PAPA GIOVANNI PAOLO II ESORTAZIONE APOSTOLICA ECCLESIA IN EUROPA INTRODUZIONE Annuncio di gioia per l'Europa 1.
La Chiesa in Europa ha accompagnato con sentimenti di partecipazione i suoi
Vescovi riuniti in Sinodo per la seconda volta, mentre erano intenti alla
meditazione di Gesù Cristo, vivente nella sua Chiesa, sorgente di speranza
per l'Europa. È
un tema che anch'io, riprendendo con i miei fratelli Vescovi le parole della
Prima Lettera di san Pietro, voglio proclamare a tutti i cristiani
d'Europa all'inizio del terzo millennio. « Non vi sgomentate, [...] né vi turbate, ma adorate il Signore, Cristo, nei vostri
cuori, pronti sempre a rispondere a chiunque vi domandi ragione della
speranza che è in voi » (3, 14-15).(1) Quest'annuncio
è continuamente risuonato lungo il Grande Giubileo del Duemila, con cui il
Sinodo, celebrato nella sua immediata vigilia, è stato in stretta relazione,
quasi porta aperta su di esso.(2) Il Giubileo è
stato « un unico, ininterrotto canto di lode alla Trinità », un autentico «
cammino di riconciliazione » e un « segno di genuina speranza per quanti
guardano a Cristo e alla sua Chiesa ».(3) Lasciandoci in eredità la gioia
dell'incontro vivificante con Cristo, che « è lo stesso, ieri, oggi e
sempre » (Eb 13, 8), ci ha riproposto il Signore Gesù come unico e
indefettibile fondamento della speranza vera. Un secondo Sinodo per l'Europa 2.
L'approfondimento del tema della speranza costituiva fin dall'inizio lo scopo
principale della Seconda Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei
Vescovi. Ultimo delle serie dei Sinodi a carattere continentale celebrati in
preparazione al Grande Giubileo del Duemila,(4)esso
aveva come scopi di analizzare la situazione della Chiesa in Europa e di
offrire indicazioni per promuovere un nuovo annuncio del Vangelo, come
sottolineavo nella convocazione da me resa pubblica il 23 giugno 1996, al
termine dell'Eucaristia celebrata nello stadio olimpico di Berlino.(5) L'Assemblea
sinodale non poteva fare a meno di riprendere, verificare e sviluppare quanto
emerso nel Sinodo precedente dedicato all'Europa e che si era celebrato nel
1991, all'indomani della caduta dei muri, intorno al tema « Per essere
testimoni di Cristo che ci ha liberato ». Da
quella Prima Assemblea Speciale era emersa l'urgenza e la necessità della
« nuova evangelizzazione », nella consapevolezza che
« l'Europa non deve oggi semplicemente fare appello alla sua precedente
eredità cristiana: occorre infatti che sia messa in
grado di decidere nuovamente del suo futuro nell'incontro con la persona e il messaggio di Gesù Cristo ».(6) A
nove anni di distanza, la convinzione che « è compito urgente della
Chiesa offrire nuovamente agli uomini e alle donne dell'Europa il messaggio
liberante del Vangelo » (7) si è ripresentata con la sua forza stimolante. Il tema scelto per la nuova Assemblea sinodale
riproponeva, secondo l'angolatura della speranza, la
medesima sfida. Si trattava, quindi, di proclamare questo annuncio
di speranza a un'Europa che sembrava averla smarrita.(8) L'esperienza del Sinodo 3.
L'Assemblea sinodale, svoltasi dal 1o al 23 ottobre 1999, si è rivelata una
preziosa opportunità di incontro, di ascolto e di
confronto: si è approfondita la reciproca conoscenza tra Vescovi di diverse
parti dell'Europa e con il Successore di Pietro e, tutti insieme, abbiamo
potuto edificarci a vicenda, grazie soprattutto alle testimonianze di quanti,
sotto i passati regimi totalitari, hanno sopportato per la fede dure e
prolungate persecuzioni.(9) Ancora una volta, abbiamo vissuto momenti di
comunione nella fede e nella carità, animati dal desiderio di realizzare un
fraterno « scambio di doni », arricchiti mutuamente con la diversità
delle esperienze di ciascuno.(10) Ne è emersa la volontà di recepire
l'appello che lo Spirito rivolge alle Chiese in Europa per impegnarle di
fronte alle nuove sfide.(11) Con uno sguardo pieno di amore, i
partecipanti all'incontro sinodale non hanno temuto di osservare la realtà
attuale del Continente, rilevandone luci ed ombre. Chiara è risultata la
consapevolezza che la situazione è segnata da gravi incertezze a livello
culturale, antropologico, etico e spirituale. Altrettanto nitidamente
si è andata affermando una crescente volontà di penetrare in questa
situazione e di interpretarla per vedere i compiti che attendono la Chiesa:
ne sono usciti « utili orientamenti per rendere sempre più visibile il
volto di Cristo mediante un più incisivo annuncio corroborato da una coerente
testimonianza ».(12) 4.
Vivendo l'esperienza sinodale con discernimento evangelico, è andata sempre
più maturando la consapevolezza dell'unità che,
senza rinnegare le differenze derivanti dalle vicende storiche, collega le
varie parti dell'Europa. È un'unità che, affondando le sue radici nella
comune ispirazione cristiana, sa comporre le diverse tradizioni culturali e
che chiede, a livello sociale come a livello ecclesiale, un continuo cammino
di conoscenza reciproca aperta ad una maggiore condivisione dei valori di
ciascuno. Lungo
il Sinodo, man mano si è resa evidente una forte tensione verso la
speranza. Pur facendo proprie le analisi della complessità che
caratterizza il Continente, i Padri sinodali hanno colto come l'urgenza forse
più grande che lo attraversa, a Est come ad Ovest,
consiste in un accresciuto bisogno di speranza, così da poter dare senso alla
vita e alla storia e camminare insieme. Tutte
le riflessioni del Sinodo sono state orientate a rispondere a questo bisogno
a partire dal mistero di Cristo e dal mistero trinitario. Il
Sinodo ha voluto riproporre la figura di Gesù
vivente nella sua Chiesa, rivelatore del Dio Amore che è comunione delle tre
Persone divine. L'icona dell'Apocalisse 5.
Con la presente Esortazione post-sinodale, sono lieto di poter condividere
con la Chiesa che è in Europa i frutti di questa Seconda Assemblea Speciale
per l'Europa del Sinodo dei Vescovi. Intendo così assecondare il desiderio
espresso al termine dell'assise sinodale, allorché i
Pastori mi hanno trasmesso i testi delle loro riflessioni, con la preghiera
di offrire alla Chiesa pellegrinante in Europa un documento sullo stesso tema
del Sinodo.(13) « Chi
ha orecchi, ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese » (Ap 2,
7). Nell'annunciare all'Europa il Vangelo della speranza, terrò come guida il
libro dell'Apocalisse, « rivelazione profetica » che dischiude
alla comunità credente il senso nascosto e profondo delle cose che accadono
(cfr Ap 1, 1). L'Apocalisse ci pone di fronte a
una parola rivolta alle comunità cristiane, affinché sappiano interpretare e
vivere il loro inserimento nella storia, con i suoi interrogativi e le sue
tribolazioni, alla luce della vittoria definitiva dell'Agnello immolato e
risorto. Nel contempo, siamo di fronte a una parola che impegna a vivere abbandonando la
ricorrente tentazione di costruire la città degli uomini a prescindere da Dio
o contro di lui. Quando, infatti, ciò si verificasse,
sarebbe la stessa convivenza umana a conoscere, prima o poi, una
irrimediabile sconfitta. L'Apocalisse contiene un incoraggiamento rivolto ai credenti:
al di là di ogni apparenza, e anche se non se ne
vedono ancora gli effetti, la vittoria del Cristo è già avvenuta ed è
definitiva. Ne segue l'orientamento a porsi di fronte alle vicende umane con
un atteggiamento di fondamentale fiducia, che sgorga dalla fede nel Risorto,
presente ed operante nella storia. CAPITOLO PRIMO GESÙ CRISTO È NOSTRA SPERANZA « Non temere! Io sono il Primo
e l'Ultimo Il Risorto sta sempre con noi 6.
In un tempo di persecuzione, di tribolazione e di smarrimento per la Chiesa
all'epoca dell'Autore dell'Apocalisse (cfr Ap 1, 9), la parola che
risuona nella visione è una parola di speranza: « Non temere! Io
sono il Primo e l'Ultimo e il Vivente. Io ero morto, ma ora vivo per sempre e ho potere sopra la morte e sopra gli
inferi » (Ap 1, 17-18). Siamo messi così di fronte al Vangelo, al «
lieto annuncio », che è Gesù Cristo stesso. Egli è il Primo
e l'Ultimo: in Lui tutta la storia trova inizio, senso, direzione,
compimento; in Lui e con Lui, nella sua morte e risurrezione, tutto è già
stato detto. È il Vivente: era morto, ma ora vive per sempre. Egli è
l'Agnello che sta ritto in mezzo al trono di Dio (cfr Ap 5, 6): è immolato,
perché ha effuso il suo sangue per noi sul legno della croce; è ritto in piedi,
perché è tornato in vita per sempre e ci ha mostrato l'infinita onnipotenza
dell'amore del Padre. Egli tiene saldamente nelle sue mani le sette stelle
(cfr Ap 1, 16), cioè la Chiesa di Dio
perseguitata, in lotta contro il male e contro il peccato, ma che ha
ugualmente il diritto di essere lieta e vittoriosa, perché è nelle mani di
Colui che ha già vinto il male. Egli cammina in mezzo ai sette candelabri
d'oro (cfr Ap 2, 1): è presente e attivo
nella sua Chiesa in preghiera. Egli è anche « colui
che viene » (Ap 1, 4) mediante la missione e
l'azione della Chiesa lungo la storia; viene come mietitore escatologico,
alla fine dei tempi, per portare a compimento tutte le cose (cfr Ap
14, 15-16; 22,20). I. Sfide e segni di speranza L'offuscamento della speranza 7.
Questa parola è rivolta oggi anche alle Chiese in Europa, spesso
tentate da un offuscamento della speranza. Il tempo che stiamo vivendo,
infatti, con le sfide che gli sono proprie, appare come una stagione di
smarrimento. Tanti uomini e donne sembrano disorientati, incerti, senza
speranza e non pochi cristiani condividono questi stati d'animo. Numerosi
sono i segnali preoccupanti che, all'inizio del terzo millennio,
agitano l'orizzonte del Continente europeo, il quale, « pur nel pieno
possesso di immensi segni di fede e testimonianza e
nel quadro di una convivenza indubbiamente più libera e più unita, sente
tutto il logoramento che la storia antica e recente ha prodotto nelle fibre
più profonde dei suoi popoli, generando spesso delusione ».(14) Tra i tanti aspetti, ampiamente richiamati anche in
occasione del Sinodo,(15) vorrei ricordare lo
smarrimento della memoria e dell'eredità cristiane, accompagnato da una
sorta di agnosticismo pratico e di indifferentismo
religioso, per cui molti europei danno l'impressione di vivere senza
retroterra spirituale e come degli eredi che hanno dilapidato il patrimonio
loro consegnato dalla storia. Non meravigliano più di tanto, perciò, i
tentativi di dare un volto all'Europa escludendone la eredità
religiosa e, in particolare, la profonda anima cristiana, fondando i diritti
dei popoli che la compongono senza innestarli nel tronco irrorato dalla linfa
vitale del cristianesimo. Nel Continente europeo non mancano certo i prestigiosi simboli della presenza cristiana, ma con
l'affermarsi lento e progressivo del secolarismo, essi rischiano di diventare
puro vestigio del passato. Molti non riescono più ad integrare il messaggio
evangelico nell'esperienza quotidiana; cresce la difficoltà di vivere la
propria fede in Gesù in un contesto sociale e
culturale in cui il progetto di vita cristiano viene continuamente sfidato e
minacciato; in non pochi ambiti pubblici è più facile dirsi agnostici che
credenti; si ha l'impressione che il non credere vada da sé mentre il credere
abbia bisogno di una legittimazione sociale né ovvia né scontata. 8.
A questo smarrimento della memoria cristiana si accompagna una sorta di
paura nell'affrontare il futuro. L'immagine del domani
coltivata risulta spesso sbiadita e incerta. Del futuro si ha più
paura che desiderio. Ne sono segni preoccupanti, tra gli altri, il vuoto
interiore che attanaglia molte persone, e la perdita del significato della
vita. Tra le espressioni e i frutti di questa angoscia
esistenziale vanno annoverati, in particolare, la drammatica diminuzione
della natalità, il calo delle vocazioni al sacerdozio e alla vita consacrata,
la fatica, se non il rifiuto, di operare scelte definitive di vita anche nel
matrimonio. Si
assiste a una diffusa frammentazione dell'esistenza;
prevale una sensazione di solitudine; si moltiplicano le divisioni e le
contrapposizioni. Tra gli altri sintomi di questo stato di cose, l'odierna
situazione europea conosce il grave fenomeno delle crisi familiari e del
venir meno della stessa concezione di famiglia, il perdurare o il riproporsi
di conflitti etnici, il rinascere di alcuni
atteggiamenti razzisti, le stesse tensioni interreligiose, l'egocentrismo che
chiude su di sé singoli e gruppi, il crescere di una generale indifferenza
etica e di una cura spasmodica per i propri interessi e privilegi. Agli occhi
di molti, la globalizzazione in corso, invece di
indirizzare verso una più grande unità del genere
umano, rischia di seguire una logica che emargina i più deboli e accresce il
numero dei poveri della terra. Connesso
con il diffondersi dell'individualismo, si nota un crescente affievolirsi
della solidarietà inter-personale: mentre le istituzioni di assistenza svolgono un lavoro lodevole, si osserva un
venir meno del senso della solidarietà, di modo che, anche se non mancano del
necessario materiale, molte persone si sentono più sole, lasciate in balia di
se stesse, senza reti di sostegno affettivo. 9. Alla radice dello smarrimento della speranza sta il
tentativo di far prevalere un'antropologia senza Dio e senza Cristo.
Questo tipo di pensiero ha portato a considerare l'uomo come « il centro
assoluto della realtà, facendogli così artificiosamente occupare il posto di
Dio e dimenticando che non è l'uomo che fa Dio ma Dio che fa l'uomo. L'aver
dimenticato Dio ha portato ad abbandonare l'uomo », per
cui « non c'è da stupirsi se in questo contesto si è aperto un
vastissimo spazio per il libero sviluppo del nichilismo in campo filosofico,
del relativismo in campo gnoseologico e morale, del pragmatismo e finanche
dell'edonismo cinico nella configurazione della vita quotidiana ».(16) La
cultura europea dà l'impressione di una « apostasia
silenziosa » da parte dell'uomo sazio che vive come se Dio
non esistesse. In
tale orizzonte, prendono corpo i tentativi, anche ultimamente ricorrenti, di
presentare la cultura europea a prescindere dall'apporto del cristianesimo
che ha segnato il suo sviluppo storico e la sua diffusione universale. Siamo
di fronte all'emergere di una nuova cultura, in larga parte
influenzata dai mass media, dalle caratteristiche e dai contenuti spesso in
contrasto con il Vangelo e con la dignità della persona umana. Di tale cultura fa parte anche
un sempre più diffuso agnosticismo religioso, connesso con un più profondo
relativismo morale e giuridico, che affonda le sue radici nello
smarrimento della verità dell'uomo come fondamento dei diritti inalienabili
di ciascuno. I segni del venir meno della speranza talvolta si
manifestano attraverso forme preoccupanti di ciò che si può chiamare una
« cultura di morte ».(17) L'insopprimibile nostalgia
della speranza 10.
Ma, come hanno sottolineato i Padri sinodali,
« l'uomo non può vivere senza speranza: la sua vita sarebbe
votata all'insignificanza e diventerebbe insopportabile ».(18) Spesso
chi ha bisogno di speranza crede di poter trovar pace in realtà effimere e
fragili. E così la speranza, ristretta in un ambito intramondano chiuso alla trascendenza, viene identificata, ad esempio, nel paradiso promesso
dalla scienza e dalla tecnica, o in forme varie di messianismo, nella
felicità di natura edonistica procurata dal consumismo o quella immaginaria e
artificiale prodotta dalle sostanze stupefacenti, in alcune forme di
millenarismo, nel fascino delle filosofie orientali, nella ricerca di forme
di spiritualità esoteriche, nelle diverse correnti del New Age.(19) Tutto
questo, però, si rivela profondamente illusorio e incapace di soddisfare
quella sete di felicità che il cuore dell'uomo continua ad avvertire dentro di
sé. Permangono così e si acuiscono i segni preoccupanti del venir meno della
speranza, che talvolta si manifestano anche attraverso forme di aggressività e di violenza.(20) Segni di speranza 11.
Nessun essere umano può vivere senza prospettive di futuro. Tanto meno la Chiesa, che vive dell'attesa del Regno che viene e
che già è presente in questo mondo. Sarebbe ingiusto non cogliere i
segni dell'influsso del Vangelo di Cristo
nella vita delle società. I Padri sinodali li hanno rintracciati e sottolineati. Tra
questi segni vanno annoverati il recupero della libertà della Chiesa nell'Est
europeo, con le nuove possibilità per l'azione pastorale ad essa dischiuse; il concentrarsi della Chiesa sulla sua
missione spirituale e il suo impegno a vivere il primato dell'evangelizzazione
anche nei rapporti con la realtà sociale e politica; l'accresciuta presa di
coscienza della missione propria di tutti i battezzati, nella varietà e
complementarietà dei doni e dei compiti; l'aumentata presenza della donna
nelle strutture e negli ambiti della comunità cristiana. Una comunità di popoli 12.
Guardando all'Europa come comunità civile, non mancano segnali che aprono
alla speranza: in essi, pur tra le
contraddizioni della storia, con uno sguardo di fede possiamo cogliere la presenza
dello Spirito di Dio che rinnova la faccia della terra. Così li hanno
descritti i Padri sinodali a conclusione dei loro lavori: « Constatiamo con gioia la crescente apertura dei
popoli, gli uni verso gli altri, la riconciliazione tra nazioni per lungo
tempo ostili e nemiche, l'allargamento progressivo del processo
unitario ai Paesi dell'Est europeo. Riconoscimenti, collaborazioni e
scambi di ogni ordine sono in sviluppo, così
che, a poco a poco, si crea una cultura, anzi una coscienza europea,
che speriamo possa far crescere, specialmente presso i giovani, il sentimento
della fraternità e la volontà della condivisione. Registriamo come positivo il fatto che tutto questo processo si svolga
secondo metodi democratici, in modo pacifico e in uno spirito di libertà,
che rispetta e valorizza le legittime diversità, suscitando e sostenendo il
processo di unificazione dell'Europa. Salutiamo con soddisfazione ciò
che è stato fatto per precisare le condizioni e le modalità
del rispetto dei diritti umani. Nel contesto,
infine, della legittima unità economica e politica in Europa, mentre
registriamo i segni della speranza offerti dalla considerazione data al
diritto e alla qualità della vita, ci auguriamo vivamente che, in una
fedeltà creativa alla tradizione umanistica e cristiana del nostro
Continente, sia garantito il primato dei valori etici e spirituali ».(21)
I martiri e i testimoni della
fede 13.
Ma intendo attirare l'attenzione in particolare su
alcuni segni emersi nella vita propriamente ecclesiale. Innanzitutto, con i
Padri sinodali, voglio riproporre a tutti, perché
non sia mai dimenticato, quel grande segno di speranza costituito dai tanti testimoni
della fede cristiana, vissuti nell'ultimo secolo, all'Est come all'Ovest.
Essi hanno saputo far proprio il Vangelo in situazioni di ostilità
e persecuzione, spesso fino alla prova suprema del sangue. Questi
testimoni, in particolare quanti tra di loro hanno
affrontato la prova del martirio, sono un segno eloquente e grandioso, che ci
è chiesto di contemplare e imitare. Essi ci attestano la vitalità della
Chiesa; ci appaiono come una luce per la Chiesa e per l'umanità, perché hanno
fatto risplendere nelle tenebre la luce di Cristo; in
quanto appartenenti a diverse confessioni cristiane, risplendono anche
come segno di speranza per il cammino ecumenico, nella certezza che il loro
sangue « è anche linfa di unità per la Chiesa ».(22) Ancora
più radicalmente, essi ci dicono che il martirio è la suprema
incarnazione del Vangelo della speranza: « I martiri, infatti,
annunciano questo Vangelo e lo testimoniano con la loro vita fino
all'effusione del sangue, perché sono certi di non poter vivere senza Cristo
e sono pronti a morire per lui nella convinzione che Gesù è il Signore e il
Salvatore dell'uomo e che, quindi, solo in lui l'uomo trova la pienezza vera
della vita. In tal modo, secondo l'ammonimento dell'apostolo Pietro, si
mostrano pronti a rendere ragione della speranza che è in loro (cfr 1 Pt 3,
15). I martiri, inoltre, celebrano il “Vangelo della speranza”, perché
l'offerta della loro vita è la manifestazione più radicale e più grande di quel sacrificio vivente, santo e gradito a Dio, che
costituisce il vero culto spirituale (cfr Rm 12, 1), origine, anima e
culmine di ogni celebrazione cristiana. Essi, infine, servono il “Vangelo
della speranza”, perché con il loro martirio esprimono in grado sommo l'amore
e il servizio all'uomo, in quanto dimostrano che
l'obbedienza alla legge evangelica genera una vita morale e una convivenza
sociale che onora e promuove la dignità e la libertà di ogni
persona ».(23) La santità di molti 14.
Frutto della conversione operata dal Vangelo è la santità di tanti
uomini e donne del nostro tempo. Non solo di quanti sono stati proclamati
ufficialmente tali dalla Chiesa, ma anche di coloro che, con semplicità e
nella quotidianità dell'esistenza, hanno dato testimonianza della loro
fedeltà a Cristo. Come non pensare agli innumerevoli figli della Chiesa che,
lungo la storia del Continente europeo, hanno
vissuto una santità generosa ed autentica nel nascondimento della vita
familiare, professionale e sociale? « Tutti costoro, come “pietre vive”
aderenti a Cristo “pietra angolare”, hanno costruito l'Europa come edificio
spirituale e morale, lasciando ai posteri l'eredità più preziosa. Il Signore Gesù lo aveva promesso: “Chi crede in me, compirà
le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre”
(Gv 14, 12). I Santi sono la prova vivente del compiersi di questa
promessa, e incoraggiano a credere che ciò è possibile anche nelle ore più
difficili della storia ».(24) La parrocchia e i movimenti
ecclesiali 15.
