CODICE DI DIRITTO CANONICO
LIBRO SETTIMO I PROCESSI Parte I
I giudizi in generale
1400 Can. 1400 - §1. Oggetto del
giudizio sono: 1) i diritti di persone fisiche o giuridiche da perseguire o
da rivendicare, o fatti giuridici da dichiarare; 2) i delitti per quanto
riguarda l'irrogazione e la dichiarazione della pena. §2. Le controversie
insorte per un atto di potestà amministrativa possono tuttavia essere
deferite solo al Superiore o al tribunale amministrativo. 1401 Can. 1401 - La Chiesa per
diritto proprio ed esclusivo giudica: 1) le cause che riguardano cose
spirituali e annesse alle spirituali; 2) la violazione delle leggi
ecclesiastiche e tutto ciò in cui vi è ragione di peccato, per quanto
concerne lo stabilirne la colpa ed infliggere pene ecclesiastiche. 1402 Can. 1402 - Tutti i
tribunali della Chiesa sono retti dai canoni seguenti, salve le norme dei tribunali
della Sede Apostolica. 1403 Can. 1403 - §1. Le cause
di canonizzazione dei Servi di Dio, sono regolate da una legge pontificia
peculiare. §2. Alle stesse cause si
applicano inoltre le disposizioni di questo Codice, ogniqualvolta in quella
legge si rinvia al diritto universale, o si tratta di norme che per la natura
stessa della cosa le riguardano. 1404 Can. 1404 - La prima Sede
non è giudicata da nessuno. 1405 Can. 1405 - §1. Il Romano
Pontefice stesso ha il diritto esclusivo di giudicare nelle cause di cui al
can. 1401: 1) i capi di Stato; 2) i Padri Cardinali; 3) i Legati della Sede
Apostolica e nelle cause penali i Vescovi; 4) le altre cause che egli stesso
abbia avocato al proprio giudizio. §2. Il giudice non è
competente a giudicare atti o strumenti confermati in forma specifica dal
Romano Pontefice, salvo non ne abbia avuto prima mandato dal medesimo. §3. E' riservato al
tribunale della Rota Romana giudicare: 1) i Vescovi nelle cause contenziose,
fermo restando il disposto del can. 1419, §2 2) l'Abate primate o l'Abate
superiore di una congregazione monastica, il Moderatore supremo di istituti
religiosi di diritto pontificio; 3) le diocesi e le altre persone
ecclesiastiche sia fisiche sia giuridiche che non hanno Superiore al di sotto
del Romano Pontefice. 1406 Can. 1406 - §1. Violato
il disposto del can. 1404, atti e decisioni si ritengono come non fatti. §2. Nelle cause di cui al
can. 1405, l'incompetenza degli altri giudici è assoluta. 1407 Can. 1407 - §1. Nessuno può
essere chiamato in giudizio in prima istanza se non davanti al giudice
ecclesiastico competente per uno dei titoli determinati nei cann. 1408-1414. §2. Si dice relativa
l'incompetenza del giudice, che non abbia l'appoggio di nessuno di questi
titoli. §3. L'attore segue il
tribunale della parte convenuta; che se la parte convenuta abbia diversi
tribunali competenti, all'attore è concessa la scelta del tribunale. 1408 Can. 1408 - Chiunque può
essere chiamato in giudizio avanti al tribunale del domicilio o del
quasi-domicilio. 1409 Can. 1409 - §1. Il
tribunale del girovago è quello del luogo ove di fatto dimora. §2. Colui del quale non
si conosca né il domicilio o il quasi-domicilio, né il luogo della dimora,
può essere chiamato in giudizio avanti al tribunale dell'attore, purché non
risulti un altro tribunale legittimo. 1410 Can. 1410 - A motivo
della collocazione della cosa, la parte può essere chiamata in giudizio
avanti al tribunale del luogo ove è situata la cosa che è oggetto di litigio,
ogni qualvolta l'azione è diretta contro di essa o si tratta di azione di
spoglio. 1411 Can. 1411 - §1. A motivo
del contratto la parte può essere chiamata in giudizio avanti al tribunale
del luogo ove il contratto fu stipulato o dove deve essere adempiuto, a meno
che le parti concordemente non abbiano scelto un altro tribunale. §2. Se la causa verta su
obblighi che provengono da altro titolo, la parte può essere chiamata in
giudizio avanti al tribunale del luogo ove l'obbligo è sorto o deve essere
adempiuto. 1412 Can. 1412 - L'accusato
nelle cause penali, benché assente, può essere chiamato in giudizio avanti al
tribunale del luogo ove il delitto fu commesso. 1413 Can. 1413 - La parte può
essere chiamata in giudizio: 1) nelle cause vertenti sull'amministrazione dei
beni, avanti al tribunale del luogo ove l'amministrazione viene fatta; 2)
nelle cause che riguardano l'eredità o i legati pii, avanti al tribunale
dell'ultimo domicilio o quasi-domicilio o della dimora, a norma dei cann.
1408-1409, di colui della cui eredità o legato pio si discute, a meno che non
si tratti della semplice esecuzione del legato, che deve essere esaminata
secondo le norme ordinarie della competenza. 1414 Can. 1414 - A motivo
della connessione, le cause tra loro connesse devono essere giudicate da un
solo ed identico tribunale e nello stesso processo, a meno che non vi si
opponga il disposto della legge. 1415 Can. 1415 - A motivo
della prevenzione, quando due o più tribunali sono egualmente competenti, ha diritto
di giudicare la causa quel tribunale che per primo citò legittimamente la
parte convenuta. 1416 Can. 1416 - I conflitti
di competenza tra due tribunali soggetti allo stesso tribunale di appello,
sono risolti da questo tribunale; se non sono soggetti allo stesso tribunale
di appello, dalla Segnatura Apostolica. 1417 Can. 1417 - §1. In forza
del primato del Romano Pontefice, qualunque fedele ha diritto di deferire al
giudizio della Santa Sede la propria causa, sia contenziosa sia penale, in
qualsiasi grado di giudizio e in qualunque stadio della lite, oppure
d'introdurla avanti alla medesima. §2. Il ricorso fatto alla
Sede Apostolica non sospende tuttavia, salvo il caso di appello, l'esercizio
della giurisdizione nel giudice che ha già cominciato a giudicare la causa; e
questi può pertanto proseguire il giudizio fino alla sentenza definitiva, a
meno che la Sede Apostolica non gli abbia comunicato di avere avocato a sé la
causa. 1418 Can. 1418 - Qualsiasi
tribunale ha diritto di chiamare in aiuto un altro tribunale per istruire la
causa o per intimare gli atti. CAPITOLO I
IL TRIBUNALE DI PRIMA ISTANZA
Art. 1: Il giudice 1419 Can. 1419 - §1. In
ciascuna diocesi e per tutte le cause non escluse espressamente dal diritto,
giudice di prima istanza è il Vescovo diocesano, che può esercitare la
potestà giudiziaria personalmente o tramite altri, secondo i canoni che
seguono. §2. Se poi si tratta di
diritti o di beni temporali di una persona giuridica rappresentata dal
Vescovo, giudica in primo grado il tribunale di appello. 1420 Can. 1420 - §1. Tutti i
Vescovi diocesani sono tenuti a costituire un Vicario giudiziale o Officiale
con potestà ordinaria per giudicare, distinto dal Vicario generale a meno che
l'esiguità della diocesi o lo scarso numero di cause non suggerisca
altrimenti. §2. Il Vicario giudiziale
forma un unico tribunale con il Vescovo, ma non può giudicare le cause che il
Vescovo riserva a sé. §3. Al Vicario giudiziale
possono essere dati degli aiutanti, detti Vicari giudiziali aggiunti o
Vice-officiali. §4. Sia il Vicario
giudiziale sia i Vicari giudiziali aggiunti devono essere sacerdoti, di
integra fama, dottori o almeno licenziati in diritto canonico e che non
abbiano meno di trent'anni. §5. Essi non cessano
dall'incarico quando la sede si rende vacante, né possono essere rimossi
dall'Amministratore diocesano; venendo però il nuovo Vescovo devono essere
riconfermati. 1421 Can. 1421 - §1. Nella
diocesi il Vescovo costituisca giudici diocesani chierici. §2. La Conferenza
Episcopale può permettere che anche dei fedeli laici siano costituiti
giudici; di essi, se la necessità lo suggerisca, uno può essere assunto a
formare un collegio. §3. I giudici siano di
integra fama e dottori in diritto canonico o almeno licenziati. 1422 Can. 1422 - Il Vicario
giudiziale, i Vicari giudiziali aggiunti e gli altri giudici sono nominati a
tempo determinato, fermo restando il disposto del can. 1420, §5, e non
possono essere rimossi se non per causa legittima e grave. 1423 Can. 1423 - §1. Più
Vescovi diocesani possono concordemente, con l'approvazione della Sede
Apostolica, costituire nelle loro diocesi un unico tribunale di prima
istanza, in luogo dei tribunali diocesani di cui ai cann. 1419-1421; nel qual
caso a quel gruppo di Vescovi o al Vescovo da essi designato competono tutti
i poteri che ha il Vescovo diocesano per il proprio tribunale. §2. I tribunali di cui al
§1, possono essere costituiti per tutte le cause oppure soltanto per
determinati generi di cause. 1424 Can. 1424 - Il giudice
unico in qualunque giudizio può scegliersi come consulenti due assessori,
chierici o laici di onesta condotta. 1425 Can. 1425 - §1. Riprovata
la consuetudine contraria, al tribunale collegiale di tre giudici sono
riservate: 1) le cause contenziose: a) sul vincolo della sacra ordinazione e
sugli oneri ad essa annessi; b) sul vincolo del matrimonio, fermo restando il
disposto dei cann. 1686 e 1688; 2) le cause penali: a) sui delitti che
possono comportare la pena della dimissione dallo stato clericale; b) per
infliggere o dichiarare la scomunica. §2. Il Vescovo può
affidare le cause più difficili o di maggiore importanza al giudizio di tre o
cinque giudici. §3. Il Vicario giudiziale
chiami i giudici a giudicare le singole cause secondo un turno ordinatamente
stabilito, a meno che il Vescovo in casi singoli non abbia stabilito
diversamente. §4. In primo grado di
giudizio, se eventualmente non si possa costituire un collegio, la Conferenza
Episcopale, fintantoché una tale impossibilità perduri, può permettere che il
Vescovo affidi la causa ad un unico giudice chierico, il quale si scelga, ove
sia possibile, un assistente e un uditore. §5. Il Vicario giudiziale
non sostituisca i giudici una volta designati se non per gravissima causa,
che deve essere espressa nel decreto. 1426 Can. 1426 - §1. Il
tribunale collegiale deve procedere collegialmente, e dare sentenze a
maggioranza assoluta di voti. §2. Lo deve presiedere, nella
misura del possibile, il Vicario giudiziale o un Vicario giudiziale aggiunto. 1427 Can. 1427 - §1. Se
insorga una controversia tra religiosi o case dello stesso istituto religioso
clericale di diritto pontificio, giudice di prima istanza, a meno che non si
disponga altrimenti nelle costituzioni, è il Superiore provinciale, oppure,
se si tratti di un monastero sui iuris, l'Abate locale. §2. Salvo le costituzioni
non dispongano diversamente, trattandosi di una questione contenziosa tra due
province, in prima istanza giudicherà il Moderatore supremo personalmente o
tramite un delegato; se tra due monasteri l'Abate superiore della
congregazione monastica. §3. Se infine insorga una
controversia tra persone religiose fisiche o giuridiche di istituti religiosi
diversi o anche dello stesso istituto clericale di diritto diocesano o
laicale, oppure tra una persona religiosa e un chierico secolare o un laico o
una persona giuridica secolare, giudica in prima istanza il tribunale
diocesano. Art. 2: Uditori e relatori 1428 Can. 1428 - §1. Il
giudice o il presidente del tribunale collegiale possono designare un uditore
per svolgere l'istruttoria nella causa, scegliendolo tra i giudici del
tribunale o tra le persone approvate dal Vescovo a tale incarico. §2. Il Vescovo può
approvare all'incarico di uditore chierici o laici, che rifulgano per buoni
costumi, prudenza e dottrina. §3. Spetta all'uditore,
secondo il mandato del giudice, solo raccogliere le prove e una volta
raccolte trasmetterle al giudice; può inoltre, a meno che non si opponga il
mandato del giudice, decidere nel frattempo quali prove debbano essere
raccolte e secondo quale metodo, se eventualmente sorga controversia in
proposito durante l'esercizio delle sue funzioni. 1429 Can. 1429 - Il presidente
del tribunale collegiale deve designare tra i giudici del collegio un ponente
o relatore che riferisca sulla causa nella riunione dei giudici e rediga per
iscritto le sentenze; il presidente stesso lo può sostituire con un altro per
giusta causa. Art. 3: Promotore di giustizia, difensore del vincolo e notaio 1430 Can. 1430 - Per le cause
contenziose ove il bene pubblico può essere messo in pericolo, e per le cause
penali si costituisca in diocesi il promotore di giustizia, che ha il dovere
di tutelare il bene pubblico. 1431 Can. 1431 - §1. Nelle
cause contenziose spetta al Vescovo diocesano giudicare se il bene pubblico
possa essere messo in pericolo o no, a meno che l'intervento del promotore di
giustizia non sia prescritto dalla legge o si renda evidentemente necessario
per la natura della cosa. §2. Se nella precedente
istanza è intervenuto il promotore di giustizia, nel grado successivo il suo
intervento si presume necessario. 1432 Can. 1432 - Per le cause in
cui si tratta della nullità della sacra ordinazione o della nullità o dello
scioglimento del matrimonio sia costituito in diocesi il difensore del
vincolo, che deve proporre ed esporre tutti gli argomenti che possono essere
ragionevolmente addotti contro la nullità o lo scioglimento. 1433 Can. 1433 - Nelle cause
dove è richiesta la presenza del promotore di giustizia o del difensore del
vincolo, se non furono citati, gli atti sono nulli, a meno che, benché non
citati, essi siano di fatto intervenuti, o almeno prima della sentenza
abbiano potuto svolgere il loro compito dopo aver esaminato gli atti. 1434 Can. 1434 - Se non si
disponga espressamente altro: 1) ogniqualvolta la legge prescrive che il
giudice ascolti le parti o una di esse, anche il promotore di giustizia e il
difensore del vincolo, se intervengono in giudizio, devono essere ascoltati;
2) ogniqualvolta si richiede l'istanza della parte perché il giudice possa
definire qualcosa, l'istanza del promotore di giustizia o del difensore del
vincolo, che intervengono in giudizio, ha lo stesso valore. 1435 Can. 1435 - Spetta al
Vescovo nominare il promotore di giustizia e il difensore del vincolo; essi
siano chierici o laici, di integra fama, dottori o licenziati in diritto
canonico e di provata prudenza e sollecitudine per la giustizia. 1436 Can. 1436 - §1. La stessa
persona, ma non nella stessa causa, può avere l'incarico di promotore di
giustizia e di difensore del vincolo. §2. Promotore e difensore
possono essere costituiti sia per tutte le cause sia per singole cause;
possono poi essere rimossi dal Vescovo per un giusto motivo. 1437 Can. 1437 - §1. In
qualunque processo intervenga il notaio, così che si ritengano nulli gli atti
se non furono da lui sottoscritti. §2. Gli atti che i notai
redigono fanno fede pubblica. CAPITOLO II
IL TRIBUNALE DI SECONDA ISTANZA 1438 Can. 1438 - Fermo
restando il disposto del can. 1444, §1, n.1: 1) dal tribunale del Vescovo
suffraganeo si appella al tribunale del Metropolita, salvo il disposto del can.
1439; 2) nelle cause trattate in prima istanza avanti al Metropolita si
appella al tribunale che egli stesso abbia, con l'approvazione della Sede
Apostolica, stabilmente designato; 3) per le cause fatte avanti al Superiore
provinciale il tribunale di seconda istanza è presso il Moderatore supremo;
per le cause fatte avanti all'Abate locale è presso l'Abate superiore della
congregazione monastica. 1439 Can. 1439 - §1. Se fu
costituito un tribunale unico di prima istanza per più diocesi, a norma del can.
1423, la Conferenza Episcopale deve costituire con l'approvazione della Sede
Apostolica un tribunale di seconda istanza, a meno che tutte quelle diocesi
non siano suffraganee della stessa archidiocesi. §2. La Conferenza
Episcopale può costituire, con la approvazione della Sede Apostolica, uno o
più tribunali di seconda istanza, anche oltre i casi di cui al §1. §3. Per quanto riguarda i
tribunali di seconda istanza di cui ai §§1 e 2, la Conferenza Episcopale o il
Vescovo da essa designato hanno tutti i poteri che ha il Vescovo diocesano
per il suo tribunale. 1440 Can. 1440 - Se la
competenza relativa al grado di giudizio non viene osservata a norma dei
cann. 1438 e 1439, l'incompetenza del giudice è assoluta. 1441 Can. 1441 - Il tribunale
di seconda istanza deve essere costituito alla stessa maniera del tribunale
di prima istanza. Se tuttavia nel primo grado di giudizio secondo il can.
