suo territorio vengano diligentemente conservati
e che si compilino inventari o cataloghi in due esemplari, di cui uno sia
conservato nell'archivio della rispettiva chiesa e l'altro nell'archivio diocesano. §2.
Il Vescovo diocesano abbia anche cura che nella diocesi vi sia un archivio
storico e che i documenti che hanno valore storico vi si custodiscano
diligentemente e siano ordinati sistematicamente. §3.
Per consultare o asportare gli atti e i documenti di cui ai §§1 e 2, si
osservino le norme stabilite dal Vescovo diocesano. Articolo
3 - Il consiglio per gli affari economici e l'economo Can.
492 - §1. In ogni diocesi venga costituito il consiglio per gli affari
economici, presieduto dallo stesso Vescovo diocesano o da un suo delegato;
esso è composto da almeno tre fedeli, veramente esperti in economia e nel
diritto civile ed eminenti per integrità; essi sono nominati dal Vescovo. §2.
I membri del consiglio per gli affari economici siano nominati per un quinquennio,
però, terminato tale periodo, possono essere assunti ancora per altri
quinquenni. §3.
Sono esclusi dal consiglio per gli affari economici i congiunti del Vescovo
fino al quarto grado di consanguineità o di affinità. Can.
493 - Oltre ai compiti ad esso affidati nel Libro V I beni temporali della
Chiesa, spetta al consiglio per gli affari economici predisporre ogni anno,
secondo le indicazioni del Vescovo diocesano, il bilancio preventivo delle
questue e delle elargizioni per l'anno seguente in riferimento alla gestione
generale della diocesi e inoltre approvare, alla fine dell'anno, il bilancio
delle entrate e delle uscite. Can.
494 - §1. In ogni diocesi, dopo aver sentito il collegio dei consultori e il
consiglio per gli affari economici, il Vescovo nomini un economo; egli sia
veramente esperto in economia e distinto per onestà. §2.
L'economo sia nominato per un quinquennio, però, scaduto tale periodo, può
essere ancora nominato per altri quinquenni; mentre è in carica, il Vescovo
non lo rimuova se non per grave causa, da valutarsi dopo aver sentito il
collegio dei consultori e il consiglio per gli affari economici. §3.
È compito dell'economo, secondo le modalità definite dal consiglio per gli
affari economici, amministrare i beni della diocesi sotto l'autorità del
Vescovo, fare sulla base delle entrate stabili della diocesi le spese che il
Vescovo o altri da lui legittimamente incaricati abbiano ordinato. §4.
Nel corso dell'anno l'economo deve presentare al consiglio per gli affari
economici il bilancio delle entrate e delle uscite. CAPITOLO
III IL
CONSIGLIO PRESBITERALE E IL COLLEGIO DEI CONSULTORI Can.
495 - §1. In ogni diocesi si costituisca il consiglio presbiterale, cioè un
gruppo di sacerdoti che, rappresentando il presbiterio, sia come il senato
del Vescovo; spetta al consiglio presbiterale coadiuvare il Vescovo nel
governo della diocesi, a norma del diritto, affinché venga promosso nel modo
più efficace il bene pastorale della porzione di popolo di Dio a lui
affidata. §2.
Nei vicariati e nelle prefetture apostoliche il Vicario o il Prefetto
costituiscano un consiglio composto da almeno tre presbiteri missionari e
sentano il loro parere, espresso anche per lettera, negli affari più
importanti. Can.
496 - Il consiglio presbiterale abbia propri statuti approvati dal Vescovo
diocesano, attese le norme emanate dalla Conferenza Episcopale. Can.
497 - Per quanto riguarda la designazione dei membri del consiglio
presbiterale: 1) circa la metà venga liberamente eletta dagli stessi
sacerdoti a norma dei canoni seguenti e degli statuti; 2) alcuni sacerdoti, a
norma degli statuti, devono essere membri di diritto, tali cioè che
appartengano al consiglio per l'ufficio loro affidato; 3) il Vescovo
diocesano ha piena facoltà di nominarne alcuni liberamente. Can.
498 - §1. Hanno diritto attivo e passivo di elezione in ordine alla
costituzione del consiglio presbiterale: 1) tutti i sacerdoti secolari
incardinati nella diocesi; 2) i sacerdoti secolari non incardinati nella
diocesi e i sacerdoti membri di un istituto religioso o di una società di vita
apostolica i quali, dimorando nella diocesi, esercitano in suo favore qualche
ufficio. §2.
Per quanto gli statuti lo prevedono, lo stesso diritto di elezione può essere
conferito ad altri sacerdoti che abbiano nella diocesi il domicilio o il
quasi-domicilio. Can.
499 - Il modo di eleggere i membri del consiglio presbiterale deve essere
determinato dagli statuti, però in modo tale che, per quanto è possibile, i
sacerdoti del presbiterio siano rappresentati soprattutto in ragione dei
diversi ministeri e delle diverse zone della diocesi. Can.
500 - §1. Spetta al Vescovo diocesano convocare il consiglio presbiterale,
presiederlo e determinare le questioni da trattare oppure accogliere quelle
proposte dai membri. §2.
Il consiglio presbiterale ha solamente voto consultivo; il Vescovo diocesano
lo ascolti negli affari di maggiore importanza, ma ha bisogno del suo
consenso solo nei casi espressamente previsti dal diritto. §3.
Il consiglio presbiterale non può mai agire senza il Vescovo diocesano al
quale soltanto spetta la responsabilità di far conoscere ciò che è stato
stabilito a norma del §2. Can.
501 - §1. I membri del consiglio presbiterale siano designati per il tempo
determinato dagli statuti, però in modo tale che entro un quinquennio si
rinnovi tutto il consiglio o una parte di esso. §2.
Quando la sede diventa vacante, il consiglio presbiterale cessa e i suoi
compiti sono svolti dal collegio dei consultori; entro un anno dalla presa di
possesso, il Vescovo deve costituire nuovamente il consiglio presbiterale. §3.
Se il consiglio presbiterale non adempie il compito affidatogli per il bene
della diocesi oppure ne abusa gravemente, il Vescovo diocesano, consultato il
Metropolita, o, se si tratta della stessa sede metropolitana, il Vescovo
suffraganeo più anziano di carica, può scioglierlo, ma entro un anno deve
costituirlo nuovamente. Can.
502 - §1. Fra i membri del consiglio presbiterale il Vescovo diocesano nomina
liberamente alcuni sacerdoti, in numero non minore di sei e non maggiore di
dodici, i quali costituiscono per un quinquennio il collegio dei consultori,
con i compiti determinati dal diritto; tuttavia al termine del quinquennio
esso continua ad esercitare le sue funzioni finché non viene costituito il
nuovo collegio. §2.
Il collegio dei consultori è presieduto dal Vescovo diocesano; mentre poi la
sede è impedita o vacante, è presieduto da colui che sostituisce
interinalmente il Vescovo oppure, se costui non è ancora stato costituito,
dal sacerdote più anziano di ordinazione nel collegio dei consultori. §3.
La conferenza dei Vescovi può stabilire che i compiti del collegio dei
consultori siano affidati al capitolo cattedrale. §4.
Nel vicariato e nella prefettura apostolica i compiti del collegio dei
consultori spettano al consiglio della missione di cui al can. 495, §2, a
meno che il diritto non stabilisca diversamente. CAPITOLO
IV I
CAPITOLI DEI CANONICI Can.
503 - Il capitolo dei canonici, sia cattedrale sia collegiale, è il collegio
di sacerdoti al quale spetta assolvere alle funzioni liturgiche più solenni
nella chiesa cattedrale o collegiale; spetta inoltre al capitolo cattedrale
adempiere i compiti che gli vengono affidati dal diritto o dal Vescovo
diocesano. Can.
504 - L'erezione, la modifica o la soppressione del capitolo cattedrale sono
riservate alla Sede Apostolica. Can.
505 - Ogni capitolo, sia cattedrale sia collegiale, abbia propri statuti,
costituiti mediante un legittimo atto capitolare e approvati dal Vescovo
diocesano; tali statuti non vengano modificati o abrogati se non con
l'approvazione dello stesso Vescovo diocesano. Can.
506 - §1. Gli statuti del capitolo, salve sempre le leggi di fondazione,
determinino la stessa costituzione del capitolo e il numero dei canonici;
definiscano i compiti del capitolo e dei singoli canonici in ordine alla
celebrazione del culto divino e all'esercizio del ministero; regolino le
riunioni in cui vengono trattate le questioni riguardanti il capitolo e,
salve le disposizioni del diritto universale, determinino le condizioni
richieste per la validità e la liceità degli atti. §2.
Negli statuti vengano anche definite le insegne e le retribuzioni dei
canonici, sia quelle stabili, sia quelle da versare in occasione
dell'adempimento di un incarico. Can.
507 - §1. Vi sia fra i canonici chi presiede il capitolo e vengano pure
costituiti gli altri uffici, a norma degli statuti, tenendo anche conto degli
usi vigenti nella regione. §2.
Ai chierici che non appartengono al capitolo possono essere affidati altri
uffici mediante i quali, a norma degli statuti, prestano aiuto ai canonici. Can.
508 - §1. Il canonico penitenziere, sia della chiesa cattedrale sia della
chiesa collegiale, ha in forza dell'ufficio la facoltà ordinaria che però non
è delegabile, di assolvere in foro sacramentale dalle censure latae
sententiae non dichiarate, non riservate alla Sede Apostolica; tale facoltà
riguarda, in diocesi, anche gli estranei e i diocesani anche fuori del
territorio della diocesi. §2.
Dove manca il capitolo il Vescovo diocesano costituisca un sacerdote a
compiere il medesimo incarico. Can.
509 - §1. Spetta al Vescovo diocesano udito il capitolo, ma non
all'Amministratore diocesano, conferire tutti e singoli i canonicati, sia
nella chiesa cattedrale sia nella chiesa collegiale, revocato ogni privilegio
contrario; spetta ancora al Vescovo confermare colui che è eletto dal
capitolo stesso per presiederlo. §2.
Il Vescovo diocesano conferisca i canonicati solo a sacerdoti che si
distinguono per dottrina e integrità di vita e che abbiano esercitato
lodevolmente il ministero. Can.
510 - §1. Le parrocchie non siano più unite al capitolo dei canonici; quelle
che sono tuttora unite ad un capitolo, ne siano separate da parte del Vescovo
diocesano. §2.
Nella chiesa che sia insieme parrocchiale e capitolare, venga costituito un
parroco, scelto fra i capitolari o meno; questi è tenuto a tutti i doveri e
possiede i diritti e le facoltà che, a norma del diritto, sono proprie del
parroco. §3.
Spetta al Vescovo diocesano stabilire norme precise mediante le quali possano
essere debitamente armonizzati i doveri pastorali del parroco e le funzioni
proprie del capitolo, facendo in modo che il parroco non sia di impedimento
alle funzioni capitolari e il capitolo non sia di impedimento a quelle
parrocchiali; se sorge un conflitto, lo dirima il Vescovo diocesano il quale
deve curare innanzi tutto che si provveda in modo adeguato alle necessità
pastorali dei fedeli. §4.
Le offerte che vengono elargite ad una chiesa contemporaneamente parrocchiale
e capitolare, si presumono elargite alla parrocchia, se non consti altro. CAPITOLO
V IL
CONSIGLIO PASTORALE Can.
511 - In ogni diocesi, se lo suggerisce la situazione pastorale, si
costituisca il consiglio pastorale, al quale spetta, sotto l'autorità del
Vescovo, studiare, valutare e proporre conclusioni operative su quanto
riguarda le attività pastorali della diocesi. Can.
512 - §1. Il consiglio pastorale è composto da fedeli che siano in piena
comunione con la Chiesa cattolica, sia chierici, sia membri di istituti di
vita consacrata, sia soprattutto laici; essi vengono designati nel modo
determinato dal Vescovo diocesano. §2.
I fedeli designati al consiglio pastorale siano scelti in modo che attraverso
di loro sia veramente rappresentata tutta la porzione di popolo di Dio che
costituisce la diocesi, tenendo presenti le diverse zone della diocesi
stessa, le condizioni sociali, le professioni e inoltre il ruolo che essi
hanno nell'apostolato, sia come singoli, sia in quanto associati. §3.
Al consiglio pastorale non vengano designati se non fedeli che si distinguono
per fede sicura, buoni costumi e prudenza. Can.
513 - §1. Il consiglio pastorale viene costituito a tempo determinato,
secondo le disposizioni degli statuti dati dal Vescovo. §2.
Quando la sede diviene vacante, il consiglio pastorale cessa. Can.
514 - §1. Spetta unicamente al Vescovo diocesano, secondo le necessità
dell'apostolato, convocare e presiedere il consiglio pastorale, che gode
solamente di voto consultivo; a lui pure unicamente compete rendere di
pubblica ragione le materie trattate nel consiglio. §2.
Il consiglio pastorale sia convocato almeno una volta l'anno. CAPITOLO
VI LE
PARROCCHIE, I PARROCI E I VICARI PARROCCHIALI Can.
515 - §1. La parrocchia è una determinata comunità di fedeli che viene
costituita stabilmente nell'ambito di una Chiesa particolare, e la cui cura
pastorale è affidata, sotto l'autorità del Vescovo diocesano, ad un parroco
quale suo proprio pastore. §2.
Spetta unicamente al Vescovo diocesano erigere, sopprimere o modificare le
parrocchie; egli non le eriga, non le sopprima e non le modifichi in modo
rilevante senza aver sentito il consiglio presbiterale. §3.
La parrocchia eretta legittimamente gode di personalità giuridica per il
diritto stesso. Can.
516 - §1. A meno che il diritto non disponga diversamente, alla parrocchia è
equiparata la quasi-parrocchia, che è una comunità determinata di fedeli
nell'ambito di una Chiesa particolare, affidata ad un sacerdote come suo
pastore, ma che, per speciali circostanze, non è ancora stata eretta come
parrocchia. §2.
Quando una comunità non può essere eretta come parrocchia o quasi-parrocchia,
il Vescovo diocesano provveda in altro modo alla sua cura pastorale. Can.
517 - §1. Quando le circostanze lo richiedono, la cura pastorale di una
parrocchia, o di più parrocchie contemporaneamente, può essere affidata in
solido a più sacerdoti, a condizione tuttavia che uno di essi ne sia il
moderatore nell'esercizio della cura pastorale, tale cioè che diriga
l'attività comune e di essa risponda davanti al Vescovo. §2.
Nel caso che il Vescovo diocesano, a motivo della scarsità di sacerdoti,
abbia giudicato di dover affidare ad un diacono o ad una persona non
insignita del carattere sacerdotale o ad una comunità di persone una
partecipazione nell'esercizio della cura pastorale di una parrocchia,
costituisca un sacerdote il quale, con la potestà di parroco, sia il
moderatore della cura pastorale. Can.
518 - Come regola generale, la parrocchia sia territoriale, tale cioè che
comprenda tutti i fedeli di un determinato territorio; dove però risulti
opportuno, vengano costituite parrocchie personali, sulla base del rito,
della lingua, della nazionalità dei fedeli appartenenti ad un territorio,
oppure anche sulla base di altre precise motivazioni. Can.
519 - Il parroco è il pastore proprio della parrocchia affidatagli,
esercitando la cura pastorale di quella comunità sotto l'autorità del Vescovo
diocesano, con il quale è chiamato a partecipare al ministero di Cristo, per
compiere al servizio della comunità le funzioni di insegnare, santificare e
governare, anche con la collaborazione di altri presbiteri o diaconi e con
l'apporto dei fedeli laici, a norma del diritto. Can.
