BEATO GIOVANNI XXIII PAPA Discorso GAUDET
MATER ECCLESIA nella solenne
apertura del concilio ecumenico Vaticano II Venerabili
fratelli, La santa madre chiesa
gioisce, poiché, per singolare dono della Provvidenza divina, è sorto il
giorno tanto desiderato in cui il concilio ecumenico Vaticano II qui, presso
il sepolcro di san Pietro, solennemente si inizia
con la protezione della Vergine santissima, nel giorno stesso in cui si
celebra la sua divina maternità. I concili ecumenici nella chiesa La successione
dei vari concili, celebrati nella storia - sia i venti
concili ecumenici, sia gli innumerevoli provinciali e regionali, pur essi
importanti - attestano chiaramente la vitalità della chiesa cattolica, e
segnano come i punti luminosi della sua storia. Il gesto del più
recente e umile successore di san Pietro, che vi
parla, di indire questa solennissima assise, si è
proposto di affermare, ancora una volta, la continuità del magistero
ecclesiastico, per presentarlo in forma eccezionale, a tutti gli uomini del
nostro tempo, tenendo conto delle deviazioni, delle esigenze, delle
opportunità dell’età contemporanea. È ben naturale
che, iniziando l’universale concilio, Noi amiamo guardare al passato, per
coglierne come le voci, la cui eco incoraggiante vogliamo
riascoltare nel ricordo e nei meriti dei più antichi, così come dei meno
lontani pontefici, Nostri predecessori: voci solenni e venerande, attraverso
l’oriente e l’occidente, dal secolo IV al medioevo, e di là all’epoca
moderna, che hanno trasmesso da quei concili la loro testimonianza; voci
acclamanti in perennità di fervore al trionfo della divina e umana
istituzione: la chiesa di Cristo, che da lui prende nome, grazia e
significazione. Accanto ai motivi
di spirituale esultazione, è pur vero che sopra
questa storia si distende per oltre diciannove secoli anche una nube di
tristezze e di prove. Non per nulla il vecchio Simeone disse a Maria, madre
di Gesù, quella profezia, che è stata e rimane vera:
"Questo infante sarà posto a rovina e risurrezione per molti, e sarà
segno di contraddizione" (Lc 2,34). E Gesù stesso, fatto adulto, fissò
ben chiaramente il successivo volgersi del mondo nei riguardi della sua persona
lungo i secoli, con quelle misteriose parole: "Chi ascolta voi, ascolta
me" (Lc 10,16); e con quelle altre, citate dallo stesso evangelista:
"Chi non è con me è contro di me; e chi non raccoglie meco,
disperde" (Lc 11,23). Il grande problema, posto davanti al mondo, dopo quasi due
millenni, resta immutato. Il Cristo sempre splendente al centro della storia
e della vita: gli uomini o sono con lui e con la chiesa sua e allora godono della luce, della bontà, dell’ordine e della pace;
oppure sono senza di lui, o contro di lui, e deliberatamente restano fuori
della sua chiesa, divengono motivo di confusione, causando asprezza di umani
rapporti e persistenti pericoli di guerre fratricide. I
concili ecumenici, ogni qual volta si radunano, sono celebrazione solenne
dell’unione di Cristo e della sua chiesa, e perciò portano a universale
irradiazione di verità, retta direzione di vita individuale, domestica e
sociale; a irrobustimento di spirituali energie, in perenne elevazione verso
i beni veraci ed eterni. Stanno innanzi a
noi, nella successione di varie epoche dei primi venti secoli della storia
cristiana, le testimonianze di tale magistero straordinario della chiesa,
raccolte in parecchi e imponenti volumi: patrimonio sacro degli archivi
ecclesiastici, qui in Roma, come nelle più celebri biblioteche del mondo
intero. Origine e causa del concilio ecumenico Vaticano II Per
quanto riguarda l’iniziativa del grande avvenimento che qui ci aduna, basti a
semplice titolo di documentazione storica riaffermare la Nostra umile ma
personale testimonianza del primo e improvviso fiorire nel Nostro cuore e
dalle Nostre labbra della semplice parola di concilio ecumenico. Parola
pronunciata innanzi al sacro collegio dei cardinali in quel faustissimo 25 gennaio 1959, festa della conversione di
san Paolo, nella basilica sua. Fu un tocco inatteso: uno sprazzo di
suprema luce; una grande soavità negli occhi e nel
cuore. E insieme un fervore, un grande fervore
destatosi improvviso in tutto il mondo, in attesa della celebrazione del
