PAPA LEONE XIII ETSI NOS Quantunque Noi,
in funzione dell’autorità e della grandezza del ministero Apostolico
abbracciamo tutto il mondo cristiano e le singole parti dello stesso con
tutta la vigilanza e la carità di cui siamo capaci, tuttavia
al presente è l’Italia che richiama su di sé in particolar modo le Nostre
cure e i Nostri pensieri. In queste riflessioni e in queste cure, la Nostra attenzione è
rivolta ad una cosa ben più nobile e sublime di quelle umane; infatti siamo in angoscia e in grande trepidazione per la
salvezza eterna delle anime, per la quale è tanto più necessario che
continuamente s’impieghi tutto il Nostro zelo, quanto maggiori sono i
pericoli a cui la vediamo esposta. Siffatti pericoli, se in altro tempo furono gravi in Italia, senza
dubbio oggi sono gravissimi, poiché lo stato medesimo delle
cose pubbliche è grandemente funesto al benessere della religione. Il che
tanto più profondamente Ci turba l’animo, in quanto
vincoli di speciali relazioni Ci uniscono a questa Italia, nella quale
Iddio collocò la sede del suo Vicario, la cattedra della verità, e il centro dell’unità cattolica.
Già altre volte ammonimmo il popolo che stesse in
guardia, e che ognuno ben comprendesse quali siano i propri doveri in tante
occasioni avverse. Tuttavia, crescendo sempre più i mali, vogliamo che Voi,
Venerabili Fratelli, rivolgiate ad essi più
attentamente il pensiero e, conosciuto il peggioramento continuo delle cose
pubbliche, cerchiate di premunire con maggiore diligenza gli animi delle
moltitudini, rinforzandoli con ogni mezzo di difesa, affinché non venga
loro rapito il più prezioso dei tesori, la fede cattolica. Una dannosissima setta, i cui autori e
corifei non celano né dissimulano affatto le loro mire, già da gran tempo ha
preso posto in Italia e, intimata la guerra a Gesù Cristo, si propone di
spogliare in tutto i popoli di ogni cristiana istituzione. Quanto abbia proceduto nei suoi attentati non occorre qui
ricordarlo, tanto più che Vi stanno innanzi agli occhi, Venerabili Fratelli,
il guasto e le rovine già recate sia alla religione, sia ai costumi. Presso i popoli italiani, che in ogni tempo si tennero fedeli e
costanti nella religione ereditata dagli avi, ristretta ora ovunque la
libertà della Chiesa, di giorno in giorno si tenta il più possibile di cancellare da tutte le pubbliche istituzioni quella
impronta e quel carattere cristiano in forza dei quali fu sempre grande il
popolo italiano. Soppressi gli Ordini religiosi;
confiscati i beni della Chiesa; considerati validi come matrimoni le unioni
contratte fuori del rito cattolico; esclusa l’autorità ecclesiastica
dall’insegnamento della gioventù: non ha fine, né tregua la crudele e
luttuosa guerra mossa contro la Sede Apostolica. Pertanto la Chiesa si trova
oppressa oltre ogni dire, e il Romano Pontefice è stretto da gravissime
difficoltà. Infatti, spogliato della sovranità
temporale, cadde necessariamente nel potere di altri. E Roma, la più augusta città del mondo cristiano, è
divenuta campo aperto a tutti i nemici della Chiesa, e si vede profanata da
riprovevoli novità, con scuole e templi al servizio dell’eresia. Anzi,
pare che addirittura in questo stesso anno sia
destinata ad accogliere i rappresentanti e i capi della setta più ostile alla
religione cattolica, i quali vanno appunto pensando di radunarsi qui in
congresso. È abbastanza palese il motivo che li ha spinti a scegliere questo
luogo: vogliono con un’ingiuria sfrontata sfogare l’odio che portano alla
Chiesa, e lanciare da vicino funesti segnali di guerra al Papato, sfidandolo
nella sua stessa sede. Non è certamente da dubitare che la Chiesa esca
alla fine vittoriosa dagli empi assalti degli uomini: è tuttavia certo e
manifesto che essi con siffatte arti intendono colpire, insieme con il Capo,
l’intero corpo della Chiesa, e distruggere, se fosse possibile, la religione.