1425, §4, emanò la sentenza un giudice unico, il tribunale di seconda istanza
proceda collegialmente. CAPITOLO III
I TRIBUNALI DELLA SEDE APOSTOLICA 1442 Can. 1442 - Il Romano
Pontefice è giudice supremo in tutto l'orbe cattolico, e giudica o
personalmente o tramite i tribunali ordinari della Sede Apostolica oppure per
mezzo di giudici da lui delegati! 1443 Can. 1443 - Il tribunale
ordinario costituito dal Romano Pontefice per ricevere gli appelli è la Rota
Romana. 1444 Can. 1444 - §1. La Rota
Romana giudica: 1) in seconda istanza le cause giudicate dai tribunali
ordinari di prima istanza e deferite alla Santa Sede per legittimo appello; 2
in terza o ulteriore istanza le cause già giudicate dalla stessa Rota Romana
e da qualunque altro tribunale, a meno che la cosa non sia passata in
giudicato. §2. Questo tribunale
giudica anche in prima istanza le cause di cui al can. 1405, §3, o le altre
cause che il Romano Pontefice sia motu proprio sia ad istanza delle parti
avocò al suo tribunale ed affidò alla Rota Romana; e queste, la Rota stessa
le giudica anche in seconda ed ulteriore istanza, salvo che nel rescritto di
commissione non si sia disposto altrimenti. 1445 Can. 1445 - §1. Il
Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica giudica: 1) le querele di
nullità, le richieste di restitutio in integrum ed altri ricorsi contro le
sentenze rotali; 2) i ricorsi nelle cause sullo stato delle persone, che la
Rota Romana rifiutò di ammettere a nuovo esame; 3) le eccezioni di sospetto
ed altre cause contro gli Uditori della Rota Romana per gli atti posti
durante l'esercizio delle loro funzioni; 4) i conflitti di competenza di cui
al can. 1416. §2. Lo stesso Tribunale
dirime le contese sorte per un atto di potestà amministrativa ecclesiastica,
ad esso legittimamente deferite, le altre controversie amministrative ad esso
deferite dal Romano Pontefice o dai dicasteri della Curia Romana e il
conflitto di competenza tra gli stessi dicasteri. §3. Spetta inoltre a
questo supremo tribunale: 1) vigilare sulla retta amministrazione della
giustizia e prendere provvedimenti, se necessario, contro avvocati e
procuratori; 2) prorogare la competenza dei tribunali; 3) promuovere ed
approvare l'erezione dei tribunali di cui ai cann. 1423 e 1439. CAPITOLO I
L'UFFICIO DEI GIUDICI E DEI MINISTRI DEL TRIBUNALE 1446 Can. 1446 - §1. Tutti i
fedeli, ma in primo luogo i Vescovi, s'impegnino assiduamente perché, salva
la giustizia, siano evitate, per quanto è possibile, le liti nel popolo di
Dio e si compongano al più presto pacificamente. §2. Il giudice sul
nascere della lite ed anche in qualunque altro momento, ogni volta che scorga
qualche speranza di buon esito, non lasci di esortare le parti e di aiutarle
a cercare di comune accordo un'equa soluzione della controversia, e indichi
loro le vie idonee a tal proposito, servendosi eventualmente anche di persone
autorevoli per la mediazione. §3. Che se la lite verta
sul bene privato delle parti, il giudice veda se con la transazione o il
giudizio arbitrale, a norma dei cann. 1713-1716, possa concludersi
vantaggiosamente. 1447 Can. 1447 - Chi è
intervenuto in una causa come giudice, promotore di giustizia, difensore del
vincolo, procuratore, avvocato, teste o perito, non può in seguito
validamente definire la stessa causa in altra istanza come giudice o svolgere
in essa la funzione di assessore. 1448 Can. 1448 - §1. Il giudice
non accetti di giudicare una causa che in qualche modo lo riguarda in ragione
di vincoli di consanguineità o affinità in qualunque grado della linea retta
e fino al quarto grado della linea collaterale, o in ragione di tutela e
curatela, di convivenza, di grave inimicizia, oppure a scopo di guadagno o
per evitare un danno. §2. Nelle medesime
circostanze devono astenersi dal loro ufficio il promotore di giustizia, il
difensore del vincolo, l'assessore e l'uditore. 1449 Can. 1449 - §1. Nei casi
di cui al can. 1448, se il giudice stesso non si astiene, la parte lo può
ricusare. §2. Circa la ricusazione
decide il Vicario giudiziale; se è lui stesso ad essere ricusato decide il
Vescovo che presiede il tribunale. §3. Se il Vescovo stesso
è giudice e contro di lui va la ricusazione, si astenga dal giudicare. §4. Se la ricusazione
viene fatta contro il promotore di giustizia, il difensore del vincolo o gli
altri ministri del tribunale, su questa eccezione decide il presidente del
tribunale collegiale o il giudice stesso, se è unico. 1450 Can. 1450 - Ammessa la
ricusazione, le persone devono essere sostituite, ma non cambia il grado di
giudizio. 1451 Can. 1451 - §1. La
questione circa la ricusazione deve essere definita con la massima celerità,
udite le parti, il promotore di giustizia o il difensore del vincolo, se
intervengono in causa e non siano stati essi stessi ricusati. §2. Gli atti posti dal
giudice prima d'essere ricusato sono validi; quelli posti dopo che fu
proposta la ricusazione devono essere rescissi se la parte lo chieda entro
dieci giorni dall'ammissione della ricusazione. 1452 Can. 1452 - §1. In un
affare che interessa soltanto privati, il giudice può procedere solo ad
istanza della parte. Ma se la causa fu legittimamente introdotta, il giudice
può e deve procedere anche d'ufficio nelle cause penali e nelle altre cause
che vertano sul bene pubblico della Chiesa o sulla salvezza delle anime. §2. Il giudice inoltre
può supplire la negligenza delle parti nell'addurre le prove o nell'opporre
eccezioni, ogniqualvolta ritenga che ciò sia necessario ad evitare una
sentenza gravemente ingiusta, ferme restando le disposizioni del can. 1600. 1453 Can. 1453 - Giudici e
tribunali provvedano affinché, salva la giustizia, tutte le cause si concludano
al più presto, di modo che non si protraggano più di un anno nel tribunale di
prima istanza, e non più di sei mesi nel tribunale di seconda istanza. 1454 Can. 1454 - Tutti coloro
che compongono il tribunale o in esso collaborano devono prestare giuramento
di adempiere convenientemente e fedelmente l'ufficio. 1455 Can. 1455 - §1. I giudici
e gli aiutanti del tribunale sono tenuti a mantenere il segreto d'ufficio,
nel giudizio penale sempre, nel contenzioso poi se dalla rivelazione di qualche
atto processuale possa derivare pregiudizio alle parti. §2. Sono anche sempre
tenuti a mantenere il segreto sulla discussione che si ha tra i giudici nel
tribunale collegiale prima di dare la sentenza, e anche sui vari suffragi e
sulle opinioni ivi pronunciate, fermo restando il disposto del can. 1609, §4. §3. Anzi ogniqualvolta la
causa o le prove siano di tal natura che dalla divulgazione degli atti o
delle prove sia messa in pericolo la fama altrui, o si dia occasione a
dissidi, o sorga scandalo o altri simili inconvenienti, il giudice può
vincolare con il giuramento di mantenere il segreto i testi, i periti, le
parti e i loro avvocati o procuratori. 1456 Can. 1456 - Al giudice e
a tutti i ministri del tribunale è proibito accettare qualunque regalo in
occasione dello svolgimento del giudizio. 1457 Can. 1457 - §1. I giudici
che, essendo sicuramente ed evidentemente competenti, si rifiutano di
giudicare, o che non sorretti da alcuna disposizione del diritto si
dichiarano competenti e giudicano e definiscono le cause, oppure violano la
legge del segreto, o per dolo o negligenza grave procurano altro danno ai
contendenti, possono essere puniti dall'autorità competente con congrue pene,
non esclusa la privazione dell'ufficio. §2. Alle medesime sanzioni
sono soggetti i ministri e gli aiutanti del tribunale, se fossero venuti meno
al loro dovere come sopra; tutti questi anche il giudice li può punire. CAPITOLO II
L'ORDINE DA SEGUIRE NEL GIUDICARE LE CAUSE 1458 Can. 1458 - Le cause
devono essere giudicate nell'ordine secondo il quale furono proposte e
scritte nell'elenco, a meno che alcuna di esse esiga una trattazione più
rapida rispetto alle altre, il che deve però essere stabilito con speciale
decreto corredato dalle motivazioni. 1459 Can. 1459 - §1. I vizi,
per i quali si può avere la nullità della sentenza, possono essere eccepiti e
anche dichiarati d'ufficio dal giudice in qualunque stadio o grado del
giudizio. §2. Oltre i casi di cui
al §1, le eccezioni dilatorie, soprattutto quelle che riguardano le persone e
le modalità del giudizio, devono essere proposte prima della contestazione
della lite, a meno che non siano emerse per la prima volta a lite già
contestata, e devono essere definite al più presto. 1460 Can. 1460 - §1. Se è proposta
una eccezione contro la competenza del giudice, della cosa deve decidere il
giudice stesso. §2. In caso di eccezione
di incompetenza relativa, se il giudice si dichiara competente, la sua decisione
non ammette appello, ma non sono proibite la querela di nullità e la
restitutio in integrum. §3. Che se il giudice si
dichiara incompetente, la parte che si ritiene onerata, entro quindici giorni
di tempo utile può ricorrere al tribunale di appello. 1461 Can. 1461 - Il giudice
che in qualunque stadio della causa si riconosca incompetente d'incompetenza
assoluta, deve dichiarare la propria incompetenza. 1462 Can. 1462 - §1. Le
eccezioni di cosa giudicata, di transazione e le altre perentorie dette litis
finitae devono essere proposte ed esaminate prima della contestazione della
lite; chi le sollevasse più tardi non deve essere respinto, ma sia condannato
a pagare le spese, a meno che non provi di non aver maliziosamente differito
l'opposizione. §2. Le altre eccezioni
perentorie siano proposte nella contestazione della lite, e devono essere a
suo tempo trattate secondo le regole proprie delle questioni incidentali. 1463 Can. 1463 - §1. Le azioni
riconvenzionali non possono essere validamente poste, se non entro trenta
giorni dalla avvenuta contestazione della lite. §2. Le medesime siano poi
giudicate insieme all'azione convenzionale, cioè in pari grado con essa, a
meno che non sia necessario giudicarle separatamente o il giudice lo abbia ritenuto
più opportuno. 1464 Can. 1464 - Le questioni
relative alla cauzione da dare sulle spese giudiziali, o alla concessione del
gratuito patrocinio, richiesto subito da principio, ed altre simili devono
essere giudicate di regola prima della contestazione della lite. CAPITOLO III
TERMINI E DILAZIONI
1465 Can. 1465 - §1. I così
detti fatalia legis, cioè i termini costituiti dalla legge per la perenzione
dei diritti, non possono essere prorogati, né possono essere validamente
ridotti se non lo richiedano le parti. §2. I termini giudiziari
e convenzionali invece, prima della loro decadenza, possono essere prorogati
dal giudice intervenendo una giusta causa, udite le parti o a loro richiesta,
ma non possono essere mai validamente ridotti, senza il consenso delle parti. §3. Il giudice provveda
tuttavia affinché la lite non si protragga troppo a lungo a causa della
proroga. 1466 Can. 1466 - Dove la legge
non fissa termini per il compimento degli atti processuali, li deve stabilire
il giudice, tenuto conto della natura di ciascun atto. 1467 Can. 1467 - Se nel giorno
notificato per un atto processuale il tribunale non abbia lavorato, il
termine s'intende prorogato al primo giorno non festivo seguente. CAPITOLO IV
IL LUOGO DEL GIUDIZIO 1468 Can. 1468 - Ciascun
tribunale abbia una sede per quanto è possibile stabile, che sia aperta ad
ore stabilite. 1469 Can. 1469 - §1. Il
giudice espulso con la violenza dal suo territorio o impedito di esercitare
in esso la giurisdizione, può esercitare la sua giurisdizione fuori del
territorio ed emanare sentenze, dopo aver tuttavia di ciò informato il
Vescovo diocesano. §2. Oltre il caso di cui
al §1, il giudice, per giusta causa e dopo aver udite le parti, può anche
recarsi fuori del proprio territorio per acquisire le prove, su licenza
tuttavia del Vescovo diocesano del luogo dove intende andare e nella sede
designata dal medesimo. CAPITOLO V
LE PERSONE DA AMMETTERSI IN AULA, MODALITA' PER LA REDAZIONE E LA CONSERVAZIONE DEGLI ATTI 1470 Can. 1470 - §1. Salvo che
la legge particolare non disponga altrimenti, durante lo svolgimento delle
cause avanti al tribunale siano ammesse in aula quelle persone soltanto che
la legge o il giudice abbiano stabilito essere necessarie per il compimento
del processo. §2. Il giudice può
richiamare al loro dovere con congrue pene tutte le persone presenti al
giudizio che abbiano gravemente mancato al rispetto e all'obbedienza dovuti
al tribunale, ed inoltre anche sospendere dall'esercizio del loro incarico
avanti ai tribunali ecclesiastici avvocati e procuratori. 1471 Can. 1471 - Se qualche
persona da interrogare usi una lingua sconosciuta al giudice o alle parti, si
ricorra ad un interprete giurato designato dal giudice. Le dichiarazioni
siano tuttavia redatte per iscritto nella lingua originaria e vi si aggiunga
la traduzione. Si ricorra parimenti all'interprete qualora si debba
interrogare un sordo o un muto, a meno che il giudice eventualmente non
preferisca che risponda alle domande postegli per iscritto. 1472 Can. 1472 - §1. Gli atti
giudiziari, sia quelli relativi al merito della questione o atti di causa,
sia quelli attinenti alla procedura o atti del processo, devono essere
redatti per iscritto. §2. Le singole pagine
degli atti siano numerate e autenticate. 1473 Can. 1473 - Ogniqualvolta
negli atti giudiziari è richiesta la firma delle parti o dei testimoni, se
una parte o un testimone non può o non vuole sottoscrivere, lo si annoti
negli atti stessi, e nello stesso tempo giudice e notaio facciano fede che
l'atto stesso fu letto parola per parola alla parte o al testimone e che
questi non poterono o non vollero firmare. 1474 Can. 1474 - §1. In caso
di appello, un esemplare degli atti, della cui autenticità abbia fatto fede
il notaio, sia inviato al tribunale superiore. §2. Se gli atti furono
scritti in una lingua sconosciuta al tribunale superiore, siano tradotti in
lingua nota al medesimo, usando le dovute cautele affinché consti che la
traduzione è fedele. 1475 Can. 1475 - §1. Terminato
il giudizio i documenti che sono proprietà di privati devono essere
restituiti, conservandone però un esemplare. §2. E' fatto divieto ai
notai e al cancelliere di rilasciare senza il mandato del giudice copia degli
atti giudiziari e dei documenti acquisiti al processo. CAPITOLO I
ATTORE E CONVENUTO 1476 Can. 1476 - Chiunque, sia
battezzato sia non battezzato, può agire in giudizio; la parte poi
legittimamente chiamata in giudizio deve rispondere. 1477 Can. 1477 - benché l'attore
o la parte convenuta si siano costituiti un procuratore od un avvocato,
devono tuttavia sempre presenziare personalmente in giudizio secondo il
disposto del diritto o del giudice. 1478 Can. 1478 - §1. I minori
e coloro che non hanno l'uso di ragione, possono stare in giudizio soltanto
tramite i loro genitori o i tutori o i curatori, salvo il disposto del §3. §2. Se il giudice reputa
che i loro diritti siano in conflitto con i diritti dei genitori, dei tutori
o dei curatori, o che questi non possano sufficientemente tutelarne i
diritti, stiano in giudizio tramite un tutore o un curatore assegnato dal
giudice. §3. Ma nelle cause
spirituali e connesse alle spirituali, se i minorenni hanno raggiunto l'uso
di ragione, possono agire e rispondere senza il consenso dei genitori o dei
tutori, anzi personalmente se hanno compiuto i quattordici anni di età; se
non li hanno ancora compiuti, per il tramite di un curatore costituito dal
giudice. §4. Gli interdetti
dall'amministrazione dei beni e gli infermi di mente, possono stare in
giudizio personalmente solo per rispondere dei propri delitti o per
disposizione del giudice; per tutto il resto devono agire e rispondere per il
tramite dei loro curatori. 1479 Can. 1479 - Ogniqualvolta
vi è un tutore o un curatore costituito dall'autorità civile, il medesimo può
essere ammesso dal giudice ecclesiastico, udito, se possibile, il Vescovo
diocesano di colui al quale fu dato; che se non vi sia o non si ritenga di
doverlo ammettere, il giudice stesso designerà un tutore o un curatore per la
causa. 1480 Can. 1480 - §1. Le
persone giuridiche stanno in giudizio per il tramite dei loro legittimi
rappresentanti. §2. Nel caso poi non vi
sia rappresentante o sia negligente, l'Ordinario stesso personalmente o
tramite altro può stare in giudizio a nome delle persone giuridiche soggette
alla sua potestà. CAPITOLO II
PROCURATORI ALLE LITI E AVVOCATI 1481 Can. 1481 - §1. La parte
può liberamente costituirsi un avvocato e un procuratore; può tuttavia, oltre
i casi stabiliti nei §§2 e 3, anche agire e rispondere personalmente, a meno
che il giudice non abbia ritenuto necessaria l'assistenza di un procuratore o
di un avvocato. §2. Nel giudizio penale
l'accusato deve sempre avere un avvocato, che si sia egli stesso costituito o
assegnato a lui dal giudice. §3. Nel giudizio
contenzioso, se si tratti di minori o di un giudizio vertente circa il bene
pubblico ad eccezione delle cause matrimoniali, il giudice costituisca
d'ufficio un difensore alla parte che non l'abbia. 1482 Can. 1482 - §1. Ognuno
può costituirsi un solo procuratore, a questi non è consentito di farsi
sostituire da un altro, a meno che non gliene sia stata data espressamente
facoltà. §2. Che se tuttavia,
suggerendolo una giusta causa, la stessa persona ne abbia costituito
parecchi, questi siano designati in modo che tra di loro abbia luogo la
prevenzione. §3. E' possibile invece
costituire più avvocati allo stesso tempo. 1483 Can. 1483 - Procuratore
ed avvocato devono essere maggiorenni e di buona fama; l'avvocato deve
inoltre essere cattolico, a meno che il Vescovo diocesano non permetta
altrimenti, e dottore in diritto canonico, o in caso contrario veramente
esperto, ed approvato dal Vescovo stesso. 1484 Can. 1484 - §1.