concilio. Tre
anni di laboriosa preparazione, aperti all’indagine più ampia e profonda
delle condizioni moderne di fede e di pratica religiosa, e di vitalità cristiana e
cattolica specialmente. Ci sono apparsi come un primo segno, un primo dono di grazia
celeste. Illuminata dalla
luce di questo concilio, la chiesa, com’è Nostra ferma fiducia, si ingrandirà di spirituali ricchezze e, attingendovi
forze di nuove energie, guarderà intrepida al futuro. Infatti,
con opportuni aggiornamenti e con il saggio ordinamento di mutua
collaborazione, la chiesa farà sì che gli uomini, le famiglie, i popoli
volgano realmente l’animo alle cose celesti. Il concilio
diventa così motivo di singolare impegno di grande
riconoscenza al Supremo Datore di ogni bene, per celebrare con cantico
esultante la gloria di Cristo Signore, re glorioso e immortale dei secoli e
dei popoli. Opportunità di celebrare un concilio C’è inoltre un
argomento, venerabili fratelli, che è non inutile confidare alla vostra
considerazione. Cioè, a rendere più completo il
Nostro santo gaudio, vogliamo proporre davanti a questo grande consesso la
consolante constatazione delle felici circostanze in cui incomincia il
concilio ecumenico. Nell’esercizio
quotidiano del Nostro ministero pastorale Ci feriscono talora l’orecchio
suggestioni di persone, pur ardenti di zelo, ma non fornite di senso
sovrabbondante di discrezione e di misura. Nei tempi moderni esse non vedono
che prevaricazione e rovina; vanno dicendo che la nostra età, in confronto
con quelle passate, è andata peggiorando; e si comportano come se nulla abbiano imparato dalla storia, che pur è maestra di vita,
e come se al tempo dei concili ecumenici precedenti tutto procedesse in
pienezza di trionfo dell’idea e della vita cristiana, e della giusta libertà
della chiesa. A Noi sembra di
dover dissentire da cotesti profeti di sventura, che annunziano eventi sempre
infausti, quasi che incombesse la fine del mondo. Nel presente
momento storico, la Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo ordine di
rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più al
di là della loro stessa aspettativa, si volgono verso il compimento di
disegni superiori e inattesi; e tutto, anche le umane avversità, dispone per
il maggior bene della chiesa. È facile scorgere
questa realtà, se con attenzione si consideri il
mondo odierno, così occupato dalla politica e dalle controversie di ordine
economico, da non trovar più tempo di badare a sollecitudini di ordine
spirituale, di cui si occupa il magistero della chiesa. Questo
modo di agire non va certamente bene, e giustamente deve essere disapprovato.
Non si può tuttavia negare, che queste nuove condizioni della vita moderna
hanno almeno questo vantaggio, di aver tolto di mezzo quegli innumerevoli
ostacoli, con cui un tempo i figli del secolo
impedivano la libera azione della chiesa. Infatti, basta scorrere anche
fuggevolmente la storia ecclesiastica, per rilevarne chiaramente come gli
stessi concili ecumenici, le cui vicende furono una successione di vere
glorie per la chiesa cattolica, siano stati sovente
celebrati con alternative di gravissime difficoltà e tristezze, per
l’indebita ingerenza di autorità civili. Esse, infatti, si proponevano bensì
talora di proteggere con tutta sincerità la chiesa; ma più spesso ciò
avveniva non senza danno e pericolo spirituale, poiché se ne
occupavano secondo i calcoli di una loro politica interessata e
pericolosa. A questo
proposito, vi confidiamo di provare vivissimo dolore per il
fatto che moltissimi vescovi, a Noi tanto cari, fanno oggi sentire qui
la loro mancanza, perché imprigionati per la loro fedeltà a Cristo, o
trattenuti da altri impedimenti; il loro ricordo Ci spinge a elevare
fervidissime preghiere a Dio. Tuttavia non senza grande speranza e con Nostro
grande conforto vediamo che la chiesa, oggi
finalmente non soggetta a tanti ostacoli di natura profana, che si avevano
nel passato, può da questa Basilica Vaticana, quasi da un secondo cenacolo
apostolico, far sentire per mezzo vostro la sua voce, piena di maestà e di
grandezza. Fine principale del
concilio: difesa e diffusione della dottrina Questo massimamente