Il Vangelo continua a portare i suoi frutti nelle comunità parrocchiali, tra
le persone consacrate, nelle associazioni di laici, nei gruppi di preghiera e
di apostolato, in diverse comunità giovanili, come
pure attraverso la presenza e la diffusione di nuovi movimenti e realtà
ecclesiali. In ciascuno di essi, infatti, il
medesimo Spirito sa suscitare rinnovata dedizione al Vangelo, generosa
disponibilità al servizio, vita cristiana segnata da radicalismo evangelico e
da slancio missionario. Ancora
oggi in Europa, nei Paesi post-comunisti come in Occidente, la parrocchia,
pur bisognosa di costante rinnovamento,(25) continua
a conservare e ad esercitare una sua missione indispensabile e di grande
attualità in ambito pastorale ed ecclesiale. Essa rimane in grado di offrire
ai fedeli lo spazio per un reale esercizio della vita cristiana, come pure di essere luogo di autentica umanizzazione e
socializzazione sia in un contesto di dispersione e anonimato proprio delle
grandi città moderne, sia in zone rurali con poca popolazione.(26) 16.
Nello stesso tempo, con i Padri sinodali, mentre esprimo la
mia grande stima per la presenza e l'azione delle diverse associazioni e
organizzazioni apostoliche e, in particolare, dell'Azione Cattolica, desidero
rilevare il contributo proprio che, in comunione con le altre realtà
ecclesiali, e mai in via isolata, possono offrire i nuovi movimenti e le
nuove comunità ecclesiali. Questi ultimi, infatti, « aiutano i
cristiani a vivere più radicalmente secondo il Vangelo; sono culla di diverse
vocazioni e generano nuove forme di consacrazione; promuovono soprattutto la
vocazione dei laici e la portano a esprimersi nei
diversi ambiti della vita; favoriscono la santità del popolo; possono essere
annuncio ed esortazione per coloro che diversamente non incontrano la Chiesa;
spesso sostengono il cammino ecumenico ed aprono vie per il dialogo
interreligioso; sono di antidoto contro la diffusione delle sette; sono di
grande aiuto nel diffondere vivacità e gioia nella Chiesa ».(27) Il cammino ecumenico 17.
Ringraziamo il Signore per il grande e confortante segno di speranza
costituito dai progressi che ha saputo realizzare il cammino ecumenico nella prospettiva della verità, della carità e della
riconciliazione. Si tratta di uno dei grandi doni dello Spirito Santo per un
Continente, come quello europeo, che ha dato origine alle gravi divisioni tra
i cristiani nel secondo millennio, e che soffre ancora molto per le
conseguenze di esse. Ricordo
con commozione alcuni momenti di grande intensità sperimentati durante i
lavori sinodali e l'unanime convinzione, espressa anche dai Delegati
Fraterni, che tale cammino – nonostante i problemi che ancora permangono e
quelli nuovi che vanno nascendo – non può essere interrotto, ma deve
continuare con rinnovato ardore, con più profonda determinazione e con
l'umile disponibilità di tutti al perdono reciproco. Volentieri faccio mie
alcune espressioni dei Padri sinodali, poiché « il progresso nel dialogo
ecumenico, che ha il suo fondamento più profondo nello stesso Verbo di Dio,
rappresenta un segno di grande speranza per la Chiesa di oggi:
la crescita dell'unità tra i cristiani, infatti, è di mutuo arricchimento per
tutti ».(28) Occorre « guardare con gioia ai progressi fin qui
ottenuti nel dialogo sia con i fratelli delle Chiese ortodosse sia con quelli
delle comunità ecclesiali provenienti dalla Riforma, riconoscendo in essi un
segno dell'azione dello Spirito, per la quale lodare e ringraziare il
Signore ».(29) II. Ritornare a Cristo, Confessare la nostra fede 18.
Dall'Assemblea sinodale è emersa, chiara e appassionata, la certezza che la
Chiesa ha da offrire all'Europa il bene più prezioso, che nessun altro può
darle: è la fede in Gesù Cristo, fonte della speranza che non delude,(30) dono che sta all'origine dell'unità spirituale e
culturale dei popoli europei, e che ancora oggi e per il futuro può
costituire un contributo essenziale del loro sviluppo e della loro
integrazione. Sì, dopo venti secoli, la Chiesa si presenta all'inizio del
terzo millennio con il medesimo annuncio di sempre, che costituisce il suo
unico tesoro: Gesù Cristo è il Signore; in Lui, e in nessun altro, c'è
salvezza (cfr At 4, 12). La sorgente della speranza, per l'Europa e
per il mondo intero, è Cristo, « e la Chiesa è il canale attraverso il
quale passa e si diffonde l'onda di grazia scaturita dal Cuore trafitto del
Redentore ».(31) Sulla base di questa confessione di fede sgorga dal
nostro cuore e dalle nostre labbra « una gioiosa confessione di
speranza: tu, o Signore, risorto e vivo, sei la speranza sempre nuova
della Chiesa e dell'umanità; tu sei l'unica e vera speranza dell'uomo e della
storia; tu sei “tra noi la speranza della gloria” (Col 1, 27) già in
questa nostra vita e oltre la morte. In te e con te, noi possiamo raggiungere
la verità, la nostra esistenza ha un senso, la comunione è possibile, la
diversità può diventare ricchezza, la potenza del Regno è all'opera nella
storia e aiuta l'edificazione della città dell'uomo, la carità dà valore
perenne agli sforzi dell'umanità, il dolore può diventare salvifico, la vita
vincerà la morte, il creato parteciperà della gloria dei figli di Dio ».(32) Gesù Cristo nostra speranza 19. Gesù Cristo è la nostra speranza perché Lui, il Verbo
eterno di Dio che da sempre è nel seno del Padre (cfr Gv 1, 18), ci ha
amati a tal punto da assumere in tutto, eccetto il peccato,
la nostra natura umana diventando partecipe della nostra vita, per salvarci.
La confessione di questa verità è al cuore stesso della nostra fede. La
perdita della verità su Gesù Cristo o una sua incomprensione impediscono di penetrare nello stesso mistero dell'amore
di Dio e della comunione trinitaria.(33) Gesù
Cristo è la nostra speranza perché Egli rivela il mistero della Trinità.
Questo è il centro della fede cristiana, che può offrire ancora un grande
apporto, come sinora ha fatto, all'edificazione di strutture che, ispirandosi
ai grandi valori evangelici o confrontandosi con essi,
promuovano la vita, la storia e la cultura dei diversi popoli del Continente. Sono
molteplici le radici ideali che hanno contribuito con la loro linfa al
riconoscimento del valore della persona e della sua inalienabile dignità, del
carattere sacro della vita umana e del ruolo centrale della famiglia,
dell'importanza dell'istruzione e della libertà di pensiero, di parola, di
religione, come pure alla tutela legale degli individui e dei gruppi, alla promozione della solidarietà e del bene comune, al
riconoscimento della dignità del lavoro. Tali radici hanno favorito la
sottomissione del potere politico alla legge e al rispetto dei diritti della
persona e dei popoli. Occorre qui ricordare lo spirito della Grecia antica e
della romanità, gli apporti dei popoli celtici, germanici, slavi, ugro-finnici, della cultura ebraica e del mondo islamico.
Tuttavia si deve riconoscere che queste ispirazioni hanno
storicamente trovato nella tradizione giudeo-cristiana una forza capace di
armonizzarle, di consolidarle e di promuoverle. Si tratta di un fatto
che non può essere ignorato; al contrario, nel processo della costruzione
della « casa comune europea », occorre riconoscere che questo edificio si deve poggiare anche su valori che
trovano nella tradizione cristiana la loro piena epifania. Il prenderne atto
torna a vantaggio di tutti. La Chiesa « non ha titolo per esprimere preferenze per
l'una o l'altra soluzione istituzionale o costituzionale »
(34) dell'Europa, e perciò vuole coerentemente rispettare la
legittima autonomia dell'ordine civile. Tuttavia,
essa ha il compito di ravvivare nei cristiani d'Europa la fede nella
Trinità, ben sapendo che tale fede è foriera di autentica
speranza per il Continente. Molti dei grandi paradigmi di riferimento sopra
accennati, che sono alla base della civiltà europea, affondano le loro radici
ultime nella fede trinitaria. Questa contiene uno straordinario
potenziale spirituale, culturale ed etico, in grado, tra l'altro, di
illuminare anche alcune grandi questioni che oggi si agitano in Europa, come
la disgregazione sociale e la perdita di un riferimento che dia senso alla vita e alla storia. Ne segue la necessità di una rinnovata meditazione teologica,
spirituale e pastorale sul mistero trinitario.(35) 20.
Le Chiese particolari in Europa non sono delle semplici entità o organizzazioni private. In realtà, esse operano con una
specifica dimensione istituzionale che merita di essere giuridicamente
valorizzata, nel pieno rispetto dei giusti ordinamenti civili. Nel riflettere
su se stesse, le comunità cristiane devono riscoprirsi quale dono con cui Dio
arricchisce i popoli che vivono nel Continente. Questo è l'annuncio gioioso
che esse sono chiamate a portare ad ogni persona. Nell'approfondire la propria
dimensione missionaria, esse devono attestare costantemente che Gesù
Cristo « è il mediatore unico e costitutivo di salvezza per l'intera
umanità: solo in lui l'umanità, la storia e il cosmo trovano il loro significato
definitivamente positivo e si realizzano totalmente;
egli ha in se stesso, nel suo evento e nella sua persona, le ragioni
definitive della salvezza; egli non è solo un mediatore di salvezza, ma è
la fonte stessa della salvezza ».(36) Nel contesto dell'attuale pluralismo etico e
religioso che va sempre più caratterizzando l'Europa, c'è bisogno, quindi, di
confessare e riproporre la verità su Cristo come unico Mediatore tra Dio e
gli uomini e unico Redentore del mondo. Pertanto – come ho fatto al termine
dell'Assemblea sinodale –, con tutta la Chiesa, invito i miei fratelli e le
mie sorelle nella fede, a sapersi costantemente aprire con fiducia a Cristo e
a lasciarsi rinnovare da lui, annunciando con il vigore della pace e
dell'amore a tutte le persone di buona volontà che chi incontra il Signore
conosce la Verità, scopre la Vita, trova la Via che ad essa
conduce (cfr Gv 14, 6; Sal 16 [15], 11). Dal tenore della vita
e dalla testimonianza della parola dei cristiani, gli abitanti dell'Europa
potranno scoprire che Cristo è il
futuro dell'uomo. Nella fede della
Chiesa, « non vi è infatti altro nome dato agli
uomini sotto il cielo nel quale sia stabilito che possiamo essere salvati »
(At 4, 12).(37) 21.
Per i credenti, Gesù Cristo è la speranza di ogni persona
perché dona la vita eterna. Egli è « il Verbo della vita » (1
Gv 1, 1), venuto nel mondo perché gli uomini « abbiano la vita e
l'abbiano in abbondanza » (Gv 10, 10). Egli ci mostra così come
il vero senso della vita dell'uomo non rimane racchiuso nell'orizzonte
mondano, ma si spalanca sull'eternità. Missione di ogni
Chiesa particolare in Europa è di tener
conto della sete di verità di ogni persona e del bisogno di valori
autentici che animino i popoli del Continente. Con rinnovata energia, essa deve
riproporre la novità che la anima. Si tratta di
porre in atto un'articolata azione culturale e missionaria, mostrando con
azioni e argomentazioni convincenti come la
nuova Europa abbia bisogno di ritrovare le proprie
radici ultime. In tale contesto, quanti si
ispirano ai valori evangelici hanno una funzione essenziale da svolgere, che
appartiene al solido fondamento sul quale edificare una convivenza più umana
e più pacifica perché rispettosa di tutti e di ciascuno. È necessario che le Chiese particolari in Europa sappiano
restituire alla speranza la sua originaria componente
escatologica.(38) La vera speranza cristiana, infatti, è teologale ed escatologica, fondata sul Risorto, che verrà di
nuovo come Redentore e Giudice e che ci chiama alla risurrezione e al premio
eterno. Gesù Cristo vivente nella
Chiesa 22. Ritornando a Cristo, i popoli europei potranno
ritrovare quella speranza che sola offre pienezza di senso
alla vita. Anche oggi lo possono incontrare, perché Gesù
è presente, vive e opera nella sua Chiesa: Egli è nella Chiesa e la
Chiesa è in Lui (cfr Gv 15, 1ss; Gal 3, 28; Ef 4, 15-16;
At 9, 5). In essa, in virtù del dono
dello Spirito Santo, continua incessantemente la sua opera salvifica.(39) Con gli occhi della fede siamo abilitati a vedere la misteriosa
presenza di Gesù nei diversi segni che ci ha lasciato. Egli è presente
innanzitutto nella Sacra Scrittura, che in ogni sua parte parla di Lui (cfr
Lc 24, 27.44-47). Tuttavia in modo veramente unico Egli
è presente sotto le specie eucaristiche. Questa « presenza si
dice “reale” non per esclusione, quasi che le altre non siano “reali”, ma per
antonomasia, perché è sostanziale, e in forza di essa
Cristo, Uomo-Dio, tutto intero si fa presente ».(40) Nell'Eucaristia,
infatti, « è contenuto veramente, realmente,
sostanzialmente il Corpo e il Sangue di nostro Signore Gesù Cristo, con
l'anima e la divinità e, quindi, il Cristo tutto intero ».(41) « Davvero
l'Eucaristia è mysterium fidei, mistero che sovrasta i nostri
pensieri, e può essere accolto solo nella fede ».(42) Pure reale è
la presenza di Gesù nelle altre azioni liturgiche della Chiesa che, in suo
nome, essa celebra. Tra queste si annoverano i Sacramenti, azioni di Cristo,
che Egli compie per mezzo degli uomini.(43) Gesù è presente nel mondo anche mediante altri verissimi
modi, specialmente nei suoi discepoli che, fedeli al duplice mandato della
carità, adorano Dio in spirito e
verità (cfr Gv 4, 24) e testimoniano con la vita l'amore
fraterno che li distingue come seguaci del Signore (cfr Mt 25, 31-46; Gv
13, 35; 15, 1-17).(44) CAPITOLO SECONDO IL VANGELO DELLA SPERANZA « Svegliati e rinvigorisci ciò
che rimane I. Il Signore chiama alla conversione Gesù si rivolge oggi alle
nostre Chiese 23.
« Così parla Colui che tiene le sette stelle
nella sua destra e cammina in mezzo ai sette candelabri d'oro [...], il Primo
e l'Ultimo, che era morto ed è tornato alla vita [...], il Figlio di Dio » (Ap
2, 1.8.18). È Gesù stesso che parla alla sua Chiesa. Il suo
messaggio è rivolto a tutte le singole Chiese particolari e riguarda la loro
vita interna, a volte contrassegnata dalla presenza di concezioni e mentalità
incompatibili con la tradizione evangelica, spesso attraversata da diverse
forme di persecuzione e, ancora più pericolosamente, insidiata da sintomi
preoccupanti di mondanizzazione, di
perdita della fede primitiva, di compromesso con la logica del mondo. Non di rado le comunità non hanno più
l'amore di un tempo (cfr Ap 2, 4). Si
osserva come le nostre comunità ecclesiali siano
alle prese con debolezze, fatiche, contraddizioni. Anch'esse hanno bisogno di
riascoltare la voce dello Sposo, che le
invita alla conversione, le sprona all'ardimento di cose nuove e le
chiama a impegnarsi nella grande opera della «
nuova evangelizzazione ». La Chiesa deve costantemente sottomettersi al giudizio della parola di
Cristo, e vivere la sua dimensione umana in uno
stato di purificazione per essere sempre più e sempre meglio la Sposa
senza macchia né ruga, adorna di una veste di lino puro splendente (cfr Ef
5, 27; Ap 19, 7-8). In
tal modo Gesù Cristo chiama le
nostre Chiese in Europa alla conversione ed esse, con il loro Signore
e in forza della sua presenza, diventano apportatrici di speranza per
l'umanità. L'azione del Vangelo lungo la
storia 24.
L'Europa è stata ampiamente e profondamente penetrata
dal cristianesimo. « Non c'è dubbio che, nella
complessa storia dell'Europa, il cristianesimo rappresenti un elemento
centrale e qualificante, consolidato sul saldo fondamento dell'eredità
classica e dei molteplici contributi arrecati dagli
svariati flussi etnico-culturali che si sono
succeduti nei secoli. La fede cristiana ha plasmato la cultura del Continente
e si è intrecciata in modo inestricabile con la sua storia, al punto che
questa non sarebbe comprensibile se non si facesse riferimento alle vicende
che hanno caratterizzato prima il grande periodo
dell'evangelizzazione, e poi i lunghi secoli in cui il cristianesimo, pur
nella dolorosa divisione tra Oriente ed Occidente, si è affermato come la
religione degli Europei stessi. Anche nel periodo moderno e contemporaneo,
quando l'unità religiosa è andata progressivamente frantumandosi sia per le ulteriori divisioni intercorse tra i cristiani sia per i
processi di distacco della cultura dall'orizzonte della fede, il ruolo di
quest'ultima ha continuato ad essere di non scarso rilievo ».(45) 25.
L'interesse che la Chiesa nutre per l'Europa nasce dalla sua stessa
natura e missione. Lungo i secoli, infatti, la Chiesa ha avuto legami molto
stretti con il nostro Continente, così che il volto spirituale dell'Europa si
è andato formando grazie agli sforzi di grandi missionari, alla testimonianza
di santi e di martiri, e all'opera assidua di monaci, religiosi e pastori.
Dalla concezione biblica dell'uomo, l'Europa ha tratto il meglio della sua
cultura umanistica, ha attinto ispirazione per le sue creazioni intellettuali
ed artistiche, ha elaborato norme di diritto e, non per ultimo, ha promosso
la dignità della persona, fonte di diritti inalienabili.(46) In questo modo
la Chiesa, in quanto depositaria del Vangelo, ha
concorso a diffondere e a consolidare quei valori che hanno reso universale
la cultura europea. Memore
di tutto ciò, la Chiesa di oggi avverte, con
rinnovata responsabilità, l'urgenza di non disperdere questo prezioso
patrimonio e di aiutare l'Europa a costruire se stessa rivitalizzando
le radici cristiane che l'hanno originata.(47) Per realizzare un vero volto di
Chiesa 26.
L'intera Chiesa in Europa senta rivolto a sé il comando e l'invito del
Signore: ravvediti, convertiti, « svegliati e
rinvigorisci ciò che rimane e sta per morire » (Ap 3, 2). È
un'esigenza che nasce anche dalla considerazione del tempo attuale: « La
grave situazione di indifferenza religiosa di tanti
europei, la presenza di molti che anche nel nostro Continente non conoscono
ancora Gesù Cristo e la sua Chiesa e che ancora non sono battezzati, il
secolarismo che contagia una larga fascia di cristiani che abitualmente
pensano, decidono e vivono “come se Cristo non esistesse”, lungi dallo
spegnere la nostra speranza, la rendono più umile e più capace di affidarsi
solo a Dio. Dalla sua misericordia riceviamo la grazia e l'impegno della
conversione ».(48) 27.
Nonostante a volte, come nell'episodio evangelico
della tempesta sedata (cfr Mc 4, 35-41; Lc 8, 22-25), possa
sembrare che Cristo dorma e lasci la sua barca in balia delle onde agitate,
alla Chiesa in Europa è chiesto di coltivare la certezza che il Signore,
attraverso il dono del suo Spirito, è sempre presente e operante in essa e
nella storia dell'umanità. Egli prolunga nel tempo la sua missione,
costituendo la Chiesa come flusso di vita nuova, che scorre entro la vita dell'umanità
quale segno di speranza per tutti. In
un contesto nel quale è facile la tentazione
dell'attivismo anche a livello pastorale, ai cristiani in Europa è chiesto di
continuare ad essere reale trasparenza del Risorto, vivendo in intima
comunione con lui. C'è bisogno di comunità che, contemplando e imitando
la Vergine Maria, figura e modello della Chiesa nella fede e nella santità,(49) custodiscano il senso della vita liturgica e
della vita interiore. Prima di tutto e sopra tutto,
esse dovranno lodare il Signore, pregarlo, adorarlo e ascoltarne la Parola.
Solo così potranno assimilarne il mistero, vivendo totalmente relative a lui,
come membra della sua Sposa fedele. 28.
Di fronte alle ricorrenti spinte alla divisione e alla contrapposizione, le
diverse Chiese particolari in Europa, forti anche del legame con il
Successore di Pietro, devono impegnarsi ad essere vero luogo e strumento
di comunione dell'intero popolo di Dio nella fede e
nell'amore.(50) Coltivino, perciò, un clima di carità fraterna, vissuta
con radicalità evangelica nel nome di Gesù e nel suo amore; sviluppino un contesto di rapporti amichevoli, di comunicazione, di
corresponsabilità, di partecipazione, di coscienza missionaria, di attenzione
e di servizio; siano animate da atteggiamenti di stima, di accoglienza e di
correzione vicendevoli (cfr Rm 12, 10; 15, 7-14), oltre che di
servizio e sostegno reciproci (cfr Gal 5, 13; 6, 2), di perdono
scambievole (cfr Col 3, 13) e di edificazione gli uni degli altri (cfr
1 Ts 5, 11); si adoperino per realizzare una pastorale che,
valorizzando tutte le legittime diversità, promuova anche una cordiale
collaborazione tra tutti i fedeli e le loro aggregazioni; rilancino gli
organismi di partecipazione quali preziosi strumenti di comunione per una
concorde azione missionaria, suscitando la presenza di operatori pastorali
adeguatamente preparati e qualificati. In tal modo, le stesse Chiese, animate
dalla comunione che è manifestazione dell'amore di Dio, fondamento e ragione
della speranza che non delude (cfr Rm 5, 5), saranno riflesso più
splendente della Trinità, nonché segno che
interpella e invita a credere (cfr Gv 17, 21). 29.