Procuratore ed avvocato prima di assumere l'incarico, devono depositare
presso il tribunale un mandato autentico. §2. Per impedire tuttavia
l'estinguersi di un diritto il giudice può ammettere un procuratore anche
senza che abbia presentato il mandato, previe idonee garanzie, se del caso;
l'atto però non ha alcun valore se nel termine perentorio da stabilirsi dal
giudice, il procuratore non esibisca regolarmente il mandato. 1485 Can. 1485 - Se non abbia
avuto un mandato speciale, il procuratore non può validamente rinunciare
all'azione, all'istanza o agli atti giudiziali, né può fare transazioni,
patti, compromessi arbitrali ed in genere quelle cose per le quali il diritto
richiede un mandato speciale. 1486 Can. 1486 - §1. La
rimozione del procuratore o dell'avvocato per avere effetto deve essere loro
intimata, e, se la lite fu già contestata, della rimozione siano informati il
giudice e la parte avversa. §2. Emanata la sentenza
definitiva, il diritto e il dovere di appellare, se il mandante non si
opponga, resta al procuratore. 1487 Can. 1487 - Sia il
procuratore sia l'avvocato possono essere rimossi dal giudice d'ufficio o ad
istanza della parte con l'emanazione di un decreto, ciò tuttavia per una
causa grave. 1488 Can. 1488 - §1. E' fatto divieto
ad entrambi di trarre dalla propria parte la lite con denaro, oppure di
pattuire per sé un emolumento esagerato o pretendendo una parte della cosa
che è oggetto del litigio. Se lo facessero, il patto è nullo e potranno
essere multati dal giudice con un'ammenda. L'avvocato inoltre può essere
sospeso dall'ufficio, e, se sia recidivo, anche essere cancellato dall'albo
degli avvocati. §2. Allo stesso modo
possono essere puniti avvocati e procuratori che, eludendo la legge,
sottraggono ai tribunali competenti le cause perché siano definite da altri
più favorevolmente. 1489 Can. 1489 - Avvocati e
procuratori che a causa di doni, promesse o per qualunque altro motivo
abbiano tradito il loro ufficio, siano sospesi dall'esercizio del patrocinio
e siano puniti con un'ammenda o con altre congrue pene. 1490 Can. 1490 - In ciascun
tribunale si costituiscano, per quanto è possibile, patroni stabili,
stipendiati dallo stesso tribunale, che esercitino l'incarico di avvocati o
procuratori nelle cause soprattutto matrimoniali per le parti che di
preferenza desiderino sceglierli. CAPITOLO I
AZIONI ED ECCEZIONI IN GENERE 1491 Can. 1491 - Ogni diritto
è protetto non soltanto da un'azione, ma anche da un'eccezione, a meno che
non sia disposto espressamente altro. 1492 Can. 1492 - §1. Ogni
azione si estingue con la prescrizione a norma del diritto o in altro
legittimo modo, fatta eccezione per le azioni sullo stato delle persone che
non si estinguono mai. §2. L'eccezione, salvo il
disposto del can. 1462, è sempre possibile e per la sua stessa natura è
perpetua. 1493 Can. 1493 - L'attore può
convenire un altro con più azioni simultanee, tuttavia tra loro non
contrarie, sia sulla stessa cosa sia in materie diverse, se non oltrepassino i
limiti della competenza del tribunale cui accede. 1494 Can. 1494 - §1. La parte
convenuta può intraprendere un'azione riconvenzionale avanti allo stesso
giudice e nello stesso giudizio contro l'attore, o per il nesso della causa
con l'azione principale, oppure per far ritirare o ridurre la domanda
dell'attore. §2. Non è permesso
all'attore riconvenuto di riconvenire a sua volta la parte avversa. 1495 Can. 1495 - L'azione
riconvenzionale deve essere proposta al giudice avanti al quale fu intrapresa
la prima azione, anche se delegato soltanto ad un'unica causa o per altri
motivi relativamente incompetente. CAPITOLO II
AZIONI ED ECCEZIONI IN SPECIE
1496 Can. 1496 - §1. Chi avrà
dimostrato con argomenti almeno probabili di avere diritto ad una qualche
cosa in possesso altrui, e che è imminente per lui un danno se quella cosa
non sia consegnata in custodia, ha diritto di ottenerne dal giudice il
sequestro. §2. In analoghe
circostanze può ottenere che sia inibito a un terzo l'esercizio di un diritto. 1497 Can. 1497 - §1. Il
sequestro della cosa è ammesso anche per assicurare un credito, purché consti
sufficientemente del diritto del creditore. §2. Il sequestro può
estendersi anche ai beni del debitore che si trovino a qualunque titolo
presso terze persone, e ai crediti del debitore. 1498 Can. 1498 - Il sequestro
della cosa e l'inibizione all'esercizio del diritto non possono assolutamente
essere decisi, se il danno temuto possa essere altrimenti riparato o se ne
dia idonea garanzia. 1499 Can. 1499 - Il giudice
può imporre a colui al quale concede il sequestro della cosa o l'inibizione
all'esercizio del diritto, una cauzione previa sui danni da risarcire in caso
non abbia provato il suo diritto. 1500 Can. 1500 - Per quanto
concerne la natura e il valore dell'azione possessoria, si osservino le
disposizioni del diritto civile del luogo ov'è situata la cosa del cui
possesso si tratta. CAPITOLO I
IL LIBELLO INTRODUTTORIO DELLA LITE 1501 Can. 1501 - Il giudice
non può esaminare alcuna causa, se non gli venga presentata, a norma dei
canoni, una domanda da chi ha interesse o dal promotore di giustizia. 1502 Can. 1502 - Chi vuol
convenire qualcuno deve presentare al giudice competente un libello in cui si
proponga l'oggetto della controversia e si richieda il ministero del giudice. 1503 Can. 1503 - §1. Il
giudice può ammettere la domanda orale, ogniqualvolta o l'attore sia impedito
di presentare il libello o la causa comporti una ricerca facile e sia di
minor importanza. §2. In ambo i casi
tuttavia il giudice ordini al notaio di redigere un atto per iscritto, che
deve essere letto all'attore e da questi approvato, e che sostituisce a tutti
gli effetti di diritto il libello scritto dall'attore. 1504 Can. 1504 - Il libello
con il quale s'introduce la lite deve: 1) esprimere avanti a quale giudice la
causa viene introdotta, che cosa si chiede e da chi; 2) indicare su quale
diritto si fonda l'attore, e almeno per sommi capi fatti e prove per
dimostrare quanto e asserito; 3) essere sottoscritta dall'attore o dal suo
procuratore, apponendovi giorno, mese e anno, nonché il luogo ove l'attore o
il procuratore abitano o dissero di risiedere per ricevere gli atti; 4)
indicare il domicilio o il quasi-domicilio del convenuto. 1505 Can. 1505 - §1. Il
giudice unico o il presidente del tribunale collegiale, dopo aver constatato
che la cosa è di sua competenza e che all'attore non manca la capacità
legittima di stare in giudizio, deve al più presto con un suo decreto
ammettere o respingere il libello. §2. Il libello può essere
respinto soltanto: 1) se il giudice o il tribunale sono incompetenti; 2) se
consta senza dubbio che all'attore manca la capacità legittima di stare in
giudizio; 3) se non sono state osservate le disposizioni del can. 1504, nn.
1-3; 4) se è sicuramente manifesto dal libello stesso che che la domanda
manca di qualunque fondamento, né potrà accadere che alcun fondamento venga
fuori dal processo. §3. Se il libello fu
respinto a causa di difetti che possono essere emendati, l'attore può
nuovamente esibire allo stesso giudice un altro libello correttamente
redatto. §4. Contro la reiezione
del libello, la parte ha sempre diritto di interporre ricorso corredato di
motivazioni, entro il tempo utile di dieci giorni o al tribunale d'appello o
al collegio se il libello fu respinto dal presidente; la questione poi della
reiezione deve essere definita con la massima celerità. 1506 Can. 1506 - Se il giudice
entro un mese dalla presentazione del libello non ha emesso il decreto, con
il quale ammette o respinge il libello a norma del can. 1505, la parte
interessata può fare istanza perché il giudice adempia il suo compito; che se
ciononostante il giudice taccia, trascorsi inutilmente dieci giorni dalla
data dell'istanza, il libello si consideri ammesso. CAPITOLO II CITAZIONE E INTIMAZIONE
DEGLI ATTI GIUDIZIARI 1507 Can. 1507 - §1. Nel
decreto con il quale si ammette il libello dell'attore, il giudice o il
presidente deve chiamare in giudizio ovvero citare le altre parti per la
contestazione della lite, stabilendo se debbano rispondere per iscritto o
presentandosi davanti a lui per concordare i dubbi. Che se dalle risposte
scritte veda la necessità di convocare le parti, lo può stabilire con un
nuovo decreto. §2. Se il libello si
considera accolto a norma del can. 1506, il decreto di citazione in giudizio
deve essere dato entro venti giorni dal momento in cui fu fatta l'istanza, di
cui in quel canone. §3. Che se le parti
contendenti di fatto si presentino davanti al giudice per fare la causa, non
c'è bisogno di citazione, ma l'attuario metta agli atti che le parti furono
presenti in giudizio. 1508 Can. 1508 - §1. Il
decreto di citazione in giudizio deve essere subito notificato alla parte
convenuta e contemporaneamente reso noto agli altri che devono comparire. §2. Alla citazione si
aggiunga il libello introduttorio della lite, a meno che il giudice per cause
gravi non ritenga che non si debba rendere noto alla parte il libello prima
che questa abbia deposto in giudizio. §3. Se si fa causa a una
persona che non ha il libero esercizio dei suoi diritti, o la libera
amministrazione delle cose in questione, la citazione deve essere intimata, a
seconda dei casi, al tutore, al curatore, al procuratore speciale ovvero a
chi è tenuto a norma di diritto ad incaricarsi del giudizio a nome della
medesima. 1509 Can. 1509 - §1. La
notificazione di citazioni, decreti, sentenze, ed altri atti giudiziari deve
essere fatta tramite i servizi postali o in altro modo assolutamente sicuro,
osservate le norme stabilite per legge particolare. §2. Del fatto della
notificazione e del modo in cui essa fu fatta deve constare agli atti. 1510 Can. 1510 - Il convenuto
che si rifiuta di ricevere la scheda di citazione o impedisce alla citazione di
raggiungerlo, si consideri legittimamente citato. 1511 Can. 1511 - Se la
citazione non fu legittimamente notificata, gli atti del processo sono nulli,
salvo il disposto del can. 1507, §3. 1512 Can. 1512 - Notificata
legittimamente la citazione o presentatesi le parti davanti al giudice per
fare la causa: 1) la cosa cessa di essere integra; 2) la causa diventa
propria di quel giudice o di quel tribunale per altro competente, avanti al
quale fu introdotta l'azione; 3 la potestà del giudice delegato si rende
stabile, di modo che non cessa con il venir meno del diritto del delegante;
4) s'interrompe la prescrizione, a meno che non sia disposto altrimenti; 5)
la lite comincia ad essere aperta; pertanto vale immediatamente il principio:
lite pendente nihil innovetur. 1513 Can. 1513 - §1. Si ha la
contestazione della lite, quando con un decreto del giudice si definiscono i
termini della controversia, desunti dalle richieste e dalle risposte delle
parti. §2. Le richieste e le
risposte, oltre che nel libello introduttorio della lite, possono essere
espresse o nella risposta alla citazione o in dichiarazioni fatte a voce
avanti al giudice; ma nelle cause più difficili le parti devono essere
convocate dal giudice per concordare il dubbio o i dubbi, a cui si dovrà
rispondere nella sentenza. §3. Il decreto del
giudice deve essere notificato alle parti, le quali, salvo che non si siano
già dichiarate consenzienti, possono ricorrere entro dieci giorni al giudice
perché sia mutato; la questione deve poi essere definita con decreto del
giudice stesso con la massima celerità. 1514 Can. 1514 - I termini
della controversia una volta stabiliti non possono essere validamente mutati,
se non con un nuovo decreto, per una causa grave, ad istanza di una parte
dopo aver udito le altre parti ed averne soppesato le ragioni. 1515 Can. 1515 - Contestata la
lite il possessore di un bene altrui cessa di essere in buona fede; pertanto
se è condannato a restituire la cosa, deve rendere anche i frutti dal giorno
della contestazione della lite e risarcire i danni. 1516 Can. 1516 - Contestata la
lite, il giudice stabilisca alle parti un congruo spazio di tempo per
proporre e completare le prove. 1517 Can. 1517 - L'inizio
dell'istanza avviene con la citazione; la fine non si ha soltanto con la
sentenza definitiva, ma anche negli altri modi stabiliti dal diritto. 1518 Can. 1518 - Se una parte
contendente muoia, o cambi stato o cessi dall'ufficio in ragione del quale agisce:
1) a causa non ancora conclusa, l'istanza è sospesa fino a che sia riassunta
la lite dall'erede del defunto, dal successore o dall'avente interesse; 2) a
causa conclusa, il giudice deve procedere oltre, dopo aver citato il
procuratore, se vi sia, altrimenti l'erede del defunto o il successore. 1519 Can. 1519 - §1. Se
cessino dall'incarico il tutore o il curatore o il procuratore, che sia
necessario a norma del can. 1481, §§1 e 3, l'istanza è nel frattempo sospesa. §2. Il giudice
costituisca al più presto un altro tutore o curatore; può poi costituire un
procuratore alla lite se la parte abbia trascurato di farlo entro un breve
termine di tempo stabilito dal giudice stesso. 1520 Can. 1520 - Se nessun
atto processuale sia posto dalle parti per sei mesi, senza che vi si opponga
alcun impedimento, l'istanza va in perenzione. La legge particolare può
stabilire altri termini per la perenzione. 1521 Can. 1521 - La perenzione
ha effetto per il diritto stesso e contro tutti, anche minorenni o ad essi
equiparati, e deve anche essere dichiarata d'ufficio, salvo il diritto di
chiedere indennità contro i tutori, curatori, amministratori, procuratori, i
quali non abbiano dimostrato di non averne colpa. 1522 Can. 1522 - La perenzione
estingue gli atti del processo, ma non gli atti della causa; anzi questi
possono avere valore anche in una successiva istanza, purché essa si svolga
tra le stesse persone e sullo stesso oggetto; ma per ciò che riguarda gli
estranei, non hanno altro valore se non di documenti. 1523 Can. 1523 - Le spese del
giudizio andato in perenzione sono rispettivamente a carico di ciascuno dei
contendenti nella misura in cui furono fatte dai medesimi. 1524 Can. 1524 - §1. In
qualunque stadio e grado del giudizio l'attore può rinunciare all'istanza;
anzi sia l'attore sia la parte convenuta possono rinunciare agli atti del
processo, sia a tutti sia ad alcuni soltanto. §2. Tutori e
amministratori di persone giuridiche, perché possano rinunciare all'istanza
necessitano del parere o del consenso di coloro dei quali è richiesto il
concorso per porre atti che eccedono i limiti dell'amministrazione ordinaria. §3. Per essere valida la
rinuncia deve essere fatta per iscritto e deve essere sottoscritta dalla
parte o dal suo procuratore, che sia tuttavia munito di mandato speciale,
deve essere comunicata all'altra parte e da essa accettata o almeno non
impugnata, e deve essere ammessa dal giudice. 1525 Can. 1525 - La rinuncia ammessa
dal giudice, per gli atti ai quali si ha rinunciato, ottiene gli stessi
effetti della perenzione dell'istanza, e obbliga il rinunciante a pagare le
spese degli atti cui ha rinunciato. 1526 Can. 1526 - §1.