In verità, sembra
incredibile che costoro, che si professano devotissimi alla famiglia
italiana, vogliano questo poiché la famiglia italiana, se si spegnesse la
fede cattolica, resterebbe necessariamente privata
di una fonte di vantaggi supremi. Infatti, se la religione cristiana apportò
a tutte le nazioni ottimi motivi di salvezza, quali la santità dei diritti e
la tutela della giustizia; se per ogni dove, compagna e guida a tutto ciò che
è onesto, lodevole e grande, con la sua virtù domò le cieche ed avventate
passioni degli uomini; se in ogni contrada ridusse a perfetta e stabile
concordia i vari ordini dei cittadini e le diverse
membra dello Stato, certamente una maggior copia di benefici più largamente
che alle altre essa apportò alla nazione italiana. Molti, con loro disonore ed infamia, vanno dicendo
che la Chiesa è avversa e nuoce alla prosperità o ai progressi dello Stato, e ritengono che il
Romano Pontefice sia contrario alla felicità e alla grandezza del nome
italiano. Ma le accuse e le assurde calunnie di costoro vengono
solennemente smentite dalle memorie dei tempi passati. Difatti l’Italia deve molto alla Chiesa e ai Sommi Pontefici, se
diffuse presso tutte le genti la propria gloria, se
non soggiacque ai ripetuti assalti dei barbari, se respinse invitta le
aggressioni enormi dei Turchi, e in molte cose conservò a lungo una
giusta e legittima libertà, ed arricchì le sue città di tanti monumenti
immortali di arti e di scienze. Né ultima fra le glorie dei Romani Pontefici
è l’aver mantenuto unite, mercé la stessa fede e la stessa religione, le
province italiane diverse per indole e per costumi, e l’averle
così liberate dalle più funeste discordie. Anzi, nei peggiori
frangenti più volte le cose pubbliche sarebbero precipitate in situazioni
rovinose se il Romano Pontificato non fosse intervenuto a salvarle. Né sarà da meno per l’avvenire, purché la volontà degli uomini non
sorga a porre ostacolo alla sua virtù o a diminuirne la libertà. Infatti, quella forza benefica che si trova nelle
istituzioni cattoliche, derivando necessariamente dalla medesima loro natura,
è immutabile e perenne. Come la religione cattolica supera ogni differenza di
luoghi e di tempi per la salvezza delle anime, così anche nelle cose civili,
dappertutto e sempre, diffonde ampiamente i suoi tesori a beneficio degli
uomini. In verità, eliminati tanti
e così grandi beni, subentrano estremi mali, in quanto
quegli stessi che portano odio alla sapienza cristiana, per quanto dicano di
fare il contrario, traggono in rovina la società, nulla essendovi di peggio
che le loro dottrine per accendere violentemente gli animi ed eccitare le più
perniciose passioni. Infatti, nell’ordine
speculativo essi rigettano il lume celestiale della fede: estinto il quale la
mente umana spessissimo è trascinata negli errori, non discerne il vero, e
con tutta facilità cade alla fine nell’abbietto e turpe materialismo.
Nell’ordine pratico, disprezzano la norma eterna ed immutabile dei costumi, e
non riconoscono Dio quale supremo legislatore e vendicatore. Tolti questi
fondamenti, ne consegue che, per difetto di efficace
sanzione, ogni regola del vivere dipenda dalla volontà e dall’arbitrio degli
uomini. Nell’ordine sociale, da quella smodata libertà che essi predicano e
vogliono, nasce la licenza; alla licenza tien
dietro il disordine, che è il più grande e micidiale nemico del consorzio
civile. Certo una nazione non presentò spettacolo più penoso di sé o
condizione più misera di quando in essa poterono signoreggiare,
sia pure per breve tempo, tali dottrine e siffatti uomini. E
se non si avessero esempi recenti, sembrerebbe incredibile che degli uomini,
per malvagità e furibonda violenza, avessero potuto consumare tanti eccidi e,
irridendo al nome di libertà, gozzovigliare fra le stragi e gli incendi. Se
l’Italia fino ad ora non fu funestata da tanti eccessi, lo
si deve prima di tutto attribuire a singolare beneficio di Dio.