riguarda il concilio ecumenico: che il sacro deposito della dottrina
cristiana sia custodito e insegnato in forma più efficace. Tale dottrina
abbraccia l’uomo intero, composto di anima e di
corpo, e, a noi pellegrini su questa terra, comanda di tendere alla suprema
patria. Ciò mostra in
qual modo debbasi ordinare la vita nostra mortale,
così da adempiere i nostri doveri di cittadini della terra e del cielo, e da
conseguire il fine stabilito da Dio. Ciò significa che tutti gli uomini, sia
singolarmente considerati, sia socialmente riuniti, hanno il dovere di
tendere, senza tregua, per tutta la vita, al conseguimento dei beni celesti;
e di servirsi a questo solo scopo dei beni terreni senza che il loro uso sia
di pregiudizio all’eterna felicità. Il Signore ha
detto: "Cercate prima il regno di Dio e la sua giustizia" (Mt
6,33). Questo "prima" esprime in quale direzione debbano
muoversi i nostri pensieri e le nostre forze; non bisogna però trascurare le
altre parole di questa esortazione del Signore, cioè: "e tutte queste
cose vi saranno date in aggiunta" (Mt 6,33). In realtà, nella chiesa ci
furono sempre, e ci sono tuttora coloro, che cercando con tutte le forze la pratica della perfezione evangelica, non
trascurano di rendersi utili alla società: di fatto, dal loro esempio di
vita, costantemente praticato, e dalle loro iniziative di carità prende
vigore e incremento quanto di più alto e nobile c’è nell’umana società. Ma perché tale dottrina raggiunga
i molteplici stadi dell’attività umana, che si riferiscono ai singoli, alle
famiglie, e alla vita sociale, è necessario anzitutto che la chiesa non si
discosti dal sacro patrimonio della verità, ricevuto dai padri; e al tempo stesso deve
anche guardare al presente, alle nuove condizioni e forme di vita introdotte
nel mondo odierno, le quali hanno aperto nuove strade all’apostolato
cattolico. Per questa
ragione la chiesa non ha assistito indifferente al mirabile progresso delle scoperte
dell’umano ingegno, e non ha lasciato mancare la giusta estimazione;
ma, pur seguendo questi sviluppi, non desiste dall’ammonire gli uomini
affinché, ben al di sopra delle cose sensibili,
volgano gli occhi a Dio, fonte di ogni sapienza e di ogni bellezza; ed essi,
ai quali è stato detto: "Sottomettete la terra e dominatela" (cf.
Gen 1,28), non dimentichino il gravissimo comando: "Adorerai il Signore Dio tuo, e servirai a lui solo" (Mt 4,10; Lc
4,8), perché non succeda che il fascino fuggente delle cose visibili
impedisca il vero progresso. In qual modo oggi va
promossa la dottrina Ciò stabilito, diventa chiaro quanto si attende dal concilio riguardo
alla dottrina. Cioè il 21 concilio ecumenico - che si avvarrà
dell’efficace e importante somma di esperienze giuridiche, liturgiche,
apostoliche e amministrative - vuole trasmettere pura e integra la
dottrina, senza attenuazioni o travisamenti, che lungo venti secoli,
nonostante difficoltà e contrasti, è divenuta patrimonio comune degli uomini.
Patrimonio non da tutti bene accolto, ma pur sempre
ricchezza aperta agli uomini di buona volontà. Il nostro dovere non è soltanto di custodire questo tesoro
prezioso, come se ci preoccupassimo unicamente dell’antichità, ma di
dedicarci con alacre volontà e senza timore a quell’opera, che la nostra età
esige, proseguendo così il cammino, che la chiesa compie da quasi venti
secoli. Lo scopo principale di questo concilio non è, quindi, la discussione
di questo o quel tema della dottrina fondamentale della chiesa, in ripetizione
diffusa dell’insegnamento dei padri e dei teologi antichi e moderni quale si suppone sempre ben presente e familiare allo spirito. Per questo non occorreva un concilio. Ma dalla rinnovata, serena e
tranquilla adesione a tutto l’insegnamento della chiesa nella sua interezza e
precisione, quale ancora splende negli atti conciliari del Tridentino e del
Vaticano I, lo spirito cristiano, cattolico e
apostolico del mondo intero, attende un balzo innanzi verso una penetrazione
dottrinale e una formazione delle coscienze; è necessario che questa
dottrina certa e immutabile, che deve essere fedelmente rispettata, sia
approfondita e presentata in modo che risponda alle esigenze del nostro
tempo. Altra cosa è infatti il deposito stesso