L'incombenza di fornire le prove tocca a chi asserisce. §2. Non necessitano di
prova: 1) ciò che dalla legge stessa si presume; 2) i fatti asseriti da uno
dei contendenti ed ammessi dall'altro, a meno che ciò nonostante la prova sia
esigita dal diritto o dal giudice. 1527 Can. 1527 - §1. Possono
essere addotte prove di qualunque genere, che sembrino utili per esaminare la
causa e siano lecite. §2. Se una parte fa
istanza perché una prova rifiutata dal giudice venga ammessa, il giudice
definisca la cosa con la massima celerità. 1528 Can. 1528 - Se una parte
o un testimone si rifiutano di comparire per rispondere avanti al giudice, è
consentito udirli anche tramite un laico designato dal giudice, o richiedere
la loro deposizione avanti a un pubblico notaio o in qualunque altro modo
legittimo. 1529 Can. 1529 - Il giudice
non proceda a raccogliere le prove prima della contestazione della lite se
non per una causa grave. CAPITOLO I
LE DICHIARAZIONI DELLE PARTI
1530 Can. 1530 - Il giudice
per scoprire più adeguatamente la verità può sempre interrogare le parti;
anzi lo deve fare su istanza di una parte o per provare un fatto sul quale è
di pubblico interesse togliere ogni dubbio. 1531 Can. 1531 - §1. La parte
legittimamente interrogata deve rispondere e dire integralmente la verità. §2. Che se si rifiuta di
rispondere, spetta al giudice valutare che cosa se ne può dedurre per la
prova dei fatti. 1532 Can. 1532 - Nei casi in
cui è in causa il bene pubblico, il giudice faccia fare alle parti il
giuramento di dire la verità o almeno di avere detto la verità, a meno che
una causa grave non suggerisca altro; negli altri casi può farlo a sua
prudente discrezione. 1533 Can. 1533 - Le parti, il
promotore di giustizia e il difensore del vincolo possono presentare al
giudice dei punti sui quali la parte sia interrogata. 1534 Can. 1534 - Circa
l'interrogatorio delle parti si osservino proporzionalmente le regole
stabilite per i testimoni nei cann. 1548, §2, n. 1, 1552 e 1558-1565. 1535 Can. 1535 - L'asserzione
di un qualche fatto circa la materia stessa del giudizio, resa per iscritto o
oralmente da una parte contro di sé avanti al giudice competente, sia
spontaneamente sia a domanda del giudice, è una confessione giudiziale. 1536 Can. 1536 - §1. La
confessione giudiziale di una parte, se si tratta di un qualche affare
privato e non è in causa il bene pubblico, libera le altre parti dall'onere
della prova. §2. Nelle cause poi che
riguardano il bene pubblico la confessione giudiziale e le dichiarazioni
delle parti che non siano confessioni, possono aver forza probante, da
valutarsi dal giudice insieme a tutte le altre circostanze della causa, ma
non si può attribuire loro forza di prova piena se non si aggiungano altri
elementi ad avvalorarle in modo definitivo. 1537 Can. 1537 - Spetta al
giudice, soppesate tutte le circostanze, decidere qual valore dare alla
confessione extragiudiziale prodotta in giudizio. 1538 Can. 1538 - La
confessione o qualsiasi altra dichiarazione della parte manca assolutamente
di forza probante se consti che essa fu pronunciata per errore di fatto o fu
estorta con la violenza o con timore grave. CAPITOLO II
PROVA DOCUMENTALE
1539 Can. 1539 - In ogni
genere di giudizio è ammessa la prova per via di documenti sia pubblici sia
privati. Art. 1: Natura e forza probante dei documenti 1540 Can. 1540 - §1. Sono
documenti pubblici ecclesiastici quelli rilasciati da una persona pubblica
nell'esercizio del suo incarico nella Chiesa, osservate le formalità
stabilite nel diritto. §2. Sono documenti
pubblici civili quelli che sono ritenuti tali secondo le leggi di ciascun
luogo. §3. Tutti gli altri
documenti sono privati. 1541 Can. 1541 - Salvo che non
si dimostri altro con argomenti contrari ed evidenti, i documenti pubblici
fanno fede di ciò che in essi è direttamente e principalmente affermato. 1542 Can. 1542 - Il documento
privato, sia riconosciuto dalla parte, sia ammesso dal giudice, ha contro il
suo autore o chi l'ha sottoscritto e gli aventi causa da essi la stessa forza
probante della confessione extragiudiziale; contro estranei ha la stessa
forza probante delle dichiarazioni delle parti che non siano confessioni, a
norma del can. 1536, §2. 1543 Can. 1543 - Se i
documenti appaiono cancellati, corretti, interpolati o guasti per altro
difetto, spetta al giudice decidere se ed in qual conto tali documenti si
debbano tenere. Art. 2: Produzione dei documenti 1544 Can. 1544 - I documenti
non hanno forza probante in giudizio, se non siano originali o esibiti in esemplare
autentico e consegnati alla cancelleria del tribunale, perché possano essere
esaminati dal giudice e dalla parte avversa. 1545 Can. 1545 - Il giudice
può ordinare che sia esibito nel processo un documento comune ad entrambe le
parti. 1546 Can. 1546 - §1. Nessuno è
tenuto a produrre documenti, anche se comuni, che non possono essere esibiti
senza pericolo di danno a norma del can. 1548, §2, n. 2, o senza pericolo di
violazione del segreto che si deve mantenere. §2. Se tuttavia è
possibile descrivere almeno una piccola parte del documento o produrla in
esemplare senza gli inconvenienti menzionati, il giudice può ordinarne
l'esibizione. CAPITOLO III
TESTIMONI E TESTIMONIANZE
1547 Can. 1547 - In qualsiasi causa
è ammessa la prova tramite testimoni, sotto la direzione del giudice. 1548 Can. 1548 - §1. I
testimoni devono confessare la verità al giudice che legittimamente li
interroghi. §2. Salvo il disposto del
can. 1550, §2, n. 2, sono liberati dal dovere di rispondere: 1) i chierici
per quanto fu loro manifestato in ragione del sacro ministero; i pubblici
magistrati, i medici, le ostetriche, gli avvocati, i notai e altri che sono
tenuti al segreto d'ufficio anche in ragione del consiglio dato, per quanto
riguarda gli affari soggetti a questo segreto; 2) coloro che dalla propria
testimonianza temano per sé o per il il coniuge o per i consanguinei o gli
affini più vicini infamia, pericolosi maltrattamenti o altri gravi mali. Art. 1: Chi può essere testimone 1549 Can. 1549 - Tutti possono
essere testimoni, a meno che non siano espressamente riprovati dal diritto in
tutto o in parte. 1550 Can. 1550 - §1. Non siano
ammessi a fare da testimone i minori al di sotto dei quattordici anni e i deboli
di mente; potranno tuttavia essere uditi per decreto del giudice, con il
quale se ne dichiari l'opportunità. §2. Si reputano incapaci:
1) le parti in causa o coloro che compaiono in giudizio a loro nome, il
giudice o i suoi assistenti, l'avvocato e gli altri che assistono o abbiano
assistito le parti nella stessa causa; 2) i sacerdoti per quanto concerne
tutto ciò che fu loro rivelato nella confessione sacramentale, anche se il
penitente ne richieda la manifestazione; anzi, tutto ciò che da chiunque ed
in qualunque modo fu udito in occasione della confessione non può essere
recepito neppure come indizio di verità. Art. 2: Presentazione ed esclusione dei testimoni 1551 Can. 1551 - La parte che
ha fatto venire in giudizio un testimone può rinunciare alla sua escussione;
ma la parte avversa può chiedere che ciononostante il teste sia interrogato. 1552 Can. 1552 - §1. Quando si
chiede la prova tramite testimoni, siano indicati al tribunale i loro nomi e
il domicilio. §2. Si esibiscano, entro
il termine stabilito dal giudice, i punti degli argomenti sui quali si chiede
l'interrogatorio dei testimoni; altrimenti si ritenga abbandonata la
richiesta. 1553 Can. 1553 - Spetta al
giudice limitare il numero troppo grande di testimoni. 1554 Can. 1554 - Prima che i
testimoni siano interrogati, dei loro nominativi siano informate le parti;
che se ciò, a prudente valutazione del giudice non sia possibile senza grave
difficoltà, lo si faccia almeno prima della pubblicazione delle deposizioni
testimoniali. 1555 Can. 1555 - Fermo
restando il disposto del can. 1550, una parte può chiedere che un testimone
sia escluso, se sia dimostrata una giusta causa per l'esclusione prima
dell'escussione del medesimo. 1556 Can. 1556 - La citazione
del testimone avviene con un decreto del giudice legittimamente notificato. 1557 Can. 1557 - Il testimone
regolarmente citato compaia o renda nota al giudice la causa della sua
assenza. Art. 3: L'esame dei testimoni 1558 Can. 1558 - §1. I testimoni
devono essere interrogati nella sede stessa del tribunale, salvo diverso
parere del giudice. §2. I Cardinali, i
Patriarchi, i Vescovi e quelli che secondo il diritto del loro paese godono
di egual beneficio, siano uditi nel luogo scelto da essi stessi. §3. Il giudice decida
dove devono essere uditi coloro ai quali, per la distanza, la malattia o
altro impedimento, sia impossibile o difficile raggiungere la sede del
tribunale, ferme restando le disposizioni dei cann. 1418 e 1469, §2. 1559 Can. 1559 - Le parti non
possono assistere all'esame dei testimoni, a meno che il giudice non abbia
ritenuto di doverle ammettere. Possono tuttavia assistervi i loro avvocati o procuratori, a
meno che il giudice per circostanze di cose e di persone non abbia ritenuto
doversi procedere in segreto. 1560 Can. 1560 - §1. I
testimoni devono essere esaminati uno ad uno separatamente. §2. Se i testimoni sono
discordi in cosa grave tra di loro o con una parte, il giudice può riunire
tra loro o mettere a confronto coloro che sono in contraddizione, rimossi,
per quanto è possibile, dissidi e scandalo. 1561 Can. 1561 - L'esame del
testimone viene fatto dal giudice, o da un suo delegato o uditore, che deve
essere assistito dal notaio; di conseguenza le parti, il promotore di
giustizia, il difensore del vincolo, o gli avvocati che intervengano
nell'esame, se hanno altre domande da fare al testimone, queste non le
facciano al testimone ma al giudice o a chi ne fa le veci, perché le rivolga
lui stesso, salvo la legge particolare non disponga altrimenti. 1562 Can. 1562 - §1. Il
giudice ricordi al teste il grave obbligo di dire tutta e sola la verità. §2. Il giudice faccia
giurare il testimone secondo il can. 1532; che se il testimone si rifiuti di
prestarlo, lo ascolti senza che abbia giurato. 1563 Can. 1563 - Il giudice
comprovi innanzitutto l'identità del testimone; domandi quale rapporto egli
abbia con le parti, e facendogli specifiche domande sulla causa, lo
interroghi anche sulle fonti della sua conoscenza e quando precisamente seppe
le cose che asserisce. 1564 Can. 1564 - Le domande
siano brevi, appropriate all'intelligenza di colui che deve essere
interrogato, non includano più elementi insieme, non siano cavillose, non siano
subdole, non suggeriscano la risposta, escludano qualunque offesa e
riguardino la causa di cui si tratta. 1565 Can. 1565 - §1. Non si
comunichino in precedenza ai testimoni le domande. §2. Se tuttavia la
materia su cui si deve deporre sia così lontana nella memoria da non poter
essere affermata con certezza dal testimone senza essergli precedentemente
richiamata, il giudice, quando ritenga che lo si possa fare senza pericolo,
prevenga il testimone su qualche particolare. 1566 Can. 1566 - I testimoni
facciano la testimonianza a voce, senza leggere, a meno che non si tratti di
dati numerici o di conti; in tal caso potranno consultare gli appunti che
abbiano portato con sé. 1567 Can. 1567 - §1. La
risposta deve essere immediatamente redatta per iscritto dal notaio e deve
riferire le stesse parole della testimonianza prodotta, almeno per quanto
concerne direttamente la materia del giudizio. §2. Può essere ammesso
l'uso del magnetofono, purché le risposte siano successivamente trascritte e
firmate, se possibile, da coloro che hanno deposto. 1568 Can. 1568 - Il notaio
riferisca in atti sul giuramento fatto, dispensato o rifiutato, sulla
presenza delle parti, sulle domande aggiunte d'ufficio e in genere su tutti i
fatti degni di menzione eventualmente accaduti durante l'escussione dei
testimoni. 1569 Can. 1569 - §1. Al
termine dell'interrogatorio deve essere letto al testimone quanto della sua
deposizione il notaio redasse per iscritto o fargli ascoltare al magnetofono
ciò che fu registrato, concedendogli facoltà di aggiungere, sopprimere,
correggere e variare. §2. Infine il testimone,
il giudice e il notaio devono sottoscrivere l'atto. 1570 Can. 1570 - I testimoni,
benché già esaminati, potranno, ad istanza della parte o d'ufficio, prima che
gli atti o le testimonianze siano pubblicate, essere nuovamente chiamati a
testimoniare, se il giudice lo ritenga necessario o vantaggioso, purché non
vi sia pericolo di qualsiasi segreta intesa o di curruzione. 1571 Can. 1571 - Ai testimoni,
secondo un'equa tassazione stabilita dal giudice, si devono rifondere sia le
spese fatte sia il guadagno che essi persero per rendere la testimonianza. Art. 4: Forza probante delle testimonianze 1572 Can. 1572 - Nella valutazione
delle testimonianze, il giudice, dopo aver richiesto, se necessario, lettere
testimoniali, prenda in considerazione: 1) quale sia la condizione e l'onestà
della persona; 2) se la testimonianza è fatta per conoscenza propria,
soprattutto per aver veduto o udito personalmente, oppure in base alla
propria opinione, per fama o per averlo udito da altri; 3) se il testimone
sia costante e fermamente coerente con se stesso, oppure sia variabile,
insicuro o dubbioso; 4) se abbia contestimoni su quanto ha deposto, e sia
confermato o no da altri elementi di prova. 1573 Can. 1573 - La
deposizione di un solo testimone non può fare fede piena, a meno che non si
tratti di un testimone qualificato che deponga su cose fatte d'ufficio, o le
circostanze di cose e di persone suggeriscano altro. CAPITOLO IV
I PERITI
1574 Can. 1574 - Ci si deve
servire dell'opera dei periti, ogniqualvolta, secondo il disposto del diritto
o del giudice è necessario il loro esame o il parere, fondato sulle regole
della pratica e della scienza, per provare qualche fatto o per conoscere la
vera natura di una qualche cosa. 1575 Can. 1575 - Spetta al
giudice nominare i periti, udite le parti o su loro proposta, oppure, se del
caso, accettare relazioni già fatte da altri periti. 1576 Can. 1576 - I periti
vengono esclusi o possono essere ricusati per le stesse cause per le quali
sono esclusi o ricusati i testimoni. 1577 Can. 1577 - §1. Il
giudice, atteso quanto i contendenti abbiano eventualmente prodotto,
definisca con suo decreto i singoli punti sui quali si deve svolgere l'opera
del perito. §2. Al perito devono
essere trasmessi gli atti di causa e gli altri documenti e sussidi di cui può
aver bisogno per eseguire correttamente e fedelmente il suo compito. §3. Il giudice, udito il
perito stesso, stabilisca il tempo entro il quale dovrà essere espletato
l'esame e presentata la relazione. 1578 Can. 1578 - §1. I periti
facciano ciascuno la propria relazione distinta da quella degli altri, a meno
che il giudice non ordini che se ne faccia una sola che i singoli periti
dovranno sottoscrivere; se ciò avvenga, si annotino diligentemente le
differenze dei pareri, se ce ne fossero. §2. I periti devono
indicare con chiarezza con quali documenti o in quali altri modi idonei
abbiano accertato l'identità delle persone, delle cose o dei luoghi, secondo
quale metodo e criterio abbiano proceduto nell'espletare il compito loro
richiesto, e soprattutto su quali argomenti si fondino le loro conclusioni. §3. Il perito può essere
convocato dal giudice perché fornisca le spiegazioni che sembrino
ulteriormente necessarie. 1579 Can. 1579 - §1. Il
giudice valuti attentamente non soltanto le conclusioni dei periti, anche se
concordi, ma tutte le altre circostanze della causa. §2. Quando espone le
ragioni della decisione, deve esprimere quali argomenti lo hanno indotto ad
ammettere o a respingere le conclusioni dei periti. 1580 Can. 1580 - Ai periti
devono essere pagate le spese e gli onorari, che il giudice deve stabilire
secondo onestà e giustizia, osservato il diritto particolare. 1581 Can. 1581 - §1. Le parti
possono designare periti privati, i quali devono essere approvati dal
giudice. §2. Questi, se il giudice
li ammette, possono esaminare, nella misura in cui sia necessario, gli atti
di causa, e prendere parte all'esecuzione della perizia; possono poi sempre
presentare la loro relazione. CAPITOLO V
ACCESSO E ISPEZIONE GIUDIZIARIA 1582 Can. 1582 - Se per la definizione
della causa il giudice ritiene opportuno di recarsi in qualche luogo o
d'ispezionare qualche cosa, lo stabilisca con un decreto, con cui descriva
sommariamente, dopo aver udite le parti, tutto ciò che nell'ispezione deve
essergli messo a disposizione. 1583 Can. 1583 -
Dell'ispezione fatta si rediga uno strumento. CAPITOLO VI
LE PRESUNZIONI
1584 Can. 1584 - La
presunzione è la deduzione probabile da un fatto certo di una cosa incerta; è
detta iuris la presunzione che viene stabilita dalla legge stessa; è detta
hominis quella che è formulata dal giudice. 1585 Can. 1585 - Chi ha dalla
sua parte una presunzione iuris, viene liberato dall'onere della prova, che
ricade sulla parte avversa. 1586 Can. 1586 - Il giudice
non formuli presunzioni, che non sono stabilite dal diritto, se non sulla
base di un fatto certo e determinato, direttamente connesso con il fatto che
è oggetto della controversia. 1587 Can. 1587 - Si ha una
causa incidentale ogni qualvolta, cominciato il giudizio con la citazione,
viene proposta una questione, la quale, benché non contenuta espressamente
nel libello introduttorio della lite, risulta tuttavia così pertinente alla
causa da dover essere per lo più risolta prima della questione principale. 1588 Can. 1588 - La causa
incidentale si propone per iscritto o a voce, indicato il nesso che
intercorre tra essa e la causa principale, avanti al giudice competente a
decidere la causa principale. 1589 Can. 1589 - §1. Il giudice,
accolta la domanda e udite le parti, decida con la massima celerità se la
questione incidentale proposta sembri aver fondamento ed essere connessa al
giudizio principale, oppure se la si debba respingere fin da principio; e,
posto che l'ammetta, se sia di tal gravità da dover essere risolta con
sentenza interlocutoria oppure con decreto. §2. Se poi giudichi non
doversi risolvere la questione incidentale prima della sentenza definitiva,
stabilisca che di essa si tenga conto quando si deciderà la causa principale. 1590 Can. 1590 - §1. Se la
questione incidentale deve essere risolta con sentenza, si osservino le norme
circa il processo contenzioso orale, a meno che il giudice non ritenga
diversamente, attesa la gravità della cosa. §2. Se poi la questione
incidentale deve essere risolta con decreto, il tribunale può affidare la
cosa a un uditore o al presidente. 1591 Can. 1591 - Prima che si
concluda la causa principale il giudice o il tribunale possono, intervenendo