Inoltre occorre tenere presente anche questa ragione, che cioè
essendo gli italiani nella maggioranza rimasti costantemente devoti alla
religione cattolica, non riuscì a trionfare la licenza delle empie massime
che abbiamo ricordato. Peraltro, ove questi ripari che offre
la religione venissero abbattuti, subito irromperebbero in Italia quelle
medesime calamità da cui furono percosse un tempo grandissime e fiorentissime
nazioni. Infatti è giocoforza che dagli stessi
principi scaturiscano gli stessi effetti; ed essendo i semi ugualmente
guasti, non possano produrre che gli stessi frutti. Anzi,
il popolo italiano, abbandonando la religione cattolica, dovrebbe forse
aspettarsi una pena anche maggiore, perché all’enormità dell’apostasia
aggiungerebbe l’enormità dell’ingratitudine. Infatti, non dal caso o
dalla volubile volontà degli uomini l’Italia ebbe il privilegio di essere fin
dal principio fatta partecipe della salvezza portata da Gesù Cristo, di
possedere nel suo seno la Sede del beato Pietro, e di aver goduto per lunghi
secoli degli immensi e divini benefici che derivano
dal cattolicesimo. Pertanto, dovrebbe
temere grandemente per sé quello che l’Apostolo Paolo annunciò
minacciosamente ai popoli ingrati: "Una terra imbevuta dalla pioggia che
spesso cade su di essa, se produce erbe utili a quanti la coltivano, riceve
la benedizione da Dio; ma se produce pruni e spine non ha alcun valore ed è
vicina alla maledizione: sarà infine arsa dal fuoco!" (Eb 6,7-8). Iddio tenga lontano tanto terrore. Tutti
considerino seriamente i pericoli, sia quelli già presenti, sia quelli che
incombono per iniziativa di coloro i quali, operando non alla comune utilità
bensì al vantaggio delle sette, combattono con odio mortale la Chiesa. Essi, se avessero senno,
se fossero accesi da vera carità di patria, non diffiderebbero certo della
Chiesa, né per ingiusti sospetti si proverebbero a menomarne la originaria libertà; ché anzi volgerebbero i loro
propositi, che ora sono tutti di farle guerra, a sua difesa ed aiuto, e
soprattutto si darebbero cura di far rientrare nel possesso dei suoi diritti
il Romano Pontefice. Infatti, l’ostilità intrapresa
contro la Sede Apostolica, quanto più torna a danno della Chiesa, tanto meno
giova alla prosperità dell’Italia. In materia dichiarammo altrove il Nostro
pensiero: "Proclamate che le pubbliche cose d’Italia non potranno giammai
prosperare, né godere stabile tranquillità, finché non sia provveduto, come
ogni diritto richiede, alla dignità della Sede Romana e alla libertà del
Sommo Pontefice". Pertanto, poiché niente Ci sta più a cuore dell’incolumità degl’interessi religiosi, ed essendo turbati per il grave
rischio che corrono i popoli italiani, col più vivo calore Vi esortiamo,
Venerabili Fratelli, a mettere in opera con Noi lo zelo e la carità Vostra,
al fine di riparare a tante sciagure. Innanzi tutto datevi somma premura di far comprendere ai popoli quale
gran bene sia possedere la fede cattolica, e quanto sia necessario custodirla
gelosamente. E poiché i nemici e i contestatori del cristianesimo, per
ingannare tanto più facilmente gli incauti, molto spesso mentre scaltramente
fanno una cosa, ne intendono un’altra, è molto importante che i loro occulti
propositi siano pienamente messi in chiaro, affinché, scoperto quello che
realmente si propongono e quale sia lo scopo dei loro sforzi, si risvegli nei
cattolici una coraggiosa gara di difendere pubblicamente la Chiesa ed il
Romano Pontefice, cioè la loro stessa salvezza. Fino ad oggi la virtù di molti, che avrebbero
potuto fare grandi cose, si è mostrata in certo qual modo meno risoluta
nell’operare, e meno resistente alla fatica, sia che gli animi fossero
inesperti delle cose nuove, sia che non avessero compreso abbastanza la
gravità dei pericoli. Ma ora, conosciuti i bisogni per esperienza, nulla
sarebbe più dannoso che il tollerare neghittosamente la lunga perfidia dei
malvagi, e lasciare ad essi libero il campo di
vessare ulteriormente e come meglio loro piace il mondo cattolico. Costoro,
più prudenti invero dei figli della luce, hanno già osato molte cose:
inferiori di numero, più forti di scaltrezza e di mezzi, in poco tempo hanno
riempito le nostre contrade di grandi mali. Quanti amano il nome cattolico intendano
dunque che è tempo di tentare qualche cosa, e di non abbandonarsi in nessun
modo alla indifferenza ed all’inerzia, dato che nessuno rimane tanto presto
oppresso quanto colui che si abbandona ad una stolta sicurezza. Vedano come non abbia mai temuto alcunché
quella nobile ed operosa virtù dei nostri antichi, dalle fatiche e dal sangue
dei quali trasse vigore la fede cattolica. Voi intanto, Venerabili
Fratelli, ridestate i neghittosi, incitate i lenti, con l’esempio e