Perché la comunione nella Chiesa possa essere
vissuta in modo più pieno, occorre valorizzare la varietà dei carismi e
delle vocazioni, che convergono sempre più verso l'unità e la possono
arricchire (cfr 1 Cor 12). In quest'ottica, è anche necessario, da una
parte, che i nuovi movimenti e le nuove comunità ecclesiali, « abbandonando
ogni tentazione di rivendicare diritti di primogenitura e ogni incomprensione
vicendevole », progrediscano nel cammino di una più autentica comunione tra di loro e con tutte le altre realtà ecclesiali, e «
vivano con amore in piena obbedienza ai Vescovi »; d'altra parte, è pure necessario
che i Vescovi, « manifestando loro quella paternità e quell'amore che sono
propri dei pastori »,(51) sappiano riconoscere, valorizzare e
coordinare i loro carismi e la loro presenza per l'edificazione dell'unica
Chiesa. Grazie,
infatti, alla crescita della collaborazione tra le diverse realtà ecclesiali
sotto la guida amorevole dei pastori, la Chiesa intera potrà presentare a tutti un volto più bello e credibile, trasparenza più
limpida di quello del Signore, e così potrà contribuire a ridare speranza e
consolazione sia a quanti la cercano, sia a quanti, pur non cercandola, ne
hanno bisogno. Per
poter rispondere all'appello del Vangelo alla conversione, « è
necessario fare tutti insieme un umile e coraggioso esame di coscienza
per riconoscere le nostre paure e i nostri errori, per confessare con
sincerità le nostre lentezze, omissioni, infedeltà, colpe ».(52) Lungi
dall'assecondare atteggiamenti rinunciatari di scoraggiamento, l'evangelico
riconoscimento delle proprie colpe non potrà che suscitare nella comunità
l'esperienza che vive il singolo battezzato: la gioia di una profonda
liberazione e la grazia di un nuovo inizio, che consente di proseguire con
maggiore vigore nel cammino dell'evangelizzazione. Per progredire verso l'unità
dei cristiani 30.
Il Vangelo della speranza, infine, è forza e appello alla conversione
anche in campo ecumenico. Nella certezza che l'unità dei cristiani
corrisponda al comando del Signore « perché tutti siano una cosa
sola » (cfr Gv 17, 11), e che essa si presenti oggi come una
necessità per una maggiore credibilità
nell'evangelizzazione e come contributo all'unità dell'Europa, è necessario
che tutte le Chiese e Comunità ecclesiali « siano aiutate e invitate a
interpretare il cammino ecumenico come un “andare insieme” verso
Cristo » (53) e verso l'unità visibile da lui voluta, così che
l'unità nella diversità rifulga nella Chiesa come dono dello Spirito Santo,
artefice di comunione. Perché
ciò si realizzi occorre da parte di tutti un paziente
e costante impegno, animato da genuina speranza e, al tempo stesso, da sobrio
realismo, orientato alla « valorizzazione di ciò che già ci unisce, alla
sincera stima reciproca, all'eliminazione dei pregiudizi, alla conoscenza e
all'amore vicendevoli ».(54) In questa linea, l'adoperarsi per
l'unità, se vuole poggiarsi su solide fondamenta, non può non comprendere la
ricerca appassionata della verità, attraverso un dialogo e un confronto che,
mentre riconoscono i risultati finora raggiunti, li sappiano valorizzare come
stimolo per un ulteriore cammino nel superamento delle divergenze che ancora
dividono i cristiani. 31.
Bisogna continuare con determinazione il dialogo, senza arrendersi di
fronte a difficoltà e fatiche: esso sia condotto « sotto diversi aspetti
(dottrinale, spirituale e pratico) seguendo la logica dello scambio dei doni,
che lo Spirito suscita in ogni Chiesa ed educando le
comunità e i fedeli, soprattutto i giovani, a vivere momenti di incontro e a
fare dell'ecumenismo rettamente inteso una dimensione ordinaria della vita e
dell'azione ecclesiale ».(55) Questo
dialogo costituisce una delle preoccupazioni principali della Chiesa,
soprattutto in questa Europa, che nello scorso
millennio ha visto nascere troppe divisioni tra i cristiani, ed è oggi
incamminata verso una sua maggiore unità. Non possiamo fermarci in questo
cammino, né possiamo tornare indietro! Dobbiamo continuarlo e viverlo con
fiducia, perché la stima reciproca, la ricerca della verità, la
collaborazione nella carità e, soprattutto, l'ecumenismo della santità, con l'aiuto
di Dio, non potranno non portare i loro frutti. 32.
Nonostante le inevitabili difficoltà, invito tutti a riconoscere e
valorizzare, con amore e fraternità, il contributo che le Chiese
Cattoliche Orientali, con la loro stessa presenza, la ricchezza della
loro tradizione, la testimonianza della loro « unità nella diversità »,
l'inculturazione da esse realizzata nell'annuncio
del Vangelo, la diversità dei loro riti, possono offrire per una più reale
edificazione dell'unità.(56) Nello stesso tempo, voglio rassicurare
ancora una volta i pastori, i fratelli e le sorelle delle Chiese ortodosse
che la nuova evangelizzazione non va confusa in nessun modo con il
proselitismo, fermo restando il dovere del rispetto della verità, della
libertà e della dignità di ogni persona. II. La Chiesa intera inviata
in missione 33.
Servire il Vangelo della speranza mediante una carità che evangelizza è
impegno e responsabilità di tutti. Qualunque sia,
infatti, il carisma e il ministero di ciascuno, la carità è la via maestra
indicata a tutti e che tutti possono percorrere: è la via che l'intera
comunità ecclesiale è chiamata a percorrere sulle orme del suo Maestro. L'impegno dei ministri ordinati 34.
I sacerdoti sono chiamati in virtù del loro ministero, a celebrare, insegnare
e servire in un modo speciale il Vangelo della speranza. In forza del
sacramento dell'Ordine che li configura a Cristo Capo e Pastore, i Vescovi ed
i sacerdoti devono conformare tutta la loro vita e la loro azione a Gesù;
mediante la predicazione della Parola, la celebrazione dei sacramenti e la
guida della comunità cristiana, essi rendono presente il mistero di Cristo e,
attraverso lo stesso esercizio del loro ministero, « sono chiamati a
prolungare la presenza di Cristo, unico e sommo Pastore, attualizzando il suo
stile di vita e facendosi quasi sua trasparenza in mezzo al gregge loro
affidato ».(57) Inseriti “nel” mondo ma non “del” mondo (cfr Gv
17, 15-16), nell'attuale situazione culturale e spirituale del Continente
europeo, sono chiamati ad essere segno di contraddizione e di speranza per
una società malata di orizzontalismo
e bisognosa di aprirsi al Trascendente. 35.
In questo quadro acquista rilievo anche il celibato sacerdotale, segno
di una speranza riposta totalmente nel Signore. Esso
non è mera disciplina ecclesiastica imposta dall'autorità; al contrario, esso
è innanzitutto grazia, dono inestimabile di Dio per la Chiesa, valore
profetico per il mondo attuale, fonte di intensa
vita spirituale e di fecondità pastorale, testimonianza del Regno
escatologico, segno dell'amore di Dio verso questo mondo, nonché dell'amore
indiviso del sacerdote verso Dio e verso il suo popolo.(58) Vissuto in
risposta al dono di Dio e come superamento delle tentazioni di una società
edonista, esso non solo favorisce la realizzazione umana di chi vi è
chiamato, ma si rivela fattore di crescita anche per gli altri. Stimato
in tutta la Chiesa come conveniente per il sacerdozio,(59) richiesto
come obbligo dalla Chiesa latina,(60) altamente rispettato dalle Chiese
Orientali,(61) il celibato, nel contesto della cultura attuale, appare
come segno eloquente da dover essere custodito quale bene prezioso per la
Chiesa. Una revisione della disciplina attuale, a
questo riguardo, non permetterebbe di risolvere la crisi delle vocazioni al
presbiterato cui si assiste in molte parti d'Europa.(62) Un impegno al
servizio del Vangelo della speranza chiede anche che nella Chiesa si abbia a
presentare il celibato nella sua piena ricchezza biblica, teologica e
spirituale. 36.
Non possiamo ignorare che oggi l'esercizio del sacro ministero incontra non
poche difficoltà dovute sia alla cultura diffusa, sia alla diminuzione
numerica dei presbiteri stessi con la crescita del carico pastorale e la
stanchezza che questa può comportare. Di conseguenza, sono ancora più degni
di stima, di gratitudine e di vicinanza i sacerdoti che
con ammirevole dedizione e fedeltà vivono il ministero loro affidato.(63) A
loro, riprendendo le parole scritte dai Padri sinodali, intendo dire anch'io,
con fiducia e gratitudine, il mio incoraggiamento: « Non
perdetevi d'animo e non lasciatevi sopraffare dalla stanchezza; in piena
comunione con noi Vescovi, in gioiosa fraternità con gli altri presbiteri, in
cordiale corresponsabilità con i consacrati e tutti i fedeli laici,
continuate la vostra opera preziosa e insostituibile ».(64) Con i presbiteri, desidero ricordare anche i diaconi,
che partecipano, seppure in grado diverso, dello stesso sacramento dell'Ordine. Mandati al
servizio della comunione ecclesiale, essi esercitano, sotto la guida del
Vescovo e con il suo presbiterio, la “diaconia” della liturgia, della parola
e della carità.(65) In questo modo loro proprio
sono a servizio del Vangelo della speranza. La testimonianza dei consacrati 37.
Particolarmente eloquente è la testimonianza delle persone consacrate.
A tale proposito, va anzitutto riconosciuto il ruolo fondamentale avuto dal
monachesimo e dalla vita consacrata nell'evangelizzazione dell'Europa e nella
costruzione della sua identità cristiana.(66) Tale ruolo oggi non deve venir
meno, in un momento nel quale è urgente una « nuova
evangelizzazione » del Continente e nel quale l'edificazione di
strutture e legami più complessi lo pongono di fronte a una svolta delicata.
L'Europa ha sempre bisogno della santità, della profezia, dell'attività di evangelizzazione e di servizio delle persone
consacrate. Va messo pure in risalto il contributo specifico che gli Istituti
secolari e le Società di vita apostolica possono offrire mediante la loro
aspirazione a trasformare il mondo dall'interno attraverso la potenza delle
beatitudini. 38.
L'apporto specifico che le persone consacrate possono offrire al
Vangelo della speranza parte da alcuni aspetti
che caratterizzano l'attuale volto culturale e sociale dell'Europa.(67)
Così, la domanda di nuove forme di spiritualità, che oggi emerge dalla
società, deve trovare una risposta nel riconoscimento del primato assoluto
di Dio vissuto dai consacrati attraverso la totale donazione di sé, la
conversione permanente di un'esistenza offerta come vero culto spirituale. In
un contesto contaminato dal secolarismo e
assoggettato al consumismo, la vita consacrata, dono dello Spirito alla
Chiesa e per la Chiesa, diventa sempre più segno di speranza nella misura in
cui testimonia la dimensione trascendente dell'esistenza. Nell'odierna
situazione multiculturale e multireligiosa,
d'altra parte, viene sollecitata la testimonianza
della fraternità evangelica che caratterizza la vita consacrata,
rendendola stimolo alla purificazione e all'integrazione di valori diversi,
mediante il superamento delle contrapposizioni. La presenza di nuove forme di
povertà e di emarginazione deve suscitare la
creatività nel prendersi cura dei più bisognosi, che ha caratterizzato
tanti fondatori di Istituti religiosi. La tendenza, infine, a un certo ripiegamento su di sé chiede di trovare un
antidoto nella disponibilità delle persone consacrate a continuare l'opera
di evangelizzazione in altri Continenti, nonostante la diminuzione
numerica che si verifica in diversi Istituti. La cura delle vocazioni 39.
Dato che l'impegno dei ministri ordinati e dei consacrati è
determinante, non si può tacere la carenza inquietante di seminaristi e di
aspiranti alla vita religiosa, soprattutto nell'Europa occidentale. Questa
situazione richiede l'impegno di tutti per un'adeguata pastorale delle
vocazioni. Solo « quando ai giovani viene presentata
la persona di Gesù Cristo in tutta la sua pienezza, si accende
in loro una speranza che li spinge a lasciare tutto per seguirlo, rispondendo
alla sua chiamata, e per darne testimonianza ai loro coetanei ».(68) La
cura delle vocazioni è, quindi, un problema vitale per il futuro della fede
cristiana in Europa e, di riflesso, per il progresso spirituale degli stessi
popoli che l'abitano; è passaggio obbligato per una Chiesa che voglia
annunciare, celebrare e servire il Vangelo della speranza.(69) 40.
Per sviluppare una necessaria pastorale vocazionale, è opportuno spiegare ai
fedeli la fede della Chiesa circa la natura e la dignità del sacerdozio
ministeriale; incoraggiare le famiglie a vivere come vere « chiese
domestiche », perché in esse le varie vocazioni
possano essere percepite, accolte e accompagnate; realizzare un'azione
pastorale che aiuti, soprattutto i giovani, a fare scelte di una vita
radicata in Cristo e totalmente dedicata alla Chiesa.(70) Nella
certezza che lo Spirito Santo è all'opera anche oggi, e che i segnali di
questa presenza non mancano, si tratta anzitutto di portare l'annuncio
vocazionale nei solchi della pastorale ordinaria. Perciò è necessario
« ravvivare, soprattutto nei giovani, una profonda nostalgia di Dio,
creando così il contesto adatto allo scaturire di
generose risposte vocazionali »; è urgente che un grande movimento di
preghiera attraversi le Comunità ecclesiali del continente europeo, poiché
« le mutate condizioni storiche e culturali esigono che la pastorale
delle vocazioni sia percepita come uno degli obiettivi primari dell'intera
Comunità cristiana ».(71) Ed è indispensabile che gli stessi
sacerdoti vivano e operino coerentemente con la loro vera identità
sacramentale. Se infatti l'immagine che loro danno
di se stessi fosse opaca o languida, come potrebbero attirare i giovani ad
imitarli? La missione dei laici 41.
Irrinunciabile è l'apporto dei fedeli laici alla vita ecclesiale: è infatti insostituibile il posto che essi hanno
nell'annunciare e servire il Vangelo della speranza, poiché « per mezzo loro
la Chiesa di Cristo è resa presente nei più svariati settori del mondo, come
segno e fonte di speranza e di amore ».(72) Pienamente partecipi
della missione della Chiesa nel mondo, essi sono chiamati ad attestare come
la fede cristiana costituisca l'unica risposta completa agli interrogativi
che la vita pone a ogni uomo e a ogni società, e possono innestare nel mondo
i valori del Regno di Dio, promessa e garanzia di una speranza che non
delude. Di
simili figure laicali l'Europa di ieri e di oggi
conosce presenze significative ed esempi luminosi. Come hanno sottolineato i Padri sinodali, vanno ricordati con
gratitudine, tra gli altri, uomini e donne che hanno testimoniato e
testimoniano Cristo e il suo Vangelo con il servizio alla vita pubblica e
alle responsabilità che questa comporta. È di capitale importanza
« suscitare e sostenere specifiche vocazioni a servizio del bene comune:
persone che, sull'esempio e con lo stile di quanti sono stati chiamati “padri
dell'Europa”, sappiano essere artefici della società europea del domani,
fondandola sulle basi solide dello spirito ».(73) Uguale
apprezzamento va all'opera resa da laiche e laici cristiani, spesso nel
nascondimento della vita ordinaria, attraverso umili
servizi capaci di annunciare la misericordia di Dio a quanti versano nella
povertà; dobbiamo essere loro grati per l'audace testimonianza di carità e di
perdono, valori che evangelizzano i vasti orizzonti della politica, della
realtà sociale, dell'economia, della cultura, dell'ecologia, della vita internazionale,
della famiglia, dell'educazione, delle professioni, del lavoro e della
sofferenza.(74) Per questo servono itinerari pedagogici che rendano
idonei i fedeli laici ad impegnare la fede nelle realtà temporali. Tali
percorsi, basati su seri tirocini di vita ecclesiale, in particolare sullo
studio della dottrina sociale, devono essere in grado di fornire loro non
soltanto dottrina e stimoli, ma anche adeguate linee di spiritualità che
animino l'impegno vissuto come autentica via di santità. Il ruolo della donna 42.
La Chiesa è consapevole dell'apporto specifico della donna nel servire
il Vangelo della speranza. Le vicende della comunità cristiana attestano come le donne abbiano sempre avuto un posto di
rilievo nella testimonianza del Vangelo. Va ricordato quanto esse hanno fatto, spesso nel silenzio e nel nascondimento,
nell'accogliere e nel trasmettere il dono di Dio, sia attraverso la maternità
fisica e spirituale, l'opera educativa, la catechesi, la realizzazione di
grandi opere di carità, sia attraverso la vita di preghiera e di
contemplazione, le esperienze mistiche e la redazione di scritti ricchi di
sapienza evangelica.(75) Alla
luce delle ricchissime testimonianze del passato, la Chiesa esprime la
propria fiducia in ciò che le donne possono fare oggi per la crescita della
speranza a tutti i livelli. Vi sono aspetti della società europea
contemporanea che costituiscono una sfida per la capacità che le donne hanno
di accogliere, condividere e generare nell'amore, con tenacia e gratuità. Si
pensi, ad esempio, alla diffusa mentalità scientifico-tecnica che pone in
ombra la dimensione affettiva e la funzione dei sentimenti, alla carenza di gratuità, al timore diffuso di dare la vita a
nuove creature, alla difficoltà a porsi in reciprocità con l'altro e ad
accogliere chi è diverso da sé. È in questo contesto
che la Chiesa s'attende dalle donne l'apporto vivificante di una nuova ondata
di speranza. 43.
Perché ciò possa verificarsi, tuttavia, è necessario che, anzitutto nella
Chiesa, venga promossa la dignità della donna,
poiché identica è la dignità della donna e dell'uomo, ambedue creati a
immagine e somiglianza di Dio (cfr Gn 1, 27) e ricolmati ciascuno di
doni propri e particolari. È
auspicabile, come è stato sottolineato nel Sinodo,
che, per favorire la piena partecipazione della donna alla vita e alla
missione della Chiesa, le sue doti vengano maggiormente valorizzate, anche
mediante l'assunzione delle funzioni ecclesiali riservate dal diritto ai
laici. Va pure adeguatamente valorizzata la missione della donna come sposa e
madre e la sua dedizione alla vita familiare.(76) La
Chiesa non manca di alzare la sua voce per denunciare le ingiustizie e le
violenze perpetrate contro le donne, in qualsiasi luogo e circostanza avvengano. Essa chiede che siano realmente applicate le
leggi che proteggono la donna e siano messe in atto misure
efficaci contro l'uso umiliante di immagini femminili nella propaganda
commerciale e contro il flagello della prostituzione; auspica che il servizio
reso dalla madre, allo stesso modo di quello reso dal padre, nella vita
domestica sia considerato come contributo al bene comune, anche mediante
forme di riconoscimento economico. CAPITOLO TERZO ANNUNCIARE « Prendi il libro aperto [...]
e divoralo » I. Proclamare il mistero di Cristo La rivelazione dà senso alla storia 44.
La visione dell'Apocalisse ci parla di « un libro a forma di rotolo,
scritto sul lato interno e su quello esterno, sigillato con sette
sigilli », tenuto « nella mano destra di Colui
che era assiso sul trono » (Ap 5, 1). Questo testo
contiene il piano creatore e salvifico di Dio, il suo progetto dettagliato su
tutta la realtà, sulle persone, sulle cose, sugli avvenimenti. Nessun essere creato,
terrestre o celeste, è in grado di « aprire il libro e di
leggerlo » (Ap 5, 3), ossia di comprenderne il contenuto. Nella
confusione delle vicende umane, nessuno sa dire la direzione e il senso
ultimo delle cose. Solo
Gesù Cristo entra in possesso del volume sigillato (cfr Ap
5, 6-7); solo Lui è « degno di prendere il libro e di aprirne i
sigilli » (Ap 5, 9). Solo Gesù, infatti, è in grado di
rivelare e attuare il progetto di Dio racchiuso in esso.
Lasciato a se stesso, lo sforzo dell'uomo non è in grado di dare un senso alla storia e alle sue vicende: la vita rimane senza
speranza. Solo il Figlio di Dio è in grado di dissipare le tenebre e di
indicare la strada. Il
volume aperto viene consegnato a Giovanni e,
tramite lui, alla Chiesa intera. Giovanni è invitato a prendere il
libro e a divorarlo: « Va', prendi il libro aperto dalla mano
dell'angelo, che sta ritto sul mare e sulla terra [...]
Prendilo e divoralo » (Ap 10, 8-9). Solo dopo
averlo assimilato in profondità, potrà comunicarlo adeguatamente agli altri,
ai quali è mandato con l'ordine di « profetizzare ancora su molti
popoli, nazioni e re » (Ap 10, 11). Necessità e urgenza
dell'annuncio 45.
Il Vangelo della speranza, consegnato alla Chiesa e da lei assimilato, chiede
di essere ogni giorno annunciato e testimoniato. È questa la vocazione
propria della Chiesa in tutti i tempi e in tutti i luoghi. È questa anche la
missione della Chiesa oggi in Europa. « Evangelizzare, infatti, è la
grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda.
Essa esiste per evangelizzare, vale a dire per predicare ed insegnare, essere
il canale del dono della grazia, riconciliare i peccatori con Dio, perpetuare
il sacrificio del Cristo nella S. Messa che è il memoriale della sua morte e
della sua gloriosa risurrezione ».(77) Chiesa
in Europa, la « nuova evangelizzazione » è
il compito che ti attende! Sappi ritrovare l'entusiasmo dell'annuncio. Senti
rivolta a te, oggi, in questo inizio del terzo
millennio, l'implorazione già risuonata agli albori del primo millennio,
allorché apparve in visione a Paolo un macedone che lo supplicava: « Passa in
Macedonia e aiutaci! » (At 16, 9). Anche se inespressa o addirittura
repressa, è questa l'invocazione più profonda e più vera che sgorga dal cuore
degli europei di oggi, assetati di una speranza che
non delude. A te questa speranza è stata data in dono perché tu la ridonassi
con gioia in ogni tempo e ad ogni latitudine. L'annuncio
di Gesù, che è il Vangelo della speranza, sia quindi il tuo
vanto e la tua ragion d'essere. Continua con rinnovato ardore
nello stesso spirito missionario che, lungo questi venti secoli e
incominciando dalla predicazione degli apostoli Pietro e Paolo, ha animato
tanti Santi e Sante, autentici evangelizzatori del continente europeo. Primo annuncio e annuncio
rinnovato 46.
In varie parti d'Europa c'è bisogno di un primo annuncio del Vangelo:
cresce il numero delle persone non battezzate, sia per la notevole presenza di immigrati appartenenti ad altre religioni, sia perché
anche figli di famiglie di tradizione cristiana non hanno ricevuto il
Battesimo o a causa della dominazione comunista o a causa di una diffusa
indifferenza religiosa.(78) Di fatto, l'Europa si colloca ormai tra quei
luoghi tradizionalmente cristiani nei quali, oltre a una nuova
evangelizzazione, in certi casi si impone una prima evangelizzazione. La
Chiesa non può sottrarsi al dovere di una diagnosi coraggiosa che consenta la predisposizione di opportune terapie. Anche
nel « vecchio » Continente vi sono estese aree sociali e culturali in
cui si rende necessaria una vera e propria missio
ad gentes.(79) 47.