della fede, vale a dire le verità contenute nella nostra dottrina, e
altra cosa è la forma con cui quelle vengono enunciate, conservando ad
esse tuttavia lo stesso senso e la stessa portata. Bisognerà attribuire
molta importanza a questa forma e, se sarà necessario, bisognerà insistere
con pazienza nella sua elaborazione; e si dovrà ricorrere ad un modo di
presentare le cose che più corrisponda al magistero,
il cui carattere è preminentemente pastorale. In qual modo vanno
combattuti gli errori All’iniziarsi del concilio ecumenico Vaticano II è evidente come non
mai che la verità del Signore resta in eterno. Vediamo
infatti, nel succedersi da una all’altra età, che le opinioni degli
uomini si susseguono escludendosi a vicenda e gli errori spesso appena sorti
svaniscono qual nebbia dinanzi al sole. Sempre
la chiesa si è opposta a questi errori; spesso li ha anche condannati con la
massima severità. Ora, tuttavia, la sposa di Cristo preferisce usare la
medicina della misericordia piuttosto che della severità. Essa ritiene di
venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la
validità della sua dottrina, piuttosto che rinnovando condanne. Non già che
manchino dottrine fallaci, opinioni e concetti pericolosi da cui premunirsi e
da dissipare;
ma essi sono così evidentemente in contrasto con la retta norma dell’onestà,
e hanno dato frutti così esiziali, che ormai gli uomini da se stessi sembra
siano propensi a condannarli, e in specie quei costumi di vita, che disprezzano Dio e la sua legge, l’eccessiva fiducia nei
progressi della tecnica, il benessere fondato esclusivamente sulle agiatezze
della vita. Sempre più essi vengono convincendosi
che la dignità della persona umana, del suo perfezionamento e dell’impegno
che esige è affare della massima importanza. Ciò che più conta, l’esperienza
ha loro appreso che la violenza inflitta altrui, la potenza delle armi, il
predominio politico non giovano affatto per una felice soluzione dei gravi
problemi che li travagliano. Così stando le
cose, la chiesa cattolica, innalzando, per mezzo di questo concilio
ecumenico, la fiaccola della verità religiosa, vuol mostrarsi madre amorevole
di tutti, benigna, paziente, piena di misericordia e di bontà, anche verso i
figli da lei separati. Al genere umano, oppresso da tante
difficoltà, essa, come già Pietro al povero, che gli chiedeva l’elemosina,
dice: "Io non ho né oro né argento, ma ti do quello che ho: nel nome di
Gesù Cristo nazareno, lévati e cammina" (At 3,6). La chiesa, cioè, agli uomini di oggi non offre ricchezze caduche, non
promette una felicità solo terrena; ma partecipa ad essi i beni della grazia
divina, che, elevando gli uomini alla dignità di figli di Dio, sono
validissima tutela e aiuto per una vita più umana; apre la fonte della sua
vivificante dottrina, che permette agli uomini illuminati dalla luce di
Cristo di ben comprendere quel che essi realmente sono, la loro eccelsa
dignità, il loro fine; e inoltre, per mezzo dei suoi figli, essa estende
dappertutto l’ampiezza della carità cristiana, di cui null’altro maggiormente
giova a strappare i semi di discordia, e nulla è più efficace per favorire la
concordia, la giusta pace e l’unione fraterna. Promuovere l’unità nella famiglia cristiana e umana La sollecitudine della chiesa nel promuovere e difendere la verità, deriva dal fatto che,
secondo il disegno di Dio, "che vuole che tutti gli uomini siano salvi e
giungano alla conoscenza della verità" (1Tm
2,4), non possono gli uomini, senza l’aiuto dell’intera dottrina rivelata,
raggiungere una completa e salda unità degli animi, cui è congiunta la vera
pace e l’eterna salute. Purtroppo
l’intera famiglia cristiana non ha ancora raggiunto appieno questa visibile
unità nella verità. La chiesa cattolica ritiene pertanto suo dovere
adoperarsi attivamente perché si compia il gran mistero di quell’unità, che
Gesù Cristo ha invocato con ardente preghiera dal Padre celeste
nell’imminenza del suo sacrificio. Essa gode di pace
soave, ben sapendo di essere intimamente congiunta con quella preghiera; e
grandemente poi si allieta, quando vede che tale invocazione estende la sua
efficacia con frutti salutari anche fra coloro, che son fuori del suo grembo.