520 - §1. Il parroco non sia una persona giuridica; tuttavia il Vescovo
diocesano, ma non l'Amministratore diocesano, col consenso del Superiore
competente, può affidare una parrocchia ad un istituto religioso clericale o
ad una società clericale di vita apostolica, anche erigendola presso la
chiesa dell'istituto o della società, a condizione però che un solo sacerdote
sia il parroco della parrocchia, oppure, se la cura pastorale è affidata in
solido a più sacerdoti, il moderatore di cui al can. 517, §1. §2.
L'assegnazione della parrocchia di cui al §1 può essere fatta sia in
perpetuo, sia a tempo determinato; in ambedue i casi avvenga mediante una
convenzione scritta stipulata fra il Vescovo diocesano e il Superiore
competente dell'istituto o della società; in essa, fra l'altro, venga
definito espressamente e con precisione tutto quello che riguarda l'attività
da svolgere, le persone da impiegarvi e le questioni economiche. Can.
521 - §1. Perché uno sia nominato parroco validamente, deve essere costituito
nel sacro ordine del presbiterato. §2.
Si distingua inoltre per sana dottrina e onestà di costumi, sia dotato di
zelo per le anime e di ogni altra virtù e abbia quelle qualità che sono richieste
sia dal diritto universale, sia dal diritto particolare per la cura pastorale
della parrocchia in questione. §3.
Per conferire a qualcuno l'ufficio di parroco, è opportuno che venga
accertata con sicurezza la sua idoneità nel modo determinato dal Vescovo,
anche mediante un esame. Can.
522 - È opportuno che il parroco goda di stabilità, perciò venga nominato a
tempo indeterminato; il Vescovo diocesano può nominarlo a tempo determinato
solamente se ciò fu ammesso per decreto dalla conferenza dei Vescovi. Can.
523 - Fermo restando il disposto del can. 682, §1, la provvisione
dell'ufficio di parroco spetta al Vescovo diocesano; essa avviene mediante
libero conferimento, a meno che qualcuno non abbia il diritto di
presentazione o di elezione. Can.
524 - Il Vescovo diocesano, dopo aver valutato tutte le circostanze, affidi
la parrocchia vacante a chi ritiene idoneo ad esercitarvi la cura pastorale,
esclusa ogni preferenza di persone; per giudicarne l'idoneità, senta il
vicario foraneo ed esegua le indagini opportune, uditi, se del caso,
determinati presbiteri come pure fedeli laici. Can.
525 - Mentre la sede è vacante o impedita, all'Amministratore diocesano o a
colui che regge interinalmente la diocesi spetta: 1) concedere l'istituzione
o la conferma al sacerdote legittimamente presentato o eletto per una
parrocchia; 2) nominare i parroci se la sede è vacante o impedita da un anno. Can.
526 - §1. Il parroco abbia la cura pastorale di una sola parrocchia;
tuttavia, per la scarsità di sacerdoti o per altre circostanze, può essere
affidata al medesimo parroco la cura di più parrocchie vicine. §2.
Nella medesima parrocchia vi sia soltanto un parroco o un moderatore a norma
del can. 517, §1, riprovata ogni consuetudine contraria e revocato ogni
privilegio contrario. Can.
527 - §1. Colui che è stato promosso alla cura pastorale di una parrocchia,
la ottiene ed è tenuto ad esercitarla dal momento della presa di possesso. §2.
L'immissione in possesso del parroco spetta all'Ordinario del luogo o ad un
sacerdote da lui delegato e devono essere osservate le modalità determinate
dalla legge particolare o dalla legittima consuetudine; tuttavia, per giusta
causa, il medesimo Ordinario può dispensare da tali modalità; in tal caso la
dispensa notificata alla parrocchia sostituisce la presa di possesso. §3.
L'Ordinario del luogo determini il tempo entro il quale deve avvenire la
presa di possesso della parrocchia; trascorso inutilmente tale tempo, se non
si sia opposto un giusto impedimento, può dichiarare la parrocchia vacante. Can.
528 - §1. Il parroco è tenuto a fare in modo che la parola di Dio sia
integralmente annunciata a coloro che si trovano nella parrocchia; perciò
curi che i fedeli laici siano istruiti nelle verità della fede, soprattutto
con l'omelia delle domeniche e delle feste di precetto e con l'istruzione
catechetica; favorisca inoltre le attività che promuovono lo spirito
evangelico, anche in ordine alla giustizia sociale; abbia cura speciale della
formazione cattolica dei fanciulli e dei giovani; si impegni in ogni modo,
anche con la collaborazione dei fedeli, perché l'annuncio evangelico giunga
anche a coloro che si sono allontanati dalla pratica religiosa o non
professano la vera fede. §2.
Il parroco faccia in modo che la santissima Eucaristia sia il centro
dell'assemblea parrocchiale dei fedeli; si adoperi perché i fedeli si nutrano
mediante la celebrazione devota dei sacramenti e in special modo perché si
accostino frequentemente al sacramento della santissima Eucaristia e della
penitenza; si impegni inoltre a fare in modo che i fedeli siano formati alla
preghiera, da praticare anche nella famiglia, e partecipino consapevolmente e
attivamente alla sacra liturgia, di cui il parroco deve essere il moderatore
nella sua parrocchia, sotto l'autorità del Vescovo diocesano e sulla quale è
tenuto a vigilare perché non si insinuino abusi. Can.
529 - §1. Per poter adempiere diligentemente l'ufficio di pastore, il parroco
cerchi di conoscere i fedeli affidati alle sue cure; perciò visiti le
famiglie, partecipando alle sollecitudini dei fedeli, soprattutto alle loro
angosce e ai loro lutti, confortandoli nel Signore e, se hanno mancato in
qualche cosa, correggendoli con prudenza; assista con traboccante carità gli
ammalati, soprattutto quelli vicini alla morte, nutrendoli con sollecitudine
dei sacramenti e raccomandandone l'anima a Dio; con speciale diligenza sia
vicino ai poveri e agli ammalati, agli afflitti, a coloro che sono soli, agli
esuli e a tutti coloro che attraversano particolari difficoltà; si impegni
anche perché gli sposi e i genitori siano sostenuti nell'adempimento dei loro
doveri e favorisca l'incremento della vita cristiana nella famiglia. §2.
Il parroco riconosca e promuova il ruolo che hanno i fedeli laici nella
missione della Chiesa, favorendo le loro associazioni che si propongono finalità
religiose. Collabori col proprio Vescovo e col presbiterio della diocesi,
impegnandosi anche perché i fedeli si prendano cura di favorire la comunione
parrocchiale, perché si sentano membri e della diocesi e della Chiesa
universale e perché partecipino e sostengano le opere finalizzate a
promuovere la comunione. Can.
530 - Le funzioni affidate al parroco in modo speciale sono le seguenti: 1)
amministrare il battesimo; 2) amministrare il sacramento della confermazione
a coloro che sono in pericolo di morte, a norma del can. 883, n. 3; 3)
amministrare il Viatico e l'unzione degli infermi, fermo restando il disposto
del can. 1003, §§2 e 3, e impartire la benedizione apostolica; 4) assistere
al matrimonio e benedire le nozze; 5) celebrare i funerali; 6) benedire il
fonte battesimale nel tempo pasquale, guidare le processioni fuori della
chiesa e impartire le benedizioni solenni fuori della chiesa; 7) celebrare
l'Eucaristia più solenne nelle domeniche e nelle feste di precetto. Can.
531 - Anche se è un altro a svolgere qualche incarico parrocchiale, le
offerte ricevute dai fedeli in tale occasione siano versate nella cassa
parrocchiale, a meno che, quando si tratta di offerte volontarie, non consti
l'intenzione contraria dell'offerente; spetta al Vescovo diocesano, sentito
il consiglio presbiterale, stabilire le norme con le quali si provvede alla
destinazione di tali offerte e la rimunerazione dei sacerdoti che svolgono il
medesimo incarico. Can.
532 - Il parroco rappresenta la parrocchia, a norma del diritto, in tutti i
negozi giuridici; curi che i beni della parrocchia siano amministrati a norma
dei cann. 1281-1288. Can.
533 - §1. Il parroco è tenuto all'obbligo di risiedere nella casa
parrocchiale in vicinanza della chiesa; tuttavia in casi particolari, per
giusta causa, l'Ordinario del luogo può permettere che dimori altrove,
soprattutto se si tratta di un'abitazione comune a più sacerdoti, purché si
possa provvedere in modo opportuno e adeguato all'adempimento degli incarichi
parrocchiali. §2.
A meno che non sussista un motivo grave, il parroco può assentarsi ogni anno
dalla parrocchia per ferie al massimo per un mese, continuo o interrotto; in
questo tempo delle ferie non vengono computati i giorni che il parroco dedica
una volta all'anno al ritiro spirituale; tuttavia, per assentarsi dalla
parrocchia per un tempo superiore ad una settimana, il parroco è tenuto ad
avvertirne l'Ordinario del luogo. §3.
Spetta al Vescovo diocesano stabilire norme che assicurino, durante l'assenza
del parroco, l'esercizio della cura pastorale della parrocchia tramite un
sacerdote fornito delle debite facoltà. Can.
534 - §1. Dopo aver preso possesso della parrocchia, il parroco è tenuto
all'obbligo di applicare la Messa per il popolo affidatogli ogni domenica e
nelle feste che nella sua diocesi sono di precetto; chi ne è legittimamente
impedito applichi negli stessi giorni mediante un altro oppure, in giorni
diversi, applichi personalmente. §2.
Il parroco che ha la cura di più parrocchie, nei giorni di cui al §1, è
tenuto ad applicare una sola Messa per tutto il popolo affidatogli. §3.
Il parroco che non abbia soddisfatto all'obbligo di cui ai §§1 e 2, applichi
quanto prima tante Messe per il popolo quante ne ha tralasciate. Can.
535 - §1. In ogni parrocchia vi siano i libri parrocchiali, cioè il libro dei
battezzati, dei matrimoni, dei defunti ed eventualmente altri libri secondo
le disposizioni date dalla conferenza dei Vescovi o dal Vescovo diocesano; il
parroco provveda che tali libri siano redatti accuratamente e diligentemente
conservati. §2.
Nel libro dei battezzati si annoti anche la confermazione e tutto ciò che
riguarda lo stato canonico dei fedeli, in rapporto al matrimonio, salvo il
disposto del can. 1133, all'adozione, come pure in rapporto all'ordine sacro,
alla professione perpetua emessa in un istituto religioso e al cambiamento
del rito; tali annotazioni vengano sempre riportate nei certificati di
battesimo. §3.
Ogni parrocchia abbia il proprio sigillo; gli attestati emessi sullo stato
canonico dei fedeli, come pure tutti gli atti che possono avere rilevanza giuridica,
siano sottoscritti dal parroco o da un suo delegato e muniti del sigillo
parrocchiale. §4.
In ogni parrocchia vi sia il tabularium o archivio, in cui vengano custoditi
i libri parrocchiali, insieme con le lettere dei Vescovi e gli altri documenti
che si devono conservare per la loro necessità o utilità; tali libri e
documenti devono essere controllati dal Vescovo diocesano o dal suo delegato
durante la visita o in altro tempo opportuno e il parroco faccia attenzione
che essi non vadano in mano ad estranei. §5.
Anche i libri parrocchiali più antichi vengano custoditi diligentemente,
secondo le disposizioni del diritto particolare. Can.
536 - §1. Se risulta opportuno a giudizio del Vescovo diocesano, dopo aver
sentito il consiglio presbiterale, in ogni parrocchia venga costituito il
consiglio pastorale, che è presieduto dal parroco e nel quale i fedeli,
insieme con coloro che partecipano alla cura pastorale della parrocchia in
forza del proprio ufficio, prestano il loro aiuto nel promuovere l'attività
pastorale. §2.
Il consiglio pastorale ha solamente voto consultivo ed è retto dalle norme
stabilite dal Vescovo diocesano. Can.
537 - In ogni parrocchia vi sia il consiglio per gli affari economici che è
retto, oltre che dal diritto universale, dalle norme date dal Vescovo
diocesano; in esso i fedeli, scelti secondo le medesime norme, aiutino il
parroco nell'amministrazione dei beni della parrocchia, fermo restando il
disposto del can. 532. Can.
538 - §1. Il parroco cessa dall'ufficio con la rimozione o il trasferimento
deciso da parte del Vescovo diocesano a norma del diritto, con la rinuncia
fatta dal parroco stesso per giusta causa, la quale, per essere valida, deve
essere accettata dal Vescovo, e inoltre cessa allo scadere del tempo se fu
costituito a tempo determinato, secondo le disposizioni del diritto
particolare di cui al can. 522. §2.
Il parroco membro di un istituto religioso o incardinato in una società di
vita apostolica, viene rimosso a norma del can. 682, §2. §3.
Compiuti i settantacinque anni, il parroco è invitato a presentare la
rinuncia all'ufficio al Vescovo diocesano, il quale, considerata ogni
circostanza di persona e di luogo, decida se accettarla o differirla; il
Vescovo diocesano deve provvedere in modo adeguato al sostentamento e all'abitazione
del rinunciante, attese le norme emanate dalla Conferenza Episcopale. Can.
539 - Quando la parrocchia è vacante, oppure quando il parroco è impedito
nell'esercizio dell'ufficio pastorale nella parrocchia per prigionia, esilio
o confino, per inabilità o malferma salute oppure per altre cause, il Vescovo
diocesano designi quanto prima l'amministratore parrocchiale, il sacerdote
cioè che supplisca il parroco a norma del can. 540. Can.
540 - §1. L'amministratore parrocchiale è tenuto agli stessi doveri e ha gli
stessi diritti del parroco, a meno che il Vescovo diocesano non stabilisca
diversamente. §2.
All'amministratore parrocchiale non è lecito compiere nulla che rechi
pregiudizio ai diritti del parroco o che possa essere di danno ai beni
parrocchiali. §3.
Al termine del suo incarico, l'amministratore parrocchiale presenti al
parroco il rendiconto. Can.
541 - §1. Quando la parrocchia diviene vacante e quando il parroco è impedito
nell'esercizio della funzione pastorale, prima della costituzione
dell'amministratore parrocchiale, assuma interinalmente il governo della
parrocchia il vicario parrocchiale; se essi sono più d'uno, il più anziano
per nomina; se poi mancano i vicari, lo assuma il parroco che è indicato dal
diritto particolare. §2.
Chi assume il governo della parrocchia a norma del §1, avverta immediatamente
l'Ordinario del luogo che la parrocchia è vacante. Can.
542 - I sacerdoti ai quali, a norma del can. 517, §1, viene affidata in
solido la cura pastorale di una parrocchia o di più parrocchie
contemporaneamente: 1) devono possedere le qualità di cui al can. 521; 2)
siano nominati o istituiti a norma di quanto dispongono i cann. 522 e 524; 3)
ottengono la cura pastorale solo dal momento della presa di possesso il loro
moderatore viene immesso in possesso a norma di quanto prescrive il can. 527,
§2; per gli altri sacerdoti poi la professione di fede emessa legittimamente
tiene il posto della presa di possesso. Can.
543 - §1. Se a determinati sacerdoti viene affidata in solido la cura pastorale
di una parrocchia o di più parrocchie contemporaneamente essi sono tenuti
singolarmente, secondo i criteri da loro stessi stabiliti, all'obbligo di
adempiere i compiti e le funzioni proprie del parroco di cui ai cann. 528, 529
e 530; la facoltà di assistere ai matrimoni come pure le facoltà di dispensa
concesse al parroco per il diritto stesso, spettano a tutti, ma devono essere
esercitate sotto la direzione del moderatore. §2.