una ragione giusta, revocare o riformare il decreto o la sentenza
interlocutoria, sia ad istanza di una parte, sia d'ufficio, udite le parti. CAPITOLO I
LE PARTI CHE NON SI PRESENTANO IN
GIUDIZIO
1592 Can. 1592 - §1. Se la
parte convenuta citata non si presentò in giudizio né scusò idoneamente la
sua assenza, o non rispose a norma del can. 1507, §1, il giudice la dichiari
assente dal giudizio e decida che la causa, osservato quanto è prescritto,
proceda fino a sentenza definitiva e alla sua esecuzione. §2. Prima che si emani il
decreto di cui al §1, deve constare, anche a mezzo di una nuova citazione se
è necessario, che la citazione legittimamente fatta pervenne in tempo utile
alla parte convenuta. 1593 Can. 1593 - §1. La parte
convenuta se in seguito si presenti in giudizio o abbia risposto prima della
decisione della causa, può addurre conclusioni e prove, fermo restando il
disposto del can. 1600; il giudice eviti però che il giudizio si protragga di
proposito con ritardi troppo lunghi e non necessari. §2. Benché non si sia
presentata in giudizio né abbia risposto prima della decisione della causa,
può servirsi delle impugnazioni contro la sentenza; se poi provi di essere
stata trattenuta da un legittimo impedimento, che senza sua colpa non le fu
possibile dimostrare, può anche servirsi della querela di nullità. 1594 Can. 1594 - Se l'attore
non comparve nel giorno ed ora fissati per la contestazione della lite né
addusse idonea scusa: 1) il giudice lo citi una seconda volta; 2) se l'attore
non obbedì alla nuova citazione, si presume abbia rinunciato all'istanza a
norma dei cann. 1524-1525; 3) se in seguito voglia intervenire nel processo,
si osservi il can. 1593. 1595 Can. 1595 - §1. La parte
assente dal giudizio, sia l'attore sia il convenuto, che non abbia dimostrato
di avere un giusto impedimento, è obbligata sia a pagare le spese della lite
che furono fatte a motivo della sua assenza, sia anche, se necessario, a
indennizzare l'altra parte. §2. Se l'attore e il
convenuto furono assenti dal giudizio, sono in solido tenuti all'obbligo di
pagare le spese della lite. CAPITOLO II
L'INTERVENTO DI UN TERZO NELLA
CAUSA
1596 Can. 1596 - §1. Chi ne
abbia interesse può essere ammesso ad intervenire nella causa, in qualunque
istanza della lite, sia come parte a difendere il proprio diritto, sia
accessoriamente ad aiutare una delle parti contendenti. §2. Ma per essere ammesso
deve presentare al giudice prima della conclusione della causa un libello, in
cui brevemente dimostri il proprio diritto d'intervenire. §3. Chi interviene nella
causa deve essere ammesso in quello stadio in cui essa si trova, dopo avergli
assegnato un termine breve e perentorio per presentare le sue prove, se la
causa sia giunta alla fase probatoria. 1597 Can. 1597 - Il giudice,
udite le parti, deve chiamare in giudizio un terzo, del quale sembri
necessario l'intervento. 1598 Can. 1598 - §1. Acquisite
le prove, il giudice con decreto deve permettere alle parti e ai loro
avvocati, sotto pena di nullità, di prendere visione degli atti loro ancora
sconosciuti presso la cancelleria del tribunale; anzi agli avvocati che lo
chiedano si può anche dare copia degli atti; ma nelle cause che riguardano il
bene pubblico il giudice, per evitare pericoli gravissimi, può decidere, garantendo
tuttavia sempre ed integralmente il diritto alla difesa, che qualche atto non
sia fatto conoscere a nessuno. §2. Per completare le
prove le parti possono presentarne altre al giudice; acquisite le quali, se
necessario a parere del giudice, avrà nuovamente luogo il decreto di cui al
§1. 1599 Can. 1599 - §1. Espletato
tutto quanto riguarda le prove da produrre, si addiviene alla conclusione in
causa. §2. Questa conclusione si
ha ogniqualvolta o le parti dichiarano di non aver null'altro da addurre, o
il tempo utile stabilito dal giudice per produrre le prove è trascorso, o il
giudice dichiara di ritenere sufficientemente istruita la causa. §3. Sulla compiuta
conclusione in causa, in qualunque modo essa sia avvenuta, il giudice emetta
un decreto. 1600 Can. 1600 - §1. Dopo la
conclusione in causa il giudice può convocare ancora gli stessi o altri
testimoni, oppure ordinare altre prove che in precedenza non furono
richieste, soltanto: 1) nelle cause in cui si tratta del solo bene privato
delle parti, se tutte le parti vi consentano; 2) nelle altre cause, udite le
parti e purché vi sia una ragione grave e venga rimosso qualsiasi pericolo di
frode o di subornazione; 3) in tutte le cause, ogni qualvolta è probabile
che, se la nuova prova non sia ammessa, si avrà una sentenza ingiusta per le
ragioni di cui al can. 1645, §2, nn. 1-3. §2. Il giudice può
inoltre ordinare o ammettere che sia prodotto un documento, che, senza colpa
dell'interessato, non potè essere prodotto in precedenza. §3. Le nuove prove siano
pubblicate, osservato il can. 1598, §1. 1601 Can. 1601 - Fatta la
conclusione in causa, il giudice stabilisca un congruo spazio di tempo per
presentare le difese e le osservazioni. 1602 Can. 1602 - §1. Difese e
osservazioni siano scritte, a meno che il giudice, d'accordo con le parti,
non reputi sufficiente il dibattimento durante la seduta del tribunale. §2. Se le difese con i
documenti principali vengono stampati, è richiesta la licenza previa del
giudice, salvo l'obbligo del segreto se ve ne sia alcuno. §3. Per l'ampiezza della
difesa, il numero degli esemplari ed altri particolari del genere, si osservi
il regolamento del tribunale. 1603 Can. 1603 - §1.
Comunicate vicendevolmente le difese e le osservazioni, all'una e all'altra
parte è consentito presentare delle risposte entro un breve spazio di tempo
stabilito dal giudice. §2. Le parti abbiano
questo diritto una sola volta, a meno che al giudice per una causa grave non
sembri lo si debba concedere un'altra volta; in tal caso allora la
concessione fatta ad una parte si intende fatta anche all'altra. §3. Il promotore di
giustizia e il difensore del vincolo hanno diritto di replicare nuovamente
alle risposte delle parti. 1604 Can. 1604 - §1. E'
assolutamente proibito alle parti, ai loro avvocati o anche ad altri di dare
al giudice informazioni, che rimangano fuori dagli atti di causa. §2. Se la discussione
della causa è fatta per iscritto, il giudice può stabilire che vi sia durante
la seduta del tribunale un moderato dibattimento orale per mettere in chiaro
alcune questioni. 1605 Can. 1605 - Al
dibattimento orale di cui ai cann. 1602, §1 e 1604, §2, sia presente il
notaio al fine di riferire immediatamente per iscritto, se il giudice lo
ordini o la parte lo chieda; il giudice acconsenta, sulle cose discusse e
decise. 1606 Can. 1606 - Se le parti
abbiano trascurato di preparare in tempo utile la loro difesa o si rimettano alla
scienza e coscienza del giudice, questi, se dagli atti e da quanto è stato
dimostrato ritenga palesemente provata la causa, potrà immediatamente
pronunciare la sentenza, dopo aver tuttavia richiesto le osservazioni del
promotore di giustizia e del difensore del vincolo, se intervengono nel
giudizio. Can. 1607 - La causa trattata per via giudiziaria, se è
principale viene decisa dal giudice con sentenza definitiva; se è incidentale
con sentenza interlocutoria, fermo restando il disposto del can. 1589, §1. 1608 Can. 1608 - §1. Per
pronunciare una sentenza qualsiasi si richiede nell'animo del giudice la
certezza morale su quanto deve decidere con essa. §2. Il giudice deve
attingere questa certezza dagli atti e da quanto è stato dimostrato. §3. Il giudice deve poi
valutare le prove secondo la sua coscienza, ferme restando le disposizioni
della legge su l'efficacia di talune prove. §4. Il giudice che non
abbia potuto conseguire quella certezza, sentenzi che non consta del diritto
dell'attore e prosciolga il convenuto, a meno che non si tratti di una causa
che gode il favore del diritto, nel qual caso si deve pronunciare a favore
della medesima. 1609 Can. 1609 - §1. Nel
tribunale collegiale, il presidente del collegio stabilisca il giorno e l'ora
in cui i giudici devono ritrovarsi per la decisione, e salvo una causa
peculiare non suggerisca altrimenti, la riunione si tenga nella sede stessa
del tribunale. §2. Fissata la data della
riunione, i singoli giudici portino per iscritto le loro conclusioni in
merito alla causa e le ragioni sia in diritto sia in fatto, sulla base delle
quali sono pervenuti alle rispettive conclusioni; queste conclusioni, da
mantenere sotto segreto, siano allegate agli atti di causa. §3. Dopo aver invocato il
nome di Dio, esposte per ordine le conclusioni dei singoli secondo la
precedenza, in modo tuttavia che si abbia sempre inizio con il ponente o
relatore della causa, si apra la discussione sotto la guida del presidente
del tribunale, soprattutto per concordare insieme ciò che si deve stabilire
nella parte dispositiva della sentenza. §4. Nella discussione poi
a ciascuno è permesso di recedere dalla sua precedente conclusione. Il
giudice tuttavia se non intende accedere alla decisione degli altri può
esigere che, se vi sia l'appello, le sue conclusioni siano trasmesse al
tribunale superiore. §5. Che se i giudici o
non vogliono o non possono addivenire a sentenza nella prima discussione, la
decisione può essere differita ad una nuova riunione da tenersi non oltre una
settimana, a meno che a norma del can. 1600 non si debba completare
l'istruttoria della causa. 1610 Can. 1610 - §1. Se il
giudice è unico scriverà lui stesso la sentenza. §2. Nel tribunale
collegiale è il ponente o relatore a scrivere la sentenza, desumendo le motivazioni
da quelle addotte dai singoli giudici durante la discussione, a meno che i
giudici a maggioranza non abbiano stabilito le motivazioni da preferirsi; la
sentenza infine dovrà essere sottoposta alla approvazione dei singoli
giudici. §3. La sentenza deve
essere pubblicata non oltre un mese dal giorno in cui la causa fu decisa, a
meno che, nel tribunale collegiale, i giudici per una grave ragione non
abbiano stabilito un tempo più lungo. 1611 Can. 1611 - La sentenza
deve: 1 definire la controversia discussa avanti al tribunale, dando una
congrua risposta ai singoli dubbi; 2) determinare quali siano gli obblighi
delle parti sorti dal giudizio, e in quale modo debbano essere adempiuti; 3)
esporre le ragioni ossia i motivi, in diritto e in fatto, sui quali si fonda
la parte dispositiva della sentenza; 4) decidere sulle spese processuali. 1612 Can. 1612 - §1. E'
necessario che la sentenza, dopo l'invocazione del Nome di Dio, esprima per
ordine quale sia il giudice o il tribunale; chi sia l'attore, la parte
convenuta, il procuratore, indicandone correttamente i nominativi e i
domicili, chi sia il promotore di giustizia e il difensore del vincolo, se
ebbero parte nel giudizio. §2. Deve quindi riferire
brevemente la fattispecie con le conclusioni delle parti e la formulazione
dei dubbi. §3. A queste cose faccia
seguito la parte dispositiva della sentenza, premesse le ragioni sulle quali
si regge. §4. Si chiuda con
l'indicazione del giorno e del luogo in cui fu pronunciata, con le firme del
giudice, o, se il tribunale è collegiale, di tutti i giudici e del notaio. 1613 Can. 1613 - Le regole
sopra riferite circa la sentenza definitiva, devono essere adattate anche
all'interlocutoria. 1614 Can. 1614 - La sentenza
sia al più presto pubblicata, indicati i modi secondo i quali la si può
impugnare; essa non ha alcun valore prima della pubblicazione, anche se la
parte dispositiva, permettendolo il giudice, fu resa nota alle parti. 1615 Can. 1615 - La
pubblicazione o intimazione della sentenza può avvenire o dandone un
esemplare alle parti o ai loro procuratori, oppure trasmettendo ai medesimi
l'esemplare stesso a norma del can. 1509. 1616 Can. 1616 - §1. Se nel
testo della sentenza sia sfuggito un errore di calcolo o vi sia stato un
errore materiale nella trascrizione della parte dispositiva oppure nel
riferire i fatti o le petizioni delle parti o sia stato omesso quanto
richiede il can. 1612, §4, la sentenza deve essere corretta o completata dal
tribunale stesso che l'ha emanata, sia ad istanza della parte sia d'ufficio,
udite tuttavia le parti e con decreto apposto in calce alla sentenza. §2. Se una delle parti fa
opposizione, la questione incidentale sia definita per decreto. 1617 Can. 1617 - Tutti gli
altri pronunciamenti del giudice oltre alla sentenza, sono decreti, che,
salvo non siano mere ordinanze, non hanno valore, se non esprimano almeno
sommariamente i motivi oppure rinviino ai motivi espressi in un altro atto. 1618 Can. 1618 - La sentenza
interlocutoria o il decreto hanno valore di sentenza definitiva se
impediscono il giudizio o pongono fine al giudizio stesso o ad un grado di
esso, nei riguardi di almeno una delle parti in causa. CAPITOLO I
QUERELA DI NULLITA' CONTRO LA
SENTENZA
1619 Can. 1619 - Fermi
restando i cann. 1622 e 1623, la nullità degli atti stabilita dal diritto
positivo, che pur essendo nota alla parte proponente la querela non fu
denunziata al giudice prima della sentenza, si considera sanata per mezzo
della sentenza stessa ogniqualvolta si tratta di una causa relativa al bene
di privati. 1620 Can. 1620 - La sentenza è
viziata da nullità insanabile se: 1) fu emessa da un giudice incompetente
d'incompetenza assoluta; 2) fu emessa da un giudice privo della potestà di
giudicare nel tribunale dove la causa fu decisa; 3) fu emessa da un giudice a
ciò coatto gravemente con violenza o timore grave; 4) il giudizio fu fatto
senza la domanda giudiziale di cui al can. 1501, oppure non fu istituito
contro una parte convenuta; 5) fu emessa tra parti, di cui almeno una non
aveva capacità di stare in giudizio; 6) qualcuno agì in nome di un altro
senza legittimo mandato; 7) all'una o all'altra parte si negò il diritto alla
difesa; 8) non definì la controversia, neppure parzialmente. 1621 Can. 1621 - La querela di
nullità, di cui al can. 1620, può essere proposta a modo di eccezione senza
limiti di tempo, e a modo di azione avanti al giudice che emise la sentenza
entro dieci anni a partire dal giorno della pubblicazione della sentenza. 1622 Can. 1622 - La sentenza è
viziata solo da nullità sanabile, se: 1) fu emessa da un numero non legittimo
di giudici, contro il disposto del can. 1425, §1; 2) non contiene i motivi o
le ragioni della decisione; 3) manca delle firme prescritte dal diritto; 4)
non riporta l'indicazione dell'anno, mese, giorno e luogo in cui fu emessa;
5) si regge su un atto giudiziale nullo o non sanato a norma del can. 1619;
6) fu emessa contro una parte legittimamente assente, secondo il can. 1593,
§2. 1623 Can. 1623 - La querela di
nullità nei casi di cui al can. 1622, può essere proposta entro tre mesi
dalla notizia della pubblicazione della sentenza. 1624 Can. 1624 - Esamina la
querela di nullità lo stesso giudice che ha emesso la sentenza; che se la
parte tema che il giudice che ha emesso la sentenza impugnata con la querela
di nullità sia prevenuto e pertanto lo ritenga sospetto, può esigere che sia
sostituito da un altro giudice a norma del can. 1450. 1625 Can. 1625 - La querela di
nullità può essere proposta insieme all'appello, entro il termine stabilito
per appellare. 1626 Can. 1626 - §1. Possono
interporre querela di nullità non solo le parti che si ritengono onerate, ma
anche il promotore di giustizia o il difensore del vincolo ogniqualvolta hanno
diritto d'intervenire. §2. Il giudice stesso può
ritrattare d'ufficio la propria sentenza nulla o correggerla entro il termine
stabilito per agire dal can. 1623, a meno che nel frattempo non sia stato
interposto appello insieme alla querela di nullità o la nullità sia stata
sanata per il decorso del termine di cui al can. 1623. 1627 Can. 1627 - Le cause
sulla querela di nullità possono essere trattate secondo le norme del
processo contenzioso orale. CAPITOLO II
L'APPELLO
1628 Can. 1628 - La parte che
si considera onerata da una sentenza, e parimenti il promotore di giustizia e
il difensore del vincolo nelle cause in cui la loro presenza è richiesta,
hanno diritto di appellare contro la sentenza avanti al giudice superiore,
salvo il disposto del can. 1629. 1629 Can. 1629 - Non si dà
luogo all'appello: 1) contro una sentenza emessa dallo stesso Sommo Pontefice
o dalla Segnatura Apostolica; 2) contro una sentenza nulla, salvo non lo si
faccia congiuntamente alla querela di nullità a norma del can. 1625; 3)
contro una sentenza passata in giudicato; 4) contro il decreto del giudice o
una sentenza interlocutoria, che non abbiano valore di sentenza definitiva, a
meno che non lo si faccia insieme all'appello contro la sentenza definitiva;
5 contro una sentenza o un decreto in una causa nella quale il diritto
stabilisce si debba definire la questione con la massima celerità. 1630 Can. 1630 - §1. L'appello
deve essere interposto avanti al giudice che ha emesso la sentenza, nel
termine perentorio di quindici giorni utili dalla notizia della pubblicazione
della sentenza. §2. Se l'appello è fatto
a voce, il notaio lo rediga per iscritto avanti allo stesso appellante. 1631 Can. 1631 - Se insorge
una questione sul diritto di appello, la esamini con la massima celerità il
tribunale di appello secondo le norme del processo contenzioso orale. 1632 Can. 1632 - §1. Se
nell'appello non è indicato a quale tribunale esso è diretto, si presume
fatto al tribunale di cui ai cann. 1438 e 1439. §2. Se l'altra parte
ricorre ad un tribunale di appello diverso, esamina la causa il tribunale
superiore in grado, salvo il can. 1415. 1633 Can. 1633 - L'appello
deve essere proseguito avanti al giudice al quale è diretto entro un mese
dalla sua interposizione, a meno che il giudice che ha emesso la sentenza non
abbia stabilito alla parte un tempo più lungo per la prosecuzione. 1634 Can. 1634 - §1. Per la
prosecuzione dell'appello si richiede e basta che la parte invochi il
ministero del giudice superiore perché corregga la sentenza impugnata,
allegando copia di questa sentenza e indicando le ragioni dell'appello. §2. Che se la parte non
possa ottenere entro il tempo utile copia della sentenza impugnata dal
tribunale che l'ha emessa, nel frattempo non decorrono i termini, e
l'impedimento va segnalato al giudice di appello, il quale obbligherà con
precetto il giudice che ha emesso la sentenza ad adempiere al più presto il
suo dovere. §3. Nel frattempo il
giudice che ha emesso la sentenza deve trasmettere al giudice di appello gli
atti a norma del can. 1474. 1635 Can. 1635 - Trascorsi
inutilmente i fatalia per l'appello sia avanti al giudice che ha emesso la
sentenza sia avanti al giudice di appello, si ritiene abbandonato l'appello. 1636 Can. 1636 - §1.