Ovunque, poi, c'è bisogno di un rinnovato annuncio anche
per chi è già battezzato. Tanti europei contemporanei pensano di
sapere che cos'è il cristianesimo, ma non lo conoscono realmente. Spesso
addirittura gli elementi e le stesse nozioni fondamentali della fede non sono
più noti. Molti battezzati vivono come se Cristo non esistesse: si ripetono i
gesti e i segni della fede, specialmente attraverso le pratiche di culto, ma
ad essi non corrisponde una reale accoglienza del
contenuto della fede e un'adesione alla persona di Gesù. Alle grandi certezze
della fede è subentrato in molti un sentimento religioso vago e poco
impegnativo; si diffondono varie forme di agnosticismo
e di ateismo pratico che concorrono ad aggravare il divario tra la fede e la
vita; diversi si sono lasciati contagiare dallo spirito di un umanesimo
immanentista che ne ha indebolito la fede, portandoli sovente purtroppo ad
abbandonarla completamente; si assiste a una sorta di interpretazione secolaristica della fede cristiana che la erode ed alla
quale si collega una profonda crisi della coscienza e della pratica morale
cristiana.(80) I grandi valori che hanno ampiamente ispirato la cultura
europea sono stati separati dal Vangelo, perdendo così la loro anima più
profonda e lasciando spazio a non poche deviazioni. « Il
Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra? » (Lc 18,
8). La troverà su queste terre della nostra Europa di antica
tradizione cristiana? È un interrogativo aperto che indica con lucidità la
profondità e drammaticità di una delle sfide più serie che
le nostre Chiese sono chiamate ad affrontare. Si può dire – come è stato sottolineato nel Sinodo – che tale sfida
consiste spesso non tanto nel battezzare i nuovi convertiti, ma nel condurre
i battezzati a convertirsi a Cristo e al suo Vangelo: (81) nelle
nostre comunità occorre preoccuparsi seriamente di portare il Vangelo della
speranza a quanti sono lontani dalla fede o si sono allontanati dalla pratica
cristiana. Fedeltà
all'unico messaggio 48. Per poter annunciare il Vangelo della speranza, è
necessaria una solida fedeltà allo stesso Vangelo. La predicazione
della Chiesa, quindi, in tutte le sue forme, deve essere sempre più incentrata
sulla persona di Gesù e deve sempre più orientare a Lui. Occorre vigilare perché Egli sia
presentato nella sua integralità: non solo come modello etico, ma
innanzitutto come il Figlio di Dio, l'unico e necessario Salvatore di tutti, che
vive e opera nella sua Chiesa. Perché la
speranza sia vera e indistruttibile, la « predicazione integra, chiara e
rinnovata di Gesù Cristo risorto, della Risurrezione e della Vita
eterna » (82) dovrà costituire una priorità nell'azione pastorale
dei prossimi anni. Se identico in ogni tempo è il Vangelo da annunciare,
diversi sono i modi con cui tale annuncio può essere realizzato.
Ciascuno, quindi, è invitato a “proclamare” Gesù e la fede in Lui in ogni
circostanza; “attrarre” altri alla fede, attuando modi di vita personale,
familiare, professionale e comunitaria che rispecchino
il Vangelo; “irradiare” intorno a sé gioia, amore e speranza, perché molti,
vedendo le nostre opere buone, rendano gloria al Padre che è nei cieli (cfr
Mt 5, 16), così da venire “contagiati” e
conquistati; divenire “lievito” che trasforma e anima dal di dentro ogni
espressione culturale.(83) Con la testimonianza della vita 49.
L'Europa reclama evangelizzatori credibili, nella cui vita in
comunione con la croce e la risurrezione di Cristo risplenda
la bellezza del Vangelo.(84) Tali evangelizzatori vanno
adeguatamente formati.(85) Oggi più che mai è necessaria la coscienza
missionaria in ogni cristiano, a iniziare dai Vescovi, dai presbiteri,
dai diaconi, dai consacrati, dai catechisti e dagli insegnanti di religione:
« Ogni battezzato, in quanto testimone di Cristo, deve acquisire la
formazione adeguata alla sua condizione non solo per evitare che la fede si
inaridisca per mancanza di cura in un ambiente ostile come quello mondano, ma
anche per dare sostegno e impulso alla testimonianza
evangelizzatrice ».(86) L'uomo
contemporaneo « ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se
ascolta i maestri lo fa perché sono testimoni ».(87) Decisivi sono,
quindi, la presenza e i segni della santità: essa è prerequisito
essenziale per un'autentica evangelizzazione,
capace di ridare speranza. Occorrono testimonianze forti, personali e
comunitarie, di vita nuova in Cristo. Non basta, infatti,
che la verità e la grazia siano offerte mediante la proclamazione della
Parola e la celebrazione dei Sacramenti; è necessario che siano accolte e
vissute in ogni circostanza concreta, nel modo di essere dei cristiani e
delle comunità ecclesiali. Questa è una delle scommesse più grandi che
attendono la Chiesa che è in Europa all'inizio del nuovo millennio. Formare a
una fede adulta 50.
« L'odierna situazione culturale e religiosa dell'Europa esige la presenza di
cattolici adulti nella fede e di comunità cristiane missionarie che testimonino la carità di Dio a tutti gli uomini
».(88) L'annuncio del Vangelo della speranza comporta, quindi, che si
abbia a promuovere il passaggio da una fede sostenuta da consuetudine
sociale, pur apprezzabile, a una fede più personale e adulta,
illuminata e convinta. I
cristiani sono, quindi, chiamati ad avere una fede che consenta
loro di confrontarsi criticamente con l'attuale cultura resistendo alle sue
seduzioni; d'incidere efficacemente sugli ambiti culturali, economici,
sociali e politici; di manifestare che la comunione tra i membri della Chiesa
cattolica e con gli altri cristiani è più forte di ogni legame etnico; di
trasmettere con gioia la fede alle nuove generazioni; di costruire una
cultura cristiana capace di evangelizzare la cultura più ampia in cui
viviamo.(89) 51.
Oltre ad adoperarsi perché il ministero della
Parola, la celebrazione della liturgia e l'esercizio della carità siano
orientati all'edificazione e al sostegno di una fede matura e personale, è
necessario che le comunità cristiane si attivino per proporre una
catechesi adatta ai diversi itinerari spirituali dei fedeli nelle diverse
età e condizioni di vita, prevedendo anche adeguate forme di accompagnamento
spirituale e di riscoperta del proprio Battesimo.(90) Fondamentale punto
di riferimento in tale impegno sarà, ovviamente, il Catechismo della Chiesa Cattolica. In
particolare, riconoscendone l'innegabile priorità nell'azione pastorale,
occorre coltivare e, nel caso, rilanciare il ministero della
catechesi come educazione e sviluppo della fede di ogni
persona, così che il seme deposto dallo Spirito Santo e trasmesso con il
Battesimo cresca e giunga a maturazione. In costante riferimento alla Parola
di Dio, custodita nella Sacra Scrittura, proclamata nella liturgia e
interpretata dalla Tradizione della Chiesa, una catechesi organica e
sistematica costituisce, senza ombra di dubbio, uno
strumento essenziale e primario per formare i cristiani a una fede
adulta.(91) 52.
Va pure sottolineato, nella medesima linea, il
compito importante della teologia. Esiste, infatti, un legame intrinseco
e inseparabile tra l'evangelizzazione e la riflessione teologica, poiché
quest'ultima, quale scienza con un proprio statuto e una propria metodologia,
vive della fede della Chiesa ed è al servizio della sua
missione.(92) Nasce dalla fede ed è chiamata a
interpretarla, conservando il suo legame irrinunciabile con la comunità
cristiana in tutte le sue articolazioni; a servizio della crescita spirituale
di tutti i fedeli,(93) essa li introduce alla comprensione approfondita
del messaggio di Cristo. Nello
svolgimento della missione di annunciare il Vangelo della speranza, la Chiesa
in Europa apprezza con gratitudine la vocazione dei teologi, valorizza
e promuove il loro lavoro.(94) A loro, con stima e con affetto, rivolgo
l'invito a perseverare nel servizio che svolgono, unendo sempre ricerca
scientifica e preghiera, mettendosi in dialogo attento con la cultura
contemporanea, aderendo fedelmente al
Magistero e collaborando con esso in spirito di
comunione nella verità e nella carità, respirando il sensus fidei del Popolo di Dio e contribuendo ad
alimentarlo. II. Testimoniare nell'unità e nel
dialogo In comunione tra le Chiese
particolari 53.
La forza dell'annuncio del Vangelo della speranza
sarà maggiormente efficace, se sarà legata alla testimonianza di una profonda
unità e comunione nella Chiesa. Le singole Chiese particolari non possono
essere sole ad affrontare la sfida che le attende. C'è bisogno di un'autentica
collaborazione tra tutte le Chiese particolari del Continente, che sia
espressione della loro essenziale comunione;
collaborazione che viene sollecitata anche dalla nuova realtà
europea.(95) In questo quadro va collocato il contributo degli organismi
ecclesiali continentali, a iniziare dal Consiglio delle Conferenze
Episcopali Europee. Esso è un efficace strumento per ricercare insieme
vie idonee per evangelizzare l'Europa.(96) Mediante lo « scambio
dei doni » tra le diverse Chiese particolari, si mettono in comune le
esperienze e le riflessioni dell'Europa dell'Ovest e dell'Est, del Nord e del
Sud, condividendo comuni orientamenti pastorali; esso perciò rappresenta
sempre più un'espressione significativa del
sentimento collegiale tra i Vescovi del Continente, per annunciare insieme,
con audacia e fedeltà, il nome di Gesù Cristo, unica fonte di speranza per
tutti in Europa. Insieme con tutti i cristiani 54.
Nello stesso tempo, appare imperativo irrinunciabile il dovere di una
fraterna e convinta collaborazione ecumenica. La
sorte dell'evangelizzazione è strettamente unita alla testimonianza di unità che tutti i discepoli di Cristo sapranno dare: «
Tutti i cristiani sono chiamati a svolgere questa missione a seconda della
loro vocazione. Il compito dell'evangelizzazione comprende il procedere l'uno
verso l'altro e il procedere insieme dei Cristiani, che deve partire
dall'interno; evangelizzazione e unità, evangelizzazione ed ecumenismo sono
indissolubilmente legati tra di
loro ».(97) Faccio, perciò, nuovamente mie le parole scritte da
Paolo VI al Patriarca ecumenico Athenagoras I:
« Possa lo Spirito Santo guidarci sulla via della riconciliazione,
affinché l'unità delle nostre Chiese diventi un segno sempre più luminoso di
speranza e di conforto per l'umanità tutta ».(98) In dialogo con le altre
religioni 55.
Come per tutto l'impegno della « nuova evangelizzazione », anche in ordine all'annuncio del Vangelo della speranza è
necessario che si abbia a instaurare un profondo e intelligente dialogo
interreligioso, in particolare con l'Ebraismo e con l'Islam.
« Inteso come metodo e mezzo per una conoscenza e un arricchimento
reciproco, esso non è in contrapposizione con la missione ad gentes, anzi ha speciali
legami con essa e ne è un'espressione ».(99) Nell'esercitarsi in questo dialogo non si tratta
di lasciarsi catturare da una « mentalità indifferentista, largamente diffusa, purtroppo, anche
tra cristiani, spesso radicata in visioni teologiche non corrette e
improntata ad un relativismo religioso che porta a ritenere che “una
religione vale l'altra” ».(100) 56.
Si tratta piuttosto di prendere più viva coscienza del rapporto che lega
la Chiesa al popolo ebraico e del ruolo singolare di Israele
nella storia della salvezza. Come era già emerso
dalla Prima Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi e come è
stato ribadito anche nell'ultimo Sinodo, occorre riconoscere le comuni radici
che intercorrono tra il cristianesimo e il popolo ebraico, chiamato da Dio a
un'alleanza che rimane irrevocabile (cfr Rom 11, 29),(101) avendo
raggiunto la definitiva pienezza in Cristo. È,
quindi, necessario favorire il dialogo con l'ebraismo, sapendo che esso è di
fondamentale importanza per l'autocoscienza cristiana e per il superamento
delle divisioni tra le Chiese, e operare perché fiorisca una nuova primavera
nelle relazioni reciproche. Ciò comporta che ogni comunità ecclesiale abbia
ad esercitarsi, per quanto le circostanze lo permetteranno, nel dialogo e
nella collaborazione con i credenti della religione ebraica. Tale esercizio
implica, tra l'altro, che « si faccia memoria della parte che i figli della
Chiesa hanno potuto avere nella nascita e nella diffusione di un
atteggiamento antisemita nella storia e di ciò si chieda perdono a Dio,
favorendo in ogni modo incontri di riconciliazione e di amicizia
con i figli di Israele ».(102) Sarà peraltro doveroso, in tale
contesto, ricordare anche i non pochi cristiani che, a costo a volte della
vita, hanno aiutato e salvato, soprattutto in periodi di persecuzione, questi
loro « fratelli maggiori ». 57.
Si tratta pure di lasciarsi stimolare a una migliore
conoscenza delle altre religioni, per poter instaurare un fraterno colloquio
con le persone che aderiscono ad esse e vivono nell'Europa di oggi. In
particolare, è importante un corretto rapporto con l'Islam. Esso, come è più volte emerso in questi anni nella coscienza dei
Vescovi europei, « deve essere condotto con prudenza, con chiarezza di
idee circa le sue possibilità e i suoi limiti, e con fiducia nel progetto di
salvezza di Dio nei confronti di tutti i suoi figli ».(103) È
necessario, tra l'altro, avere coscienza del notevole divario tra la cultura
europea, che ha profonde radici cristiane, e il pensiero musulmano.(104) A
questo riguardo, è necessario preparare adeguatamente i cristiani che vivono a quotidiano contatto con i musulmani a conoscere in modo
obiettivo l'Islam e a sapersi confrontare con esso; tale preparazione deve
riguardare, in particolare, i seminaristi, i presbiteri e tutti gli operatori
pastorali. È peraltro comprensibile che la Chiesa, mentre chiede che le
istituzioni europee abbiano a promuovere la libertà religiosa in Europa, abbia pure a ribadire che la reciprocità nel garantire la
libertà religiosa sia osservata anche in Paesi di diversa tradizione
religiosa, nei quali i cristiani sono minoranza.(105) In
questo ambito, « si comprende la sorpresa e il
sentimento di frustrazione dei cristiani che accolgono, per esempio in
Europa, dei credenti di altre religioni dando loro la possibilità di esercitare
il loro culto, e che si vedono interdire l'esercizio del culto cristiano »
(106) nei Paesi in cui questi credenti maggioritari hanno fatto della loro
religione l'unica ammessa e promossa. La persona umana ha diritto alla
libertà religiosa e tutti, in ogni parte del mondo, « devono essere
immuni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi sociali e di
qualsivoglia potestà umana ».(107) III. Evangelizzare la vita sociale Evangelizzazione della cultura 58.
L'annuncio di Gesù Cristo deve raggiungere anche la cultura europea
contemporanea. L'evangelizzazione della cultura deve mostrare che
anche oggi, in questa Europa, è possibile vivere in
pienezza il Vangelo come itinerario che dà senso all'esistenza. A tale scopo,
la pastorale deve assumere il compito di plasmare una mentalità cristiana
nella vita ordinaria: in famiglia, nella scuola, nella comunicazione sociale,
nel mondo della cultura, del lavoro e dell'economia, nella politica, nel
tempo libero, nella salute e nella malattia. Occorre un sereno confronto
critico con l'attuale situazione culturale dell'Europa, valutando le tendenze
emergenti, i fatti e le situazioni di maggiore rilievo del nostro tempo alla
luce della centralità di Cristo e dell'antropologia
cristiana. Anche oggi, ricordando la fecondità
culturale del cristianesimo lungo la storia dell'Europa, occorre mostrare
l'approccio evangelico, teorico e pratico, alla realtà e all'uomo.
Considerando, inoltre, la grande rilevanza delle
scienze e delle realizzazioni tecnologiche nella cultura e nella società
dell'Europa, la Chiesa, attraverso i suoi strumenti di approfondimento
teorico e di iniziativa pratica, è chiamata a rapportarsi in modo propositivo
di fronte alle conoscenze scientifiche e alle loro applicazioni, indicando
l'insufficienza e il carattere inadeguato di una concezione ispirata dallo
scientismo che vuole riconoscere obiettiva validità al solo sapere
sperimentale, e offrendo i criteri etici che l'uomo possiede iscritti nella
propria natura.(108) 59.
Nel cammino dell'evangelizzazione della cultura si inserisce
l'importante servizio svolto dalle scuole cattoliche. Occorrerà
operare perché venga riconosciuta un'effettiva
libertà di educazione e la parità giuridica tra le scuole statali e quelle
non statali. Queste ultime sono talvolta l'unico mezzo per proporre la
tradizione cristiana a quanti ne sono lontani. Esorto i fedeli impegnati nel
mondo della scuola a perseverare nella loro missione, portando la luce di
Cristo Salvatore nelle loro specifiche attività educative, scientifiche ed
accademiche.(109) In particolare, va valorizzato il contributo dei
cristiani che conducono la ricerca e insegnano nelle Università: con
il « servizio del pensiero », essi tramandano alle giovani
generazioni i valori di un patrimonio culturale arricchito da due millenni di esperienza umanistica e cristiana. Convinto
dell'importanza delle istituzioni accademiche, chiedo pure che nelle diverse
Chiese particolari venga promossa una adeguata pastorale
universitaria, favorendo in tal modo ciò che risponde alle attuali
necessità culturali.(110) 60.
Né si può dimenticare il contributo positivo offerto
dalla valorizzazione dei beni culturali della Chiesa. Essi possono
rappresentare, infatti, un fattore peculiare nel suscitare nuovamente un
umanesimo di ispirazione cristiana. Grazie a una loro adeguata conservazione e intelligente utilizzo,
essi, in quanto testimonianza viva della fede professata lungo i secoli,
possono costituire un valido strumento per la nuova evangelizzazione e la catechesi,
e invitare a riscoprire il senso del mistero. Nello
stesso tempo, vanno promosse nuove espressioni artistiche della fede,
attraverso un assiduo dialogo con i cultori dell'arte.(111) La Chiesa,
infatti, ha bisogno dell'arte, della letteratura, della musica, della
pittura, della scultura e dell'architettura, perché « deve rendere
percepibile e, anzi, per quanto possibile, affascinante il mondo dello
spirito, dell'invisibile, di Dio » (112) e perché la
bellezza artistica, quasi riverbero dello Spirito di Dio, è cifra del
mistero, invito a ricercare il volto di Dio, fattosi visibile in Gesù di
Nazaret. L'educazione dei giovani alla
fede 61.
Incoraggio poi la Chiesa in Europa a rivolgere un'attenzione crescente all'educazione
dei giovani alla fede. Nel puntare lo sguardo all'avvenire, non possiamo
non volgere a loro le nostre menti: dobbiamo incontrarci con gli intelletti,
i cuori, i caratteri dei giovani, per offrire loro una solida formazione
umana e cristiana. Ad
ogni occasione che veda la partecipazione di molti
giovani, non è difficile scorgere la presenza in essi di atteggiamenti
diversificati. Si constata il desiderio di vivere
insieme per uscire dall'isolamento, la sete più o meno avvertita di assoluto;
si vede in loro una fede segreta che chiede di purificarsi e di voler seguire
il Signore; si percepisce la decisione di continuare il cammino già
intrapreso e l'esigenza di condividere la fede. 62.
A tale scopo, occorre rinnovare la pastorale giovanile, articolata per
fasce di età e attenta alle variegate condizioni di
ragazzi, adolescenti e giovani. Sarà inoltre necessario conferirle maggiore
organicità e coerenza, in paziente ascolto delle
domande dei giovani, per renderli protagonisti dell'evangelizzazione e
dell'edificazione della società. In
questo cammino, sono da promuovere occasioni di incontro
tra i giovani, così da favorire un clima di ascolto vicendevole e di
preghiera. Non bisogna avere paura di essere
esigenti con loro in ciò che concerne la loro crescita spirituale. Va loro
indicata la via della santità, stimolandoli a fare scelte impegnative nella
sequela di Gesù, in ciò confortati da un'intensa vita sacramentale. Così essi
potranno resistere alle seduzioni di una cultura che spesso propone loro
soltanto valori effimeri o addirittura contrari al Vangelo, e diventare essi
stessi capaci di mostrare una mentalità cristiana in tutti gli ambiti
dell'esistenza, compresi quelli del divertimento e dello svago.(113) Ho
ancora vivi negli occhi i volti gioiosi di tanti giovani, vera speranza della Chiesa e
del mondo, segno eloquente dello Spirito che non si stanca di suscitare nuove
energie. Li ho incontrati sia nel mio pellegrinare nei vari Paesi sia nelle
indimenticabili Giornate Mondiali della Gioventù.(114) L'attenzione ai mass media 63.
Data la rilevanza degli strumenti della comunicazione sociale, la Chiesa in
Europa non può non riservare particolare attenzione al variegato mondo dei
mass media. Ciò comporta, tra l'altro, l'adeguata formazione dei
cristiani che operano nei media e degli utenti di
questi strumenti, in vista di una buona padronanza dei nuovi linguaggi.
Speciale cura si porrà nella scelta di persone preparate per la comunicazione
del messaggio attraverso i media. Molto utile sarà
pure lo scambio di informazioni e di strategie tra
le Chiese sui diversi aspetti e sulle iniziative concernenti tale
comunicazione. Né dovrà essere trascurata la
creazione di strumenti locali, anche a livello parrocchiale, di comunicazione
sociale. Nello
stesso tempo, si tratta di inserirsi nei processi della comunicazione
sociale, per renderla più rispettosa della verità dell'informazione e della
dignità della persona umana. A tale proposito, invito i cattolici a
partecipare all'elaborazione di un codice deontologico per quanti operano
nell'ambito della comunicazione sociale, lasciandosi guidare dai criteri che
i competenti organismi della Santa Sede hanno recentemente indicato
(115) e che i Vescovi in Sinodo avevano così elencato: « Rispetto
della dignità della persona umana, dei suoi diritti, compreso il diritto alla
privacy; servizio alla verità, alla giustizia e ai valori umani,
culturali e spirituali; stima delle diverse culture evitando che si
disperdano nella massa, tutela dei gruppi minoritari e dei più deboli;
ricerca del bene comune, al di sopra degli interessi
particolari o del predominio di criteri soltanto economici ».(116) La missione ad
gentes 64.