Tutti i sacerdoti del gruppo: 1) sono tenuti all'obbligo della residenza; 2)
di comune accordo stabiliscano i criteri secondo cui uno di loro celebra la
Messa per il popolo, a norma del can. 533; 3) solo il moderatore rappresenta
nei negozi giuridici la parrocchia o le parrocchie affidate al gruppo. Can.
544 - Quando cessa dall'ufficio un sacerdote della comunità di cui al can.
517, §1, o il moderatore del gruppo, e parimenti quando uno di loro diviene
inabile ad esercitare la funzione pastorale, non diviene vacante la
parrocchia o le parrocchie la cui cura è affidata al gruppo; spetta al
Vescovo diocesano nominare un altro moderatore; però prima che il Vescovo
costituisca un altro moderatore, adempia tale ufficio il sacerdote del gruppo
più anziano per nomina. Can.
545 - §1. Ogni volta che risulta necessario o opportuno ai fini dell'adeguata
cura pastorale della parrocchia, al parroco possono essere affiancati uno o
più vicari parrocchiali, i quali si dedicano al ministero pastorale come
cooperatori del parroco e partecipi della sua sollecitudine, mediante
attività e iniziative programmate con il parroco e sotto la sua autorità. §2.
Il vicario parrocchiale può essere costituito perché presti il suo aiuto
nell'adempiere tutto il ministero pastorale e, in questo caso, o per tutta la
parrocchia o per una parte determinata di essa o per un certo gruppo di
fedeli; oppure può anche essere costituito per assolvere uno specifico
ministero contemporaneamente in più parrocchie determinate. Can.
546 - Perché uno sia validamente nominato vicario parrocchiale, è necessario
che sia costituito nel sacro ordine del presbiterato. Can.
547 - Il vicario parrocchiale è nominato liberamente dal Vescovo diocesano,
dopo aver sentito, se lo ritiene opportuno, il parroco o i parroci delle
parrocchie per le quali è costituito, e inoltre il vicario foraneo, fermo
restando il disposto del can. 682, §1. Can.
548 - §1. Gli obblighi e i diritti del vicario parrocchiale sono definiti,
oltre che dai canoni del presente capitolo, anche dagli statuti diocesani
come pure dalla lettera del Vescovo diocesano, ma sono determinati in modo
più specifico dalle disposizioni del parroco. §2.
A meno che nella lettera del Vescovo diocesano si disponga espressamente
altro, il vicario parrocchiale è tenuto all'obbligo, per l'ufficio che
esercita, di aiutare il parroco in tutto il ministero parrocchiale, fatta
eccezione per quanto riguarda l'applicazione della Messa per il popolo; è
anche tenuto all'obbligo di supplirlo, quando è il caso, a norma del diritto. §3.
Il vicario parrocchiale riferisca regolarmente al parroco le iniziative
pastorali programmate e in atto, in modo che il parroco e il vicario o i
vicari siano in grado di provvedere, con impegno comune, alla cura pastorale
della parrocchia, di cui insieme sono garanti. Can.
549 - Se il parroco è assente, a meno che il Vescovo diocesano non abbia
provveduto in modo diverso a norma del can. 533, §3 e a meno che non sia
stato costituito l'amministratore parrocchiale, si osservino le disposizioni
del can. 541, §1; in tal caso il vicario è tenuto anche a tutti gli obblighi
del parroco, fatta eccezione per l'obbligo di applicare la Messa per il
popolo. Can.
550 - §1. Il vicario parrocchiale è tenuto all'obbligo di risiedere nella
parrocchia oppure, se è stato costituito per più parrocchie
contemporaneamente, di risiedere in una di esse; tuttavia, per una giusta causa,
l'Ordinario del luogo può permettere che risieda altrove, soprattutto se si
tratta di una casa comune per più sacerdoti, purché ciò non rechi pregiudizio
all'adempimento delle funzioni pastorali. §2.
L'Ordinario del luogo curi che si promuova, fra parroco e vicari, dove è
possibile, una certa pratica di vita comune nella casa parrocchiale. §3.
Per quanto riguarda il periodo delle vacanze, il vicario parrocchiale ha gli
stessi diritti del parroco. Can.
551 - Per quanto riguarda le offerte che i fedeli fanno al vicario in
occasione di un ministero pastorale, si osservino le disposizioni del can.
531. Can.
552 - Il vicario parrocchiale può essere rimosso, per giusta causa, dal
Vescovo diocesano o dall'Amministratore diocesano, fermo restando il disposto
del can. 682, §2. CAPITOLO
VII I
VICARI FORANEI Can.
553 - §1. Il vicario foraneo, chiamato anche decano o arciprete o con altro
nome, è il sacerdote che è preposto al vicariato foraneo. §2.
A meno che il diritto particolare non stabilisca altro, il vicario foraneo è
nominato dal Vescovo diocesano, dopo aver sentito, a suo prudente giudizio, i
sacerdoti che svolgono il ministero nel vicariato in questione. Can.
554 - §1. Per l'ufficio di vicario foraneo, che non è legato all'ufficio di
parroco di una parrocchia determinata, il Vescovo scelga il sacerdote che avrà
giudicato idoneo, valutate le circostanze di luogo e di tempo. §2.
Il vicario foraneo venga nominato a tempo determinato, definito dal diritto
particolare. §3.
Il Vescovo diocesano può rimuovere liberamente, per giusta causa, secondo la
sua prudente decisione, il vicario foraneo. Can.
555 - §1. Il vicario foraneo, oltre alle facoltà che gli attribuisce
legittimamente il diritto particolare, ha il dovere e il diritto: 1 di
promuovere e coordinare l'attività pastorale comune nell'ambito del
vicariato; 2 di aver cura che i chierici del proprio distretto conducano una
vita consona al loro stato e adempiano diligentemente i loro doveri; 3 di
provvedere che le funzioni sacre siano celebrate secondo le disposizioni
della sacra liturgia, che si curi il decoro e la pulizia delle chiese e della
suppellettile sacra, soprattutto nella celebrazione eucaristica e nella
custodia del santissimo Sacramento, che i libri parrocchiali vengano redatti
accuratamente e custoditi nel debito modo, che i beni ecclesiastici siano amministrati
diligentemente; infine che la casa parrocchiale sia conservata con la debita
cura. §2.
Il vicario foraneo nell'àmbito del vicariato affidatogli: 1) si adoperi
perché i chierici, secondo le disposizioni del diritto particolare,
partecipino nei tempi stabiliti alle lezioni, ai convegni teologici o alle
conferenze a norma del can. 279, p 2; 2) abbia cura che siano disponibili
sussidi spirituali per i presbiteri del suo distretto ed abbia parimenti la
massima per i sacerdoti che si trovano in situazioni difficili o sono
angustiati da problemi. §3.
Il vicario foraneo abbia cura che i parroci del suo distretto, che egli
sappia gravemente ammalati, non manchino di aiuti spirituali e materiali e
che vengano celebrate degne esequie per coloro che muoiono; faccia anche in
modo che durante la loro malattia o dopo la loro morte, non vadano perduti o
asportati i libri, i documenti, la suppellettile sacra e ogni altra cosa che
appartiene alla chiesa. §4.
Il vicario foraneo è tenuto all'obbligo di visitare le parrocchie del suo
distretto secondo quanto avrà determinato il Vescovo diocesano. CAPITOLO
VIII I
RETTORI DELLE CHIESE E I CAPELLANI Articolo
1 - I rettori delle chiese Can.
556 - In questo contesto col nome di rettore di una chiesa si intende il sacerdote
al quale è demandata la cura di una chiesa che non è né parrocchiale, né
capitolare, né annessa alla casa di una comunità religiosa o di una società
di vita apostolica che vi celebrino le proprie funzioni. Can.
557 - §1. Il rettore di una chiesa viene nominato liberamente dal Vescovo
diocesano, a meno che a qualcuno non competa legittimamente il diritto di
elezione o di presentazione; in tal caso spetta al Vescovo diocesano
confermare o istituire il rettore. §2.
Anche se la chiesa appartiene ad un istituto clericale religioso di diritto
pontificio, spetta al Vescovo diocesano istituire il rettore presentato dal
Superiore. §3.
Il rettore di una chiesa che sia unita al seminario o ad un collegio retto da
chierici, è il rettore del seminario o del collegio, a meno che il Vescovo
diocesano non abbia stabilito altrimenti. Can.
558 - Salvo il disposto del can. 262, non è lecito al rettore compiere nella
chiesa affidatagli le funzioni parrocchiali di cui al can. 530, nn. 1-6, a
meno che non ci sia il consenso del parroco oppure, se è il caso, la sua
delega. Can.
559 - Nella chiesa affidatagli il rettore può compiere celebrazioni
liturgiche anche solenni, salve le legittime leggi di fondazione e purché, a
giudizio dell'Ordinario del luogo, non rechino danno in alcun modo al
ministero parrocchiale. Can.
560 - Quando lo ritenga opportuno, l'Ordinario del luogo può ingiungere al
rettore di celebrare nella sua chiesa determinate funzioni anche parrocchiali
per il popolo e inoltre di aprire la chiesa a determinati gruppi di fedeli
perché vi celebrino funzioni liturgiche. Can.
561 - Senza licenza del rettore o di un altro superiore legittimo, a nessuno
è lecito celebrare nella chiesa l'Eucaristia, amministrare i sacramenti o
compiere altre funzioni sacre: licenza che deve essere data o negata a norma
del diritto. Can.
562 - Il rettore di una chiesa, sotto l'autorità dell'Ordinario del luogo e
osservando i legittimi statuti e i diritti acquisiti, è tenuto all'obbligo di
vigilare che le funzioni sacre vengano celebrate nella chiesa con decoro,
secondo le norme liturgiche e le disposizioni dei canoni, che gli oneri siano
fedelmente adempiuti, che i beni siano amministrati diligentemente, che si
provveda alla conservazione e al decoro della suppellettile sacra e degli
edifici sacri, e che non vi avvenga nulla che sia in qualunque modo
sconveniente alla santità del luogo e al rispetto dovuto alla casa di Dio. Can.
563 - L'Ordinario del luogo, per giusta causa, può rimuovere dall'ufficio,
secondo la sua prudente decisione, il rettore di una chiesa, anche se è stato
eletto o presentato da altri, fermo restando il disposto del can. 682, §2. Articolo
2 - I cappellani Can.
564 - Il cappellano è il sacerdote cui viene affidata in modo stabile la cura
pastorale, almeno in parte, di una comunità o di un gruppo particolare di
fedeli, e che deve essere esercitata a norma del diritto universale e
particolare. Can.
565 - A meno che il diritto non preveda altro o a meno che a qualcuno non
spettino legittimamente diritti speciali, il cappellano viene nominato
dall'Ordinario del luogo, al quale pure compete istituire chi è stato
presentato o confermare chi è stato eletto. Can.
566 - §1. È necessario che il cappellano sia fornito di tutte le facoltà che
richiede una ordinata cura pastorale. Oltre a quelle che vengono concesse dal
diritto particolare o da una delega speciale, il cappellano, in forza
dell'ufficio, ha la facoltà di udire le confessioni dei fedeli affidati alle
sue cure, di predicare loro la parola di Dio, di amministrare loro il Viatico
e l'unzione degli infermi, nonché di conferire il sacramento della
confermazione a chi tra loro versa in pericolo di morte. §2.
Negli ospedali, nelle carceri e nei viaggi in mare il cappellano ha inoltre
la facoltà, esercitabile solo in tali luoghi, di assolvere dalle censure
latae sententiae non riservate né dichiarate, fermo restando tuttavia il
disposto del can. 976. Can.
567 - §1. L'Ordinario del luogo non proceda alla nomina del cappellano di una
casa di un istituto religioso laicale senza aver consultato il Superiore, il
quale ha il diritto, sentita la comunità, di proporre qualche sacerdote. §2.
Spetta al cappellano celebrare o dirigere le funzioni liturgiche; non gli è
lecito però ingerirsi nel governo interno dell'istituto. Can.
568 - Per quanto è possibile, siano costituiti dei cappellani per coloro che
non possono usufruire, per la loro situazione di vita, della cura ordinaria
dei parroci, come gli emigranti, gli esuli, i profughi, i nomadi, i
naviganti. Can.
569 - I cappellani militari sono retti da leggi speciali. Can.
570 - Se alla sede di una comunità o di un gruppo è annessa una chiesa non
parrocchiale, il cappellano sia rettore della chiesa stessa, a meno che la
cura della comunità o della chiesa non esiga altro. Can.
571 - Nell'esercizio del suo incarico pastorale, il cappellano mantenga il
debito rapporto con il parroco. Can.