L'appellante può rinunciare all'appello con gli effetti di cui al can. 1525. §2. Se l'appello fu
interposto dal difensore del vincolo o dal promotore di giustizia, la
rinuncia può essere fatta, a meno che la legge non stabilisca altrimenti, dal
difensore del vincolo o dal promotore di giustizia del tribunale d'appello. 1637 Can. 1637 - §1. L'appello
fatto dall'attore vale anche per il convenuto e viceversa. §2. Se sono parecchi i
convenuti o gli attori, e da uno o contro uno di essi soltanto viene
impugnata la sentenza, l'impugnazione si considera fatta da tutti e contro
tutti ogni qualvolta la cosa richiesta sia indivisibile o l'obbligo in
solido. §3. Se l'appello è
interposto da una parte su un qualche capitolo della sentenza, la parte
avversa, benché i fatalia per l'appello siano trascorsi, può incidentalmente
appellare sugli altri capitoli entro il termine perentorio di quindici giorni
dalla data in cui le fu notificato l'appello principale. §4. Salvo non consti
altro, l'appello si presume fatto contro tutti i capitoli della sentenza. 1638 Can. 1638 - L'appello
sospende l'esecuzione della sentenza. 1639 Can. 1639 - §1. Salvo il
disposto del can. 1683, nel grado di appello non può essere ammessa una nuova
causa per la domanda, neppure sotto forma di cumulazione per ragioni di
utilità; pertanto la contestazione della lite può riferirsi esclusivamente
alla conferma o alla riforma della prima sentenza in tutto o in parte. §2. Nuove prove poi sono
ammesse soltanto a norma del can. 1600. 1640 Can. 1640 - Nel grado
d'appello si deve procedere allo stesso modo che in prima istanza, salve le
debite proporzioni; ma, se non si debbano eventualmente completare le prove,
si addivenga alla discussione e alla sentenza immediatamente dopo la
contestazione della lite fatta a norma dei cann. 1513, §1 e 1639, §1. CAPITOLO I
LA COSA GIUDICATA
1641 Can. 1641 - Fermo
restando il disposto del can. 1643, la cosa passa in giudicato: 1) se tra le
medesime parti ci furono due sentenze conformi sulla stessa richiesta e per
lo stesso motivo; 2) se l'appello contro la sentenza non fu interposto entro
il tempo utile; 3) se in grado di appello l'istanza andò perenta o si
rinunciò ad essa; 4) se fu emessa una sentenza definitiva contro la quale non
è dato appello a norma del can. 1629. 1642 Can. 1642 - §1. La cosa
passata in giudicato gode della stabilità del diritto e non può essere
direttamente impugnata se non a norma del can. 1645, §1. §2. La stessa fa legge
tra le parti e permette un'azione di giudicato e un'eccezione di cosa
giudicata, la quale può anche essere dichiarata d'ufficio dal giudice per
impedire una nuova introduzione della stessa causa. 1643 Can. 1643 - Le cause
sullo stato delle persone, non escluse le cause per la separazione dei
coniugi, non passano mai in giudicato. 1644 Can. 1644 - §1. Se furono
emesse due sentenze conformi in una causa sullo stato delle persone, si può
adire il tribunale di appello in qualsiasi momento, adducendo nuove e gravi
prove o argomenti entro il termine perentorio di trenta giorni da quando
l'impugnazione fu proposta. Il tribunale di appello poi entro un mese dalla
presentazione delle nuove prove e degli argomenti deve stabilire con decreto
se la nuova proposizione della causa si debba ammettere o no. §2. L'appello al
tribunale superiore per ottenere la nuova proposizione della causa non
sospende l'esecuzione della sentenza a meno che la legge non stabilisca altrimenti
oppure il tribunale d'appello non ordini la sospensione a norma del can.
1650, §3. CAPITOLO II
LA RESTITUTIO IN INTEGRUM
1645 Can. 1645 - §1. Contro
una sentenza che sia passata in giudicato, purché consti palesemente della
sua ingiustizia, si dà la restitutio in integrum. §2. Non si ritiene che
consti palesemente l'ingiustizia, se non quando: 1) la sentenza si appoggia
talmente a prove successivamente trovate false, che senza di esse la parte
dispositiva della sentenza non regga; 2) furono in seguito scoperti documenti
che dimostrano senza incertezza fatti nuovi e che esigono una decisione
contraria; 3) la sentenza fu emessa per dolo di una parte e a danno
dell'altra; 4) fu evidentemente trascurato il disposto di una legge che non
sia semplicemente procedurale; 5) la sentenza va contro una precedente
decisione passata in giudicato. 1646 Can. 1646 - §1. La
restitutio in integrum per i motivi di cui al can. 1645, §2, nn. 1-3, deve
essere chiesta al giudice che ha emesso la sentenza entro tre mesi da
computarsi a partire dal giorno in cui si venne a conoscenza degli stessi
motivi. §2. La restitutio in
integrum per i motivi di cui al can. 1645, §2, nn. 4 e 5, deve essere chiesta
al tribunale di appello entro tre mesi dalla notizia della pubblicazione
della sentenza; che se nel caso di cui al can. 1645, §2, n. 5, la notizia
della precedente decisione si abbia più tardi, il termine decorre da questa
data. §3. I termini di cui
sopra non decorrono per tutto il tempo in cui la persona lesa è di età
minore. 1647 Can. 1647 - §1. La
richiesta di restitutio in integrum sospende l'esecuzione della sentenza non
ancora intrapresa. §2. Se tuttavia da
probabili indizi ci sia il sospetto che la richiesta fu fatta per porre
ritardi all'esecuzione, il giudice può decidere che la sentenza sia mandata
ad esecuzione, assegnata tuttavia un'idonea cauzione a chi chiede la
restitutio, sicché non abbia danni se questa gli sia concessa. 1648 Can. 1648 - Concessa la
restitutio in integrum il giudice deve sentenziare sul merito della causa. 1649 Can. 1649 - §1. Il
Vescovo, al quale spetta dirigere il tribunale, stabilisca norme per la
propria diocesi o regione: 1) sulla condanna delle parti a pagare o
compensare le spese del giudizio; 2) sugli onorari ai procuratori, avvocati,
periti ed interpreti e sul rimborso spese ai testimoni; 3) sulla concessione
del gratuito patrocinio o sulla riduzione delle spese; 4) sulla riparazione
dei danni, dovuta da chi non soltanto perse la causa, ma la fece
sconsideratamente; 5) sul deposito pecuniario o cauzione che deve essere
fatto relativamente alle spese da pagare e ai danni da riparare §2. Contro l'ordine
relativo alle spese, gli onorari e la riparazione dei danni non si dà un appello
distinto; la parte può tuttavia ricorrere entro quindici giorni allo stesso
giudice, il quale potrà modificare la tassazione. 1650 Can. 1650 - §1. La
sentenza che passò in giudicato può essere mandata ad esecuzione, salvo il
disposto del can. 1647. §2. Il giudice che ha
emesso la sentenza, e, se fu interposto appello, anche il giudice di appello,
possono ordinare d'ufficio o ad istanza della parte l'esecuzione provvisoria
di una sentenza che non sia ancora passata in giudicato, stabilite, se del
caso, idonee cauzioni, qualora si tratti di provvedimenti o di prestazioni
ordinate al necessario sostentamento oppure urga un'altra giusta causa. §3. Che se la sentenza di
cui al §2 viene impugnata, il giudice che deve esaminare l'impugnazione,
qualora veda che questa ha un fondamento probabile e che dalla esecuzione può
insorgere un danno irreparabile, può sospendere la esecuzione oppure
sottoporla a cauzione. 1651 Can. 1651 - Non potrà
avere luogo l'esecuzione prima che il giudice non abbia emesso il decreto
esecutivo, con il quale si stabilisce che la sentenza stessa deve essere
mandata ad esecuzione; questo decreto a seconda della diversa natura delle
cause, sia incluso nel testo stesso della sentenza oppure sia edito
separatamente. 1652 Can. 1652 - Se
l'esecuzione della sentenza esige prima un rendiconto, si ha una questione
incidentale, da decidersi da quello stesso giudice che emise la sentenza da
mandare ad esecuzione. 1653 Can. 1653 - §1. A meno
che la legge particolare non stabilisca altro, deve mandare ad esecuzione la
sentenza, personalmente o tramite altri, il Vescovo della diocesi in cui fu
emessa la sentenza di primo grado. §2. Che se questi non lo
voglia fare o sia negligente, l'esecuzione spetta, ad istanza della parte
interessata o anche d'ufficio, all'autorità cui è soggetto il tribunale di
appello a norma del can. 1339, §3. §3. Per i religiosi
l'esecuzione della sentenza spetta al Superiore che emise la sentenza da
mandare ad esecuzione o delegò il giudice. 1654 Can. 1654 - §1.
L'esecutore, salvo alcunché non sia lasciato al suo arbitrio dal tenore
stesso della sentenza, deve mandare ad esecuzione la sentenza stessa, secondo
il senso ovvio delle parole. §2. Al medesimo è
consentito di occuparsi delle eccezioni circa il modo e il valore
dell'esecuzione, non però del merito della causa; che se fosse altrimenti
edotto che la sentenza è nulla o palesemente ingiusta a norma dei cann. 1620,
1622 e 1645, si astenga dall'esecuzione, e rinvii la cosa al tribunale che ha
emesso la sentenza, dopo averne informato le parti. 1655 Can. 1655 - §1. Per
quanto concerne le azioni reali, ogniqualvolta sia aggiudicata all'attore una
qualche cosa, questa deve essergli data non appena la causa passa in
giudicato. §2. Trattandosi poi di
azioni personali, quando l'imputato fu condannato a dare una cosa mobile, o a
pagare una somma di denaro oppure a dare o fare altro, il giudice nel tenore
stesso della sentenza o l'esecutore a sua prudente discrezione stabilisca un
termine per l'adempimento dell'obbligo, che tuttavia non dovrà esser
ristretto al di sotto dei quindici giorni e non andare oltre sei mesi. 1656 Can. 1656 - §1. Con
processo contenzioso orale, di cui in questa sezione, possono essere trattate
tutte le cause che il diritto non escluda, a meno che una parte non chieda il
processo contenzioso ordinario. §2. Se il processo orale
sia usato al di fuori dei casi permessi dal diritto, gli atti giudiziari sono
nulli. 1657 Can. 1657 - §1. Il
processo contenzioso orale si svolge in primo grado avanti ad un giudice
unico, a norma del can. 1424. 1658 Can. 1658 - §1. Il
libello con cui s'introduce la lite, oltre alle esigenze enumerate nel can.
1504, deve: 1) esporre brevemente, in maniera integrale e con chiarezza, i
fatti sui quali si fondano le richieste dell'attore; 2) indicare le prove con
le quali l'attore intende dimostrare i fatti e che egli non può addurre
contemporaneamente, in modo che possano essere immediatamente raccolte dal
giudice. §2. Al libello devono
essere allegati, almeno in copia autentica, i documenti su cui si fonda la
domanda. 1659 Can. 1659 - §1. Qualora
il tentativo di riconciliazione a norma del can. 1446, §2, si sia dimostrato
inutile, il giudice, se ritiene che il libello abbia qualche fondamento,
entro tre giorni, con un decreto apposto in calce al libello stesso, ordini
che un esemplare della domanda sia reso noto alla parte convenuta, dando a
questa facoltà di mandare, entro quindici giorni, alla cancelleria del tribunale
una risposta scritta. §2. Questa notificazione
ha gli effetti della citazione giudiziaria, di cui al can. 1512. 1660 Can. 1660 - Qualora le
eccezioni della parte convenuta lo esigano, il giudice fissi un termine alla
parte attrice per rispondere, così che dagli elementi addotti da entrambi
egli abbia chiaro l'oggetto della controversia. 1661 Can. 1661 - §1. Trascorsi
i termini di cui ai cann. 1659 e 1660, il giudice, visti gli atti, determini
la formulazione del dubbio; quindi citi tutti coloro che devono comparire ad
una udienza, da tenersi non oltre un mese, allegando per le parti la
formulazione del dubbio. §2. Nella citazione le
parti siano informate che possono presentare un breve scritto al tribunale a
comprovare le loro asserzioni, tre giorni almeno prima della udienza. 1662 Can. 1662 - Nell'udienza
in primo luogo sono trattate le questioni di cui ai cann. 1459-1464. 1663 Can. 1663 - §1. Le prove
sono raccolte durante l'udienza, salvo il disposto del can. 1418. §2. La parte e il suo avvocato
possono assistere all'escussione delle altre parti, dei testimoni e dei
periti. 1664 Can. 1664 - Le risposte
delle parti, dei testimoni e dei periti, le richieste e le eccezioni degli
avvocati devono essere redatte per iscritto dal notaio, ma sommariamente e
soltanto relativamente alla sostanza della cosa controversa e devono essere
sottoscritte da coloro che depongono. 1665 Can. 1665 - Le prove che
non siano addotte o richieste nella domanda o nelle risposte, possono essere
ammesse dal giudice solo a norma del can. 1452; dopo che anche un solo teste
fu ascoltato, il giudice può disporre di richiedere nuove prove soltanto a
norma del can. 1600. 1666 Can. 1666 - Se
nell'udienza non fu possibile raccogliere tutte le prove, si stabilisca una seconda
udienza. 1667 Can. 1667 - Raccolte le
prove, nella stessa udienza avviene il dibattimento orale. 1668 Can. 1668 - §1. A meno
che dal dibattimento non si evidenzi la necessità di un supplemento di
istruttoria o vi sia altro che impedisca di pronunciare nel dovuto modo la
sentenza, il giudice, in quello stesso luogo, conclusa l'udienza, decida
separatamente la causa; la parte dispositiva della sentenza sia
immediatamente letta alle parti presenti. §2. Il tribunale
tuttavia, per la difficoltà della cosa o per altra giusta causa può differire
la decisione fino al quinto giorno utile. §3. Il testo integrale
della sentenza, espressamente motivata, sia notificato alle parti al più
presto e ordinariamente non oltre quindici giorni. 1669 Can. 1669 - Qualora il
tribunale d'appello riscontri che nel primo grado di giudizio fu impiegato il
processo contenzioso orale nei casi esclusi dal diritto, dichiari la nullità
della sentenza e rinvii la causa al tribunale che ha emesso la sentenza. 1670 Can.