Un annuncio di Gesù Cristo e del suo Vangelo che si limitasse al solo contesto europeo tradirebbe sintomi di una preoccupante
mancanza di speranza. L'opera di evangelizzazione è
animata da vera speranza cristiana quando si apre agli orizzonti universali,
che portano ad offrire a tutti gratuitamente quanto, a propria volta, si è
ricevuto in dono. La missione ad gentes diventa così espressione di una Chiesa
plasmata dal Vangelo della speranza, che continuamente si rinnova e si
ringiovanisce. Questa è stata lungo i secoli la
consapevolezza della Chiesa in Europa: innumerevoli schiere di missionari e
di missionarie, andando incontro ad altri popoli e ad altre civiltà, hanno
annunciato il Vangelo di Gesù Cristo alle genti di tutto il mondo. Lo
stesso ardore missionario deve animare la Chiesa nell'Europa di oggi. La diminuzione dei presbiteri e dei
consacrati in certi Paesi non deve impedire a
nessuna Chiesa particolare di fare proprie le esigenze della Chiesa
universale. Ciascuna saprà favorire la preparazione alla missione ad gentes, così da
rispondere con generosità all'implorazione che ancora si innalza da molti
popoli e nazioni desiderosi di conoscere il Vangelo. Le Chiese di altri
Continenti, particolarmente dell'Asia e dell'Africa, guardano ancora alle
Chiese in Europa e attendono che esse continuino ad
adempiere alla loro vocazione missionaria. I cristiani in Europa non possono
venir meno alla loro storia.(117) Il Vangelo: libro per l'Europa di oggi e di sempre 65.
Attraversando la Porta Santa, all'inizio del Grande Giubileo del 2000, ho
levato in alto davanti alla Chiesa e al mondo il libro del Vangelo. Questo
gesto, compiuto da ogni Vescovo nelle diverse cattedrali del mondo, indichi
l'impegno che attende oggi e sempre la Chiesa nel nostro Continente. Chiesa
in Europa, entra nel nuovo millennio con il Libro del Vangelo! Venga accolta da ogni fedele l'esortazione conciliare
« ad apprendere “la sublime conoscenza di Cristo” (Fil 3, 8) con
la frequente lettura delle divine Scritture. “L'ignoranza delle Scritture,
infatti, è ignoranza di Cristo” ».(118) Continui ad essere la Sacra
Bibbia un tesoro per la Chiesa e per ogni cristiano:
nello studio attento della Parola troveremo alimento e forza per svolgere
ogni giorno la nostra missione. Prendiamo
nelle nostre mani questo Libro! Accettiamolo dal Signore
che continuamente ce lo offre tramite la sua Chiesa
(cfr Ap 10, 8). Divoriamolo (cfr Ap 10, 9), perché
diventi vita della nostra vita. Gustiamolo fino in fondo: ci riserverà
fatiche, ma ci darà gioia perché è dolce come il miele (cfr Ap 10,
9-10). Saremo ricolmi di speranza e capaci
di comunicarla a ogni uomo e donna che incontriamo sul nostro cammino. CAPITOLO QUARTO CELEBRARE « A Colui
che siede sul trono e all'Agnello lode, Una comunità orante 66.
Il Vangelo della speranza, annuncio della verità che rende liberi
(cfr Gv 8, 32), deve essere celebrato. Di fronte
all'Agnello dell'Apocalisse inizia una solenne liturgia di lode e di adorazione: « A Colui che siede sul trono e all'Agnello
lode, onore, gloria e potenza, nei secoli dei secoli » (Ap 5,
13). La stessa visione, che rivela Dio e il senso della storia, avviene
« nel giorno del Signore » (Ap 1, 10), il giorno della
risurrezione rivissuto dall'assemblea domenicale. La
Chiesa che accoglie questa rivelazione è una comunità che prega.
Pregando ascolta il suo Signore e ciò che lo Spirito le dice: essa
adora, loda, rende grazie, invoca infine la venuta del Signore, « Vieni,
Signore Gesù! » (Ap 22, 16-20), affermando così che solo da lui
essa attende salvezza. Anche
a te, Chiesa di Dio che vivi in Europa, è chiesto di essere
comunità che prega, celebrando il tuo Signore con i Sacramenti, la
liturgia e l'intera esistenza. Nella preghiera, riscoprirai la presenza
vivificante del Signore. Così, radicando in lui ogni tua azione, potrai riproporre agli Europei l'incontro con lui stesso, vera
speranza che sola sa soddisfare pienamente l'anelito a Dio, nascosto nelle
diverse forme di ricerca religiosa che riaffiorano nell'Europa contemporanea.
I. Riscoprire la liturgia Il senso religioso nell'Europa di oggi 67.
Nonostante
vaste aree di scristianizzazione nel
Continente europeo, esistono segnali che contribuiscono a
tratteggiare il volto di una Chiesa che, credendo, annuncia, celebra e
serve il suo Signore. Non mancano infatti,
esempi di autentici cristiani che vivono momenti di silenzio contemplativo,
partecipano fedelmente a iniziative spirituali, vivono il Vangelo nella loro
esistenza quotidiana e lo testimoniano nei diversi ambiti del loro impegno.
Si possono scorgere, inoltre, manifestazioni di una « santità di popolo
», che mostrano come anche nell'Europa attuale non sia impossibile vivere il
Vangelo a livello personale e in un'autentica esperienza comunitaria. 68. Insieme a molti esempi di fede genuina esiste in
Europa anche una religiosità vaga e, a volte, fuorviante. I suoi segni
sono spesso generici e superficiali, quando non addirittura contrastanti
nelle persone stesse da cui scaturiscono. Sono manifesti fenomeni di fuga
nello spiritualismo, di sincretismo religioso ed esoterico, di ricerca di eventi straordinari ad ogni costo, fino a giungere a
scelte devianti, come l'adesione a sette pericolose o ad esperienze
pseudoreligiose. Il
desiderio diffuso di nutrimento spirituale va accolto con comprensione e
purificato. All'uomo che si accorge, seppure confusamente, di non poter
vivere solo di pane, è necessario che la Chiesa possa testimoniare in modo
convincente la risposta data da Gesù al tentatore: « Non di solo pane
vivrà l'uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca
di Dio » (Mt 4, 4). Una Chiesa che
celebra 69.
Nel contesto della società odierna, spesso chiusa
alla trascendenza, soffocata da comportamenti consumistici, facile preda di
antiche e nuove idolatrie e, nel contempo, assetata di qualcosa che vada
oltre l'immediato, il compito che attende la Chiesa in Europa è
impegnativo ed insieme esaltante. Esso consiste nel
riscoprire il senso del « mistero »; nel rinnovare le celebrazioni
liturgiche perché siano segni più eloquenti della presenza di Cristo Signore;
nell'assicurare nuovi spazi al silenzio, alla preghiera e alla
contemplazione; nel ritornare ai Sacramenti, specialmente dell'Eucaristia e
della Penitenza, quali sorgenti di libertà e di nuova speranza. Per
questo, a te, Chiesa che vivi in Europa, rivolgo un pressante invito: sii
una Chiesa che prega, loda Dio, ne riconosce il primato assoluto, lo
esalta con fede lieta. Riscopri il senso del mistero: vivilo con umile
gratitudine; attestalo con gioia convinta e contagiosa. Celebra la
salvezza di Cristo: accoglila come dono che ti fa suo sacramento, fa'
della tua vita il vero culto spirituale gradito a Dio (cfr Rm
12, 1). Il senso del mistero 70.
Alcuni sintomi rivelano un affievolimento del senso del mistero nelle stesse
celebrazioni liturgiche, che ad esso dovrebbero
introdurre. È, quindi, urgente che nella Chiesa si ravvivi
l'autentico senso della liturgia. Questa, come è
stato ricordato dai Padri sinodali,(119) è strumento di santificazione;
è celebrazione della fede della Chiesa; è mezzo di trasmissione della fede.
Con la Sacra Scrittura e gli insegnamenti dei Padri della Chiesa, essa è
fonte viva di autentica e solida spiritualità. Come
ben sottolinea anche la tradizione delle venerande
Chiese di Oriente, con essa i fedeli entrano in comunione con la Santissima
Trinità, sperimentando la loro partecipazione alla natura divina, quale dono
della grazia. La liturgia diventa così anticipo della beatitudine finale e
partecipazione alla gloria celeste. 71.
Nelle celebrazioni occorre rimettere al centro Gesù, per lasciarci
illuminare e guidare da lui. Possiamo trovare qui una delle risposte più
forti che le nostre Comunità sono chiamate a dare ad
una religiosità vaga e inconsistente. La liturgia della Chiesa non ha come
scopo il placare i desideri e le paure dell'uomo, ma nell'ascoltare ed
accogliere Gesù il Vivente, che onora e loda il Padre, per lodarlo e onorarlo
con lui. Le celebrazioni ecclesiali proclamano che la nostra speranza ci
viene da Dio per mezzo di Gesù nostro Signore. Si
tratta di vivere la liturgia come opera della Trinità. È il Padre che agisce per noi nei misteri celebrati; è lui che ci
parla, ci perdona, ci ascolta, ci dona il suo Spirito; a lui noi ci
rivolgiamo, lui noi ascoltiamo, lodiamo e invochiamo. È Gesù che
agisce per la nostra santificazione, rendendoci partecipi del suo mistero. È
lo Spirito Santo che opera con la sua grazia e fa di noi il Corpo di Cristo,
la Chiesa. La
liturgia deve essere vissuta come annuncio e anticipazione della gloria
futura, termine ultimo della nostra speranza. Come insegna, infatti, il
Concilio, « nella liturgia terrena partecipiamo, pregustandola, a quella
celeste, che viene celebrata nella santa città di
Gerusalemme, verso la quale noi pellegrini siamo diretti [...], fino a quando
Cristo, la nostra vita, si manifesterà ed anche noi saremo manifestati con
lui nella gloria ».(120) Formazione liturgica 72.
Se dopo il Concilio Ecumenico Vaticano II diversa strada è stata fatta per
vivere il senso autentico della liturgia, ancora molto rimane da fare. Sono necessari un continuo rinnovamento e una
costante formazione di tutti: ordinati, consacrati e laici. Il
vero rinnovamento, lungi dal servirsi di atti
arbitrari, consiste nello sviluppare sempre meglio la coscienza del senso del
mistero, così da fare delle liturgie momenti di comunione con il mistero
grande e santo della Trinità. Celebrando le sacre azioni come rapporto con
Dio e accoglimento dei suoi doni, espressione di autentica
vita spirituale, la Chiesa in Europa potrà davvero nutrire la sua speranza e
offrirla a chi l'ha smarrita. 73.
A tale scopo è necessario un grande sforzo di formazione. Finalizzata
a favorire la comprensione del vero senso delle celebrazioni della Chiesa,
oltre a un'adeguata istruzione sui riti, essa
richiede un'autentica spiritualità e l'educazione a viverla in
pienezza.(121) Va, quindi, promossa maggiormente una vera « mistagogia liturgica », con la partecipazione attiva
di tutti i fedeli, ciascuno secondo le proprie attribuzioni, alle azioni
sacre, in particolare all'Eucaristia. II. Celebrare i Sacramenti 74. Un posto di grande rilievo
va riservato alla celebrazione dei Sacramenti, quali atti di Cristo e
della Chiesa, ordinati a rendere culto a Dio, alla santificazione degli
uomini e all'edificazione della Comunità ecclesiale. Riconoscendo che in essi Cristo stesso agisce per mezzo dello Spirito Santo, i
Sacramenti vanno celebrati con la massima cura e creando le condizioni
adeguate. Le Chiese particolari del Continente avranno a cuore di rafforzare la loro pastorale dei Sacramenti per farne riconoscere la
verità profonda. I Padri sinodali hanno messo in luce questa
esigenza, per rispondere a due pericoli: da una parte, certi
ambienti ecclesiali sembrano aver smarrito il genuino senso del sacramento e
potrebbero banalizzare i misteri celebrati; dall'altra, molti battezzati,
seguendo usanze e tradizioni, continuano a ricorrere ai Sacramenti in momenti
significativi della loro esistenza, senza però vivere in modo conforme alle
indicazioni della Chiesa.(122) L'Eucaristia 75.
L'Eucaristia, dono supremo di Cristo alla Chiesa, fa presente nel
mistero il sacrificio di Cristo per la nostra salvezza: « Nella
Santissima Eucaristia è racchiuso tutto il bene spirituale della Chiesa, cioè Cristo stesso, nostra Pasqua ».(123) Ad essa,
« fonte e apice di tutta la vita cristiana »,(124) attinge la
Chiesa nel suo pellegrinaggio, trovandovi la sorgente di ogni speranza.
L'Eucaristia, infatti, « dà impulso al nostro cammino storico, ponendo un
seme di vivace speranza nella quotidiana dedizione di ciascuno ai propri
compiti ».(125) Tutti siamo invitati a
confessare la fede nell'Eucaristia, « pegno della gloria futura »,
certi che la comunione con Cristo, ora vissuta da pellegrini nell'esistenza
mortale, anticipa l'incontro supremo del giorno in cui « noi saremo simili
a lui, perché lo vedremo così come egli è » (1 Gv 3, 2). L'Eucaristia
è un « assaggio di eternità nel tempo », è
presenza divina e comunione con essa; memoriale della Pasqua di Cristo, è di
sua natura apportatrice della grazia nella storia umana. Essa apre al futuro
di Dio; essendo comunione con Cristo, con il suo corpo e il suo sangue, è
partecipazione alla vita eterna di Dio.(126) La Riconciliazione 76.
Con l'Eucaristia, anche il sacramento della Riconciliazione deve
svolgere un ruolo fondamentale nel recupero della speranza:
« L'esperienza personale del perdono di Dio per ciascuno di noi è,
infatti, fondamento essenziale di ogni speranza per
il nostro futuro ».(127) Una delle radici
della rassegnazione che assale molti oggi va ricercata nell'incapacità di riconoscersi
peccatori e di lasciarsi perdonare, una incapacità
spesso dovuta alla solitudine di chi, vivendo come se Dio non esistesse, non
ha nessuno a cui chiedere perdono. Chi, invece, si riconosce peccatore e
si affida alla misericordia del Padre celeste, sperimenta la gioia di una
vera liberazione e può proseguire nell'esistenza senza rinchiudersi nella
propria miseria.(128) Riceve così la grazia di un nuovo inizio, e ritrova
motivazioni per sperare. Perciò
è necessario che nella Chiesa in Europa il sacramento della Riconciliazione venga rivitalizzato. Va ribadito, tuttavia, che la forma del Sacramento è la
confessione personale dei peccati seguita dall'assoluzione individuale.
Questo incontro tra il penitente e il sacerdote deve
essere favorito, in qualsiasi forma prevista del rito del Sacramento. Di fronte alla diffusa perdita del senso del
peccato e all'affermarsi di una mentalità segnata da relativismo e
soggettivismo in campo morale, occorre che in ogni comunità ecclesiale si provveda a una seria formazione delle
coscienze.(129) I Padri Sinodali hanno insistito perché si riconosca
chiaramente la verità del peccato personale e la necessità del perdono
personale di Dio tramite il ministero del sacerdote. Le assoluzioni
collettive non sono un modo alternativo di amministrare il sacramento della
Riconciliazione.(130) 77.
Mi rivolgo ai sacerdoti, esortandoli a dare generosamente la propria
disponibilità nell'ascolto delle confessioni e a
offrire essi stessi un esempio accostandosi con regolarità al sacramento
della Penitenza. Raccomando loro di curare il proprio aggiornamento nel campo
della teologia morale, così da saper affrontare con competenza le
problematiche sorte in epoca recente nel campo della morale personale e
sociale. Abbiano, inoltre, una particolare attenzione alle concrete
condizioni di vita in cui si trovano i fedeli e sappiano
condurli pazientemente a riconoscere le esigenze della legge morale
cristiana, aiutandoli a vivere il Sacramento come un gioioso incontro con la
misericordia del Padre celeste.(131) Preghiera e vita 78.
Accanto alla Celebrazione eucaristica, occorre promuovere anche le altre
forme di preghiera comunitaria,(132) aiutando
a riscoprire il legame che intercorre tra queste e l'orazione liturgica. In
particolare, mantenendo viva la tradizione della Chiesa latina, vengano promosse le diverse manifestazioni del culto
eucaristico fuori della Messa: adorazione personale, esposizione e
processione, da intendere come espressione di fede nella permanenza della
presenza reale del Signore nel Sacramento dell'altare.(133) Nella
celebrazione, personale o comunitaria, della Liturgia delle Ore, di
cui il Concilio Vaticano II ha richiamato il singolare valore anche per i
fedeli laici,(134) si educhi a vedere tale connessione con il mistero
eucaristico. Le famiglie siano sollecitate a dare spazio alla preghiera fatta
in comune, così da interpretare alla luce del Vangelo tutta l'esistenza
matrimoniale e familiare. In tal modo, a partire da qui e in ascolto della Parola
di Dio, si formerà quella liturgia domestica che scandirà tutti i
momenti della famiglia.(135) Ogni
forma di preghiera comunitaria presuppone la preghiera individuale. Tra la
persona e Dio nasce quel colloquio di verità che si esprime nella lode, nel
ringraziamento, nella supplica rivolta al Padre per Gesù Cristo e nello
Spirito Santo. La preghiera personale, che è come la
respirazione del cristiano, non sia mai trascurata. Ci si educhi anche
a riscoprire il legame tra quest'ultima e la preghiera liturgica. 79.
Una speciale attenzione va riservata anche alla pietà popolare.(136) Ampiamente
diffusa nelle diverse regioni d'Europa attraverso le confraternite, i
pellegrinaggi e le processioni presso numerosi santuari, essa arricchisce il cammino dell'anno liturgico, ispirando usi
e costumi familiari e sociali. Tutte queste forme devono essere attentamente
considerate mediante una pastorale di promozione e di rinnovamento, che le aiuti a sviluppare quanto è espressione genuina della
sapienza del Popolo di Dio. Tale è sicuramente il Santo Rosario. In questo Anno ad esso dedicato mi è caro raccomandarne
ancora la recita, perché « il Rosario, se riscoperto nel suo pieno
significato, porta al cuore stesso della vita cristiana ed offre un'ordinaria
quanto feconda opportunità spirituale e pedagogica per la contemplazione
personale, la formazione del Popolo di Dio e la nuova
evangelizzazione ».(137) In
materia di pietà popolare occorre vegliare costantemente su aspetti di ambiguità di certe manifestazioni, preservandole da
derive secolaristiche, da improvvidi consumismi o
anche da rischi di superstizione, per mantenerle entro forme mature e
autentiche. Si faccia opera pedagogica, spiegando come la
pietà popolare vada sempre vissuta in armonia con la liturgia della
Chiesa e in connessione con i Sacramenti. 80.
Non va dimenticato che il « culto spirituale gradito a Dio »
(cfr Rm 12, 1) si realizza innanzitutto nell'esistenza quotidiana,
vissuta nella carità attraverso il dono di sé libero e generoso, anche in
momenti di apparente impotenza. Così la vita è
animata da speranza incrollabile, perché affidata solo alla certezza della
potenza di Dio e della vittoria di Cristo: è una vita ricolma delle
consolazioni di Dio, con le quali siamo chiamati a consolare, a nostra volta,
quanti incontriamo sul nostro cammino (cfr 2 Cor 1,
4). Il giorno del Signore 81.
Momento paradigmatico ed altamente evocativo in
ordine alla celebrazione del Vangelo della speranza è il giorno del
Signore. Nel
contesto attuale, le circostanze rendono precaria la
possibilità per i cristiani di vivere pienamente la domenica come giorno
dell'incontro con il Signore. Avviene non di rado che essa sia
ridotta a « fine settimana », a semplice tempo di evasione.
Occorre perciò un'azione pastorale articolata a livello educativo, spirituale
e sociale, che aiuti a viverne il senso vero. 82.
Rinnovo, pertanto, l'invito a ricuperare il significato più profondo del
giorno del Signore: (138) venga santificato
con la partecipazione all'Eucaristia e con un riposo ricco di letizia
cristiana e di fraternità. Sia celebrato come centro di tutto il culto,
preannuncio incessante della vita senza fine, che rianima la speranza e
incoraggia nel cammino. Non si tema, perciò, di difenderlo contro ogni
attacco e di adoperarsi perché, nell'organizzazione del lavoro, esso
sia salvaguardato, così che possa essere giorno
per l'uomo, a vantaggio dell'intera società. Se, infatti, la domenica fosse
privata del suo significato originario e in essa non
fosse possibile dare spazio adeguato alla preghiera, al riposo, alla
comunione e alla gioia, potrebbe succedere che « l'uomo rimanga chiuso
in un orizzonte tanto ristretto che non gli consente più di vedere il
“cielo”. Allora, per quanto vestito a festa, diventa intimamente incapace di
“far festa” ».(139) E senza la dimensione della festa, la speranza
non troverebbe una casa dove abitare. CAPITOLO QUINTO SERVIRE « Conosco le tue opere, la
carità, la fede, il servizio La via dell'amore 83.
La parola che lo Spirito dice alle Chiese contiene un giudizio sulla loro
vita. Esso riguarda fatti e comportamenti: « Conosco le tue opere
» è l'introduzione che, quasi come un ritornello e con poche varianti,
compare nelle lettere scritte alle sette Chiese. Quando le opere risultano positive, sono frutto della fatica, della
costanza, della sopportazione delle prove, della tribolazione, della povertà,
della fedeltà nelle persecuzioni, della carità, della fede, del servizio. In
questo senso esse possono essere lette come la
descrizione di una Chiesa che, oltre ad annunciare e a celebrare la salvezza
che le viene dal Signore, la “vive” concretamente. Per
servire il Vangelo della speranza, anche alla Chiesa che vive in Europa è chiesto di seguire la strada dell'amore. È strada
che passa attraverso la carità evangelizzante, l'impegno multiforme nel
servizio, la decisione per una generosità senza soste né confini. I. Il servizio della carità Nella comunione e nella
solidarietà 84.
La carità ricevuta e donata è per ogni persona l'esperienza originaria
nella quale nasce la speranza. « L'uomo non può vivere senza amore.