572 - Per quanto riguarda la rimozione del cappellano, si osservi il disposto
del can. 563. PARTE TERZA GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA E LE
SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA SEZIONE
I GLI
ISTITUTI DI VITA CONSACRATA TITOLO
I NORME
COMUNI A TUTTI GLI ISTITUTI DI VITA CONSACRATA (Cann. 573 – 607) 573 Can. 573 - §1. La vita
consacrata mediante la professione dei consigli evangelici è una forma
stabile di vita con la quale i fedeli, seguendo Cristo più da vicino per
l'azione dello Spirito Santo, si danno totalmente a Dio amato sopra ogni
cosa. In tal modo, dedicandosi con nuovo e speciale titolo al suo onore, alla
edificazione della Chiesa e alla salvezza del mondo, sono in grado di tendere
alla perfezione della carità nel servizio del Regno di Dio e, divenuti nella
Chiesa segno luminoso, preannunciano la gloria celeste. §2. Negli istituti di
vita consacrata, eretti canonicamente dalla competente autorità della Chiesa,
una tale forma di vita viene liberamente assunta dai fedeli che mediante i
voti, o altri vincoli sacri a seconda delle leggi proprie degli istituti,
professano di volere osservare i consigli evangelici di castità, di povertà e
di obbedienza e per mezzo della carità, alla quale i consigli stessi
conducono, si congiungono in modo speciale alla Chiesa e al suo mistero. 574 Can. 574 - §1. Lo stato
di coloro che professano i consigli evangelici in tali istituti appartiene
alla vita e alla santità della Chiesa e deve perciò nella Chiesa essere
sostenuto e promosso da tutti. §2. A questo stato alcuni
fedeli sono da Dio chiamati con speciale vocazione, per usufruire di un dono
peculiare nella vita della Chiesa e, secondo il fine e lo spirito del proprio
istituto, giovare alla sua missione di salvezza. 575 Can. 575 - I consigli
evangelici, fondati sull'insegnamento e sugli esempi di Cristo Maestro, sono
un dono divino che la Chiesa ha ricevuto dal Signore e con la sua grazia
sempre conserva. 576 Can. 576 - Spetta alla
competente autorità della Chiesa interpretare i consigli evangelici,
regolarne la prassi con leggi, costituirne forme stabili di vita mediante
l'approvazione canonica e parimenti, per quanto le compete, curare che gli
istituti crescano e si sviluppino secondo lo spirito dei fondatori e le sane
tradizioni. 577 Can. 577 - Nella Chiesa
sono moltissimi gli istituti di vita consacrata, che hanno differenti doni
secondo la grazia che è stata loro concessa: essi infatti seguono più da
vicino Cristo che prega, che annuncia il Regno di Dio, che fa del bene agli
uomini o ne condivide la vita nel mondo, ma sempre compie la volontà del
Padre. 578 Can. 578 - L'intendimento
e i progetti dei fondatori, sanciti dalla competente autorità della Chiesa,
relativamente alla natura, al fine, allo spirito e all'indole dell'istituto,
così come le sane tradizioni, cose che costituiscono il patrimonio
dell'istituto, devono essere da tutti fedelmente custoditi. 579 Can. 579 - I Vescovi
diocesani possono, ciascuno nel proprio territorio, erigere con formale
decreto istituti di vita consacrata, purché sia stata consultata la Sede
Apostolica. 580 Can. 580 - L'aggregazione
di un istituto di vita consacrata ad un altro è riservata all'autorità
competente dell'istituto aggregante, salva sempre l'autonomia canonica
dell'istituto aggregato. 581 Can. 581 - Spetta
all'autorità competente dell'istituto a norma delle costituzioni dividere
l'istituto stesso in parti, con qualunque nome designate, erigerne di nuove,
fondere quelle già costituite o circoscriverle in modo diverso. 582 Can. 582 - Sono riservate
unicamente alla Sede Apostolica le fusioni e le unioni di istituti di vita
consacrata, come anche le confederazioni e federazioni. 583 Can. 583 - Le modifiche
negli istituti di vita consacrata, che riguardino elementi già approvati
dalla Sede Apostolica, non si possono effettuare senza il suo benestare. 584 Can. 584 - Sopprimere un
istituto spetta unicamente alla Sede Apostolica, alla quale compete pure
disporre dei beni temporali relativi. 585 Can. 585 - Spetta invece
all'autorità competente dell'istituto la soppressione di parti dell'istituto
stesso. 586 Can. 586 - §1. E'
riconosciuta ai singoli istituti una giusta autonomia di vita, specialmente
di governo, mediante la quale abbiano nella Chiesa una propria disciplina e
possano conservare integro il proprio patrimonio, di cui al can. 578. §2. E' compito degli Ordinari
dei luoghi conservare e tutelare tale autonomia. 587 Can. 587 - §1. Per
custodire più fedelmente la vocazione e l'identità dei singoli istituti il
codice fondamentale, o costituzioni, di ciascuno deve contenere, oltre a ciò
che è stabilito da osservarsi nel can. 578, le norme fondamentali relative al
governo dell'istituto e alla disciplina dei membri, alla loro incorporazione
e formazione, e anche l'oggetto proprio dei sacri vincoli. §2. Tale codice è
approvato dalla competente autorità della Chiesa e soltanto con il suo
consenso può essere modificato. §3. In tale codice siano
adeguatamente armonizzati gli elementi spirituali e quelli giuridici;
tuttavia non si moltiplichino le norme senza necessità. §4. Tutte le altre norme,
stabilite dall'autorità competente dell'istituto, siano opportunamente
raccolte in altri codici e potranno essere rivedute e adattate
convenientemente secondo le esigenze dei luoghi e dei tempi. 588 Can. 588 - §1. Lo stato di
vita consacrata, per natura sua, non è né clericale né laicale. §2. Si dice istituto
clericale quello che, secondo il fine o il progetto inteso dal fondatore,
oppure in forza di una legittima tradizione, è governato da chierici, assume
l'esercizio dell'ordine sacro e come tale viene riconosciuto dall'autorità
della Chiesa. §3. Si chiama istituto
laicale quello che, riconosciuto come tale dalla Chiesa stessa, in forza
della sua natura, dell'indole e del fine, ha un compito specifico,
determinato dal fondatore o in base ad una legittima tradizione, che non
comporta l'esercizio dell'ordine sacro. 589 Can. 589 - Un istituto di
vita consacrata si dice di diritto pontificio se è stato eretto oppure
approvato con decreto formale dalla Sede Apostolica; di diritto diocesano
invece se, eretto dal Vescovo diocesano, non ha ottenuto dalla Sede
Apostolica il decreto di approvazione. 590 Can. 590 - §1. Gli
istituti di vita consacrata, in quanto dediti in modo speciale al servizio di
Dio e di tutta la Chiesa, sono per un titolo peculiare soggetti alla suprema
autorità della Chiesa stessa. §2. I singoli membri sono
tenuti ad obbedire al Sommo Pontefice, come loro supremo Superiore, anche a
motivo del vincolo sacro di obbedienza. 591 Can. 591 - Per meglio
provvedere al bene degli istituti e alle necessità dell'apostolato il Sommo
Pontefice, in ragione del suo primato sulla Chiesa universale, può esimere
gli istituti di vita consacrata dal governo degli Ordinari del luogo e
sottoporli soltanto alla propria autorità, o ad altra autorità ecclesiastica,
in vista di un vantaggio comune. 592 Can. 592 - §1. Perché sia
più efficacemente favorita la comunione degli istituti con la Sede
Apostolica, ogni Moderatore supremo trasmetta alla medesima, nel modo e nel
tempo da questa fissati, una breve relazione sullo stato e sulla vita del
proprio istituto. §2. I Moderatori di ogni
istituto provvedano a far conoscere i documenti della Santa Sede riguardanti
i membri loro affidati, e ne curino l'osservanza. 593 Can. 593 - Fermo restando
il disposto del can. 586, gli istituti di diritto pontificio sono soggetti in
modo immediato ed esclusivo alla potestà della Sede Apostolica in quanto al
regime interno e alla disciplina. 594 Can. 594 - L'istituto di
diritto diocesano, fermo restando il can. 586, rimane sotto la speciale cura
del Vescovo diocesano. 595 Can. 595 - §1. Spetta al
Vescovo della sede principale approvare le costituzioni e confermare le
modifiche in esse legittimamente apportate, salvo ciò su cui fosse intervenuta
la Sede Apostolica, e inoltre trattare gli affari di maggiore rilievo
riguardanti l'intero istituto, quando superano l'ambito di potestà
dell'autorità interna, non senza però avere consultato gli altri Vescovi
diocesani, qualora l'istituto fosse esteso in più diocesi. §2. Il Vescovo diocesano
può concedere dispense dalle costituzioni in casi particolari. 596 Can. 596 - §1. I
Superiori e i capitoli degli istituti hanno sui membri quella potestà che è definita
dal diritto universale e dalle costituzioni. §2. Invece negli istituti
religiosi clericali di diritto pontificio essi godono inoltre della potestà
ecclesiastica di governo, tanto per il foro esterno quanto per quello
interno. §3. Alla potestà di cui
al §1 si applicano le disposizioni dei cann. 131, 133 e 137-144. 597 Can. 597 - §1. In un
istituto di vita consacrata può essere ammesso ogni cattolico che abbia retta
intenzione, che possegga le qualità richieste dal diritto universale e da
quello proprio, e non sia vincolato da impedimento alcuno. §2. Nessuno può essere
ammesso senza adeguata preparazione. 598 Can. 598 - §1. Ogni
istituto, attese l'indole e le finalità proprie, deve stabilire nelle
costituzioni il modo in cui, secondo il suo programma di vita, sono da
osservarsi i consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza. §2. Tutti i membri devono
non solo osservare integralmente e con fedeltà i consigli evangelici, ma
anche vivere secondo il diritto proprio dell'istituto, e in tal modo tendere
alla perfezione del proprio stato. 599 Can. 599 - Il consiglio
evangelico di castità assunto per il Regno dei cieli, che è segno della vita
futura e fonte di una più ricca fecondità nel cuore indiviso, comporta
l'obbligo della perfetta continenza nel celibato. 600 Can. 600 - Il consiglio
evangelico della povertà, ad imitazione di Cristo che essendo ricco si è
fatto povero per noi, oltre ad una vita povera di fatto e di spirito da
condursi in operosa sobrietà che non indulga alle ricchezze terrene, comporta
la limitazione e la dipendenza nell'usare e nel disporre dei beni, secondo il
diritto proprio dei singoli istituti. 601 Can. 601 - Il consiglio
evangelico dell'obbedienza, accolto con spirito di fede e di amore per
seguire Cristo obbediente fino alla morte, obbliga a sottomettere la volontà
ai Superiori legittimi, quali rappresentanti di Dio, quando comandano secondo
le proprie costituzioni. 602 Can. 602 - La vita
fraterna propria di ogni istituto, per la quale tutti i membri sono radunati
in Cristo come una sola peculiare famiglia, sia definita in modo da riuscire
per tutti un aiuto reciproco nel realizzare la vocazione propria di ciascuno.
I membri poi, con la comunione fraterna radicata e fondata nella carità,
siano esempio di riconciliazione universale in Cristo. 603 Can. 603 - §1. Oltre agli
istituti di vita consacrata, la Chiesa riconosce la vita eremitica o
anacoretica con la quale i fedeli, in una più rigorosa separazione dal mondo,
nel silenzio della solitudine, nella continua preghiera e penitenza, dedicano
la propria vita alla lode di Dio e alla salvezza del mondo. §2. L'eremita è
riconosciuto dal diritto come dedicato a Dio nella vita consacrata se con
voto, o con altro vincolo sacro, professa pubblicamente i tre consigli
evangelici nelle mani del Vescovo diocesano e sotto la sua guida osserva il
programma di vita che gli è propria. 604 Can. 604 - §1. A queste
forme di vita consacrata è assimilato l'ordine delle vergini le quali, emettendo
il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, dal Vescovo diocesano
sono consacrate a Dio secondo il rito liturgico approvato e, unite in
mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio, si dedicano al servizio della Chiesa. §2. Le vergini possono riunirsi
in associazioni per osservare più fedelmente il loro proposito e aiutarsi
reciprocamente nello svolgere quel servizio alla Chiesa che è confacente al
loro stato. 605 Can. 605 - L'approvazione
di nuove forme di vita consacrata è riservata unicamente alla Sede
Apostolica. I Vescovi diocesani però si adoperino per discernere i nuovi doni
di vita consacrata che lo Spirito Santo affida alla Chiesa e aiutino coloro
che li promuovono, perché ne esprimano le finalità nel modo migliore e le
tutelino con statuti adatti, utilizzando soprattutto le norme generali
contenute in questa parte. 606 Can. 606 - Quanto si
stabilisce per gli istituti di vita consacrata e per i loro membri vale a
pari diritto per l'uno e per l'altro sesso, a meno che non risulti altrimenti
dal contesto o dalla natura delle cose. 607 Can. 607 - §1. La vita
religiosa, in quanto consacrazione di tutta la persona, manifesta nella
Chiesa il mirabile connubio istituito da Dio, segno della vita futura. In tal
modo il religioso porta a compimento la sua totale donazione come sacrificio
offerto a Dio, e con questo l'intera sua esistenza diviene un ininterrotto
culto a Dio nella carità. §2. L'istituto religioso
è una società i cui membri, secondo il diritto proprio, emettono i voti
pubblici, perpetui oppure temporanei da rinnovarsi alla scadenza, e conducono
vita fraterna in comunità. §3. La testimonianza
pubblica che i religiosi sono tenuti a rendere a Cristo e alla Chiesa
comporta quella separazione dal mondo che è propria dell'indole e delle
finalità di ciascun istituto. TITOLO
II GLI
ISTITUTI RELIGIOSI (Cann. 608 – 709) CAPITOLO I
CASE RELIGIOSE: EREZIONE E
SOPPRESSIONE
608 Can. 608 - La comunità
religiosa deve abitare in una casa legittimamente costituita, sotto
l'autorità di un Superiore designato a norma del diritto. Le singole case
devono avere almeno un oratorio, in cui si celebri e si conservi
l'Eucaristia, in modo che sia veramente il centro della comunità. 609 Can. 609 - §1. Le case di
un istituto religioso vengono erette dall'autorità competente secondo le
costituzioni, previo consenso scritto del Vescovo diocesano. §2. Per l'erezione di un
monastero di monache si richiede inoltre il benestare della Sede Apostolica. 610 Can. 610 - §1. L'erezione
di case si compie tenuta presente l'utilità della Chiesa e dell'istituto e
assicurate le condizioni necessarie per garantire ai membri la possibilità di
condurre regolarmente la vita religiosa secondo le finalità e lo spirito
propri dell'istituto. §2. Non si proceda
all'erezione di una casa se prudentemente non si ritiene possibile provvedere
in modo adeguato alle necessità dei membri. 611 Can. 611 - Il consenso
del Vescovo diocesano per l'erezione di una casa religiosa implica il
diritto: 1) di condurre una vita conforme all'indole propria dell'istituto e
alle sue specifiche finalità; 2) di esercitare le opere proprie
dell'istituto, a norma del diritto, salve restando le condizioni apposte
nell'atto del consenso; 3) per gli istituti clericali, di avere una chiesa,
salvo il disposto del can. 1215, §3, e di esercitarvi il ministero sacro,
osservate le disposizioni del diritto. 612 Can. 612 - Per destinare
una casa religiosa ad opere apostoliche differenti da quelle per cui fu
costituita si richiede il consenso del Vescovo diocesano; questo non è
necessario se si tratta di un cambiamento che, salve sempre le leggi di
fondazione, si riferisce solamente al regime interno e alla disciplina. 613 Can. 613 - §1. Una casa
religiosa di canonici regolari o di monaci, sotto il governo e la cura del
proprio Moderatore, è di per sé una casa sui iuris, a meno che le
costituzioni non dicano altrimenti. §2. Il Moderatore di una
casa sui iuris è, per diritto, Superiore maggiore. 614 Can. 614 - I monasteri di
monache associati a un istituto maschile mantengono il proprio ordinamento e
il proprio governo, secondo le costituzioni. I reciproci diritti ed obblighi
siano determinati in modo che l'associazione possa giovare al bene
spirituale. 615 Can. 615 - Quando un monastero
sui iuris non ha, oltre al proprio Moderatore, un altro Superiore maggiore e
non è associato a un istituto di religiosi in modo che il Superiore di questo
abbia su quel monastero una vera potestà definita dalle costituzioni, tale
monastero è affidato alla peculiare vigilanza del Vescovo diocesano a norma
del diritto. 616 Can. 616 - §1. Una casa
religiosa eretta legittimamente può essere soppressa dal Moderatore supremo a
norma delle costituzioni, dopo avere consultato il Vescovo diocesano. Per i
beni della casa soppressa deve provvedere il diritto proprio dell'istituto,
nel rispetto della volontà dei fondatori o donatori e dei diritti
legittimamente acquisiti. §2. La soppressione