Anzi, a ben considerare questa stessa unità, impetrata da Cristo per la sua
chiesa, sembra quasi rifulgere di un triplice raggio di suprema luce
benefica: l’unità dei cattolici tra di loro, che
deve conservarsi esemplarmente saldissima; l’unità di preghiere e di ardenti
desideri, con cui i cristiani separati da questa sede apostolica aspirano ad
essere uniti con noi; infine l’unità nella stima e nel rispetto verso la
chiesa cattolica, da parte di coloro che seguono religioni ancora non
cristiane. A questo
proposito, è motivo di dolore considerare come la maggior parte del genere
umano - per quanto tutti gli uomini che nascono siano stati redenti nel
sangue di Cristo - non ancora partecipino di quelle
fonti della divina grazia che si hanno nella chiesa cattolica. A questo
proposito alla chiesa, la cui luce tutto illumina, la cui forza di
soprannaturale unità ridonda a vantaggio di tutta l’umanità, si applicano le
parole di san Cipriano: "La chiesa, circonfusa di luce divina estende i
suoi raggi per il mondo intero; è tuttavia un unico lume, che dovunque si
diffonde senza che subisca separazione l’unità del corpo. Estende
i suoi rami su tutta la terra per la sua fecondità, diffonde sempre più
largamente i suoi rivoli; tuttavia unico è il capo, unica l’origine, è madre
unica copiosamente feconda; siamo partoriti da lei, siamo nutriti del suo
latte, viviamo del suo spirito" (L’unità della chiesa cattolica, 5). Venerabili
fratelli, Questo si propone
il concilio ecumenico Vaticano II, il quale, mentre aduna insieme le migliori
energie della chiesa e si sforza di far accogliere dagli uomini più
favorevolmente l’annunzio della salvezza, quasi prepara e consolida la via
verso quell’unità del genere umano, che si richiede quale necessario
fondamento, perché la città terrestre si componga a somiglianza di quella
celeste "in cui regna la verità, è legge la carità, l’estensione è
l’eternità" (S. Agostino, Lettere, 138, 3). Conclusione Ora "la Nostra
voce si rivolge a voi" (2Cor 6,11), venerabili
fratelli nell’episcopato. Eccoci ormai insieme radunati in questa Basilica Vaticana, ove sta il
cardine della storia della chiesa: ove il cielo e la terra sono strettamente
congiunti, qui presso il sepolcro di Pietro, presso tante tombe dei Nostri
santi predecessori, le cui ceneri in quest’ora solenne sembrano esultare di
un fremito arcano. Il concilio che
inizia, sorge nella chiesa come un giorno foriero di luce splendidissima.
È appena l’aurora: ma già il primo annunzio del giorno
sorgente di quanta soavità riempie il Nostro cuore! Tutto qui spira santità, tutto suscita esultanza. Contempliamo infatti le stelle, che con la loro chiarità aumentano la
maestà di questo tempio; quelle stelle, secondo la testimonianza
dell’apostolo Giovanni (cf. Ap 1,20), siete voi; e con voi vediamo splendere
gli aurei candelabri intorno al sepolcro del principe degli apostoli, cioè le chiese a voi affidate (cf. ivi). Vediamo con voi
le degnissime personalità, qui presenti in atteggiamento di grande rispetto e di cordiale accettazione, convenute a
Roma dai cinque continenti, per rappresentare le nazioni del mondo. Si può dire che
il cielo e la terra si uniscono nella celebrazione del concilio: i santi del
cielo, per proteggere il nostro lavoro; i fedeli della terra, continuando a
pregare il Signore; e voi, assecondando le ispirazioni dello Spirito Santo,
per far sì che il comune lavoro corrisponda alle
odierne attese e necessità dei diversi popoli. Questo richiede da voi serenità
di animo, concordia fraterna, moderazione di
progetti, dignità di discussioni, e saggezza di deliberazioni. Voglia il Cielo
che le vostre fatiche e il vostro lavoro, a cui volgono non solo gli occhi di
tutti i popoli, ma anche le speranze del mondo intero, compiano
abbondantemente le comuni aspirazioni. Dio onnipotente,
in te riponiamo tutta la nostra fiducia, diffidando delle nostre forze.
Guarda benigno a questi pastori della tua chiesa. La luce della tua grazia
superna ci aiuti nel prendere le decisioni, come nel fare le leggi; e
pienamente esaudisci le preghiere che a te effondiamo
con unanimità di fede, di voce e di animo. O Maria,
"aiuto dei cristiani", "aiuto dei vescovi", della cui
predilezione abbiamo recentemente avuto nuova prova
nel tuo tempio di Loreto, ove rimeditammo il mistero dell’incarnazione, volgi
ogni cosa a esito felice e propizio, e, insieme col tuo sposo san Giuseppe,
coi santi apostoli Pietro e Paolo, coi santi Giovanni Battista e Giovanni
evangelista, per noi tutti intercedi presso Dio. A
Gesù Cristo, amabilissimo redentore nostro, re immortale dei popoli e del
tempo, sia l’amore, il potere e la gloria nei secoli dei secoli. Amen. 11 ottobre 1962 |