Egli rimane per se stesso un essere incomprensibile, la sua vita è priva di
senso se non gli viene rivelato l'amore, se non
s'incontra con l'amore, se non lo sperimenta e non lo fa proprio, se non vi
partecipa vivamente ».(140) La
sfida per la Chiesa nell'Europa di oggi consiste,
quindi, nell'aiutare l'uomo contemporaneo a sperimentare l'amore di Dio Padre
e di Cristo, nello Spirito Santo, attraverso la testimonianza della
carità, che possiede in se stessa una intrinseca forza evangelizzante. In
questo consiste in definitiva il « Vangelo », il lieto annuncio per ogni
uomo: Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,
10.19); Gesù ci ha amati fino alla fine (cfr Gv 13, 1). Grazie al dono
dello Spirito, la carità di Dio viene offerta ai
credenti, rendendoli partecipi della sua stessa capacità di amare: essa urge
nel cuore di ogni discepolo e di tutta la Chiesa (cfr 2 Cor 5, 14). Proprio
perché donata da Dio, la carità diventa comandamento per l'uomo (cfr Gv
13, 34). Vivere
nella carità diventa, quindi, lieto annuncio ad ogni persona, rendendo
visibile l'amore di Dio, che non abbandona nessuno. In definitiva, significa
dare all'uomo smarrito ragioni vere per continuare a sperare. 85.
È vocazione della Chiesa, come « segno credibile, anche se sempre
inadeguato, dell'amore vissuto, di far incontrare gli uomini e le donne con
l'amore di Dio e di Cristo, che viene a cercarli ».(141) « Segno e
strumento dell'intima unione con Dio e dell'unità di tutto il genere
umano »,(142) la Chiesa lo attesta quando
le persone, le famiglie e le comunità vivono intensamente il Vangelo della
carità. In altri termini, le nostre comunità ecclesiali sono chiamate
ad essere delle vere palestre di comunione. Per
sua stessa natura, la testimonianza della carità deve estendersi oltre i
confini della comunità ecclesiale, per raggiungere ogni persona, così che
l'amore per tutti gli uomini diventi fomento
di autentica solidarietà per l'intero vivere sociale. Quando
la Chiesa serve la carità, essa fa crescere allo stesso tempo la
« cultura della solidarietà », concorrendo così a ridare vita ai
valori universali della convivenza umana. In
questa prospettiva occorre riscoprire il senso autentico del volontariato
cristiano. Nascendo dalla fede e venendo continuamente da essa alimentato, esso deve sapere coniugare capacità
professionale e amore genuino, spingendo quanti lo praticano ad
« elevare i sentimenti di semplice filantropia all'altezza della carità
di Cristo; a riconquistare ogni giorno, tra fatiche e stanchezze, la
coscienza della dignità di ogni uomo; ad andare alla scoperta dei bisogni
delle persone iniziando - se necessario - nuovi cammini là dove più urgente è
il bisogno e più deboli sono l'attenzione e il sostegno ».(143) II. Servire l'uomo nella società Ridare speranza ai poveri 86.
All'intera Chiesa è chiesto di ridare speranza ai poveri. Accoglierli
e servirli significa per essa accogliere e servire
Cristo (cfr Mt 25, 40). L'amore preferenziale
per i poveri è una dimensione necessaria dell'essere cristiano e del
servizio al Vangelo. Amarli e testimoniare loro che sono particolarmente
amati da Dio significa riconoscere che le persone
valgono per se stesse, quali che siano le loro condizioni economiche,
culturali, sociali in cui si trovano, aiutandole a valorizzare le loro
potenzialità. 87.
Occorre poi lasciarsi interpellare dal fenomeno della disoccupazione,
che in molte nazioni d'Europa costituisce un grave flagello sociale. A questo
si aggiungono anche i problemi connessi con i crescenti flussi migratori.
Alla Chiesa è chiesto di ricordare che il lavoro costituisce un bene di cui
tutta la società deve farsi carico. Riproponendo i criteri etici che devono guidare
mercato ed economia in uno scrupoloso rispetto della centralità dell'uomo, la
Chiesa non tralascerà di ricercare il dialogo con le persone impegnate a
livello politico, sindacale e imprenditoriale.(144) Esso deve mirare
all'edificazione di un'Europa intesa come comunità di popoli e di persone,
comunità solidale nella speranza, non soggetta esclusivamente alle leggi del
mercato, ma decisamente preoccupata di salvaguardare la dignità dell'uomo
anche nei rapporti economici e sociali. 88.
Si dia adeguato rilievo anche alla pastorale dei malati. Considerando
che la malattia è una situazione che pone interrogativi essenziali sul senso
della vita, « in una società della prosperità e dell'efficienza, in una
cultura caratterizzata dall'idolatria del corpo, dalla rimozione della
sofferenza e del dolore e dal mito della perenne giovinezza »,(145) la cura per i malati deve essere considerata
come una delle priorità. A tale scopo, vanno promossi, da una parte, una adeguata presenza pastorale nei diversi luoghi della
sofferenza, ad esempio attraverso l'impegno di cappellani ospedalieri, di
membri di associazioni di volontariato, di istituzioni sanitarie
ecclesiastiche, e, dall'altra, un sostegno alle famiglie dei malati.
Occorrerà inoltre essere accanto al personale medico e paramedico con mezzi
pastorali adeguati, per sostenerlo nell'impegnativa vocazione a servizio dei
malati. Nella loro attività, infatti, gli operatori sanitari rendono ogni
giorno un nobile servizio alla vita. A loro è richiesto di offrire ai pazienti anche quello speciale sostegno spirituale che
suppone il calore di un autentico contatto umano. 89.
Infine, non si potrà dimenticare che talora viene
fatto un uso indebito dei beni della terra. L'uomo
infatti, venendo meno alla missione di coltivare e custodire la terra
con sapienza e amore (cfr Gn 2, 15), ha in molte regioni devastato
boschi e pianure, inquinato le acque, reso irrespirabile l'aria, sconvolto i
sistemi idrogeologici e atmosferici e desertificato
ampi spazi. Anche
in questo caso, servire il Vangelo della speranza vuol dire impegnarsi in
modo nuovo per un corretto uso dei beni della terra,(146) stimolando
quell'attenzione che, oltre a tutelare gli habitat naturali, difende
la qualità della vita delle persone, preparando alle generazioni future un
ambiente più consono al progetto del Creatore. La verità del matrimonio e
della famiglia 90.
La Chiesa in Europa, in ogni sua articolazione, deve riproporre
con fedeltà la verità del matrimonio e della famiglia.(147) È una
necessità che essa sente ardere dentro di sé perché sa che tale compito la
qualifica in forza della missione evangelizzatrice affidatale dal suo Sposo e
Signore, e si ripropone oggi con inusitata impellenza. Non pochi fattori
culturali, sociali e politici concorrono, infatti, a provocare una crisi
sempre più evidente della famiglia. Essi compromettono in diversa misura la
verità e la dignità della persona umana e mettono in discussione, svisandola,
l'idea stessa di famiglia. Il valore dell'indissolubilità matrimoniale viene
sempre più misconosciuto; si chiedono forme di riconoscimento legale delle
convivenze di fatto, equiparandole ai matrimoni legittimi; non mancano
tentativi di accettare modelli di coppia dove la differenza sessuale non risulta essenziale. In
questo contesto, alla Chiesa è chiesto di
annunciare con rinnovato vigore ciò che il Vangelo dice sul matrimonio e
sulla famiglia, per coglierne il significato e il valore nel disegno
salvifico di Dio. In particolare, è necessario riaffermare tali istituzioni
come realtà che derivano dalla volontà di Dio.
Occorre riscoprire la verità della famiglia, quale intima comunione di vita e
di amore,(148) aperta alla generazione di nuove
persone; come anche la sua dignità di “chiesa domestica” e la sua
partecipazione alla missione della Chiesa e alla vita della società. 91.
Secondo i Padri sinodali, bisogna riconoscere che tante famiglie, nella
quotidianità dell'esistenza vissuta nell'amore, sono testimoni visibili della
presenza di Gesù che le accompagna e sostiene con il dono del suo Spirito. Per sostenerne il cammino, si dovrà approfondire la teologia e la
spiritualità del matrimonio e della famiglia; proclamare con fermezza e
integrità e mostrare mediante esempi efficaci la verità e la bellezza della
famiglia fondata sul matrimonio inteso come unione stabile e aperta alla vita
di un uomo e di una donna; promuovere in ogni comunità ecclesiale un'adeguata
e organica pastorale familiare. Al tempo stesso sarà necessario
offrire con materna sollecitudine da parte della Chiesa un aiuto a coloro che
si trovano in situazioni difficili, come ad esempio ragazze madri, persone
separate, divorziate, figli abbandonati. In ogni caso occorrerà sollecitare,
accompagnare e sostenere il giusto protagonismo delle famiglie, singole o
associate, nella Chiesa e nella società e adoperarsi perché da parte dei
singoli Stati e della stessa Unione Europea siano promosse autentiche e
adeguate politiche familiari.(149) 92.
Un'attenzione particolare deve essere riservata all'educazione all'amore
nei confronti dei giovani e dei fidanzati, mediante appositi
itinerari di preparazione alla celebrazione del sacramento del Matrimonio,
che li aiutino ad arrivare a questo momento vivendo nella castità. Nella sua
opera educativa, la Chiesa si mostrerà premurosa, accompagnando i novelli
sposi anche dopo la celebrazione delle nozze. 93.
La Chiesa, infine, è chiamata a venire incontro, con bontà materna, anche a
quelle situazioni matrimoniali nelle quali è facile venga
meno la speranza. In particolare, « di fronte a tante famiglie disfatte,
la Chiesa si sente chiamata non ad esprimere un giudizio severo e distaccato,
ma piuttosto ad immettere nelle pieghe di tanti drammi umani la luce della
parola di Dio, accompagnata dalla testimonianza della sua misericordia. È
questo lo spirito con cui la pastorale familiare cerca di farsi carico anche
delle situazioni dei credenti che hanno divorziato e si sono risposati
civilmente. Essi non sono esclusi dalla comunità; sono anzi invitati a
partecipare alla sua vita, facendo un cammino di crescita nello spirito delle
esigenze evangeliche. La Chiesa, senza tacere loro la verità del disordine
morale oggettivo in cui si trovano e delle conseguenze che ne derivano per la
pratica sacramentale, intende mostrare loro tutta la sua materna vicinanza ».(150) 94.
Se per servire il Vangelo della speranza è necessario riservare una adeguata e prioritaria attenzione alla famiglia, è
altrettanto indubitabile che le famiglie stesse hanno un compito
insostituibile da svolgere in ordine al medesimo Vangelo della speranza.
Perciò, con fiducia e con affetto, a tutte le famiglie cristiane che vivono
in questa Europa rinnovo l'invito: « Famiglie,
diventate ciò che siete! ». Voi siete ripresentazione
vivente della carità di Dio: avete infatti la «
missione di custodire, rivelare e comunicare l'amore, quale riflesso vivo e
reale partecipazione dell'amore di Dio per l'umanità e dell'amore di Cristo
Signore per la Chiesa sua sposa ».(151) Voi
siete il « santuario della vita [...]: il luogo in cui la vita,
dono di Dio, può essere adeguatamente accolta e protetta contro i molteplici
attacchi a cui è esposta, e può svilupparsi secondo le esigenze di
un'autentica crescita umana ».(152) Voi
siete il fondamento della società, in quanto
luogo primario dell'« umanizzazione » della persona e del vivere
civile,(153) modello per l'instaurazione di rapporti sociali vissuti
nell'amore e nella solidarietà. Siate
voi stesse testimoni credibili del Vangelo della speranza! Perché voi siete
« gaudium et spes ».(154) Servire il Vangelo della vita 95.
L'invecchiamento e la diminuzione della popolazione a cui si assiste in
diversi Paesi d'Europa non può non essere motivo di
preoccupazione; il calo delle nascite, infatti, è sintomo di un
rapporto non sereno con il proprio futuro; è chiara manifestazione di una
mancanza di speranza, è segno di quella « cultura della morte » che
attraversa l'odierna società.(155) Con
il calo della natalità vanno ricordati altri segni che concorrono a
configurare l'eclissi del valore della vita e a scatenare una specie di
congiura contro di essa. Tra questi va tristemente
annoverata, anzitutto, la diffusione dell'aborto, anche utilizzando
preparati chimico-farmacologici che lo rendono
possibile senza dover ricorrere al medico e sottraendolo a
ogni forma di responsabilità sociale; ciò è favorito dalla presenza
nell'ordinamento di molti Stati del Continente di legislazioni permissive di
un gesto che rimane un « abominevole delitto » (156) e costituisce
sempre un disordine morale grave. Né si possono dimenticare gli attentati
perpetrati attraverso « interventi sugli embrioni umani che, pur mirando a
scopi in sé legittimi, ne comportano inevitabilmente l'uccisione » o mediante
un utilizzo scorretto delle tecniche diagnostiche pre-natali, messe al servizio
non di terapie precoci a volte possibili, ma « di una mentalità
eugenetica, che accetta l'aborto selettivo ».(157) Va
pure menzionata la tendenza, che si registra in alcune parti dell'Europa, a
ritenere che possa essere permesso porre fine
consapevolmente alla propria vita o a quella di un altro essere umano: di qui
la diffusione dell'eutanasia mascherata, o attuata apertamente, per la
quale non mancano richieste e tristi esempi di legalizzazione. 96.
Di fronte a questo stato di cose, è necessario « servire il Vangelo
della vita » anche attraverso « una generale mobilitazione delle
coscienze e un comune sforzo etico, per mettere in atto una grande
strategia a favore della vita. Tutti insieme
dobbiamo costruire una nuova cultura della vita ».(158) È
questa una grande sfida che occorre affrontare con responsabilità, certi che
« il futuro della civiltà europea dipende in gran parte della decisa difesa e
promozione dei valori della vita, nucleo del suo patrimonio culturale »;
(159) si tratta, infatti, di restituire all'Europa la sua vera dignità,
quella di essere luogo dove ogni persona è affermata nella sua incomparabile
dignità. Volentieri
faccio mie queste parole dei Padri sinodali: « Il Sinodo dei Vescovi
europei stimola le comunità cristiane a farsi evangelizzatrici della vita.
Incoraggia le coppie e le famiglie cristiane a sostenersi a vicenda nella
fedeltà alla loro missione di collaboratrici di Dio nella generazione ed educazione di nuove creature; apprezza ogni generoso
tentativo di reagire all'egoismo nell'ambito della trasmissione della vita,
alimentato da falsi modelli di sicurezza e di felicità; chiede agli Stati e
all'Unione Europea di porre in atto politiche lungimiranti, che promuovano le
condizioni concrete di abitazione, di lavoro e di servizi sociali, atte a
favorire la costituzione della famiglia e la risposta alla vocazione alla
maternità e paternità, ed inoltre assicurino all'Europa di oggi la risorsa
più preziosa: gli europei di domani ».(160) Costruire una città degna
dell'uomo 97.
La carità operosa ci impegna ad affrettare il Regno
venturo. Per ciò stesso collabora alla promozione degli
autentici valori che sono alla base di una civiltà degna dell'uomo. Come
ricorda, infatti, il Concilio Vaticano II, « i cristiani, in cammino verso la
città celeste, devono ricercare e pensare alle cose di lassù; questo tuttavia
non diminuisce, ma anzi aumenta il peso del loro dovere di collaborare con
tutti gli uomini per la costruzione di un mondo più umano ».(161) L'attesa
dei cieli nuovi e della terra nuova, lungi dall'estraniare dalla storia,
intensifica la sollecitudine per la realtà presente dove fin d'ora cresce la
novità che è germe e figura del mondo che verrà. Animati
da queste certezze di fede, adoperiamoci per la costruzione di una città degna
dell'uomo. Anche se non è possibile costruire nella storia un ordine
sociale perfetto, sappiamo però che ogni sforzo sincero per costruire un
mondo migliore è accompagnato dalla benedizione di Dio, e che ogni seme di
giustizia e di amore piantato nel tempo presente
fiorisce per l'eternità. 98.
Nel costruire la città degna dell'uomo, un ruolo ispiratore va
riconosciuto alla Dottrina Sociale della Chiesa. Attraverso di essa, infatti, la Chiesa pone al Continente europeo la
questione della qualità morale della sua civiltà. Essa trae origine
dall'incontro tra il messaggio biblico con la ragione da una parte, e i
problemi e le situazioni riguardanti la vita
dell'uomo e della società dall'altra. Con l'insieme dei principi da essa offerti, tale dottrina contribuisce a porre solide
basi per una convivenza a misura d'uomo, nella giustizia, nella verità, nella
libertà e nella solidarietà. Protesa a difendere e a promuovere la dignità
della persona, fondamento non solo della vita economica e politica, ma anche
della giustizia sociale e della pace, essa si presenta capace di sostenere i
pilastri portanti del futuro del Continente.(162) In questa stessa
dottrina si trovano i riferimenti per poter difendere la struttura morale
della libertà, così da salvaguardare la cultura e la società europea sia
dall'utopia totalitaria della « giustizia senza libertà » sia da
quella della « libertà senza verità », cui si accompagna un falso concetto di
« tolleranza », entrambe foriere di errori
ed orrori per l'umanità, come testimonia tristemente la storia recente
dell'Europa stessa.(163) 99.
La Dottrina Sociale della Chiesa, per il suo intrinseco legame con la dignità
della persona, è fatta per essere compresa anche da coloro
che non appartengono alla comunità dei credenti. È urgente, quindi,
diffonderne la conoscenza e lo studio, superando l'ignoranza che di essa si ha anche tra i cristiani. Lo esige l'Europa nuova
in via di costruzione, bisognosa di persone educate secondo questi valori,
disposte ad adoperarsi per la realizzazione del bene
comune. È necessaria a tal fine la presenza di laici cristiani che nelle
diverse responsabilità della vita civile, dell'economia, della cultura, della
sanità, dell'educazione e della politica, agiscano
in modo da potervi infondere i valori del Regno.(164) Per una cultura
dell'accoglienza 100.
Tra le sfide che si pongono oggi al servizio al Vangelo della speranza va annoverato il crescente fenomeno delle immigrazioni,
che interpella la capacità della Chiesa di accogliere ogni persona, a qualunque
popolo o nazione essa appartenga. Esso stimola anche l'intera società europea
e le sue istituzioni alla ricerca di un giusto ordine e di modi di convivenza
rispettosi di tutti, come pure della legalità, in un processo d'una integrazione possibile. Considerando
lo stato di miseria, di sottosviluppo o anche di insufficiente
libertà, che purtroppo caratterizza ancora diversi Paesi, tra le cause che
spingono molti a lasciare la propria terra, c'è bisogno di un impegno
coraggioso da parte di tutti per la realizzazione di un ordine economico
internazionale più giusto, in grado di promuovere l'autentico sviluppo di
tutti i popoli e di tutti i Paesi. 101.
Di fronte al fenomeno migratorio, è in gioco la capacità, per l'Europa, di
dare spazio a forme di intelligente accoglienza e
ospitalità. È la visione « universalistica » del bene comune ad
esigerlo: occorre dilatare lo sguardo sino ad abbracciare le esigenze
dell'intera famiglia umana. Lo stesso fenomeno della globalizzazione
reclama apertura e condivisione, se non vuole essere radice di esclusione e di emarginazione, ma piuttosto di
partecipazione solidale di tutti alla produzione e allo scambio dei beni. Ciascuno
si deve adoperare per la crescita di una matura cultura dell'accoglienza,
che tenendo conto della pari dignità di ogni persona
e della doverosa solidarietà verso i più deboli, richiede che ad ogni
migrante siano riconosciuti i diritti fondamentali. È responsabilità
delle autorità pubbliche esercitare il controllo dei flussi migratori in
considerazione delle esigenze del bene comune.
L'accoglienza deve sempre realizzarsi nel rispetto delle leggi e quindi
coniugarsi, quando necessario, con la ferma repressione degli abusi. 102.
Occorre pure impegnarsi per individuare forme possibili di genuina
integrazione degli immigrati legittimamente accolti nel tessuto sociale e culturale delle diverse nazioni europee.
Essa esige che non si abbia a cedere all'indifferentismo
circa i valori umani universali e che si abbia a salvaguardare il patrimonio
culturale proprio di ogni nazione. Una convivenza
pacifica e uno scambio delle reciproche ricchezze interiori renderà possibile l'edificazione di un'Europa che sappia
essere casa comune, nella quale ciascuno possa essere accolto, nessuno venga
discriminato, tutti siano trattati e vivano responsabilmente come membri di
una sola grande famiglia. 103.
Per parte sua, la Chiesa è chiamata a « continuare la sua azione nel creare e
rendere sempre migliori i suoi servizi di accoglienza
e le sue attenzioni pastorali per gli immigrati e i rifugiati
»,(165) per far sì che siano rispettate la loro dignità e libertà e sia
favorita la loro integrazione. In
particolare, si ricordi di dare una specifica cura pastorale
all'integrazione degli immigrati cattolici, rispettando la loro cultura e
l'originalità della loro tradizione religiosa. A tale scopo, sono da favorire
contatti tra le Chiese di origine degli immigrati e
quelle di accoglienza, così da studiare forme di aiuto, che possano prevedere
anche la presenza, tra gli immigrati, di presbiteri, consacrati e operatori
pastorali adeguatamente formati provenienti dai loro Paesi. Il
servizio del Vangelo esige, inoltre, che la Chiesa, difendendo la causa degli
oppressi e degli esclusi, chieda alle autorità politiche dei diversi Stati
e ai responsabili delle Istituzioni europee di riconoscere la condizione
di rifugiati per quanti fuggono dal proprio Paese di origine
a motivo di pericoli per la propria esistenza, come pure di favorirne il
ritorno nei propri Paesi; e di creare altresì le condizioni perché sia
rispettata la dignità di tutti gli immigrati e siano difesi i loro diritti
fondamentali.(166) III. Decidiamoci alla carità! 104.
L'appello a vivere la carità operosa, rivolto dai Padri sinodali a tutti i
cristiani del Continente europeo,(167) rappresenta
la sintesi felice di un autentico servizio al Vangelo della speranza. Ora lo ripropongo a te, Chiesa di Cristo che vivi in Europa. Le
gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli europei di oggi, soprattutto dei poveri e dei sofferenti, siano
pure le tue gioie e le tue speranze, le tue tristezze e le tue angosce e
nulla di ciò che è genuinamente umano non trovi eco nel tuo cuore. All'Europa
e al suo cammino guarda con la simpatia di chi apprezza ogni elemento positivo, ma insieme non chiude gli occhi su quanto v'è di
incoerente con il Vangelo e lo denuncia con forza. 105.