dell'unica casa di un istituto è di competenza della Santa Sede, alla quale è
pure riservato di disporre dei beni relativi. §3. La soppressione di
una casa sui iuris, di cui al can. 613, spetta al capitolo generale, a meno
che le costituzioni non stabiliscano altrimenti. §4. La soppressione di un
monastero sui iuris di monache spetta alla Sede Apostolica, osservato, per
quanto riguarda i beni materiali, il disposto delle costituzioni. CAPITOLO II
IL GOVERNO DEGLI ISTITUTI
Art. 1: Superiori e consigli 617 Can. 617 - I Superiori adempiano
il proprio incarico ed esercitino la propria potestà a norma del diritto
universale e di quello proprio. 618 Can. 618 - I Superiori
esercitino in spirito di servizio quella potestà che hanno ricevuto da Dio
mediante il ministero della Chiesa. Docili perciò alla volontà di Dio
nell'adempimento del proprio incarico, reggano i sudditi quali figli di Dio,
e suscitando la loro volontaria obbedienza nel rispetto della persona umana,
li ascoltino volentieri e promuovano altresì la loro concorde collaborazione
per il bene dell'istituto e della Chiesa, ferma restando l'autorità loro
propria di decidere e di comandare ciò che va fatto. 619 Can. 619 - I Superiori
attendano sollecitamente al proprio ufficio e insieme con i religiosi loro
affidati si adoperino per costruire in Cristo una comunità fraterna nella
quale si ricerchi Dio e lo si ami sopra ogni cosa. Diano perciò essi stessi
con frequenza ai religiosi il nutrimento della parola di Dio e li indirizzino
alla celebrazione della sacra liturgia. Siano loro di esempio nel coltivare
le virtù e nell'osservare le leggi e le tradizioni del proprio istituto;
provvedano in modo conveniente a quanto loro personalmente occorre; visitino
gli ammalati procurando loro con sollecitudine le cure necessarie, riprendano
gli irrequieti, confortino i timidi, con tutti siano pazienti. 620 Can. 620 - Sono Superiori
maggiori quelli che governano l'intero istituto, o una sua provincia, o una
parte dell'istituto ad essa equiparata, o una casa sui iuris, e parimenti i
loro rispettivi vicari. A questi si aggiungano l'Abate Primate e il Superiore
di una congregazione monastica, i quali tuttavia non hanno tutta la potestà
che il diritto universale attribuisce ai Superiori maggiori. 621 Can. 621 - Col nome di
provincia si designa l'unione di più case che costituisce una parte immediata
dell'istituto sotto il medesimo Superiore, ed è canonicamente eretta dalla
legittima autorità. 622 Can. 622 - Il Moderatore
supremo ha potestà, da esercitare secondo il diritto proprio, su tutte le
province dell'istituto, su tutte le case e su tutti i membri; gli altri
Superiori godono di quella potestà nell'ambito del proprio incarico. 623 Can. 623 - Per essere
validamente nominati o eletti all'ufficio di Superiore si richiede un periodo
adeguato di tempo dopo la professione perpetua o definitiva, da determinarsi
dal diritto proprio o, trattandosi di Superiori maggiori, dalle costituzioni. 624 Can. 624 - §1. I
Superiori devono essere costituiti per un periodo di tempo determinato e conveniente
secondo la natura e le esigenze dell'istituto, a meno che le costituzioni non
dispongano diversamente per il Moderatore supremo e per i Superiori delle
case sui iuris. §2. Il diritto proprio
provveda con norme opportune che i Superiori costituiti a tempo determinato
non rimangano troppo a lungo in uffici di governo senza interruzione. §3. Tuttavia durante il
loro incarico possono essere rimossi dal loro ufficio o trasferiti ad un
altro, per ragioni stabilite dal diritto proprio. 625 Can. 625 - §1. Il
Moderatore supremo dell'istituto sia designato mediante elezione canonica a
norma delle costituzioni. §2. Alle elezioni del
Superiore di un monastero sui iuris, di cui al can. 615, e del Moderatore
supremo di un istituto di diritto diocesano presiede il Vescovo della sede
principale. §3. Gli altri Superiori
siano costituiti a norma delle costituzioni, in modo però che se vengono
eletti necessitino della conferma del Superiore maggiore competente; se poi
vengono nominati dal Superiore, si premetta una opportuna consultazione. 626 Can. 626 - I Superiori
nel conferire uffici e i membri nelle elezioni osservino le norme del diritto
universale e del diritto proprio, si astengano da qualunque abuso o
preferenza di persone e, null'altro avendo di mira che Dio e il bene
dell'istituto, nominino o eleggano le persone che nel Signore riconoscono
veramente degne e adatte. Inoltre nelle elezioni rifuggano dal procurare in
qualunque modo voti per sé o per altri, direttamente o indirettamente. 627 Can. 627 - §1. I
Superiori abbiano il proprio consiglio a norma delle costituzioni e
nell'esercizio del proprio ufficio siano tenuti a valersi della sua opera. §2. Oltre ai casi
stabiliti dal diritto universale, il diritto proprio determini i casi in cui
per procedere validamente è richiesto il consenso oppure il consiglio, a
norma del can. 127. 628 Can. 628 - §1. I
Superiori designati a tale incarico dal diritto proprio dell'istituto
visitino con la frequenza stabilita le case e i religiosi loro affidati,
attenendosi alle norme dello stesso diritto proprio. §2. E' diritto e dovere
del Vescovo diocesano visitare, anche per quanto riguarda la disciplina
religiosa: 1) i monasteri sui iuris, di cui al can. 615; 2) le singole case
di un istituto di diritto diocesano che sono nel suo territorio. §3. I religiosi si
comportino con fiducia nei confronti del visitatore e rispondano secondo
verità nella carità alle domande da lui legittimamente poste; a nessuno poi è
lecito distogliere in alcun modo i religiosi da un tale obbligo, né impedire
altrimenti lo scopo della visita. 629 Can. 629 - I Superiori
risiedano ciascuno nella propria casa, e non se ne allontanino se non a norma
del diritto proprio. 630 Can. 630 - §1. I Superiori
riconoscano ai religiosi la dovuta libertà per quanto riguarda il sacramento
della penitenza e la direzione della coscienza, salva naturalmente la
disciplina dell'istituto. §2. I Superiori
provvedano con premura, a norma del diritto proprio, che i religiosi abbiano
disponibilità di confessori idonei, ai quali possano confessarsi con
frequenza. §3. Nei monasteri di
monache, nelle case di formazione e nelle comunità più numerose degli
istituti laicali vi siano, d'intesa con la comunità interessata, confessori
ordinari approvati dall'Ordinario del luogo, senza tuttavia alcun obbligo di
presentarsi a loro. §4. I Superiori non
ascoltino le confessioni dei propri sudditi, a meno che questi non lo
richiedano spontaneamente. §5. I religiosi si
rivolgano con fiducia ai Superiori, ai quali possono palesare l'animo proprio
con spontanea libertà. E' però vietato ai Superiori indurli in qualunque modo
a manifestare loro la propria coscienza. Art. 2: I capitoli 631 Can. 631 - §1. Il
capitolo generale, che ha nell'istituto la suprema autorità a norma delle
costituzioni, deve essere composto in modo da rappresentare l'intero
istituto, per risultare vero segno della sua unità nella carità. Al capitolo
compete soprattutto: tutelare il patrimonio dell'istituto di cui al can. 578
e promuovere un adeguato rinnovamento che ad esso si armonizzi; eleggere il
Moderatore supremo, trattare gli affari di maggiore importanza e inoltre
emanare norme, che tutti sono tenuti ad osservare. §2. La composizione e
l'ambito di potestà del capitolo siano definiti dalle costituzioni; il
diritto proprio deve inoltre determinare il regolamento da osservarsi nella
celebrazione del capitolo, specialmente per quanto riguarda le elezioni e la
procedura dei lavori. §3. Secondo le norme stabilite
dal diritto proprio, non solo le province e le comunità locali, ma anche
qualunque religioso può liberamente far pervenire al capitolo generale i
propri desideri e proposte. 632 Can. 632 - Il diritto
proprio determini con esattezza quanto riguarda gli altri capitoli
dell'istituto e altre assemblee simili, cioè la loro natura e autorità, la
composizione, il modo di procedere e il tempo della celebrazione. 633 Can. 633 - §1. Gli
organismi di partecipazione o di consultazione adempiano fedelmente la
funzione loro affidata a norma del diritto universale e proprio, ed esprimano
nel modo loro proprio la sollecitudine e la partecipazione di tutti i membri
in vista del bene dell'intero istituto o della comunità. §2. Nell'istituire e nel
servirsi di questi mezzi di partecipazione e di consultazione si proceda con
saggia discrezione e il loro modo di agire sia conforme all'indole e alle
finalità dell'istituto. Art. 3: I beni temporali e la loro amministrazione 634 Can. 634 - §1. Gli
istituti, le province e le case, in quanto persone giuridiche per il diritto
stesso, hanno la capacità di acquistare, di possedere, di amministrare e
alienare beni temporali, a meno che tale capacità non venga esclusa o ridotta
dalle costituzioni. §2. Evitino tuttavia ogni
forma di lusso, di eccessivo guadagno e di accumulazione di beni. 635 Can. 635 - §1. I beni
temporali degli istituti religiosi, in quanto beni ecclesiastici, sono retti
dalle disposizioni del Libro V, I beni temporali della Chiesa, a meno che non
sia espressamente disposto altro. §2. Tuttavia ogni
istituto stabilisca opportune norme circa l'uso e l'amministrazione dei beni,
perché sia in tal modo favorita, tutelata e manifestata la povertà che gli è
propria. 636 Can. 636 - §1. In ogni istituto,
e parimenti in ogni provincia retta da un Superiore maggiore, ci sia
l'economo, costituito a norma del diritto proprio e distinto dal Superiore
maggiore, per amministrare i beni sotto la direzione del rispettivo
Superiore. Anche nelle comunità locali
si istituisca, per quanto è possibile, un economo distinto dal Superiore
locale. §2. Nel tempo e nel modo
stabiliti dal diritto proprio gli economi e gli altri amministratori
presentino all'autorità competente il rendiconto dell'amministrazione da loro
condotta. 637 Can. 637 - I monasteri
sui iuris, di cui al can. 615, devono presentare una volta all'anno il
rendiconto della loro amministrazione all'Ordinario del luogo; questi ha
inoltre il diritto di prendere visione della conduzione degli affari
economici della casa religiosa di diritto diocesano. 638 Can. 638 - §1. Spetta al
diritto proprio determinare, entro l'ambito del diritto universale, quali
sono gli atti che eccedono il limite e le modalità dell'amministrazione
ordinaria, e stabilire ciò che è necessario per porre validamente gli atti di
amministrazione straordinaria. §2. Le spese e gli atti
giuridici di amministrazione ordinaria sono posti validamente, oltre che dai
Superiori, anche dagli officiali a ciò designati dal diritto proprio, nei
limiti del loro ufficio. §3. Per la validità
dell'alienazione, e di qualunque negozio da cui la situazione patrimoniale
della persona giuridica potrebbe subire detrimento, si richiede la licenza
scritta rilasciata dal Superiore competente con il consenso del suo
consiglio. Se però si tratta di negozio che supera la somma fissata dalla
Santa Sede per le singole regioni, come pure di donazioni votive fatte alla
Chiesa, o di cose preziose per valore artistico o storico, si richiede
inoltre la licenza della Santa Sede stessa. §4. Per i monasteri sui
iuris, di cui al can. 615, e per gli istituti di diritto diocesano, è
necessario anche il consenso scritto dell'Ordinario del luogo. 639 Can. 639 - §1. Se una
persona giuridica ha contratto debiti e oneri, anche con licenza dei
Superiori, è tenuta a risponderne in proprio. §2. Se un religioso con
licenza del Superiore ha contratto debiti e oneri sui beni propri, ne deve
rispondere personalmente; se invece per mandato del Superiore ha concluso
affari dell'istituto, è l'istituto che ne deve rispondere. §3. Se un religioso li ha
contratti senza alcuna licenza del Superiore, è lui stesso, e non la persona
giuridica, a doverne rispondere. §4. Rimanga fermo
tuttavia che si può sempre intentare un'azione contro colui il cui patrimonio
si è in qualche misura avvantaggiato in seguito a quel contratto. §5. I Superiori religiosi
si astengano dall'autorizzare a contrarre debiti, a meno che non consti con
certezza che l'interesse del debito si potrà coprire con le rendite
ordinarie, e che l'intero capitale si potrà restituire entro un tempo non
troppo lungo con una legittima ammortizzazione. 640 Can. 640 - Gli istituti,
tenuto conto dei singoli luoghi, si adoperino per dare una testimonianza in
certo modo collettiva di carità e di povertà e, nella misura delle proprie
disponibilità, destinino qualcosa dei propri beni per le necessità della
Chiesa e per contribuire a soccorrere i bisognosi. CAPITOLO III
AMMISSIONE DEI CANDIDATI E
FORMAZIONE DEI MEMBRI
Art. 1: Ammissione al noviziato 641 Can. 641 - Il diritto di
ammettere i candidati al noviziato spetta ai Superiori maggiori a norma del
diritto proprio. 642 Can. 642 - I Superiori
ammettano con la più attenta cura soltanto coloro che, oltre all'età
richiesta, abbiano salute, indole adatta e la maturità sufficiente per
assumere il genere di vita proprio dell'istituto; la salute, l'indole e la
maturità siano anche verificati, all'occorrenza, da esperti, fermo restando
il disposto del can. 220. 643 Can. 643 - §1. E' ammesso
invalidamente al noviziato: 1) chi non ha ancora compiuto 17 anni di età; 2)
chi è sposato, durante il matrimonio; 3) chi è attualmente legato con un
vincolo sacro a qualche istituto di vita consacrata o è stato incorporato in
una società di vita apostolica, salvo il disposto del can. 684; 4) chi entra
nell'istituto indotto da violenza, da grave timore o da inganno, e chi è
accettato da un Superiore costretto allo stesso modo; 5) chi ha nascosto di
essere stato incorporato in un istituto di vita consacrata o in una società
di vita apostolica. §2. Il diritto proprio
può stabilire altri impedimenti o apporre condizioni, anche per la validità
dell'ammissione. 644 Can. 644 - I Superiori
non ammettano al noviziato chierici secolari senza consultare il loro proprio
Ordinario, né persone gravate di debiti e incapaci di estinguerli. 645 Can. 645 - §1. I
candidati, prima di essere ammessi al noviziato, devono produrre un attestato
di battesimo, di confermazione e di stato libero. §2. Se si tratta di
ammettere chierici, o persone che furono ammesse in un altro istituto di vita
consacrata, o in una società di vita apostolica o in seminario, si richiede
inoltre l'attestato rilasciato rispettivamente dall'Ordinario del luogo, o
dal Superiore maggiore dell'istituto o della società, oppure dal rettore del
seminario. §3. Il diritto proprio
può esigere altri documenti circa l'idoneità richiesta per i candidati e
l'immunità da impedimenti. §4. I Superiori, se loro
pare necessario, possono chiedere altre informazioni, anche sotto segreto. Art. 2: Il noviziato e la formazione dei novizi 646 Can. 646 - Il noviziato,
con il quale si inizia la vita nell'istituto, è ordinato a far sì che i novizi
possano prendere meglio coscienza della vocazione divina, quale è propria
dell'istituto, sperimentarne lo stile di vita, formarsi mente e cuore secondo
il suo spirito; e al tempo stesso siano verificate le loro intenzioni e la
loro idoneità. 647 Can. 647 - §1. L'erezione
della casa di noviziato, la sua soppressione o il trasferimento della sede
siano fatti mediante un decreto scritto del Moderatore supremo con il
consenso del suo consiglio. §2. Il noviziato per
essere valido deve essere compiuto in una casa regolarmente designata allo
scopo. In casi particolari, e a modo di eccezione, su concessione del
Moderatore supremo con il consenso del suo consiglio, un candidato può fare
il noviziato in un'altra casa dell'istituto sotto la guida di un religioso
provato, che faccia le veci del maestro dei novizi. §3. Il Superiore maggiore
può permettere che il gruppo dei novizi, per determinati periodi di tempo,
dimori in un'altra casa dell'istituto, da lui stesso designata. 648 Can. 648 - §1. Per essere
valido il noviziato deve comprendere dodici mesi, da trascorrere nella stessa
comunità del noviziato, fermo restando il disposto del can. 647, §3. §2. Per integrare la
formazione dei novizi le costituzioni possono stabilire, oltre al tempo di
cui al §1, uno o più periodi di esercitazioni apostoliche, da compiersi fuori
dalla comunità del noviziato. §3. Il noviziato non sia
prolungato oltre i due anni. 649 Can. 649 - §1. Salvo il
disposto dei cann. 647, §3 e 648, §2, una assenza dalla casa del noviziato
che superi i tre mesi, continui o discontinui, rende invalido il noviziato.