l’autorità Vostra rincuorate tutti ad adempiere con
alacrità e costanza quei doveri nei quali consiste la vita attiva dei
cristiani. Per
mantenere ed accrescere questo ravvivato vigore, è necessario usare ogni cura
e provvedimento, perché si moltiplichino ovunque e fioriscano per operosità,
per numero e per concordia quelle società, le quali hanno per scopo
principale di conservare ed avvalorare gli esercizi della fede cristiana e delle
altre virtù. Tali sono le
associazioni dei giovani e dei lavoratori, e quelle che furono costituite o per tenere congressi cattolici in determinati
tempi, o per dare soccorso alle umane miserie, o per curare l’osservanza
delle feste religiose, e per istruire i fanciulli della gente più povera, e
molte altre dello stesso genere. Siccome importa
sommamente alla società cristiana che il Romano Pontefice sia ed appaia
completamente libero da ogni pericolo, molestia e difficoltà nel governo
della Chiesa, per quanto secondo le leggi è
possibile, tali società facciano, chiedano ed argomentino il più possibile a
vantaggio del Pontefice; né mai si diano posa finché a Noi, in realtà e non in apparenza, non sia resa quella libertà con la
quale per un certo necessario legame si congiunge non soltanto il bene della
Chiesa, ma anche il prospero andamento delle cose italiane e la tranquillità
delle genti cristiane. Oltre
a questo conta moltissimo che si vada largamente diffondendo la buona stampa. Coloro che avversano con
mortale odio la Chiesa, hanno preso l’abitudine di combattere con pubblici
scritti, che adoperano come armi adattissime a danneggiare. Quindi una pestifera colluvie di libri, quindi giornali
sediziosi e funesti, i cui furiosi assalti né le leggi raffrenano, né il
pudore trattiene. Sostengono come ben fatto tutto ciò che
in questi ultimi anni è stato compiuto per mezzo di sedizioni e di tumulti; coprono o falsano la verità;
scagliano quotidianamente brutali contumelie e calunnie contro la Chiesa e il
Sommo Pontefice, e non vi è alcuna
sorta di dottrine assurde e pestilenziali che non si risparmino di diffondere
ovunque. È necessario dunque fare argine alla violenza di questo grande male che va ogni giorno più largamente
serpeggiando; e per prima cosa conviene con tutta severità e rigore indurre
il popolo a guardarsene il più possibile, e ad usare scrupolosamente il più prudente discernimento sulle cose da
leggere. Inoltre occorre contrapporre scritto a scritto, affinché lo stesso
mezzo che tanto può nel rovinare, sia rivolto alla salute e al beneficio dei
mortali, e i rimedi vengano appunto da dove vengono
preparati i micidiali veleni. Pertanto è auspicabile che almeno in ogni
provincia si istituisca qualche strumento che
illustri pubblicamente quali e quanti sono i doveri dei singoli cristiani
verso la Chiesa: ciò con scritti molto frequenti, e se possibile quotidiani. Soprattutto poi siano
evidenziati i grandissimi benefici recati ad ogni paese dalla religione
cattolica; si faccia comprendere come la sua virtù torni sempre a sommo bene
e a vantaggio delle cose private e pubbliche; si spieghi quanto sia
importante che la Chiesa venga di nuovo e sollecitamente innalzata nella
società a quel grado di dignità che la sua grandezza divina e la pubblica
utilità delle genti vivamente richiedono. Per questo è necessario che coloro che si dedicano
alla professione dello scrivere, tengano presenti diverse considerazioni: che
tutti, nello scrivere, mirino ad un medesimo scopo; vedano di stabilire con
giudizio sicuro ciò che torna più vantaggioso e si sforzino di realizzarlo;
non lascino da parte alcuna di quelle cose che sembrino utili e desiderabili
a sapersi; gravi e temperati nel dire,
confutino gli errori e i difetti, ma in modo che la critica sia senza
acerbità, e si porti rispetto alle persone; infine, si esprimano con piano e
chiaro discorso, in modo che la moltitudine possa comprenderlo agevolmente. Tutti gli altri poi che desiderano realmente e di cuore che le cose,
sia sacre sia civili, vengano efficacemente difese
da valenti scrittori con positivi risultati, cerchino di favorire con la
propria liberalità i frutti delle lettere e dell’ingegno; quanto più uno è
dovizioso, tanto più con le sue facoltà e con i suoi averi li sostenga. Infatti a tali scrittori si deve prestare aiuto in questo
modo, senza il quale il loro impegno non avrà alcun successo, od un successo
incerto ed assai esiguo. In tutte tali
cose, se ai nostri si presenta qualche disagio, se devono correre qualche
rischio, osino tuttavia affrontarli, in quanto per
il cristiano nessuna causa è più giusta di questa, cioè di andare incontro a
molestie e fatiche piuttosto che dagli empi venga colpita la religione.