Chiesa in Europa, accogli ogni giorno con rinnovata freschezza il dono della
carità che il tuo Signore ti offre e di cui ti rende capace. Impara da lui i contenuti
e la misura dell'amore. E sii Chiesa delle
beatitudini, continuamente conformata a Cristo (cfr Mt 5, 1-12). Libera
da intralci e da dipendenze, sii povera e amica dei più
poveri, accogliente verso ogni persona e attenta verso ogni forma,
antica o nuova, di povertà. Continuamente purificata dalla bontà del Padre, riconosci
nell'atteggiamento di Gesù, che ha sempre difeso la verità mostrandosi nello
stesso tempo misericordioso verso i peccatori, la norma suprema della tua
azione. In Gesù, alla cui nascita fu annunciata la pace (cfr Lc
2, 14), in lui che con la sua morte ha abbattuto ogni inimicizia (cfr Ef 2,
14) e ha donato la pace vera (cfr Gv 14, 27), sii artefice di pace,
invitando i tuoi figli a lasciarsi purificare il cuore da ogni ostilità, egoismo
e partigianeria, favorendo in ogni circostanza il dialogo e il rispetto reciproci. In
Gesù, giustizia di Dio, non stancarti mai di denunciare ogni forma di ingiustizia. Vivendo nel mondo con i valori del Regno
che viene, sarai Chiesa della carità, darai il tuo contributo indispensabile
per edificare in Europa una civiltà sempre più degna dell'uomo. CAPITOLO SESTO IL VANGELO DELLA SPERANZA « Vidi anche la città santa,
la nuova Gerusalemme, La novità di Dio nella storia 106.
Il Vangelo della speranza che risuona nell'Apocalisse apre il cuore alla contemplazione
della novità operata da Dio: « Vidi poi un nuovo cielo e una nuova
terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c'era
più » (Ap 21, 1). È Dio stesso a
proclamarla con una parola che offre la spiegazione della visione appena
descritta: « Ecco, io faccio nuove tutte le cose » (Ap 21, 5). La
novità di Dio – pienamente comprensibile sullo sfondo delle cose vecchie,
fatte di lacrime, lutto, lamento, affanno, morte (cfr Ap 21, 4) –
consiste nell'uscire dalla condizione di peccato e dalle conseguenze di esso in cui si trova l'umanità; è il nuovo cielo e la
nuova terra, la nuova Gerusalemme, in contrapposizione a un cielo e a una
terra vecchi, a un antiquato ordine di cose e ad una vetusta Gerusalemme,
travagliata dalle sue rivalità. Non
è indifferente per la costruzione della città dell'uomo l'immagine della nuova Gerusalemme, che scende « dal cielo, da
Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo » (Ap 21, 2) e
si riferisce direttamente al mistero della Chiesa. È un'immagine che parla di
una realtà escatologica: essa va oltre tutto
quello che l'uomo può fare; è un dono di Dio che si compirà negli ultimi
tempi. Ma non è un'utopia: è realtà già presente.
Lo indica il verbo al presente usato da Dio – « Ecco, io faccio
nuove tutte le cose » (Ap 21, 5) –, con l'ulteriore
precisazione: « Ecco sono compiute! » (Ap 21, 6). Dio, infatti,
sta già agendo per rinnovare il mondo; la Pasqua di Gesù è già la novità di
Dio. Essa fa nascere la Chiesa, ne anima
l'esistenza, rinnova e trasforma la storia. 107.
Questa novità comincia a prendere forma anzitutto nella comunità cristiana,
che già ora è « dimora di Dio con gli uomini » (cfr Ap 21, 3),
nel cui seno Dio già opera, rinnovando la vita di coloro che si sottomettono
al soffio dello Spirito. La Chiesa è per il mondo segno e strumento del Regno
che si realizza innanzitutto nei cuori. Un riflesso di questa stessa novità
si manifesta anche in ogni forma di umana
convivenza animata dal Vangelo. Si tratta di una novità che interpella la
società in ogni momento della storia e in ogni luogo della terra, e in
particolare la società europea che da tanti secoli ascolta il Vangelo del
Regno inaugurato da Gesù. I. La vocazione spirituale dell'Europa L'Europa promotrice dei valori
universali 108.
La storia del Continente europeo è contraddistinta dall'influsso vivificante
del Vangelo. « Se volgiamo lo sguardo ai secoli passati, non possiamo
non rendere grazie al Signore perché il Cristianesimo è stato nel nostro
Continente un fattore primario di unità tra i popoli
e le culture e di promozione integrale dell'uomo e dei suoi
diritti ».(168) Certamente
non sì può dubitare che la fede cristiana appartenga, in modo radicale e determinante, ai fondamenti della cultura europea. Il
cristianesimo, infatti, ha dato forma all'Europa, imprimendovi alcuni valori
fondamentali. La modernità europea stessa che ha dato al mondo l'ideale
democratico e i diritti umani attinge i propri
valori dalla sua eredità cristiana. Più che come luogo geografico, essa è
qualificabile come « un concetto prevalentemente culturale e storico,
che caratterizza una realtà nata come Continente grazie anche alla forza unificante
del cristianesimo, il quale ha saputo integrare tra loro popoli e culture
diverse ed è intimamente legato all'intera cultura europea ».(169) L'Europa
di oggi però, nel momento stesso in cui rafforza ed
allarga la propria unione economica e politica, sembra soffrire di una
profonda crisi di valori. Pur disponendo di mezzi
accresciuti, dà l'impressione di mancare di slancio per nutrire un progetto
comune e ridare ragioni di speranza ai suoi cittadini. Il nuovo volto dell'Europa 109.
Nel processo di trasformazione che sta vivendo, l'Europa è chiamata,
anzitutto, a ritrovare la sua vera identità. Essa, infatti, pur essendosi
venuta a costituire come una realtà fortemente
variegata, deve costruire un modello nuovo di unità nella diversità, comunità
di nazioni riconciliate aperta agli altri Continenti e coinvolta nell'attuale
processo di globalizzazione. Per
dare nuovo slancio alla propria storia, essa deve « riconoscere e
ricuperare con fedeltà creativa quei valori fondamentali, alla cui
acquisizione il cristianesimo ha dato un contributo determinante,
riassumibili nell'affermazione della dignità
trascendente della persona umana, del valore della ragione, della
libertà, della democrazia, dello Stato di diritto e della distinzione tra
politica e religione ».(170) 110.
L'Unione Europea continua ad allargarsi. Hanno vocazione per parteciparvi a
breve o lunga scadenza tutti i popoli che ne
condividono la stessa eredità fondamentale. È da auspicarsi che tale espansione avvenga in modo rispettoso di tutti, valorizzando le peculiarità storiche e
culturali, le identità nazionali e la ricchezza degli apporti che
potranno venire dai nuovi membri, oltre che nel dare più matura attuazione ai
principi di sussidiarietà e di solidarietà.(171) Nel processo
dell'integrazione del Continente, è di
capitale importanza tenere conto che l'unione non avrà consistenza se fosse
ridotta alle sole dimensioni geografiche ed economiche, ma deve
innanzitutto consistere in una concordia dei valori da esprimersi nel diritto
e nella vita. Promuovere solidarietà e pace
nel mondo 111.
Dire “Europa” deve voler dire “apertura”. Nonostante esperienze e segni
contrari che pure non sono mancati, è la sua stessa storia ad esigerlo:
« L'Europa non è in realtà un territorio chiuso o isolato; si è costruita
andando incontro, al di là dei mari, ad altri
popoli, ad altre culture, ad altre civiltà ».(172) Perciò deve
essere un Continente aperto e accogliente, continuando a realizzare
nell'attuale globalizzazione forme di cooperazione
non solo economica, ma anche sociale e culturale. C'è
un'esigenza alla quale il Continente deve rispondere positivamente, perché il
suo volto sia davvero nuovo: « L'Europa non può ripiegarsi su se stessa.
Essa non può né deve disinteressarsi del resto del mondo, al contrario deve
avere piena coscienza del fatto che altri Paesi, altri continenti, si
aspettano da essa iniziative audaci per offrire ai
popoli più poveri i mezzi per il loro sviluppo e la loro organizzazione
sociale, e per edificare un mondo più giusto e più fraterno ».(173) Per
realizzare in modo adeguato tale missione, sarà necessario « un
ripensamento della cooperazione internazionale, nei termini di una nuova
cultura di solidarietà. Pensata come seme di pace, la cooperazione non si
può ridurre all'aiuto e all'assistenza, addirittura mirando ai vantaggi di
ritorno per le risorse messe a disposizione. Essa deve esprimere, invece, un
impegno concreto e tangibile di solidarietà, tale da rendere i poveri
protagonisti del loro sviluppo e consentire al maggior numero possibile di
persone di esplicare, nelle concrete circostanze
economiche e politiche in cui vivono, la creatività tipica della persona
umana, da cui dipende anche la ricchezza delle Nazioni ».(174) 112.
L'Europa, inoltre, deve farsi parte attiva nel promuovere e realizzare una
globalizzazione “nella” solidarietà. A
quest'ultima, come sua condizione, va accompagnata una sorta di globalizzazione “della” solidarietà e dei connessi
valori di equità, giustizia e libertà, nella ferma
convinzione che il mercato chiede di essere « opportunamente controllato
dalle forze sociali e dallo Stato, in modo da garantire la soddisfazione
delle esigenze fondamentali di tutta la società ».(175) L'Europa
che ci è consegnata dalla storia ha visto,
soprattutto nell'ultimo secolo, l'affermarsi di ideologie totalitarie e di
nazionalismi esasperati che, oscurando la speranza degli uomini e dei popoli
del Continente, hanno alimentato conflitti all'interno delle Nazioni e tra le
Nazioni stesse, fino all'immane tragedia delle due guerre mondiali.(176)
Anche le lotte etniche più recenti, che hanno nuovamente insanguinato il
Continente europeo, hanno mostrato a tutti come la pace sia fragile, abbia
bisogno dell'impegno fattivo di tutti, possa essere garantita solo
dischiudendo nuove prospettive di scambio, di perdono e di riconciliazione
tra le persone, i popoli e le Nazioni. Di
fronte a questo stato di cose, l'Europa, con tutti i suoi abitanti, deve impegnarsi
instancabilmente a costruire la pace dentro i suoi confini e nel mondo
intero. A tale riguardo, occorre rammentare « da una parte, che le differenze
nazionali devono essere mantenute e coltivate come fondamento della
solidarietà europea e, dall'altra, che la stessa identità nazionale non si
realizza se non nell'apertura verso gli altri popoli e attraverso la
solidarietà con essi ».(177) II. La costruzione europea Il ruolo delle Istituzioni
europee 113.
Nel cammino per disegnare il volto nuovo del Continente, per molti aspetti determinante è il ruolo delle istituzioni
internazionali, legate e operanti principalmente sul territorio europeo,
che hanno contribuito a segnare il corso storico degli eventi, senza
impegnarsi in operazioni di carattere militare. A questo proposito desidero
menzionare, anzitutto, l'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in
Europa, la quale opera per il mantenimento della pace e la stabilità, anche
attraverso la protezione e la promozione dei diritti
umani e delle libertà fondamentali, come pure per la cooperazione economica
ed ambientale. Vi
è poi il Consiglio d'Europa, di cui fanno parte gli Stati che hanno
sottoscritto la Convenzione Europea per la salvaguardia
dei diritti umani fondamentali del 1950 e la Carta sociale del 1961. Vi è
annessa la Corte europea dei diritti dell'uomo. Queste due istituzioni
mirano, attraverso la cooperazione politica, sociale, giuridica e culturale,
come pure la promozione dei diritti umani e della
democrazia, alla realizzazione dell'Europa della libertà e della solidarietà.
L'Unione Europea infine, con il suo Parlamento, il Consiglio dei Ministri e
la Commissione, propone un modello di integrazione
che va perfezionandosi con la prospettiva di adottare un giorno una carta
fondamentale comune. Tale organismo ha per scopo di realizzare una maggiore
unità politica, economica e monetaria tra gli Stati membri, sia quelli
attuali sia quelli che entreranno a farvi parte. Nella loro diversità e a
partire dall'identità specifica di ciascuna di esse,
le citate Istituzioni promuovono l'unità del Continente e, più profondamente,
sono a servizio dell'uomo.(178) 114.
Alle stesse Istituzioni europee e ai singoli Stati dell'Europa chiedo insieme
con i Padri Sinodali (179) di riconoscere che un buon ordinamento della società deve radicarsi in autentici
valori etici e civili il più possibile condivisi dai cittadini,
osservando che tali valori sono patrimonio, in primo
luogo, dei diversi corpi sociali. È importante che le Istituzioni e i singoli
Stati riconoscano che, tra questi corpi sociali, vi sono anche le Chiese e le
Comunità ecclesiali e le altre organizzazioni religiose. A maggior ragione,
quando esistono già prima della fondazione delle nazioni europee, non sono
riducibili a mere entità private, ma operano con uno specifico spessore
istituzionale, che merita di essere preso in seria considerazione. Nello svolgimento dei loro compiti, le
diverse istituzioni statali ed europee devono agire nella consapevolezza che
i loro ordinamenti giuridici saranno pienamente rispettosi della democrazia,
se prevederanno forme di « sana
collaborazione » (180) con le Chiese e le organizzazioni religiose.
Alla luce di
quanto ho appena sottolineato, desidero ancora una
volta rivolgermi ai redattori del futuro trattato costituzionale europeo,
affinché in esso figuri un riferimento al patrimonio religioso e specialmente
cristiano dell'Europa. Nel pieno rispetto della laicità delle istituzioni, mi
auguro soprattutto che siano riconosciuti tre elementi complementari: il
diritto delle Chiese e delle comunità religiose di organizzarsi liberamente,
in conformità ai propri statuti e alle proprie convinzioni; il rispetto
dell'identità specifica delle Confessioni religiose e la previsione di un
dialogo strutturato fra l'Unione Europea e le Confessioni medesime; il
rispetto dello statuto giuridico di cui le Chiese e le istituzioni religiose
già godono in virtù delle legislazioni degli Stati membri dell'Unione.(181) 115. Le Istituzioni europee hanno per scopo dichiarato la
tutela dei diritti della persona umana. In questo compito esse contribuiscono
a costruire l'Europa dei valori e del diritto. I Padri sinodali hanno interpellato i responsabili europei, dicendo:
« Alzate la voce quando sono violati i diritti umani dei singoli,
delle minoranze e dei popoli, a cominciare dal diritto alla libertà
religiosa; riservate la più grande attenzione a
tutto ciò che riguarda la vita umana dal suo concepimento fino alla
morte naturale e la famiglia fondata sul matrimonio: sono queste
le basi sulle quali poggia la comune casa europea; [...] affrontate,
secondo giustizia ed equità e con senso di grande solidarietà, il crescente
fenomeno delle migrazioni, rendendole nuova risorsa per il futuro
europeo; fate ogni sforzo perché ai giovani venga garantito un futuro
veramente umano con il lavoro, la cultura, l'educazione ai
valori morali e spirituali ».(182) La Chiesa per la nuova Europa 116. L'Europa ha bisogno di una dimensione religiosa. Per
essere “nuova”, analogamente a ciò che viene detto
per la “città nuova” dell'Apocalisse (cfr 21, 2), essa deve lasciarsi
raggiungere dall'azione di Dio. La speranza di costruire un mondo più giusto
e più degno dell'uomo, infatti, non può prescindere dalla consapevolezza che
a nulla varrebbero gli sforzi umani, se non fossero accompagnati dal sostegno
divino, perché « se il Signore non costruisce la casa, invano vi
faticano i costruttori » (Sal 127[126], 1). Perché l'Europa
possa essere edificata su solide basi, è necessario far leva sui valori
autentici, che hanno il loro fondamento nella legge morale universale,
inscritta nel cuore di ogni uomo. « Non solo i cristiani possono unirsi a tutti
gli uomini di buona volontà per lavorare alla costruzione di questo grande progetto, ma sono
anche invitati a esserne in qualche modo l'anima, mostrando il vero senso
dell'organizzazione della città terrena ».(183) Una e universale, pur presente nella
molteplicità delle Chiese particolari, la Chiesa cattolica può offrire un
contributo unico all'edificazione di un'Europa aperta al mondo. Dalla Chiesa
cattolica, infatti, viene un modello di unità
essenziale nella diversità delle espressioni culturali, la consapevolezza
dell'appartenenza a una comunità universale che si radica ma non si estingue
nelle comunità locali, il senso di
quello che unisce aldilà di quello che distingue.(184) 117. Nelle relazioni con i pubblici poteri, la Chiesa non
domanda un ritorno a forme di Stato confessionale. Allo stesso tempo, essa
deplora ogni tipo di laicismo ideologico o di separazione ostile tra le
istituzioni civili e le confessioni religiose. Per
parte sua, nella logica della sana collaborazione tra comunità ecclesiale
e società politica, la Chiesa cattolica è convinta di poter dare un singolare
contributo alla prospettiva dell'unificazione offrendo alle istituzioni
europee, in continuità con la sua tradizione e in coerenza con le indicazioni
della sua dottrina sociale, l'apporto di comunità credenti che cercano di
realizzare l'impegno di umanizzazione della società
a partire dal Vangelo vissuto nel segno della speranza. In quest'ottica, è necessaria una presenza di cristiani,
adeguatamente formati e competenti, nelle varie istanze
e Istituzioni europee, per concorrere, nel rispetto dei corretti dinamismi
democratici e attraverso il confronto delle proposte, a delineare una
convivenza europea sempre più rispettosa di ogni uomo e di ogni donna e,
perciò, conforme al bene comune. 118.
L'Europa che va costruendosi come “unione” spinge anche i cristiani verso
l'unità per essere veri testimoni di speranza. Va continuato e
sviluppato, in tale quadro, quello scambio dei doni, che in questo ultimo decennio ha avuto significative espressioni.
Realizzato tra comunità con storie e tradizioni diverse, porta a stringere
vincoli più durevoli tra le Chiese nei diversi Paesi e a
un loro reciproco arricchimento, attraverso incontri, confronti e aiuti vicendevoli.
In particolare va valorizzato il contributo della tradizione culturale e
spirituale offerto dalle Chiese Cattoliche Orientali.(185) Un
ruolo importante per la crescita di questa unità può
essere svolto dagli organismi continentali di comunione ecclesiale,
che attendono di essere ulteriormente promossi.(186) Tra questi, un
posto significativo va assegnato al Consiglio delle Conferenze Episcopali
Europee chiamato, a livello di tutto il continente, a « provvedere
alla promozione di una sempre più intensa comunione fra le diocesi e fra le
Conferenze Episcopali Nazionali, all'incremento della collaborazione
ecumenica tra i cristiani e al superamento degli ostacoli che minacciano il
futuro della pace e del progresso dei popoli, al rafforzamento della
collegialità affettiva ed effettiva e della “communio” gerarchica ».(187) Con
esso, va pure riconosciuto il servizio della Commissione degli Episcopati
della Comunità Europea che, seguendo il processo di consolidamento e di
allargamento dell'Unione Europea, favorisce l'informazione mutua e coordina
le iniziative pastorali delle Chiese europee coinvolte. 119.
Il rafforzamento dell'unione in seno al Continente europeo stimola i
cristiani a cooperare nel processo di integrazione e
di riconciliazione attraverso un dialogo teologico, spirituale, etico e
sociale.(188) Infatti « nell'Europa
in cammino verso l'unità politica possiamo forse ammettere che sia proprio la
Chiesa di Cristo un fattore di disunione e di discordia? Non sarebbe questo uno degli scandali più grandi del nostro tempo?
».(189) Dal Vangelo un nuovo slancio
per l'Europa 120. L'Europa ha bisogno di un salto qualitativo nella presa di coscienza della sua eredità spirituale.
Tale spinta non le può venire che da un rinnovato
ascolto del Vangelo di Cristo. Tocca a tutti i cristiani
impegnarsi per soddisfare questa fame e sete di vita. Per questo, « la Chiesa sente il dovere di
rinnovare con vigore il messaggio di speranza affidatole da Dio » e
ripete all'Europa: « “Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un Salvatore
potente!” (Sof 3, 17). Il suo invito
alla speranza non si fonda su un'ideologia utopistica; è al contrario
l'intramontabile messaggio della salvezza proclamato da Cristo (cfr Mc 1,
15). Con l'autorità che le viene dal
suo Signore, la Chiesa ripete all'Europa di oggi:
Europa del terzo millennio “non lasciarti cadere le braccia!” (Sof 3, 16); non cedere allo scoraggiamento, non
rassegnarti a modi di pensare e di vivere che non hanno futuro, perché non
poggiano sulla salda certezza della Parola di Dio! ».(190) Riprendendo questo invito alla speranza, ancora oggi ripeto a te, Europa
che sei all'inizio del terzo millennio: « Ritorna te stessa. Sii te stessa. Riscopri le tue origini. Ravviva le tue radici ».(191)
Nel corso dei secoli, hai ricevuto il tesoro della fede cristiana. Esso fonda
la tua vita sociale sui principi tratti dal Vangelo e se ne scorgono le
tracce dentro le arti, la letteratura, il pensiero e la cultura delle tue
nazioni. Ma questa eredità non appartiene soltanto
al passato; essa è un progetto per l'avvenire da trasmettere alle generazioni
future, poiché è la matrice della vita delle persone e dei popoli che hanno
forgiato insieme il Continente europeo. 121.
Non temere! Il Vangelo non è contro di te, ma è a tuo favore. Lo
conferma la constatazione che l'ispirazione cristiana può trasformare l'aggregazione politica, culturale ed economica in una
convivenza nella quale tutti gli europei si sentano a casa propria e formino
una famiglia di Nazioni, cui altre regioni del mondo possono fruttuosamente
ispirarsi. Abbi
fiducia! Nel Vangelo, che è Gesù, troverai la speranza solida e duratura a
cui aspiri. È una speranza fondata sulla vittoria di Cristo sul peccato e
sulla morte. Questa vittoria Egli ha voluto che sia
tua per la tua salvezza e la tua gioia. Sii
certa! Il Vangelo della speranza non delude! Nelle
vicissitudini della tua storia di ieri e di oggi, è
luce che illumina e orienta il tuo cammino; è forza che ti sostiene nelle
prove; è profezia di un mondo nuovo; è indicazione di un nuovo inizio; è
invito a tutti, credenti e non, a tracciare vie sempre nuove che sboccano
nell'« Europa dello spirito », per farne una vera « casa
comune » dove c'è gioia di vivere. CONCLUSIONE Affidamento a Maria « Nel cielo apparve poi un
segno grandioso: La donna, il drago e il bambino 122.