Una assenza che superi i quindici giorni deve essere ricuperata. §2. Con il permesso del
Superiore maggiore competente la prima professione può essere anticipata, non
oltre quindici giorni. 650 Can. 650 - §1. Lo scopo
del noviziato esige che i novizi siano formati sotto la direzione del
maestro, secondo un regolamento di formazione, da determinarsi dal diritto
proprio. §2. La direzione dei
novizi, sotto l'autorità dei Superiori maggiori, è riservata unicamente al
maestro. 651 Can. 651 - §1. Il maestro
dei novizi deve essere un membro dell'istituto che abbia emesso i voti
perpetui e sia stato legittimamente designato. §2. Al maestro si possono
assegnare, quando occorre, degli aiutanti i quali devono a lui sottostare per
quanto riguarda la direzione del noviziato e il regolamento della formazione. §3. Alla formazione dei
novizi devono essere preposti religiosi accuratamente preparati i quali,
senza essere distolti da altri impegni, possano assolvere il loro compito in
modo efficace e stabile. 652 Can. 652 - §1. Spetta al
maestro e ai suoi aiutanti discernere e verificare la vocazione dei novizi e
gradatamente formarli a vivere la vita di perfezione secondo le norme proprie
dell'istituto. §2. I novizi devono
essere aiutati a coltivare le virtù umane e cristiane; introdotti in un più
impegnativo cammino di perfezione mediante l'orazione e il rinnegamento di
sé; guidati alla contemplazione del mistero della salvezza e alla lettura e
meditazione delle sacre Scritture; preparati a rendere culto a Dio nella
sacra liturgia; formati alle esigenze della vita consacrata a Dio e agli
uomini in Cristo attraverso la pratica dei consigli evangelici; informati
infine sull'indole e lo spirito, le finalità e la disciplina, la storia e la
vita dell'istituto, ed educati all'amore verso la Chiesa e i suoi sacri
Pastori. §3. I novizi, consapevoli
della propria responsabilità, si impegnino ad una attiva collaborazione con
il proprio maestro per poter rispondere fedelmente alla grazia della
vocazione divina. §4. I membri
dell'istituto si adoperino nel cooperare alla formazione dei novizi, per la
parte che loro spetta, con l'esempio della vita e con la preghiera. §5. Il tempo di
noviziato, di cui al can. 648, §1, sia dedicato all'opera di formazione vera
e propria; perciò i novizi non siano occupati in studi o incarichi non
direttamente finalizzati a tale formazione. 653 Can. 653 - §1. Il novizio
può liberamente lasciare l'istituto, e d'altra parte l'autorità competente
dell'istituto può dimetterlo. §2. Compiuto il
noviziato, se il novizio viene giudicato idoneo, sia ammesso alla professione
temporanea, altrimenti sia dimesso; se rimane qualche dubbio sulla sua
idoneità il Superiore maggiore può prolungare il periodo di prova a norma del
diritto proprio, ma non oltre sei mesi. Art. 3: La professione religiosa 654 Can. 654 - Con la
professione religiosa i membri assumono con voto pubblico l'obbligo di
osservare i tre consigli evangelici, sono consacrati a Dio mediante il
ministero della Chiesa e vengono incorporati all'istituto con i diritti e i
doveri definiti giuridicamente. 655 Can. 655 - La professione
temporanea venga emessa per un periodo di tempo, determinato dal diritto
proprio, che non deve essere inferiore a tre anni, né superiore a sei. 656 Can. 656 - Per la
validità della professione temporanea si richiede che: 1) chi la vuole
emettere abbia compiuto almeno 18 anni di età; 2) il noviziato sia stato
portato a termine validamente; 3) ci sia l'ammissione, fatta liberamente da
parte del Superiore competente, con il voto del suo consiglio a norma del
diritto; 4) la professione sia espressa, e venga emessa senza che ci sia
violenza, timore grave o inganno; 5) sia ricevuta dal legittimo Superiore,
personalmente o per mezzo di un altro. 657 Can. 657 - §1. Allo
scadere del tempo per il quale fu emessa la professione il religioso che lo
richiede spontaneamente ed e ritenuto idoneo sia ammesso alla rinnovazione
della professione o alla professione perpetua; altrimenti deve lasciare
l'istituto. §2. Se però pare
opportuno, il tempo della professione temporanea può essere prolungato dal
Superiore competente secondo il diritto proprio, facendo tuttavia in modo che
il periodo in cui il religioso è vincolato dai voti temporanei non superi
complessivamente la durata di nove anni. §3. La professione
perpetua può essere anticipata per giusta causa, ma non oltre un trimestre. 658 Can. 658 - Oltre alle
condizioni di cui al can. 656, nn. 3, 4 e 5 e alle altre apposte dal diritto
proprio, per la validità della professione perpetua si richiedono: 1) almeno
21 anni compiuti; 2) la previa professione temporanea di almeno tre anni,
salvo il disposto del can. 657, §3. Art. 4: La formazione dei religiosi 659 Can. 659 - §1. In ogni
istituto, dopo la prima professione, si continui la formazione di tutti i
membri perché possano condurre più integralmente la vita propria dell'istituto
e rendersi meglio idonei a realizzarne la missione. §2. Pertanto il diritto
proprio deve stabilire il regolamento e la durata di questa formazione,
tenendo presenti le necessità della Chiesa e le condizioni delle persone e
dei tempi, secondo quanto esigono le finalità e l'indole dell'istituto. §3. La formazione dei
membri che si preparano a ricevere gli ordini sacri è regolata dal diritto
universale e dal "piano degli studi" proprio dell'istituto. 660 Can. 660 - §1. La
formazione deve essere sistematica, adeguata alla recettività dei membri,
spirituale e apostolica, dottrinale e insieme pratica, e portare anche al
conseguimento dei titoli convenienti, sia ecclesiastici sia civili, secondo
l'opportunità. §2. Durante il periodo di
questa formazione non si affidino ai religiosi compiti e opere che ne
ostacolino l'attuazione. 661 Can. 661 - Per tutta la
vita i religiosi proseguano assiduamente la propria formazione spirituale,
dottrinale e pratica; i Superiori ne procurino loro i mezzi e il tempo. CAPITOLO IV
OBBLIGHI E DIRITTI DEGLI
ISTITUTI E DEI LORO MEMBRI
662 Can. 662 - I religiosi
abbiano come suprema regola di vita la sequela di Cristo proposta dal Vangelo
ed espressa nelle costituzioni del proprio istituto. 663 Can. 663 - §1. Primo e
particolare dovere di tutti i religiosi deve essere la contemplazione delle
realtà divine e la costante unione con Dio nell'orazione. §2. I religiosi facciano
tutto il possibile per partecipare ogni giorno al Sacrificio eucaristico,
ricevano il Corpo santissimo di Cristo e adorino lo stesso Signore presente
nel Sacramento. §3. Attendano alla
lettura della sacra Scrittura e all'orazione mentale, alla dignitosa
celebrazione della liturgia delle ore secondo le disposizioni del diritto
proprio, e compiano gli altri esercizi di pietà, fermo restando per i
chierici l'obbligo di cui al can. 276, §2, n. 3. §4. Onorino con culto
speciale, anche con la pratica del rosario mariano, la Vergine Madre di Dio,
modello e patrona di ogni vita consacrata. §5. Osservino fedelmente
i tempi annuali di sacro ritiro. 664 Can. 664 - I religiosi
siano perseveranti nella conversione dell'animo a Dio, attendano anche
all'esame quotidiano di coscienza e si accostino con frequenza al sacramento
della penitenza. 665 Can. 665 - §1. I
religiosi devono abitare nella propria casa religiosa osservando la vita
comune e non possono assentarsene senza licenza del Superiore. Se poi si
tratta di una assenza prolungata, il Superiore maggiore, col consenso del suo
consiglio e per giusta causa, può concedere a un religioso di vivere fuori
della casa dell'istituto, ma per non più di un anno, a meno che ciò non sia
per motivi di salute, di studio o di apostolato da svolgere a nome
dell'istituto. §2. Il religioso che si
allontana illegittimamente dalla casa religiosa, con l'intenzione di
sottrarsi alla potestà dei Superiori, deve essere da questi sollecitamente
ricercato e aiutato, perché ritorni e perseveri nella propria vocazione. 666 Can. 666 - Nel fare uso
dei mezzi di comunicazione sociale si osservi la necessaria discrezione e si
eviti tutto quanto può nuocere alla propria vocazione e mettere in pericolo
la castità di una persona consacrata. 667 Can. 667 - §1. In ogni
casa si osservi la clausura adeguata all'indole e alla missione
dell'istituto, secondo le determinazioni del diritto proprio, facendo in modo
che ci sia sempre una parte della casa riservata esclusivamente ai religiosi. §2. Nei monasteri di vita
contemplativa si dovrà osservare una più rigorosa disciplina di clausura. §3. I monasteri di
monache interamente dedite alla vita contemplativa devono osservare la
clausura papale, cioè conforme alle norme date dalla Sede Apostolica. Tutti
gli altri monasteri di monache osservino la clausura adatta all'indole propria
e definita dalle costituzioni. §4. Il Vescovo diocesano
ha la facoltà di entrare, per giusta causa, nella clausura dei monasteri di
monache situati nella sua diocesi e può anche permettere, per causa grave e
col consenso della Superiora, che altri siano ammessi nella clausura e che le
monache stesse ne escano per il tempo strettamente necessario. 668 Can. 668 - §1. Avanti la
prima professione i membri cedano l'amministrazione dei propri beni a chi
preferiscono e, se le costituzioni non stabiliscono altrimenti, liberamente
dispongano del loro uso e usufrutto. Essi devono inoltre, almeno prima della
professione perpetua, redigere il testamento, che risulti valido anche
secondo il diritto civile. §2. Per modificare queste
disposizioni per giusta causa, come anche per porre qualunque atto relativo
ai beni temporali, devono avere la licenza del Superiore competente a norma
del diritto proprio. §3. Tutto ciò che un
religioso acquista con la propria industria o a motivo dell'istituto, rimane
acquisito per l'istituto stesso. Ciò che riceve come pensione, sussidio, assicurazione, a
qualunque titolo, rimane acquisito dall'istituto, a meno che il diritto
proprio non disponga diversamente. §4. Chi per la natura
dell'istituto deve compiere la rinuncia radicale ai suoi beni la rediga,
possibilmente in forma valida anche secondo il diritto civile, prima della
professione perpetua, con valore decorrente dal giorno della professione
stessa. Ugualmente proceda il
professo di voti perpetui che a norma del diritto proprio volesse rinunciare
a tutti i suoi beni o a parte di essi, con licenza del Moderatore supremo. §5. Il professo che per
la natura dell'istituto ha compiuto la rinuncia radicale ai suoi beni perde
la capacità di acquistare e di possedere, di conseguenza pone invalidamente
ogni atto contrario al voto di povertà. I beni che ricevesse dopo tale
rinuncia toccheranno all'istituto, a norma del diritto proprio. 669 Can. 669 - §1. I
religiosi portino l'abito dell'istituto, fatto a norma del diritto proprio, quale
segno della loro consacrazione e testimonianza di povertà. §2. I religiosi chierici
di un istituto che non ha abito proprio adotteranno l'abito clericale a norma
del can. 284. 670 Can. 670 - L'istituto ha
il dovere di procurare ai suoi membri quanto, a norma delle costituzioni, è
necessario per realizzare il fine della propria vocazione. 671 Can. 671 - Il religioso
non si assuma incarichi o uffici fuori del proprio istituto senza la licenza
del legittimo Superiore. 672 Can. 672 - I religiosi
sono obbligati dalle disposizioni dei cann. 277, 285, 286, 287 e 289, e i
religiosi chierici inoltre dalle disposizioni del can. 279, §2; negli
istituti laicali di diritto pontificio, la licenza di cui al can. 285, §4,
può essere concessa dal proprio Superiore maggiore. CAPITOLO V
L'APOSTOLATO DEGLI ISTITUTI
673 Can. 673 - L'apostolato
di tutti i religiosi consiste in primo luogo nella testimonianza della loro
vita consacrata, che essi sono tenuti ad alimentare con l'orazione e con la
penitenza. 674 Can. 674 - Gli istituti
interamente dediti alla contemplazione occupano sempre un posto eminente nel
Corpo mistico di Cristo: essi infatti offrono a Dio un eccelso sacrificio di
lode, arricchiscono il popolo di Dio con i frutti preziosi della santità, mentre
con il proprio esempio lo stimolano e con una misteriosa fecondità apostolica
lo estendono. Perciò, per quanto urgente sia la necessità dell'apostolato
attivo, i membri di tali istituti non possono essere chiamati a prestare
l'aiuto della loro opera nei diversi ministeri pastorali. 675 Can. 675 - §1. Negli
istituti dediti all'apostolato l'azione apostolica appartiene alla loro
stessa natura. Perciò l'intera vita dei membri sia permeata di spirito
apostolico, e d'altra parte tutta l'azione apostolica sia animata dallo
spirito religioso. §2. L'azione apostolica
deve sempre sgorgare dall'intima unione con Dio, e al tempo stesso
consolidarla e favorirla. §3. L'azione apostolica,
da esercitarsi a nome della Chiesa e per suo mandato, sia condotta nella comunione
con la Chiesa. 676 Can. 676 - Gli istituti
laicali maschili e femminili attraverso le opere di misericordia spirituale e
corporale partecipano della funzione pastorale della Chiesa e prestano agli
uomini i più svariati servizi; essi perciò perseverino fedelmente nella
grazia della propria vocazione. 677 Can. 677 - §1. I
Superiori e i membri mantengano con fedeltà la missione e le opere proprie
dell'istituto; tuttavia le adattino con prudenza alle necessità dei tempi e
dei luoghi, adottando anche mezzi nuovi e convenienti. §2. Gli istituti poi ai
quali sono unite associazioni di fedeli si adoperino con particolare
sollecitudine perché queste siano permeate del genuino spirito della loro
famiglia religiosa. 678 Can. 678 - §1. I
religiosi sono soggetti alla potestà dei Vescovi, ai quali devono rispetto
devoto e riverenza, in ciò che riguarda la cura delle anime, l'esercizio
pubblico del culto divino e le altre opere di apostolato. §2. Nell'esercizio
dell'apostolato esterno i religiosi sono soggetti anche ai propri Superiori e
devono mantenersi fedeli alla disciplina dell'istituto; i Vescovi stessi non
tralascino di urgere, quando occorre, un tale obbligo. §3. Nell'organizzare le