1670 - Per tutto il resto che si riferisce al modo di procedere si osservino
le disposizioni sul giudizio contenzioso ordinario. Il tribunale poi con suo
decreto, corredato dei motivi, può derogare a quelle norme processuali che
non siano stabilite per la validità, allo scopo di renderlo più spedito,
salva la giustizia. CAPITOLO I LE CAUSE PER LA DICHIARAZIONE DI NULLITA' DEL MATRIMONIO Art. 1: Il tribunale competente 1671 Can. 1671 - Le cause matrimoniali
dei battezzati per diritto proprio spettano al giudice ecclesiastico. 1672 Can. 1672 - Le cause
sugli effetti puramente civili del matrimonio spettano al magistrato civile,
a meno che il diritto particolare non stabilisca che le medesime cause,
qualora siano trattate incidentalmente e accessoriamente, possano essere
esaminate e decise dal giudice ecclesiastico. 1673 Can. 1673 - Sulle cause
di nullità del matrimonio che non siano riservate alla Sede Apostolica è
competente: 1) il tribunale del luogo in cui il matrimonio fu celebrato; 2)
il tribunale del luogo in cui la parte convenuta ha il domicilio o il
quasi-domicilio; 3) il tribunale del luogo in cui la parte attrice ha il
domicilio, purché entrambe le parti risiedano nel territorio della stessa
Conferenza Episcopale, e il Vicario giudiziale del luogo del domicilio della
parte convenuta, udita la medesima, sia d'accordo; 4) il tribunale del luogo
in cui di fatto si debba raccogliere la maggior parte delle prove, purché si
aggiunga il consenso del Vicario giudiziale del domicilio della parte
convenuta, il quale prima la interroghi, se mai abbia qualcosa da eccepire. Art. 2: Diritto di impugnare il matrimonio 1674 Can. 1674 - Sono abili ad
impugnare il matrimonio: 1) i coniugi; 2) il promotore di giustizia, quando
la nullità sia già stata divulgata, se non si possa convalidare il matrimonio
o non sia opportuno. 1675 Can. 1675 - §1. Il
matrimonio che, viventi entrambi i coniugi, non fu accusato, non può più
esserlo dopo la morte di entrambi o di uno di essi, a meno che la questione
della validità non pregiudichi la soluzione di un'altra controversia sia in
foro canonico sia in foro civile. §2. Se poi un coniuge
muore durante il processo, si osservi il can. 1518. Art. 3: L'ufficio dei giudici 1676 Can. 1676 - Il giudice
prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una speranza di buon
esito, faccia ricorso a mezzi pastorali, per indurre i coniugi, se è possibile,
a convalidare eventualmente il matrimonio e a ristabilire la convivenza
coniugale. 1677 Can. 1677 - §1. Accolto
il libello il presidente o il ponente notifichi il decreto di citazione a
norma del can. 1508. §2. Trascorso il termine
di quindici giorni dalla notifica il presidente o il ponente, a meno che una
delle parti non abbia richiesto l'udienza per la contestazione della lite,
entro dieci giorni stabilisca d'ufficio con suo decreto la formulazione del
dubbio o dei dubbi e la notifichi alle parti. §3. La formula del dubbio
non chieda soltanto se consta della nullità del matrimonio nel caso, ma deve
anche determinare per quale capo o per quali capi è impugnata la validità
delle nozze. §4. Dopo dieci giorni
dalla notificazione del decreto, se le parti non obiettano nulla, il
presidente o il ponente con un nuovo decreto stabilisca l'istruttoria della
causa. Art. 4: Le prove 1678 Can. 1678 - §1. Il
difensore del vincolo, i patroni delle parti, e, se intervenga nel giudizio,
anche il promotore di giustizia, hanno diritto: 1) di essere presenti
all'esame delle parti, dei testimoni e dei periti, salvo il disposto del can.
1559; 2) di prendere visione degli atti giudiziari, benché non ancora
pubblicati, e di esaminare i documenti prodotti dalle parti. §2. Le parti non possono
assistere all'esame di cui al §1, n.1. 1679 Can. 1679 - A meno che
non si abbia da altra fonte pienezza di prove, il giudice, per valutare a
norma del can. 1536 le deposizioni delle parti, si serva, se è possibile, di testimoni
sulla credibilità delle parti stesse, oltre ad altri indizi ed amminicoli. 1680 Can. 1680 - Nelle cause
sull'impotenza o sul difetto di consenso per malattia mentale, il giudice si
serva dell'opera di uno o più periti, a meno che dalle circostanze non appaia
evidentemente inutile; nelle rimanenti cause si osservi il disposto del can.
1574. Art. 5: La sentenza e l'appello 1681 Can. 1681 - Ogniqualvolta
nell'istruttoria della causa fosse insorto un dubbio assai probabile che il
matrimonio non sia stato consumato, il tribunale, sospesa la causa di nullità
con il consenso delle parti, può completare l'istruttoria in vista della
dispensa super rato, ed infine trasmettere gli atti alla Sede Apostolica
insieme alla domanda di dispensa di uno o di entrambi i coniugi ed al voto
del tribunale e del Vescovo. 1682 Can. 1682 - §1. La
sentenza che da principio dichiarò la nullità del matrimonio insieme agli
appelli, se ce ne furono, e agli altri atti del giudizio, siano trasmessi d'ufficio
al tribunale di appello entro venti giorni dalla pubblicazione della
sentenza. §2. Se fu emanata una
sentenza a favore della nullità del matrimonio in primo grado, il tribunale
di appello, ponderate le osservazioni del difensore del vincolo e anche delle
parti, se ve ne siano, con suo decreto confermi sollecitamente la decisione
oppure ammetta la causa all'esame ordinario del nuovo grado. 1683 Can. 1683 - Se nel grado
di appello si adduca un nuovo capo di nullità del matrimonio, il tribunale lo
può ammettere e su di esso giudicare come se fosse in prima istanza. 1684 Can. 1684 - §1. Dopo che
la sentenza che dichiarò la nullità del matrimonio in primo grado fu
confermata in grado di appello con un decreto o con una seconda sentenza,
coloro, il cui matrimonio fu dichiarato nullo, possono contrarre nuove nozze,
non appena il decreto o la nuova sentenza siano stati loro notificati, a meno
che non lo proibisca un divieto apposto alla sentenza stessa o al decreto
oppure stabilito dall'Ordinario del luogo. §2. Le disposizioni del
can. 1644 devono essere osservate, anche se la sentenza che dichiarò la
nullità del matrimonio fu confermata non già con un'altra sentenza, ma con
decreto. 1685 Can. 1685 - Non appena la
sentenza diventa esecutiva, il Vicario giudiziale la deve notificare
all'Ordinario del luogo in cui fu celebrato il matrimonio. Questi poi deve
provvedere affinché al più presto si faccia menzione nei registri dei
matrimoni e dei battezzati della nullità di matrimonio decretata e degli eventuali
divieti stabiliti. Art. 6: Il processo documentale 1686 Can. 1686 - Ricevuta la
domanda presentata a norma del can. 1677, il Vicario giudiziale o un giudice
dal medesimo designato, tralasciate le formalità del processo ordinario,
citate però le parti e con l'intervento del difensore del vincolo, può
dichiarare con sentenza la nullità del matrimonio, se da un documento che non
sia soggetto a contraddizione o ad eccezione alcuna, consti con certezza
l'esistenza di un impedimento dirimente o la mancanza della forma legittima,
purché sia chiaro con eguale sicurezza che non fu concessa la dispensa,
oppure che il procuratore non aveva un mandato valido. 1687 Can. 1687 - §1. Contro
questa dichiarazione il difensore del vincolo, se prudentemente giudichi che
non vi sia certezza dei difetti di cui al can. 1686 o della mancata dispensa,
deve appellare al giudice di seconda istanza, al quale si devono trasmettere
gli atti ammonendolo per iscritto che si tratta di un processo documentale. §2. Alla parte che si
ritiene onerata resta il diritto di appellare. 1688 Can. 1688 - Il giudice di
seconda istanza, con l'intervento del difensore del vincolo e dopo aver udito
le parti, decida allo stesso modo di cui al can. 1686 se la sentenza debba
essere confermata o se piuttosto si debba procedere nella causa per il
tramite ordinario del diritto; nel qual caso la rimandi al tribunale di prima
istanza. Art. 7: Norme generali 1689 Can. 1689 - Nella sentenza
si ammoniscano le parti sugli obblighi morali o anche civili, cui siano
eventualmente tenute l'una verso l'altra e verso la prole, per quanto
riguarda il sostentamento e l'educazione. 1690 Can. 1690 - Le cause per
la dichiarazione di nullità del matrimonio non possono essere trattate con il
processo contenzioso orale. 1691 Can. 1691 - In tutto il
resto attinente il modo di procedere, si devono applicare, salvo la natura
della cosa non si opponga, i canoni sui giudizi in generale e sul giudizio
contenzioso ordinario, osservate le norme speciali per le cause sullo stato
delle persone e per le cause riguardanti il bene pubblico. CAPITOLO II
CAUSE DI SEPARAZIONE DEI CONIUGI
1692 Can. 1692 - §1. La
separazione personale dei coniugi battezzati, salvo non sia legittimamente
disposto altro per luoghi particolari, può essere definita con decreto del
Vescovo diocesano, oppure con sentenza del giudice a norma dei canoni
seguenti. §2. Dove la decisione
ecclesiastica non ottiene effetti civili o si preveda una sentenza civile non
contraria al diritto divino, il Vescovo della diocesi dove dimorano i
coniugi, ponderate le peculiari circostanze, potrà concedere licenza di
ricorrere al tribunale civile. §3. Se la causa verte
anche sugli effetti puramente civili del matrimonio, il giudice faccia in
modo che, osservato il disposto del §2, la causa fin dal suo inizio sia
presentata avanti al tribunale civile. 1693 Can. 1693 - §1. Salvo che
una parte o il promotore di giustizia chiedano il processo contenzioso
ordinario, si faccia uso del processo contenzioso orale. §2. Se si è fatto uso del
processo contenzioso ordinario ed è stato interposto l'appello, il tribunale
di secondo grado proceda a norma del can. 1682, §2, osservato quanto è
prescritto. 1694 Can. 1694 - Per quanto
concerne la competenza del tribunale si osservi il disposto del can. 1673. 1695 Can. 1695 - Il giudice,
prima di accettare la causa ed ogniqualvolta intraveda una speranza di buon esito,
faccia uso di mezzi pastorali, affinché i coniugi si riconcilino e siano
indotti a ristabilire la convivenza coniugale. 1696 Can. 1696 - Le cause di
separazione dei coniugi riguardano anche il bene pubblico; in esse deve
pertanto sempre intervenire il promotore di giustizia a norma del can. 1433. CAPITOLO III
PROCESSO PER LA DISPENSA DAL MATRIMONIO RATO E NON CONSUMATO 1697 Can. 1697 - I soli
coniugi, o uno di essi benché l'altro sia contrario, hanno diritto di
chiedere la grazia della dispensa dal matrimonio rato e non consumato. 1698 Can. 1698 - §1. La sola
Sede Apostolica giudica sul fatto della inconsumazione del matrimonio e sulla
esistenza di una giusta causa per la concessione della dispensa. §2. La dispensa poi è
concessa esclusivamente dal Romano Pontefice. 1699 Can. 1699 - §1. Per
l'accettazione del libello con cui si chiede la dispensa è competente il
Vescovo della diocesi ove l'oratore ha il domicilio o il quasi-domicilio, il
quale, se il fondamento della domanda sia evidente, deve ordinare
l'istruzione del processo. §2. Se il caso proposto
tuttavia presenta speciali difficoltà di ordine giuridico o morale, il
Vescovo diocesano consulti la Sede Apostolica. §3. Contro il decreto con
cui il Vescovo respinge il libello, è dato il ricorso alla Sede Apostolica. 1700 Can. 1700 - §1. Fermo
restando il disposto del can. 1681, il Vescovo affidi l'istruttoria di questi
processi o stabilmente o caso per caso al tribunale della propria o di altra diocesi
oppure ad un sacerdote idoneo. §2. Che se fu introdotta
domanda giudiziaria per la dichiarazione di nullità dello stesso matrimonio,
l'istruttoria venga affidata allo stesso tribunale. 1701 Can. 1701 - §1. In questi
processi deve sempre intervenire il difensore del vincolo. §2. Non è ammesso un
patrono, ma per la difficoltà del caso il Vescovo può permettere che
l'oratore o la parte convenuta si avvalgano dell'opera di un legale. 1702 Can. 1702 -
Nell'istruttoria si ascoltino entrambi i coniugi e si osservino per quanto è
possibile i canoni circa le prove da raccogliersi nel giudizio contenzioso
ordinario e nelle cause di nullità di matrimonio, purché si possano adattare
alla natura di questi processi. 1703 Can. 1703 - §1. Non vi è
la pubblicazione degli atti; tuttavia il giudice, qualora veda che a causa
delle prove addotte un grave ostacolo si frappone contro la domanda
dell'oratore o contro l'eccezione della parte convenuta, lo renda noto con
prudenza alla parte interessata. §2. Il giudice può
mostrare alla parte che ne faccia richiesta un documento prodotto o una
testimonianza raccolta e stabilire il tempo per presentare le deduzioni. 1704 Can. 1704 - §1.
L'istruttore, terminata l'istruttoria, trasmetta tutti gli atti al Vescovo
con appropriata relazione; questi esprima il suo voto secondo verità, sia sul
fatto dell'inconsumazione sia sulla giusta causa per la dispensa e sulla
opportunità della grazia. §2. Se l'istruzione del
processo è stata affidata ad un altro tribunale a norma del can. 1700, le
osservazioni a favore del vincolo siano fatte nel medesimo tribunale, ma il
voto di cui al §1 spetta al Vescovo committente, al quale l'istruttore
insieme con gli atti trasmetterà appropriata relazione. 1705 Can. 1705 - §1. Il
Vescovo trasmetta alla Sede Apostolica tutti gli atti insieme al suo voto ed
alle osservazioni del difensore del vincolo. §2. Se, a giudizio della
Sede Apostolica, si richiede un supplemento d'istruttoria, ciò sarà segnalato
al Vescovo indicando la materia circa la quale l'istruzione deve essere
completata. §3. Che se la Sede
Apostolica pronunciò con rescritto che da quanto fu prodotto non consta
l'inconsumazione, in tal caso il legale di cui al can. 1701, §2, può prendere
visione degli atti del processo, ma non del voto del Vescovo, presso la sede
del tribunale, per valutare se si possa addurre qualche grave ragione allo
scopo di proporre nuovamente la domanda. 1706 Can. 1706 - Il rescritto
della dispensa è trasmesso dalla Sede Apostolica al Vescovo; questi poi notificherà
il rescritto alle parti ed inoltre ordinerà al più presto al parroco del
luogo dove fu contratto il matrimonio e dove fu ricevuto il battesimo che si
faccia menzione della dispensa concessa nei registri dei matrimoni e dei
battezzati. CAPITOLO IV
PROCESSO DI MORTE PRESUNTA DEL
CONIUGE
1707 Can. 1707 - §1.
Ogniqualvolta la morte del coniuge non può essere dimostrata con un documento
autentico ecclesiastico o civile, non si consideri l'altro coniuge libero dal
vincolo matrimoniale se non dopo la dichiarazione di morte presunta
pronunciata dal Vescovo diocesano. §2. La dichiarazione di
cui al §1 può essere fatta dal Vescovo diocesano soltanto dopo aver
conseguito, fatte opportune indagini, la certezza morale del decesso del
coniuge dalla deposizione di testimoni, per fama oppure da indizi. La sola
assenza del coniuge, benché prolungata, non è sufficiente. §3. Nei casi incerti e
complessi il Vescovo consulti la Sede Apostolica. 1708 Can. 1708 - Hanno diritto
di accusare la validità della sacra ordinazione sia il chierico stesso, sia
l'Ordinario cui il chierico è soggetto o nella cui diocesi fu ordinato. 1709 Can. 1709 - §1. Il
libello deve essere inviato alla Congregazione competente, la quale deciderà
se la causa debba essere trattata dalla stessa Congregazione della Curia
Romana o da un tribunale da essa designato. §2. Inviato il libello,
al chierico è proibito per il diritto stesso di esercitare gli ordini. 1710 Can. 1710 - Se la
Congregazione ha rinviato la causa ad un tribunale, si osservino, a meno che
non si opponga la natura della cosa, i canoni sui giudizi in generale e sul
giudizio contenzioso ordinario, salve le disposizioni di questo titolo. 1711 Can. 1711 - In queste
cause il difensore del vincolo gode degli stessi diritti ed è tenuto agli
stessi doveri del difensore del vincolo del matrimonio. 1712 Can. 1712 - Dopo la
seconda sentenza a conferma della nullità della sacra ordinazione, il chierico
perde tutti i diritti propri dello stato clericale ed è liberato da tutti gli
obblighi. 1713 Can. 1713 - Per evitare
le contese giudiziarie si può utilmente ricorrere alla transazione o
riconciliazione, oppure affidare la controversia al giudizio di uno o più
arbitri. 1714 Can. 1714 - Per la
transazione, il compromesso e il giudizio arbitrale si osservino le norme
prescelte dalle parti, oppure, se le parti non ne abbiano scelto, la legge
fatta dalla Conferenza Episcopale, se vi sia, o la legge civile vigente nel
luogo dove la convenzione viene fatta. 1715 Can. 1715 - §1. Non può
esserci valida transazione o compromesso su tutto ciò che appartiene al bene
pubblico e sulle altre cose di cui le parti non possono disporre liberamente. §2. Trattandosi di beni
ecclesiastici temporali, si osservino, ogni qualvolta la materia lo richiede,
le formalità stabilite dal diritto per l'alienazione delle cose
ecclesiastiche. 1716 Can. 1716 - §1. Se la
legge civile non riconosce valore alla sentenza arbitrale che non sia
confermata dal giudice, perché abbia valore in foro canonico la sentenza
arbitrale circa una controversia ecclesiastica necessita della conferma del
giudice ecclesiastico del luogo in cui fu emessa. §2. Se poi la legge
civile ammette l'impugnazione della sentenza arbitrale avanti al giudice
civile, la stessa impugnazione è ammessa in foro canonico avanti al giudice
ecclesiastico competente a giudicare la controversia in primo grado. CAPITOLO I
L'INDAGINE PREVIA
1717 Can. 1717 - §1. Ogniqualvolta
l'Ordinario abbia notizia, almeno probabile, di un delitto, indaghi con
prudenza, personalmente o tramite persona idonea, sui fatti, le circostanze e
sull'imputabilità, a meno che questa investigazione non sembri assolutamente
superflua. §2. Si deve provvedere
che con questa indagine non sia messa in pericolo la buona fama di alcuno. §3. Chi fa l'indagine ha
gli stessi poteri ed obblighi che ha l'uditore nel processo; lo stesso non
può, se in seguito sia avviato un procedimento giudiziario, fare da giudice
in esso. 1718 Can. 1718 - §1. Qualora
gli elementi raccolti sembrino bastare l'Ordinario decida: 1) se si possa
avviare il processo per infliggere la pena o dichiararla; 2) se ciò, atteso il
can. 1341, sia conveniente; 3) se si debba ricorrere al processo giudiziario,
oppure, a meno che la legge non lo vieti, si debba procedere con decreto
extragiudiziale. §2. L'Ordinario revochi o
modifichi il decreto di cui al §1, ogniqualvolta da elementi nuovi gli sembri
di dover disporre diversamente. §3. Nell'emanare i
decreti di cui ai §§1 e 2, l'Ordinario, se prudentemente lo ritiene
opportuno, ascolti due giudici e altri esperti in diritto. §4. Prima di decidere a
norma del §1, l'Ordinario consideri se non sia conveniente, per evitare
giudizi inutili, che egli stesso o l'investigatore, consenzienti le parti,
dirima la questione dei danni secondo il giusto e l'onesto. 1719 Can. 1719 - Gli atti
dell'indagine e i decreti dell'Ordinario, con i quali l'indagine ha inizio o
si conclude e tutto ciò che precede l'indagine, se non sono necessari al
processo penale, si conservino nell'archivio segreto della curia. CAPITOLO II
LO SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
1720 Can. 1720 - Se
l'Ordinario ha ritenuto doversi procedere con decreto per via
extragiudiziale: 1) renda note all'imputato l'accusa e le prove, dandogli
possibilità di difendersi, a meno che l'imputato debitamente chiamato non
abbia trascurato di presentarsi; 2) valuti accuratamente con due assessori
tutte le prove e gli argomenti; 3) se consta con certezza del delitto e
l'azione criminale non è estinta, emani il decreto a norma dei cann.