La vicenda storica della Chiesa è accompagnata da “segni” che sono sotto gli
occhi di tutti, ma che chiedono di essere interpretati. Tra questi
l'Apocalisse pone il “segno grandioso” apparso nel cielo, che parla di
lotta tra la donna e il drago. La
donna vestita di sole che, soffrendo, sta per partorire (cfr Ap 12,
1-2) può essere vista come l'Israele dei profeti che
genera il Messia « destinato a governare tutte le nazioni con scettro di
ferro » (Ap 12, 5; cfr Sal 2, 9). Ma è
anche la Chiesa, popolo della nuova Alleanza, in balia della persecuzione e
tuttavia protetta da Dio. Il drago è « il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta
la terra » (Ap 12, 9). La lotta è impari: sembra
avvantaggiato il dragone, tanta è la sua tracotanza di fronte alla donna
inerme e sofferente. In realtà ad essere vincitore è il figlio
partorito dalla donna. In questa lotta c'è una certezza: il grande drago è già stato sconfitto, « fu precipitato sulla
terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli » (Ap 12,
9). Lo hanno vinto il Cristo, Dio fatto uomo, con la sua morte e
risurrezione, e i martiri « per mezzo del sangue dell'Agnello e
grazie alla testimonianza del loro martirio » (Ap 12, 11). E anche quando il drago continuerà nella sua opposizione,
non c'è da temere, perché la sua sconfitta è già avvenuta. 123.
Questa è la certezza che anima la Chiesa nel suo cammino, mentre nella donna
e nel drago rilegge la sua storia di sempre. La donna che partorisce il
figlio maschio ci ricorda anche la vergine Maria,
soprattutto nel momento in cui, trafitta dalla sofferenza ai piedi della
Croce, genera nuovamente il Figlio, come vincitore del principe di questo
mondo. Ella viene affidata a Giovanni che, a sua
volta, viene affidato a lei (cfr Gv 19, 26-27), diventando così Madre
della Chiesa. Grazie al legame che unisce Maria alla Chiesa
e la Chiesa a Maria, si chiarisce meglio il mistero della donna: « Maria,
infatti, presente nella Chiesa come madre del Redentore, partecipa
maternamente a quella “dura lotta contro le potenze delle tenebre”, che si
svolge durante tutta la storia umana. E per questa sua identificazione
ecclesiale con la “donna vestita di sole” (Ap 12, 1), si può dire che
“la Chiesa ha già raggiunto nella beatissima Vergine la perfezione, per la quale è senza macchia e senza ruga” ».(192) 124.
La Chiesa tutta, quindi, guarda a
Maria. Grazie ai moltissimi santuari mariani disseminati in tutte le
nazioni del Continente, la devozione a Maria è molto viva e diffusa tra i
popoli europei. Chiesa in Europa, continua, quindi, a
contemplare Maria e riconosci
che ella è « maternamente presente e partecipe
nei molteplici e complessi problemi che accompagnano oggi la vita dei
singoli, delle famiglie e delle nazioni » ed è « soccorritrice del popolo cristiano
nell'incessante lotta tra il bene e il male, perché “non cada” o, caduto,
“risorga” ».(193) Preghiera a Maria, Madre della
speranza 125.
In questa contemplazione, animata da genuino amore, Maria ci appare come
figura della Chiesa che, nutrita dalla speranza, riconosce l'azione salvifica
e misericordiosa di Dio, alla cui luce legge il proprio cammino e tutta la
storia. Ella ci aiuta a interpretare anche oggi le
nostre vicende in riferimento al suo Figlio Gesù. Creatura
nuova plasmata dallo Spirito Santo, Maria fa crescere in noi la virtù
della speranza. A Lei, Madre della speranza e della consolazione, rivolgiamo
con fiducia la nostra preghiera: affidiamole il futuro della Chiesa in
Europa e di tutti le donne e gli uomini di questo
Continente: Maria,
Madre della speranza, Aurora
di un mondo nuovo, Regina
della pace Maria,
donaci Gesù! Dato a Roma, presso San Pietro, il 28 giugno, vigilia
della Solennità dei Santi Apostoli Pietro e Paolo dell'anno 2003,
venticinquesimo di Pontificato. Giovanni Paolo
II 1 - Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale
per l'Europa, Messaggio finale, n. 1: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5. 2 - Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale
per l'Europa, Instrumentum laboris, nn. 90-91: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl., pp. 17-18. 3 - Giovanni Paolo II, Bolla Incarnationis mysterium (29 novembre 1998), 3-4:
AAS 91 (1999), 132.133. 4
- Cfr Giovanni Paolo II, Lett. ap. Tertio millennio adveniente (10
novembre 1994), 38: AAS 87 (1995), 30. 5 - Cfr Discorso all'Angelus (23 giugno 1996), 2: Insegnamenti
XIX/1 (1996), 1599-1600. 6 - Sinodo dei Vescovi – Prima Assemblea Speciale per
l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 2: Ench. Vat. 13, n. 619. 7 - Ibid., 3, l.c., n. 621. 8
- Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa,
Instrumentum laboris, n. 3: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999 - Suppl.,
p. 3. 9 - Cfr Giovanni Paolo II, Omelia durante la
concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del
Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 1: AAS 92
(2000), 177. 10
- Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Messaggio
finale, n. 2.: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5 11 - Cfr Giovanni Paolo II, Omelia durante la
concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del
Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 4: AAS 92 (2000), 179. 12 - Ibid. 13
- Cfr Propositio 1. 14 - Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris,
n. 2: L'Osservatore Romano, 6 agosto 1999 - Suppl.
pp. 2-3. 15
- Cfr ibid., nn. 12-13.16-19, l.c., pp. 4-6; Idem, Relatio
ante disceptationem, I: L'Osservatore Romano,
3 ottobre 1999, pp. 6-7; Idem, Relatio post disceptationem, II, A: L'Osservatore Romano,
11- 12 ottobre 1999, p. 10. 16
- Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem,
I, 1.2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999,
p. 6. 17
- Cfr Propositio 5a. 18 - Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per
l'Europa, Messaggio finale, n. 1: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5. 19 - Cfr Propositio 5a;
Pontificio Consiglio della Cultura e Pontificio Consiglio per il Dialogo
Interreligioso, Gesù Cristo portatore dell'acqua viva.
Una riflessione cristiana sul New Age, Città del
Vaticano, 2003. 20
- Cfr Propositio 5a. 21 - Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per
l'Europa, Messaggio finale, n. 6: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5. 22 - Giovanni Paolo II, Discorso all'Angelus (25 agosto
1996), 2: Insegnamenti XIX/2 (1996), 237; cfr Propositio
9. 23
- Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa,
Instrumentum laboris, n. 88: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999 - Suppl.,
p. 17. 24 - Giovanni Paolo II, Omelia durante la
concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del
Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 4: AAS 92 (2000), 179. 25
- Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles
laici (30 dicembre 1988), 26: AAS 81 (1989), 439. 26 - Cfr Propositio 21. 27 - Ibid. 28 - Propositio 9. 29 - Ibid. 30
- Cfr Propositio 4,1. 31 - Giovanni Paolo II, Omelia durante la
concelebrazione per la conclusione della Seconda Assemblea Speciale del
Sinodo per l'Europa (23 ottobre 1999), 2: AAS 92 (2000), 178. 32 - Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per
l'Europa, Messaggio finale, n. 2: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5. 33
- Cfr Propositio 4, 2. 34 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991),
47: AAS 83 (1991), 852. 35
- Cfr Propositio 4, 1. 36
- Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa,
Instrumentum laboris, n. 30: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999 - Suppl.,
p. 8. 37 - Cfr Omelia durante la concelebrazione per la
conclusione della Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (23
ottobre 1999), 3: AAS 92 (2000), 178; Congregazione per la Dottrina
della Fede, Dich. Dominus Iesus
(6 agosto 2000), 13: AAS 92 (2000), 754. 38
- Cfr Propositio 5. 39
- Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Dominum et vivificantem (18 maggio 1986), 7: AAS 78
(1986), 816; Congregazione per la Dottrina della Fede, Dich.
Dominus Iesus (6 agosto 2000), 16: AAS 92
(2000), 756-757. 40 - Paolo VI, Lett. enc. Mysterium
fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965) 762-763. Cfr S.
Congregazione per i Riti, Istr. Eucharisticum
mysterium (25 maggio 1967), 9: AAS 59 (1967), 547; Catechismo della Chiesa
Cattolica, 1374. 41
- Conc. Ecum. di Trento, Decr. De ss. Eucharistia,
can. 1: DS, 1651; cfr cap. 3: DS, 1641. 42 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 15: L'Osservatore Romano, 18 aprile 2003, p. 2. 43
- Cfr. Sant'Agostino, In Ioannis Evangelium, Tractatus VI,
cap. I, n. 7: PL 35,1428; San Giovanni
Crisostomo, Sul tradimento di Giuda, 1, 6: PG 49, 380C. 44
- Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost.
sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 7; Cost. dogm. sulla
Chiesa Lumen gentium, 50; Paolo VI, Lett. enc. Mysterium
fidei (3 settembre 1965): AAS 57 (1965), 762-763; S. Congregazione per i Riti, Istr. Eucharisticum mysterium
(25 maggio 1967), 9: AAS 59 (1967), 547; Catechismo della
Chiesa cattolica, 1373-1374. 45 - Giovanni Paolo II, Motu
proprio Spes aedificandi
(1 ottobre 1999), 1: AAS 92 (2000), 220. 46 - Cfr Giovanni Paolo II, Discorso nella sede del
Parlamento Polacco, a Varsavia (11 giugno 1999), 6: Insegnamenti,
XXII/1 (1999), 1276. 47 - Cfr Giovanni Paolo II, Discorso durante la cerimonia
di congedo dall'aeroporto di Cracovia (10 giugno 1997), 4: Insegnamenti
XX/1 (1997), 1496-1497. 48 - Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per
l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5. 49 - Cfr Propositio
15,1; Catechismo della Chiesa Cattolica, 773; Giovanni Paolo II, Lett.
ap. Mulieris dignitatem (15 agosto
1988), 27: AAS 80 (1988), 1718. 50
- Cfr Propositio 15,1. 51
- Cfr Propositio 21. 52 - Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per
l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5. 53 - Propositio 9. 54 - Ibid. 55 - Ibid. 56
- Cfr Propositio 22. 57 - Giovanni Paolo II, Esort.
ap. post-sinodale Pastores
dabo vobis (25 marzo
1992), 15: AAS 84 (1992), 679-680. 58
- Cfr ibid., 29, l.c., 703-705; Propositio
18. 59
- Cfr Codice dei Canoni delle Chiese Orientali, can. 373. 60
- Cfr Codice di Diritto Canonico, can. 277,1. 61
- Cfr Paolo VI, Lett. enc. Sacerdotalis coelibatus (24 giugno 1967), 40: AAS 59
(1967), 673. 62
- Cfr Propositio 18. 63
- Cfr ibid. 64 - Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale
per l'Europa, Messaggio finale, n. 4: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5. 65
- Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 29. 66
- Cfr Propositio 19. 67
- Cfr ibid. 68 - Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea
Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem, III: L'Osservatore Romano, 3
ottobre 1999, p. 9. 69
- Cfr Propositio 17. 70
- Cfr ibid. 71 - Giovanni Paolo II, Discorso ai partecipanti al
Congresso sul tema « Nuove vocazioni per una nuova Europa » (9
maggio 1997), 1-3: Insegnamenti XX/1 (1997), 917-918. 72 - Giovanni Paolo II, Esort.
ap. post-sinodale Christifideles
laici (30 dicembre 1988), 7: AAS 81 (1989), 404. 73 - Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per
l'Europa, Instrumentum laboris, n. 82: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999, p. 16. 74
- Cfr Propositio 29. 75
- Cfr Propositio 30. 76
- Cfr ibid. 77 - Paolo VI, Esort.
ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975),
14: AAS 68 (1976), 13. 78
- Cfr Propositio 3b. 79
- Cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 37:
AAS 83 (1991), 282-286. 80
- Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem,
I,2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p.
7. 81
- Cfr Propositio 3a. 82
- Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem,
III,1: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999,
p. 8. 83
- Cfr Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa,
Instrumentum laboris, n. 53: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999 - Suppl.,
p. 12. 84
- Cfr Propositio 4,1. 85
- Cfr Propositio 26,1. 86
- Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem,
III,1: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999,
p. 9. 87 - Paolo VI, Esort.
ap. Evangelii nuntiandi (8 dicembre 1975),
41: AAS 68 (1976), 31. 88 - Propositio 8,1. 89
- Cfr Propositio 8,2. 90
- Cfr Propositiones 8,1a-b; 6. 91
- Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. Catechesi tradendae (16 ottobre 1979), 21: AAS 71 (1979), 1294-1295. 92
- Cfr Propositio 24. 93
- Cfr Propositio 8,1c. 94
- Cfr Propositio 24. 95
- Cfr Propositio 22. 96 - Cfr Giovanni Paolo II, Discorso ai Presidenti delle
Conferenze Episcopali Europee (16 aprile 1993), 1: AAS 86 (1994), 227. 97 - Giovanni Paolo II, Discorso durante la
Celebrazione ecumenica della Parola nella cattedrale di Paderborn
(22 giugno 1996), 5: Insegnamenti XIX/1 (1996), 1571. 98 - Lettera del 13 gennaio 1970: Tomos
agapis, Roma-Istanbul
1971, pp. 610-611; cfr Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ut unum sint (25 maggio 1995), 99: AAS 87 (1995), 980. 99 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris missio (7 dicembre 1990), 55: AAS
83 (1991), 302. 100 - Ibid., 36, l.c., 281. 101 - Cfr Sinodo dei Vescovi – Prima Assemblea Speciale
per l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 8: Ench. Vat., 13, nn.
653-655; Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum laboris, 62: L'Osservatore Romano, 6 agosto
1999 - Suppl., p. 13; Propositio 10. 102 - Propositio 10; cfr
Commissione per i Rapporti Religiosi con l'Ebraismo, « Noi
ricordiamo: una riflessione sulla Shoah
», 16 marzo 1998, Ench. Vat. 17, 520-550. 103 - Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per
l'Europa, Dichiarazione finale (13 dicembre 1991), 9: Ench. Vat., 13, n. 656. 104
- Cfr Propositio 11. 105
- Cfr ibid. 106 - Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo Diplomatico
(12 gennaio 1985), 3: AAS 77 (1985), 650. 107
- Conc. Ecum. Vat. II, Dich.
sulla libertà religiosa Dignitatis
humanae, 2. 108
- Cfr Propositio 23. 109
- Cfr Propositiones 25; 26,2. 110
- Cfr Propositio 26,3. 111
- Cfr Propositio 27. 112 - Giovanni Paolo II, Lettera agli artisti (4
aprile 1999), 12: AAS 91 (1999), 1168. 113
- Cfr Propositio 7b-c. 114 - Cfr Giovanni Paolo II, Discorso durante la Veglia
di preghiera a Tor Vergata nella XV Giornata
Mondiale della Gioventù (19 agosto 2000), 6: Insegnamenti XXIII/2
(2000), 212. 115 - Cfr Pontificio Consiglio delle Comunicazioni
Sociali, Etica nelle comunicazioni sociali, Città del Vaticano, 4
giugno 2000. 116 - Propositio 13. 117
- Cfr Propositio 12. 118
- Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla divina Rivelazione Dei Verbum, 25. 119
- Cfr Propositio 14. 120
- Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 8. 121
- Cfr Propositio 14; Sinodo dei Vescovi –
Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio
ante disceptationem, III,2:
L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999, p. 9. 122
- Cfr Propositio 15, 2a. 123
- Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei presbiteri Presbyterorum Ordinis, 5. 124
- Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 11. 125 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Ecclesia de Eucharistia (17 aprile 2003), 20: L'Osservatore Romano, 18 aprile 2003, p. 3. 126 - Cfr Giovanni Paolo II, Discorso all'udienza
generale (25 ottobre 2000), 2: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 697. 127 - Propositio 16. 128
- Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Relatio ante disceptationem,
III,2: L'Osservatore Romano, 3 ottobre 1999,
p. 9. 129
- Cfr Propositio 16. 130 - Cfr Giovanni Paolo II, Motu
proprio Misericordia Dei (7 aprile 2002), 4: AAS 94 (2002),
456-457. 131 - Cfr Propositio 16;
Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo 2002 (17
marzo 2002), 4: AAS 94 (2002), 435-436. 132
- Cfr Propositio 14c. 133
- Cfr ibid. 134
- Cfr Cost. sulla sacra liturgia Sacrosanctum Concilium, 100. 135
- Cfr Propositiones 14c; 20. 136
- Cfr Propositio 20. 137 - Giovanni Paolo II, Lett. ap. Rosarium Virginis Mariae (16 ottobre 2002), 3: AAS 95 (2003), 7. 138
- Cfr Propositio 14. 139 - Giovanni Paolo II, Lett. ap. Dies Domini (31 maggio 1998), 4: AAS 90
(1998), 716. 140 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptor hominis (4 marzo
1979), 10: AAS 71 (1979), 274. 141
- Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale per l'Europa, Instrumentum
laboris, 72: L'Osservatore Romano, 6
agosto 1999, Suppl., p.
15. 142
- Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa Lumen gentium, 1. 143 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium
vitae (25 marzo 1995), 90: AAS 87 (1995), 503. 144
- Cfr Propositio 33. 145 - Propositio 35. 146
- Cfr Propositio 36. 147
- Cfr Propositio 31. 148
- Cfr Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo
contemporaneo Gaudium et spes,
48. 149
- Cfr Propositio 31. 150 - Giovanni Paolo II, Discorso per il Terzo
Incontro Mondiale delle Famiglie in occasione del loro Giubileo (14 ottobre
2000), 6: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 603. 151 - Giovanni Paolo II, Esort.
ap. post-sinodale Familiaris
consortio (22 novembre 1981), 17: AAS 74
(1982), 99-100. 152 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1 maggio 1991), 39:
AAS 83 (1991), 842. 153
- Cfr Giovanni Paolo II, Esort. ap. post-sinodale Christifideles
laici (30 dicembre 1988), 40: AAS 81 (1989), 469. 154 - Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al Primo Incontro
Mondiale con le Famiglie (8 ottobre 1994), 7: AAS 87 (1995), 587. 155
- Cfr Propositio 32. 156
- Conc. Ecum. Vat. II, Cost. past.
sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes,
51. 157 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Evangelium vitae (25 marzo 1995), 63: AAS 87 (1995), 473. 158 - Ibid., 95, l.c., 509. 159 - Giovanni Paolo II, Discorso al nuovo Ambasciatore
di Norvegia presso la Santa Sede (25 marzo 1995): Insegnamenti XVIII/1
(1995), 857. 160 - Propositio 32. 161
- Cost. past. sulla Chiesa
nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 57. 162 - Cfr Propositio 28;
Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale per l'Europa, Dichiarazione
finale (13 dicembre 1991), 10: Ench. Vat. 13, nn. 659-669. 163
- Cfr Propositio 23. 164
- Cfr Propositio 28. 165 - Propositio 34. 166
- Cfr Congregazione per i Vescovi, Istr. Nemo est (22 agosto 1969), 16: AAS 61 (1969),
621-622; Codice di Diritto Canonico, can. 294 e 518; Codice dei
Canoni delle Chiese Orientali, can. 280 § 1. 167 - Cfr Sinodo dei Vescovi – Seconda Assemblea Speciale
per l'Europa, Messaggio finale, n. 5: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 6. 168 - Giovanni Paolo II, Omelia a conclusione della
II Assemblea Speciale per l'Europa del Sinodo dei Vescovi (23 ottobre 1999),
5: AAS 92 (2000), 179. 169 - Propositio 39. 170 - Ibid. 171
- Cfr ibid.; Propositio
28. 172 - Giovanni Paolo II, Lettera al card. Miloslav Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali
Europee (16 ottobre 2000), 7: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 628. 173 - Ibid. 174 - Giovanni Paolo II, Messaggio per la Giornata
Mondiale della Pace 2000 (8 dicembre 1999), 17: AAS 92 (2000),
367-368. 175 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Centesimus annus (1º maggio 1991),
35: AAS 83 (1991), 837. 176
- Cfr Propositio 39. 177
- Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per l'Europa,
Instrumentum laboris, n. 85: L'Osservatore
Romano, 6 agosto 1999, Suppl.,
p. 17. Cfr Propositio 39. 178 - Cfr Giovanni Paolo II, Discorso all'Ufficio di
Presidenza del Parlamento Europeo (5 aprile 1979): Insegnamenti, II/1
(1979), 796-799. 179
- Cfr Propositio 37. 180
- Cfr Conc. Ecum. Vat.II, Cost. past. sulla Chiesa nel mondo contemporaneo Gaudium et spes, 76. 181 - Cfr Giovanni Paolo II, Discorso al Corpo
diplomatico (13 gennaio 2003), 5: L'Osservatore Romano, 13-14 gennaio
2003, p. 6. 182 - Sinodo dei Vescovi - Seconda Assemblea Speciale per
l'Europa, Messaggio finale, n. 6: L'Osservatore Romano, 23
ottobre 1999, p. 5. 183 - Giovanni Paolo II, Lettera al card. Miloslav Vlk, Presidente del Consiglio delle Conferenze Episcopali
Europee (16 ottobre 2000), 4: Insegnamenti XXIII/2 (2000), 626. 184 - Cfr Sinodo dei Vescovi - Prima Assemblea Speciale
per l'Europa, Dichiarazione finale, n. 10: Ench. Vat. 13, n. 669. 185
- Cfr Propositio 22. 186
- Cfr ibid. 187 - Giovanni Paolo II, Discorso ai Presidenti delle Conferenze
Episcopali d'Europa (16 aprile 1993), 5: AAS 86 (1994), 229. 188
- Cfr Propositio 39d. 189 - Giovanni Paolo II, Omelia durante la
celebrazione ecumenica in occasione dell'Assemblea Speciale per l'Europa del
Sinodo dei Vescovi (7 dicembre 1991), 6: Insegnamenti XIV/2 (1991),
1330. 190 - Giovanni Paolo II, Omelia per l'apertura della
Seconda Assemblea Speciale del Sinodo per l'Europa (1 ottobre 1999), 3: AAS
92 (2000), 174-175. 191 - Discorso ad Autorità europee e ai Presidenti delle
Conferenze Episcopali d'Europa (9 novembre 1982), 4: AAS 75 (1982),
330. 192 - Giovanni Paolo II, Lett. enc. Redemptoris Mater (25 marzo
1987), 47: AAS 79 (1987), 426. 193
- Ibid., 52: l.c., 432; cfr Propositio
40.
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