attività apostoliche dei religiosi è necessario che i Vescovi diocesani e i
Superiori religiosi procedano su un piano di reciproca intesa. 679 Can. 679 - Il Vescovo
diocesano, per una causa molto grave e urgente, può proibire ad un membro di
istituto religioso di dimorare nella sua diocesi qualora il Superiore maggiore,
avvisato, trascurasse di provvedere in merito; in tal caso la questione deve
essere subito deferita alla Santa Sede. 680 Can. 680 - Tra i diversi
istituti, e anche tra questi e il clero secolare, si favorisca una ordinata
collaborazione, nonché il coordinamento di tutte le opere e attività
apostoliche sotto la guida del Vescovo diocesano, avuto riguardo all'indole e
alle finalità dei singoli istituti, come pure alle leggi di fondazione. 681 Can. 681 - §1. Le opere
che dal Vescovo diocesano vengono affidate ai religiosi sono soggette
all'autorità e alla direzione del Vescovo stesso, fermo restando il diritto
dei Superiori religiosi a norma del can. 678, §2 e §3. §2. In tali casi si
stipuli una convenzione scritta tra il Vescovo diocesano e il Superiore
competente dell'istituto, nella quale fra l'altro sia definito espressamente
e con esattezza ogni particolare relativo all'opera da svolgere, ai religiosi
che vi si devono impegnare e all'aspetto economico. 682 Can. 682 - §1. Se si
tratta di conferire un ufficio ecclesiastico in diocesi a un religioso, la
nomina viene fatta dal Vescovo diocesano su presentazione, o almeno con il
consenso, del Superiore competente. §2. Il religioso può
essere rimosso dall'ufficio conferito, sia a discrezione dell'autorità che
glielo ha affidato, informatone il Superiore religioso, sia da parte del
Superiore stesso, informatane l'autorità committente; nell'uno e nell'altro
caso non si richiede il consenso dell'altra autorità. 683 Can. 683 - §1. In occasione
della visita pastorale, ed anche in caso di necessità, il Vescovo diocesano
può visitare, personalmente o per mezzo di altri, le chiese e gli oratori cui
accedono abitualmente i fedeli, le scuole e le altre opere di religione o di
carità spirituale o temporale affidate ai religiosi; non però le scuole
aperte esclusivamente agli alunni propri dell'istituto. §2. Che se eventualmente
il Vescovo scoprisse abusi, dopo avere richiamato inutilmente il Superiore
religioso, può di sua autorità prendere egli stesso i provvedimenti del caso. CAPITOLO VI
SEPARAZIONE DEI MEMBRI
DALL'ISTITUTO
Art. 1: Passaggio ad un altro istituto 684 Can. 684 - §1. Un
professo di voti perpetui non può passare dal proprio istituto religioso ad
un altro se non per concessione del Moderatore supremo dell'uno e dell'altro
istituto, previo consenso dei rispettivi consigli. §2. Il religioso dopo
avere trascorso un periodo di prova, che deve durare almeno tre anni, può
essere ammesso alla professione perpetua nel nuovo istituto. Se però non
vuole emettere tale professione o non vi è ammesso dai Superiori competenti,
ritorni all'istituto di provenienza, a meno che non abbia ottenuto l'indulto
di secolarizzazione. §3. Perché un religioso
possa passare da un monastero sui iuris ad un altro dello stesso istituto o
della federazione oppure della confederazione, si richiede ed è sufficiente
il consenso del Superiore maggiore dell'uno e dell'altro monastero, oltre che
del capitolo del monastero che lo accoglie, salvi altri requisiti determinati
dal diritto proprio; non si richiede una nuova professione. §4. Il diritto proprio
determini la durata e le modalità del periodo di prova che il religioso deve
compiere nel nuovo istituto prima della professione. §5. Per passare ad un
istituto secolare o ad una società di vita apostolica, oppure da questi ad un
istituto religioso, è necessaria la licenza della Santa Sede, alle cui
disposizioni ci si deve attenere. 685 Can. 685 - §1. Fino al
momento della professione nel nuovo istituto, mentre rimangono vincolanti i
voti, sono sospesi i diritti e gli obblighi che il religioso aveva nel
precedente istituto; tuttavia fin dall'inizio del periodo di prova il
religioso è tenuto all'osservanza del diritto proprio del nuovo istituto. §2. Con la professione
nel nuovo istituto il religioso viene ad esso incorporato, mentre cessano i
voti, i diritti e gli obblighi precedenti. Art. 2: Uscita dall'istituto 686 Can. 686 - §1. Il
Moderatore supremo, col consenso del suo consiglio, per grave causa può concedere
ad un professo perpetuo l'indulto di esclaustrazione, tuttavia per non più di
tre anni, previo consenso dell'Ordinario del luogo in cui dovrà dimorare se
si tratta di un chierico. Una proroga dell'indulto, o una concessione
superiore a tre anni, è riservata unicamente alla Santa Sede, oppure al
Vescovo diocesano se si tratta di istituti di diritto diocesano. §2. Spetta unicamente
alla Sede Apostolica concedere l'indulto di esclaustrazione per le monache. §3. Su richiesta del
Moderatore supremo con il consenso del suo consiglio, l'esclaustrazione può
essere imposta dalla Santa Sede per un membro di istituto di diritto
pontificio, oppure dal Vescovo diocesano per un membro di istituto di diritto
diocesano: ciò per cause gravi e salva sempre l'equità e la carità. 687 Can. 687 - Il religioso
esclaustrato è ritenuto esonerato dagli obblighi non compatibili con la sua
nuova situazione di vita, tuttavia rimane sotto la dipendenza e la cura dei
suoi Superiori ed anche dell'Ordinario del luogo, soprattutto se si tratta di
un chierico. Può portare l'abito dell'istituto, a meno che non sia stabilito
altrimenti nell'indulto. Egli però manca di voce attiva e passiva. 688 Can. 688 - §1. Colui che,
scaduto il tempo della professione, vuole uscire dall'istituto, lo può
abbandonare. §2. Chi durante la
professione temporanea per grave causa chiede di lasciare l'istituto può
ottenere il relativo indulto dal Moderatore supremo col consenso del suo
consiglio se si tratta di istituto di diritto pontificio; negli istituti di
diritto diocesano e nei monasteri, di cui al can. 615, l'indulto, per essere
valido, deve essere confermato dal Vescovo della casa di assegnazione. 689 Can. 689 - §1. Allo
scadere della professione temporanea, se sussistono giuste cause, un religioso
può essere escluso dalla successiva professione, da parte del competente
Superiore maggiore, udito il suo consiglio. §2. Una infermità fisica
o psichica, anche contratta dopo la professione, quando a giudizio degli
esperti rende non idoneo alla vita nell'istituto il religioso di cui al §1,
costituisce motivo per non ammetterlo alla rinnovazione della professione o
della professione perpetua, salvo il caso che l'infermità sia dovuta a
negligenza da parte dell'istituto, oppure a lavori sostenuti nell'istituto
stesso. §3. Se però il religioso,
durante i voti temporanei, diventa demente, anche se non è in grado di
emettere la nuova professione, non può tuttavia essere dimesso dall'istituto. 690 Can. 690 - §1. Chi al
termine del noviziato, oppure dopo la professione, è uscito legittimamente
dall'istituto può esservi riammesso dal Moderatore supremo col consenso del
suo consiglio, senza l'onere di ripetere il noviziato; spetterà tuttavia al
Moderatore stesso stabilire un conveniente periodo di prova prima della
professione temporanea e la durata dei voti temporanei prima della
professione perpetua, a norma dei cann. 655 e 657. §2. Della stessa facoltà
gode il Superiore di un monastero sui iuris, con il consenso del suo
consiglio. 691 Can. 691 - §1. Un
professo di voti perpetui non chieda l'indulto di lasciare l'istituto se non
per cause molto gravi ponderate davanti a Dio; presenti la sua domanda al
Moderatore supremo dell'istituto, il quale la inoltrerà all'autorità
competente insieme con il voto suo e del suo consiglio. §2. Tale indulto per gli
istituti di diritto pontificio è riservato alla Sede Apostolica; per gli
istituti di diritto diocesano lo può concedere anche il Vescovo della diocesi
in cui è situata la casa di assegnazione. 692 Can. 692 - L'indulto di
lasciare l'istituto, una volta legittimamente concesso e notificato al
religioso, se da lui non fu rifiutato all'atto della notificazione, comporta
per il diritto stesso la dispensa dai voti, come pure da tutti gli obblighi
derivanti dalla professione. 693 Can. 693 - Se il
religioso è chierico l'indulto non viene concesso finché egli non abbia
trovato un Vescovo che lo incardini nella diocesi o almeno lo riceva in
prova. In quest'ultimo caso, trascorsi cinque anni, il religioso viene
incardinato nella diocesi, per il diritto stesso, a meno che il Vescovo non
lo abbia respinto. Art. 3: Dimissione dei religiosi 694 Can. 694 - §1. Si deve
ritenere dimesso dall'istituto, per il fatto stesso, il religioso che: 1)
abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica; 2) abbia contratto
matrimonio o ad esso abbia attentato, anche solo civilmente. §2. In tali casi il
Superiore maggiore col suo consiglio deve senza indugio, raccolte le prove,
emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti
giuridicamente. 695 Can. 695 - §1. Un
religioso deve essere dimesso dall'istituto per i delitti di cui ai cann.
1397, 1398 e 1395 a meno che, per i delitti di cui al can. 1395, §2, il
Superiore non ritenga che la dimissione non sia affatto necessaria e che si
possa sufficientemente provvedere in altro modo alla correzione del religioso
come pure alla reintegrazione della giustizia e alla riparazione dello
scandalo. §2. In tali casi il
Superiore, raccolte le prove relative ai fatti e alla imputabilità, renda
note al religioso e l'accusa e le prove, dandogli facoltà di difendersi.
Tutti gli atti, sottoscritti dal Superiore maggiore e dal notaio, insieme con
le risposte del religioso, verbalizzate e dal religioso stesso controfirmate,
siano trasmessi al Moderatore supremo. 696 Can. 696 - §1. Un
religioso può essere dimesso anche per altre cause purché siano gravi,
esterne, imputabili e comprovate giuridicamente, come ad esempio: la
negligenza abituale degli obblighi della vita consacrata; le ripetute
violazioni dei vincoli sacri; la disobbedienza ostinata alle legittime
disposizioni dei Superiori in materia grave; un grave scandalo derivato dal
comportamento colpevole del religioso; l'ostinato appoggio o la propaganda di
dottrine condannate dal magistero della Chiesa; l'adesione pubblica a
ideologie inficiate di materialismo o di ateismo; l'assenza illegittima, di
cui al ca. 665, §2, protratta per sei mesi; altre cause di simile gravità
eventualmente determinate dal diritto proprio. §2. Per la dimissione di
un religioso di voti temporanei sono sufficienti anche cause di minore
gravità, stabilite dal diritto proprio. 697 Can. 697 - Nei casi di
cui al can. 696, se il Superiore maggiore, udito il suo consiglio, giudica
che si debba avviare il processo di dimissione: 1) raccolga o integri le
prove; 2) ammonisca il
religioso, per iscritto o davanti a due testimoni con la esplicita
comminazione della conseguente dimissione in caso di mancato ravvedimento,
notificandogli chiaramente la causa della dimissione e accordandogli piena
facoltà di rispondere in propria difesa; qualora poi l'ammonizione risulti
inutile, il Superiore proceda a una seconda, dopo un intervallo di almeno
quindici giorni; 3) se anche questa
seconda ammonizione risultasse inutile, e se il Superiore maggiore col suo
consiglio giudicasse sufficientemente provata l'incorreggibilità, e
insufficienti le difese del religioso, trascorsi senza risultato altri
quindici giorni dall'ultima ammonizione, trasmetta al Moderatore supremo
tutti gli atti, sottoscritti da lui stesso e dal notaio, unitamente alle
risposte date dal religioso e da lui firmate. 698 Can. 698 - In tutti i
casi di cui ai cann. 695 e 696 rimane sempre fermo il diritto del religioso
di comunicare con il Moderatore supremo e di esporre a lui direttamente gli
argomenti a propria difesa. 699 Can. 699 - §1. Il
Moderatore supremo col suo consiglio, che per la validità deve constare di
almeno quattro membri, proceda collegialmente ad una accurata valutazione
delle prove, degli argomenti e delle difese e, se ciò risulta per votazione
segreta, emetterà il decreto di dimissione; questo, per essere valido,
esprima almeno sommariamente i motivi, in diritto e in fatto. §2. Nei monasteri sui
iuris, di cui al can. 615, la decisione circa la dimissione compete al
Vescovo diocesano, al quale il Superiore deve sottoporre gli atti revisionati
dal suo consiglio. 700 Can. 700 - Il decreto di dimissione
non ha vigore se non fu confermato dalla Santa Sede, alla quale vanno
trasmessi il decreto stesso e tutti gli atti; per gli istituti di diritto
diocesano la conferma spetta al Vescovo della diocesi in cui sorge la casa
alla quale il religioso è ascritto. Il decreto tuttavia, per avere valore,
deve indicare il diritto, di cui gode il religioso dimesso, di ricorrere
all'autorità competente entro dieci giorni dalla ricezione della notifica. Il
ricorso ha effetto sospensivo. 701 Can. 701 - Con la legittima
dimissione cessano, per il fatto stesso, i voti e insieme gli obblighi
derivanti dalla professione. Se però il religioso è
chierico, non potrà esercitare gli ordini sacri fino a quando non abbia
trovato un Vescovo il quale, dopo un conveniente periodo di prova nella
diocesi a norma del can. 693, lo accolga o almeno gli consenta l'esercizio
degli ordini sacri. 702 Can. 702 - §1. Coloro che
legittimamente escono dall'istituto religioso o ne sono legittimamente
dimessi non possono esigere nulla dall'istituto stesso per qualunque attività
in esso compiuta. §2. L'istituto deve però
osservare l'equità e la carità evangelica verso il religioso che se ne
separa. 703 Can. 703 - In caso di
grave scandalo esterno o nel pericolo imminente di un gravissimo danno per
l'istituto il religioso può essere espulso dalla casa religiosa
immediatamente, da parte del Superiore maggiore oppure, qualora il ritardo
risultasse pericoloso, dal Superiore locale col consenso del suo consiglio.