Certamente la Chiesa generò ed allevò i figli non a condizione che, quando il
tempo o la necessità lo richiedesse, essa non dovesse
aspettarsi da loro alcun aiuto, ma perché ognuno anteponesse alla propria
tranquillità e ai privati interessi la salute delle anime e la incolumità
degl’interessi religiosi. Precipuo oggetto poi delle
Vostre assidue cure e dei Vostri pensieri deve
essere, Venerabili Fratelli, formare come si conviene idonei ministri di Dio. Infatti,
se è proprio dei Vescovi porre ogni opera e zelo nell’educare a dovere tutta
la gioventù in genere, è opportuno
curare con maggior diligenza i chierici, che crescono a speranza della
Chiesa, e che saranno un giorno partecipi e dispensatori dei sacri doni.
Gravi ragioni, comuni a tutti i tempi, richiedono senz’altro nei sacerdoti un
corredo di molte e grandi qualità: tuttavia quest’età nostra ne domanda
ancora di più e assai maggiori. In primo luogo la difesa della fede cattolica, alla quale
massimamente debbono con sommo studio dedicarsi i
sacerdoti: essa è assolutamente necessaria ai tempi nostri; vuole una
dottrina non volgare né mediocre, ma profonda e varia, la quale abbracci non
solamente le sacre discipline, ma anche le filosofiche, e sia ricca di
cognizioni di fisica e di storia. Infatti si debbono
estirpare numerosi errori che mirano a sovvertire ogni fondamento della
rivelazione cristiana; si deve lottare spesso con avversari preparatissimi e
perseveranti nelle discussioni, i quali traggono accortamente partito da ogni
genere di studi. Analogamente,
essendo oggi grande e molto diffusa la corruzione dei costumi, è necessario che i sacerdoti posseggano
un singolare corredo di virtù e di costanza. Infatti
essi non possono sfuggire al rapporto con gli uomini; anzi per gli stessi
doveri del loro ministero sono tenuti a trattare molto più da vicino col
popolo; e ciò in mezzo a città nelle quali qualsiasi rea passione è permessa
sino alla licenza. Da ciò si comprende che il Clero deve possedere in questo
tempo una fortissima virtù, che possa essere essa stessa
sicuro strumento di difesa, vincere tutti gli allettamenti del vizio,
ed uscire salva da pericolosi esempi. Oltre a questo,
le leggi emanate a danno della Chiesa hanno causato necessariamente la
scarsezza dei chierici: onde è necessario che
coloro che per grazia di Dio vengono iniziati agli ordini sacri raddoppino
l’opera loro, e con singolare diligenza, studio e spirito di abnegazione
compensino il piccolo numero. Certamente non possono raggiungere l’obiettivo
se non hanno animo costante, mortificato, intemerato, ardente di carità, e
sempre pronto e volonteroso a sobbarcarsi alle fatiche per la salvezza eterna
degli uomini. Ma per tali compiti è necessario disporre una lunga e diligente
preparazione, dato che nessuno può assuefarsi alla
leggera e rapidamente a tante cose. E senza dubbio adempiranno utilmente
e santamente i doveri del sacerdozio coloro che ad essi
si saranno preparati fin dall’adolescenza, ed avranno ricavato
dall’educazione tanto frutto da sembrare non formati, ma quasi nati con
quelle virtù delle quali si è accennato. Pertanto, Venerabili Fratelli, i Seminari dei chierici
giustamente richiedono la maggiore e miglior parte delle cure, della sagacia
e della vigilanza Vostra. Per quel che concerne la virtù e i costumi, troppo bene conoscete nella Vostra sapienza di quali precetti e
ammaestramenti convenga dotare abbondantemente i giovani chierici. Riguardo
alle più ardue discipline, poi, la Nostra Enciclica Aeterni