1342-1350, esponendo almeno brevemente le ragioni in diritto e in fatto. 1721 Can. 1721 - §1. Se
l'Ordinario ha decretato doversi avviare un processo penale giudiziario,
trasmetta gli atti dell'indagine al promotore di giustizia, il quale presenti
al giudice il libello di accusa a norma dei cann. 1502 e 1504. §2. Avanti al tribunale
superiore copre il ruolo di attore il promotore di giustizia costituito
presso quel tribunale. 1722 Can. 1722 - L'Ordinario
per prevenire gli scandali, tutelare la libertà dei testimoni e garantire il
corso della giustizia, può in qualunque stadio del processo, udito il
promotore di giustizia e citato l'accusato stesso, allontanare l'imputato dal
ministero sacro o da un ufficio o compito ecclesiastico, imporgli o
proibirgli la dimora in qualche luogo o territorio, o anche vietargli di
partecipare pubblicamente alla santissima Eucaristia; tutti questi
provvedimenti, venendo meno la causa, devono essere revocati, e cessano per
il diritto stesso con il venir meno del processo penale. 1723 Can. 1723 - §1. Il
giudice citando l'imputato deve invitarlo a costituirsi un avvocato a norma del
can. 1481, §1, entro un termine da lui stesso stabilito. §2. Che se l'imputato non
vi abbia provveduto, il giudice stesso prima della contestazione della lite
nomini un avvocato, che rimarrà nell'incarico fin tanto che l'imputato non se
ne sia costituito uno proprio. 1724 Can. 1724 - §1. In
qualunque grado del giudizio il promotore di giustizia può rinunciare
all'istanza, per mandato o con il consenso dell'Ordinario che ha deliberato
l'avvio del processo. §2. Perché la rinuncia
sia valida occorre che sia accettata dall'imputato, salvo questi non sia
stato dichiarato assente dal giudizio. 1725 Can. 1725 - Nella
discussione della causa, sia che essa avvenga per iscritto sia oralmente,
l'imputato abbia sempre il diritto di scrivere o di parlare per ultimo,
personalmente o tramite il suo avvocato o procuratore. 1726 Can. 1726 - In qualunque
grado e stadio del giudizio penale, se consta con evidenza che il delitto non
fu commesso dall'imputato, il giudice lo deve dichiarare con sentenza ed
assolvere l'imputato, anche se contemporaneamente consti l'estinzione
dell'azione penale. 1727 Can. 1727 - §1.
L'imputato può interporre appello, anche se la sentenza lo ha prosciolto solo
perché la pena era facoltativa o il giudice fece uso dei poteri di cui nei
cann. 1344 e 1345. §2. Il promotore di
giustizia può appellare ogniqualvolta giudichi che non si sia
sufficientemente provveduto a riparare lo scandalo o a reintegrare la
giustizia. 1728 Can. 1728 - §1. Salve le
disposizioni dei canoni di questo titolo, nel giudizio penale devono essere
applicati, se non vi si opponga la natura della cosa, i canoni sui giudizi in
generale e sul giudizio contenzioso ordinario, osservate le norme speciali
per le cause riguardanti il bene pubblico. §2. L'accusato non è tenuto
a confessare il delitto, né può essergli imposto il giuramento. CAPITOLO III
L'AZIONE PER LA RIPARAZIONE DEI
DANNI
1729 Can. 1729 - §1. La parte
lesa può promuovere nel corso del giudizio penale stesso un'azione contenziosa
per la riparazione dei danni ad essa inferti dal delitto, a norma del can.
1596. §2. L'intervento della
pane lesa di cui al §1, non è più ammissibile se non fu fatto nel primo grado
del giudizio penale. §3. L'appello nella causa
sui danni avviene a norma dei cann. 1628-1640, anche se nel giudizio penale
non è possibile l'appello; che se sono interposti entrambi gli appelli, anche
se da parti diverse, si faccia un unico giudizio di appello, salvo il
disposto del can. 1730. 1730 Can. 1730 - §1. Per
evitare eccessivi ritardi nel processo penale, il giudice può differire il
giudizio sui danni fino a che abbia emanato la sentenza definitiva nel
giudizio penale. §2. Il giudice che abbia
così agito, dopo aver emesso la sentenza nel giudizio penale, deve giudicare
sui danni, anche se il giudizio penale è ancora in corso a causa di una
impugnazione interposta, o l'imputato è stato assolto per un motivo che non
toglie l'obbligo di riparare i danni. 1731 Can. 1731 - La sentenza
emanata nel giudizio penale, pur essendo passata in giudicato, non fa legge
in alcun modo per la parte lesa, a meno che questa non sia intervenuta a
norma del can. 1729. 1732 Can. 1732 - Quanto è
stabilito nei canoni di questa sezione per i decreti, deve essere applicato a
tutti gli atti amministrativi singolari, che vengono dati in foro esterno
fuori del giudizio, ad eccezione di quelli emanati dal Romano Pontefice
stesso o dal Concilio Ecumenico stesso. 1733 Can. 1733 - §1. E' assai
desiderabile che, ogniqualvolta qualcuno si ritenga onerato da un decreto,
non vi sia contesa tra di lui e l'autore del decreto, ma tra di loro si
provveda di comune accordo a ricercare un'equa soluzione, ricorrendo anche a
persone autorevoli per la mediazione e lo studio, così che per via idonea si
eviti o si componga la controversia. §2. La Conferenza
Episcopale può stabilire che in ciascuna diocesi si costituisca stabilmente
un vero e proprio ufficio o consiglio, che abbia il còmpito, secondo norme da
stabilirsi dalla Conferenza medesima, di ricercare e suggerire eque
soluzioni; se la Conferenza poi non diede tale disposizione può costituirlo
anche il Vescovo. §3. L'ufficio o
consiglio, di cui al §2, operi principalmente allorquando sia richiesta la
revoca del decreto a norma del can. 1734, né siano spirati i termini per
ricorrere; che se è stato proposto ricorso contro il decreto, lo stesso
Superiore o il giudice che esamina il ricorso esorti il ricorrente e l'autore
del decreto, ogni qualvolta intraveda una speranza di buon esito, a ricercare
tali soluzioni. 1734 Can. 1734 - §1. Chiunque
prima di presentare ricorso deve chiedere per iscritto la revoca o la
correzione del decreto al suo autore; presentata questa domanda s'intende con
ciò stesso richiesta la sospensione dell'esecuzione. §2. La domanda deve
essere fatta entro il termine perentorio di dieci giorni utili dalla
legittima intimazione del decreto. §3. Le norme dei §§1 e 2
non valgono: 1) per il ricorso da presentare al Vescovo contro i decreti
emessi dalle autorità a lui soggette; 2) per il ricorso da presentare contro
un decreto in cui si decide il ricorso gerarchico, a meno che la decisione
non sia presa dal Vescovo; 3) per i ricorsi da proporre a norma dei cann. 57
e 1735. 1735 Can. 1735 - Se entro
trenta giorni da quando gli è pervenuta la domanda di cui ai can. 1734,
l'autore del decreto emetta un nuovo decreto con il quale corregga il primo o
decida che si deve respingere la domanda, i termini per il ricorso decorrono
dall'intimazione del nuovo decreto; se poi entro trenta giorni non decide
nulla, i termini decorrono dal trentesimo giorno. 1736 Can. 1736 - §1. In quelle
materie in cui il ricorso gerarchico sospende l'esecuzione del decreto, anche
la domanda di cui al can. 1734 produce lo stesso effetto. §2. In tutti gli altri
casi, a meno che l'autore stesso del decreto, entro dieci giorni da quando
gli è pervenuta la domanda di cui al can. 1734, non abbia deciso di
sospendere l'esecuzione, la sospensione può frattanto essere richiesta al suo
Superiore gerarchico, che la può decidere soltanto per cause gravi ed
evitando sempre che la salvezza delle anime ne tragga danno. §3. Sospesa l'esecuzione
del decreto a norma del §2, qualora in seguito sia presentato ricorso, colui
che deve giudicare il ricorso stesso a norma del can. 1737, §3, decida se la
sospensione debba essere confermata oppure revocata. §4. Se nessun ricorso
viene presentato contro il decreto nel termine stabilito, per ciò stesso
cessa la sospensione della esecuzione messa in atto nel frattempo a norma dei
§§1 o 2. 1737 Can. 1737 - §1. Chi
sostiene di essere onerato da un decreto, può ricorrere al Superiore
gerarchico di colui che ha emesso il decreto, per un motivo giusto qualsiasi;
il ricorso può essere presentato avanti all'autore stesso del decreto, il
quale lo deve immediatamente trasmettere al Superiore gerarchico competente. §2. Il ricorso deve
essere presentato entro il termine perentorio di quindici giorni utili, che
nei casi di cui al can. 1734, §3, decorrono dal giorno in cui il decreto fu
intimato, in tutti gli altri casi invece decorrono a norma del can. 1735. §3. Anche nei casi in cui
il ricorso non sospende per il diritto stesso l'esecuzione, né la sospensione
fu decisa a norma del can. 1736, §2, il Superiore può tuttavia per una causa
grave ordinare che l'esecuzione sia sospesa, evitando però che la salvezza
delle anime ne tragga danno. 1738 Can. 1738 - Il ricorrente
ha sempre diritto di valersi di un avvocato o procuratore, evitando inutili
ritardi; anzi sia costituito un patrono d'ufficio se il ricorrente non ha un
patrono e il Superiore lo ritenga necessario; il Superiore può tuttavia
sempre ordinare al ricorrente di presentarsi personalmente per essere
interrogato. 1739 Can. 1739 - Al Superiore
che giudica il ricorso è consentito, a seconda dei casi, non solo di
confermare o dichiarare invalido il decreto, ma anche di rescinderlo,
revocarlo, o, se ciò sembra al Superiore più opportuno, correggerlo,
subrogarlo, abrogarlo. CAPITOLO I MODO DI PROCEDERE NELLA
RIMOZIONE DEI PARROCI 1740 Can. 1740 - Quando il
ministero pastorale di un parroco per qualche causa, anche senza sua colpa
grave, risulti dannoso o almeno inefficace, quel parroco può essere rimosso
dalla parrocchia da parte del Vescovo diocesano. 1741 Can. 1741 - Le cause, per
le quali il parroco può essere legittimamente rimosso dalla sua parrocchia,
sono principalmente queste: 1) il modo di agire che arrechi grave danno o
turbamento alla comunione ecclesiale; 2) l'inettitudine o l'infermità
permanente della mente o del corpo, che rendano il parroco impari ad
assolvere convenientemente i suoi compiti; 3) la perdita della buona
considerazione da parte di parrocchiani onesti e seri o l'avversione contro
il parroco, che si preveda non cesseranno in breve; 4) grave negligenza o
violazione degli uffici parrocchiali, che persista dopo l'ammonizione; 5)
cattiva amministrazione delle cose temporali con grave danno della Chiesa,
ogniqualvolta a questo male non si possa porre altro rimedio. 1742 Can. 1742 - §1. Se
dall'istruttoria svolta è risultato esservi la causa di cui al can. 1740, il
Vescovo discuta la cosa con due parroci scelti dal gruppo a ciò stabilmente
costituito dal consiglio presbiterale, su proposta del Vescovo; che se poi
ritenga si debba addivenire alla rimozione, indicati la causa e gli argomenti
per la validità, convinca paternamente il parroco a rinunziare entro quindici
giorni. §2. Per i parroci che
sono membri di un istituto religioso o di una società di vita apostolica, si
osservi il disposto del can. 682, §2. 1743 Can. 1743 - La rinuncia
può essere fatta dal parroco non soltanto in maniera pura e semplice, ma
anche sotto condizione, purché questa possa essere legittimamente accettata
dal Vescovo e di fatto egli la accetti. 1744 Can. 1744 - §1. Se il parroco
entro i giorni stabiliti non avrà risposto, il Vescovo lo inviti nuovamente
prorogando i termini di tempo utile per rispondere. §2. Se al Vescovo consta
che il parroco ha ricevuto il secondo invito e non ha risposto benché non
fosse trattenuto da alcun impedimento, o se il parroco senza addurre alcun
motivo si rifiuta di rinunciare, il Vescovo emetta il decreto di rimozione. 1745 Can. 1745 - Se poi il
parroco contesta la causa addotta e le sue motivazioni, allegando motivi che
al Vescovo sembrino insufficienti, questi per agire validamente: 1) lo inviti
a raccogliere in una relazione scritta, dopo aver esaminato gli atti, le sue
impugnazioni, anzi ad addurre le prove in contrario, se ne abbia; 2) quindi,
completata se necessario l'istruttoria, insieme agli stessi parroci, di cui
al can. 1742, §1, se non se ne debbano altri essendo quelli impossibilitati,
valuti la cosa; 3) infine stabilisca se il parroco debba essere rimosso o no,
ed emetta subito il relativo decreto. 1746 Can. 1746 - Il Vescovo
provveda al parroco rimosso sia con l'assegnazione di un altro ufficio, se a
questo sia idoneo, sia con una pensione a seconda che il caso lo comporti e
le circostanze lo permettano. 1747 Can. 1747 - §1. Il parroco
rimosso deve astenersi dall'esercizio delle funzioni del parroco, quanto
prima lasciare libera la casa parrocchiale, e consegnare tutto ciò che
appartiene alla parrocchia, a colui al quale essa fu affidata dal Vescovo. §2. Se poi si tratta di
un infermo, che dalla casa parrocchiale non può trasferirsi altrove senza
incomodo, il Vescovo gliene consenta l'uso anche esclusivo, finché perdura
tale necessità. §3. In pendenza del
ricorso contro il decreto di rimozione, il Vescovo non può nominare un nuovo
parroco, ma nel frattempo provveda tramite un amministratore parrocchiale. CAPITOLO II MODO DI PROCEDERE NEL
TRASFERIMENTO DEI PARROCI 1748 Can. 1748 - Se il bene
delle anime oppure la necessità o l'utilità della Chiesa richiedono che un
parroco sia trasferito dalla sua parrocchia, che egli regge utilmente, ad
un'altra o ad un altro ufficio, il Vescovo gli proponga il trasferimento per
iscritto e lo convinca ad accettare per amore di Dio e delle anime. 1749 Can. 1749 - Se il parroco
non intende assecondare il consiglio e i pressanti inviti del Vescovo, ne
esponga i motivi per iscritto. 1750 Can. 1750 - Se il Vescovo
nonostante le ragioni addotte, giudica di non dover recedere dal suo
proposito, insieme a due parroci scelti a norma del can. 1742, §1, valuti le
ragioni favorevoli o contrarie al trasferimento; che se poi ritiene che il
trasferimento si debba fare, rivolga nuovamente al parroco paterne
esortazioni. 1751 Can. 1751 - §1. Fatto
quanto detto sopra, se ancora il parroco rifiuta e il Vescovo reputa che il
trasferimento deve essere fatto, emani il decreto di trasferimento, decidendo
che, trascorso il tempo stabilito, la parrocchia sarà vacante. §2. Trascorso inutilmente
questo tempo, dichiari vacante la parrocchia. 1752 Can. 1752 - Nelle cause
di trasferimento si applichino le disposizioni del can. 1747, attenendosi a
principi di equità canonica e avendo presente la
salvezza delle anime, che deve sempre essere nella Chiesa legge suprema. |