Se è necessario, il Superiore maggiore curi che si istruisca il processo di
dimissione a norma del diritto, oppure deferisca la cosa alla Sede
Apostolica. 704 Can. 704 - Dei religiosi
che a qualunque titolo sono separati dall'istituto si faccia menzione nella
relazione, di cui al can. 592, §1, da inviare alla
Sede Apostolica. CAPITOLO VII
I RELIGIOSI ELEVATI
ALL'EPISCOPATO
705 Can. 705 - Il religioso
elevato all'episcopato continua ad essere membro del suo istituto, ma in
forza del voto di obbedienza è soggetto solamente al Romano Pontefice e non è
vincolato da quegli obblighi che, nella sua prudenza, egli stesso giudichi
incompatibili con la propria condizione. 706 Can. 706 - Il religioso
di cui sopra: 1) se per la professione ha perduto il dominio dei suoi beni, ricevendone
altri ne ha l'uso, l'usufrutto e l'amministrazione; quanto alla proprietà, il
Vescovo diocesano e gli altri di cui al can. 381, §2, l'acquistano per la
Chiesa particolare; tutti gli altri per l'istituto, oppure per la Santa Sede,
a seconda che l'istituto abbia o no la capacità di possedere; 2) se per la
professione non ha perduto il dominio dei suoi beni ne ricupera l'uso,
l'usufrutto e l'amministrazione; e acquista per sé a pieno titolo quelli che
gli provengono in seguito; 3) in entrambi i casi, deve disporre secondo la
volontà degli offerenti per quei beni che gli provengono non a titolo
personale. 707 Can. 707 - §1. Il
religioso Vescovo emerito può scegliersi la sede in cui abitare, anche fuori
dalle case del proprio istituto, a meno che la Sede Apostolica non abbia
disposto altrimenti. §2. Quanto al suo
sostentamento conveniente e degno, se il Vescovo è stato a servizio di una
diocesi si osserverà il can. 402, §2, a meno che il suo istituto non voglia
provvedere a tale sostentamento; altrimenti la Sede Apostolica disporrà in
altro modo. CAPITOLO VIII LE CONFERENZE DEI SUPERIORI
MAGGIORI
708 Can. 708 - I Superiori
maggiori possono utilmente associarsi in conferenze o consigli per conseguire
più agevolmente, nell'unione delle forze, il fine proprio dei singoli
istituti, salvi sempre l'autonomia, l'indole e lo spirito proprio di ognuno,
sia per trattare affari di comune interesse, sia per instaurare un opportuno
coordinamento e cooperazione con le conferenze dei Vescovi ed anche con i
singoli Vescovi. 709 Can. 709 - Le conferenze
dei Superiori maggiori abbiano i propri statuti approvati dalla Santa Sede,
dalla quale unicamente possono essere erette, anche in persone giuridiche, e
sotto la cui suprema direzione esse rimangono. TITOLO
III GLI
ISTITUTI SECOLARI (Cann. 710 – 730) 710 Can. 710 - L'istituto
secolare è un istituto di vita consacrata in cui i fedeli, vivendo nel mondo,
tendono alla perfezione della carità e si impegnano per la santificazione del
mondo soprattutto operando all'interno di esso. 711 Can. 711 - Un membro di
istituto secolare, in forza della consacrazione, non cambia la propria
condizione canonica, laicale o clericale, in mezzo al popolo di Dio, salve le
disposizioni del diritto a proposito degli istituti di vita consacrata. 712 Can. 712 - Ferme restando
le disposizioni dei cann. 598-601, le costituzioni stabiliscano i vincoli
sacri con cui vengono assunti nell'istituto i consigli evangelici e
definiscano gli obblighi che essi comportano, salva sempre però, nello stile
di vita, la secolarità propria dell'istituto. 713 Can. 713 - §1. I membri
di tali istituti esprimono e realizzano la propria consacrazione
nell'attività apostolica e come un fermento si sforzano di permeare ogni
realtà di spirito evangelico per consolidare e far crescere il Corpo di
Cristo. §2. I membri laici, nel
mondo e dal di dentro del mondo, partecipano della funzione evangelizzatrice
della Chiesa sia mediante la testimonianza di vita cristiana e di fedeltà
alla propria consacrazione, sia attraverso l'aiuto che danno perché le realtà
temporali siano ordinate secondo Dio e il mondo sia vivificato dalla forza
del Vangelo. Essi offrono inoltre la propria collaborazione per il servizio
della comunità ecclesiale, secondo lo stile di vita secolare loro proprio. §3. I membri chierici
sono di aiuto ai confratelli con una peculiare carità apostolica, attraverso
la testimonianza della vita consacrata, soprattutto nel presbiterio, e in
mezzo al popolo di Dio lavorano alla santificazione del mondo con il proprio
ministero sacro. 714 Can. 714 - I membri degli
istituti secolari conducano la propria vita nelle situazioni ordinarie del
mondo, soli, o ciascuno nella propria famiglia, o in gruppi di vita fraterna
a norma delle costituzioni. 715 Can. 715 - §1. I membri
chierici incardinati in una diocesi dipendono dal Vescovo diocesano, salvo
quanto riguarda la vita consacrata nel proprio istituto. §2. Quelli invece che a
norma del can. 266, §3 vengono incardinati nell'istituto, se sono destinati
alle opere proprie dell'istituto o a funzioni di governo all'interno di esso,
dipendono dal Vescovo allo stesso modo dei religiosi. 716 Can. 716 - §1. Tutti i
membri partecipino attivamente alla vita dell'istituto secondo il diritto
proprio. §2. I membri di uno
stesso istituto conservino la comunione tra loro curando con sollecitudine
l'unità dello spirito e la vera fraternità. 717 Can. 717 - §1. Le
costituzioni definiscano la forma di governo propria dell'istituto, la durata
in carica dei Moderatori e il modo della loro designazione. §2. Nessuno sia designato
come Moderatore supremo se non è stato incorporato nell'istituto in modo
definitivo. §3. Coloro che
nell'istituto hanno incarichi di governo abbiano cura che sia conservata
l'unità dello spirito e che sia promossa l'attiva partecipazione dei membri. 718 Can. 718 -
L'amministrazione dei beni dell'istituto, che deve esprimere e favorire la
povertà evangelica, è regolata dalle norme del Libro V, I beni temporali
della Chiesa, e dal diritto proprio dell'istituto. Il diritto proprio deve
parimenti definire gli obblighi, specialmente di carattere economico,
dell'istituto verso i membri che ad esso dedicano la propria attività. 719 Can. 719 - §1. Per
rispondere fedelmente alla propria vocazione e perché la loro azione apostolica
scaturisca dall'unione con Cristo, i membri siano assidui all'orazione,
attendano convenientemente alla lettura delle sacre Scritture, osservino i
tempi di ritiro annuale e compiano le altre pratiche spirituali secondo il
diritto proprio. §2. La celebrazione
dell'Eucaristia, in quanto possibile quotidiana, sia la sorgente e la forza
di tutta la loro vita consacrata. §3. Si accostino
liberamente e con frequenza al sacramento della penitenza. §4. Siano liberi di
ricevere la necessaria direzione della coscienza e di richiedere consigli in
materia, se lo desiderano, anche ai propri Moderatori. 720 Can. 720 - Il diritto di
ammettere nell'istituto per il periodo di prova oppure per assumere i vincoli
sacri, sia temporanei sia perpetui o definitivi, compete ai Moderatori
maggiori con il loro consiglio, a norma delle costituzioni. 721 Can. 721 - §1. E' ammesso
invalidamente al periodo di prova iniziale: 1) chi non ha ancora raggiunto la
maggiore età; 2) chi è legato attualmente con un vincolo sacro ad un istituto
di vita consacrata o è stato incorporato in una società di vita apostolica;
3) chi è sposato, durante il matrimonio. §2. Le costituzioni
possono stabilire altri impedimenti, anche per la validità dell'ammissione, o
apporre altre condizioni. §3. Per essere accettati
si richiede inoltre la maturità necessaria per condurre in modo conveniente
la vita propria dell'istituto. 722 Can. 722 - §1. La prova
iniziale sia ordinata allo scopo che i candidati prendano più chiara
coscienza della loro vocazione divina e di quella specifica dell'istituto, ne
vivano lo spirito e sperimentino il genere di vita ad esso proprio. §2. I candidati siano
opportunamente formati a condurre una vita secondo i consigli evangelici e
istruiti a trasformare integralmente la propria esistenza in apostolato,
adottando quelle forme di evangelizzazione che meglio rispondano al fine,
allo spirito e all'indole dell'istituto. §3. Le costituzioni
devono definire il metodo e la durata di tale prova, non inferiore a due anni,
che precede il primo impegno con vincoli sacri nell'istituto. 723 Can. 723 - §1. Compiuto
il tempo della prova iniziale il candidato che viene giudicato idoneo assuma
i tre consigli evangelici, confermati dal vincolo sacro, oppure lasci
l'istituto. §2. Questa prima
incorporazione, non inferiore a cinque anni, sia temporanea a norma delle
costituzioni. §3. Trascorso tale
periodo di tempo, il membro giudicato idoneo sia ammesso all'incorporazione
perpetua oppure a quella definitiva, cioè con vincoli temporanei da
rinnovarsi sempre ad ogni scadenza. §4. L'incorporazione
definitiva è equiparata a quella perpetua, in ordine a determinati effetti
giuridici, che devono essere stabiliti nelle costituzioni. 724 Can. 724 - §1. Dopo il
primo impegno con vincoli sacri, la formazione deve essere continuata
costantemente a norma delle costituzioni. §2. I membri devono
essere preparati di pari passo tanto nelle scienze umane quanto in quelle
divine; i Moderatori dell'istituto sentano seriamente la responsabilità della
loro continua formazione spirituale. 725 Can. 725 - L'istituto può
associare a sé, con qualche vincolo determinato dalle costituzioni, altri
fedeli che si impegnino a tendere alla perfezione evangelica secondo lo spirito
dell'istituto e a partecipare della sua stessa missione. 726 Can. 726 - §1. Trascorso
il periodo dell'incorporazione temporanea il membro può liberamente lasciare
l'istituto, o per giusta causa può essere escluso dalla rinnovazione dei
vincoli sacri da parte del Moderatore maggiore, udito il suo consiglio. §2. Il membro di
incorporazione temporanea che lo richieda spontaneamente, per grave causa può
ottenere dal Moderatore supremo, col consenso del suo consiglio, l'indulto di
lasciare l'istituto. 727 Can. 727 - §1. Se un
membro incorporato con vincolo perpetuo vuole lasciare l'istituto, dopo avere
seriamente ponderato la cosa davanti al Signore deve chiederne l'indulto, per
mezzo del Moderatore supremo, alla Sede Apostolica se l'istituto è di diritto
pontificio; altrimenti anche al Vescovo diocesano, secondo quanto è definito
dalle costituzioni. §2. Trattandosi di
sacerdote incardinato nell'istituto si osservi il disposto del can. 693. 728 Can. 728 - Con la
legittima concessione dell'indulto di lasciare l'istituto cessano tutti i
vincoli, e insieme i diritti e gli obblighi derivanti dall'incorporazione. 729 Can. 729 - La dimissione
di un membro dall'istituto avviene a norma dei cann. 694 e 695. Le
costituzioni definiscano altre cause di dimissione, purché siano
proporzionatamente gravi, esterne, imputabili e comprovate giuridicamente, e
inoltre si osservi la procedura stabilita ai cann. 697-700. Al membro dimesso
si applica il disposto del can. 701. 730 Can. 730 - Per il
passaggio di un membro di istituto secolare ad un altro istituto secolare si
osservino le disposizioni dei cann. 684, §§1, 2, 4 e 685; per il passaggio
invece a un istituto religioso o ad una società di vita apostolica, o da
questi ad un istituto secolare, si richiede la licenza della Sede Apostolica,
alle cui disposizioni ci si deve attenere. SEZIONE
II LE
SOCIETÀ DI VITA APOSTOLICA (Cann. 731 – 746) 731 Can. 731 - §1. Agli
istituti di vita consacrata sono assimilate le società di vita apostolica i
cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della
società e, conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile,
tendono alla perfezione della carità mediante l'osservanza delle
costituzioni. §2. Fra queste vi sono
società i cui membri assumono i consigli evangelici con qualche vincolo
definito dalle costituzioni. 732 Can. 732 - Quanto è
stabilito nei cann. 578-597 e 606 si applica anche alle società di vita
apostolica, tuttavia nel rispetto della natura di ciascuna società; alle
società di cui al can. 731, §2, si applicano anche i cann. 598-602. 733 Can. 733 - §1. Una casa
viene eretta e una comunità locale viene costituita dall'autorità competente
della società previo consenso scritto del Vescovo diocesano, il quale deve
essere anche consultato quando si tratta della soppressione di queste. §2. Il consenso per
l'erezione di una casa comporta il diritto di avere almeno un oratorio, nel
quale sia celebrata e custodita la santissima Eucaristia. 734 Can. 734 - Il governo della
società è definito dalle costituzioni, osservati, secondo la natura delle
singole società, i cann. 617-633. 735 Can. 735 - §1.
L'ammissione dei membri, il periodo di prova, l'incorporazione e la
formazione vengono determinati dal diritto proprio di ogni società. §2. Per l'ammissione
nella società si osservino le condizioni stabilite dai cann. 642-645. §3. Il diritto proprio
deve determinare il regolamento per la prova e per la formazione, in
consonanza con il fine e l'indole della società, particolarmente in campo
dottrinale, spirituale, apostolico, cosicché i membri, riconoscendo la
vocazione divina, siano convenientemente preparati alla missione e alla vita
della società. 736 Can. 736 - §1. Nelle
società clericali i chierici sono incardinati alla società stessa, a meno che
le costituzioni non dicano altrimenti. §2. Per quanto riguarda
il piano degli studi e la recezione degli ordini, si seguano le norme
previste per i chierici secolari, fermo restando tuttavia il §1. 737 Can. 737 - L'incorporazione
comporta da parte dei membri gli obblighi e i diritti definiti dalle
costituzioni; da parte della società l'impegno di guidare i membri alla
realizzazione della propria vocazione secondo le costituzioni. 738 Can. 738 - §1. Tutti i
membri sono soggetti ai propri Moderatori a norma delle costituzioni in ciò
che riguarda la vita interna e la disciplina della società. §2. Sono soggetti inoltre
al Vescovo diocesano in ciò che riguarda il culto pubblico, la cura delle
anime e le altre attività apostoliche, attesi i cann. 679-683. §3. Le relazioni tra il
membro incardinato nella diocesi e il proprio Vescovo sono definite dalle
costituzioni o da particolari convenzioni. 739 Can. 739 - I membri,
oltre agli obblighi che secondo le costituzioni li toccano in quanto tali,
sono tenuti agli obblighi comuni ai chierici, a meno che non risulti
altrimenti dalla natura delle cose o dal contesto. 740 Can. 740 - I membri
devono abitare nella casa o nella comunità legittimamente costituita e
osservare la vita in comune a norma del diritto proprio; da questo sono pure
regolate le assenze dalla casa o dalla comunità. 741 Can. 741 - §1. Le società
e, se non è detto altrimenti nelle costituzioni, le loro parti e le case, sono
persone giuridiche e in quanto tali hanno la capacità di acquistare,
possedere, amministrare e alienare beni temporali a norma delle disposizioni
del Libro V, I beni temporali della Chiesa, dei cann. 636, 638 e 639, nonché
del diritto proprio. §2. Anche i membri, a
norma del diritto proprio, hanno la capacità di acquistare, possedere e
amministrare beni temporali e di disporne, ma tutto ciò che loro proviene in
considerazione della società rimane acquisito per la società stessa. 742 Can. 742 - L'uscita e la
dimissione dei membri non ancora incorporati in modo definitivo sono regolate
dalle costituzioni di ciascuna società. 743 Can. 743 - Un membro
incorporato definitivamente può ottenere dal Moderatore supremo, col consenso
del suo consiglio, l'indulto di lasciare la società, con la conseguente
cessazione dei diritti e degli obblighi derivanti dall'incorporazione, fermo
restando il disposto del can. 693, a meno che tale concessione non sia a
norma delle costituzioni riservata alla Santa Sede. 744 Can. 744 - §1. E'
parimenti riservato al Moderatore supremo, col consenso del suo consiglio, di
concedere a un membro incorporato definitivamente la licenza di passare ad
un'altra società di vita apostolica, venendo frattanto sospesi i diritti e
gli obblighi della propria società, fermo restando tuttavia il diritto di
potervi ritornare prima dell'incorporazione definitiva nella nuova società. §2. Per il passaggio ad
un istituto di vita consacrata, o da questo ad una società di vita
apostolica, si richiede la licenza della Santa Sede, alle cui disposizioni ci
si dovrà attenere. 745 Can. 745 - Il Moderatore
supremo con il consenso del suo consiglio può concedere a un membro
incorporato in modo definitivo l'indulto di vivere fuori della società,
tuttavia non oltre tre anni, rimanendo sospesi i diritti e gli obblighi
incompatibili con la sua nuova condizione; questi però rimane sotto la cura
dei Moderatori. Se si tratta di un sacerdote, si richiede inoltre il consenso
dell'Ordinario del luogo in cui deve dimorare, rimanendo anche sotto la sua
cura e dipendenza. 746 Can. 746 - Per la
dimissione di un membro definitivamente incorporato si osservino, con gli
adattamenti del caso, i cann. 694-704. |