Patris diede le norme per un ottimo andamento
degli studi. Ma poiché in così continuo progredire degl’ingegni
furono saggiamente e utilmente ritrovate diverse cose che non conviene siano
ignorate, tanto più che uomini empi utilizzano come nuovi dardi contro le
verità rivelate da Dio tutto ciò che di giorno in giorno il progresso mette a
disposizione in materia, operate, Venerabili Fratelli, secondo le Vostre
possibilità affinché la gioventù educata alle cose sacre non solo abbia un
ricco corredo di scienze naturali, ma sia altresì ottimamente ammaestrata in
quelle discipline che hanno attinenza con gli studi critici ed esegetici della
sacra Bibbia. Ben sappiamo che
molte cose sono necessarie alla perfezione dei buoni studi: tuttavia per
improvvide leggi è reso impossibile o difficilissimo procacciarsi tali mezzi.
Ma anche a questo proposito i tempi esigono che gl’italiani
si sforzino di ben meritare della religione cattolica con la generosità e con
la munificenza. Vero è che la pia e benefica volontà dei maggiori aveva
appieno provveduto a tali necessità; e la Chiesa con
la sua avvedutezza e parsimonia era giunta a tal punto che non le era
necessario raccomandare la tutela e la conservazione delle cose sacre alla
carità dei suoi figli. Ma il suo
patrimonio legittimo e sacrosanto, che il turbine di altre
età aveva risparmiato, è stato distrutto dalla procella dei nostri tempi;
pertanto da parte di coloro che professano amore al cattolicesimo è tornato
il momento di rinnovare la liberalità degli avi. Certamente, luminosi esempi
di munificenza, in condizioni non molto dissimili, si vedono in Francia, nel
Belgio e altrove: esempi degnissimi di ammirazione
non solo dei contemporanei, ma anche dei posteri. Né dubitiamo che il popolo
italiano, visto lo stato delle pubbliche cose, farà il possibile per
mostrarsi degno dei suoi maggiori, e si darà ad
imitare gli esempi fraterni. Nelle cose che abbiamo
esposto troviamo invero una non piccola speranza di rimedio e di sicurezza. Ma come in tutte le iniziative, così soprattutto in quelle che
riguardano la salute pubblica è necessario che agli aiuti umani si aggiunga
il soccorso dell’onnipotente Iddio, nelle cui mani sono non meno le volontà
dei singoli individui come l’andamento e la fortuna delle nazioni. Per
la qual cosa è da chiamare Dio in aiuto con le più calde istanze,
e supplicarlo che riguardi pietoso l’Italia arricchendola e colmandola con tanti
suoi benefici in modo che, dileguata ogni ombra di pericoli, protegga per
sempre in essa la fede cattolica, che è il massimo dei beni. Per questo,
ancora, è da chiamare supplichevolmente in soccorso Maria Vergine Immacolata,
gran Madre di Dio, fautrice e ausiliatrice dei buoni consigli, e con Lei il
suo santissimo Sposo Giuseppe, custode e patrono
delle genti cristiane. Con pari ardore conviene pregare i grandi Apostoli
Pietro e Paolo, affinché nel popolo italiano custodiscano intatto il frutto
delle loro fatiche, e conservino fino ai tardi
posteri pura e inviolata la religione cattolica, che essi stessi col proprio
sangue conquistarono ai nostri antenati. Confortati dal
celeste patrocinio di tutti loro, in auspicio delle divine consolazioni e a
testimonianza della speciale Nostra benevolenza, a Voi tutti, Venerabili
Fratelli, ed ai popoli affidati alla Vostra tutela, con affetto nel Signore impartiamo l’Apostolica Benedizione. Dato a Roma, presso San Pietro, il 15 febbraio 1882, anno quarto del
Nostro Pontificato. LEONE PP. XIII
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