PAPA GIOVANNI PAOLO II CONGREGAZIONE
PER IL CULTO DIVINO ISTRUZIONE REDEMPTIONIS SACRAMENTUM su alcune cose che si
devono osservare ed evitare INDICE Proemio [1-13] Capitolo I La
regolamentazione della sacra Liturgia [14-18] 1. Il Vescovo
diocesano, grande Sacerdote del suo gregge [19-25] Capitolo II La
partecipazione dei fedeli laici alla celebrazione dell’Eucaristia 1. Una
partecipazione attiva e consapevole [36-42] Capitolo III La retta celebrazione
della santa Messa 1. La materia
della Santissima Eucaristia [48-50] Capitolo IV La santa
Comunione 1. Disposizioni
per ricevere la santa Comunione [80-87] Capitolo V Altri aspetti
riguardanti l’Eucaristia 1. Il luogo della
celebrazione della santa Messa [108-109] Capitolo VI La
conservazione della Santissima Eucaristia e il suo culto fuori della Messa 1. La conservazione
della Santissima Eucaristia [129-133] Capitolo VII I compiti
straordinari dei fedeli laici [146-153] 1. Il ministro
straordinario della santa Comunione [154-160] Capitolo VIII I rimedi [169-171] 1. Graviora
delicta [172] Conclusione [185-186] PROEMIO [1.] Nella
Santissima Eucaristia la Madre Chiesa riconosce con ferma fede, accoglie con
gioia, celebra e venera con atteggiamento adorante il sacramento della
Redenzione,[1] annunciando la morte di Cristo Gesù, proclamando la sua
resurrezione, nell’attesa della sua venuta nella gloria,[2] come Signore e
Dominatore invincibile, Sacerdote eterno e Re dell’universo, per offrire alla
maestà infinita del Padre onnipotente il regno di verità e di vita.[3] [2.] La dottrina
della Chiesa sulla Santissima Eucaristia, in cui è contenuto l’intero bene spirituale
della Chiesa, ovvero Cristo stesso, nostra Pasqua,[4] fonte e culmine[5] di
tutta la vita cristiana, il cui influsso causale è alle origini stesse della
Chiesa,[6] è stata esposta con premurosa sollecitudine e grande autorevolezza
nel corso dei secoli negli scritti dei Concili e dei Sommi Pontefici.
Recentemente, inoltre, nella Lettera Enciclica «Ecclesia de Eucharistia» il Sommo Pontefice Giovanni
Paolo II ha nuovamente esposto sul medesimo argomento alcuni aspetti di
grande importanza per il contesto ecclesiale della nostra epoca.[7] In particolare,
il Sommo Pontefice, affinché la Chiesa tuteli debitamente anche al giorno
d’oggi un così grande mistero nella celebrazione della sacra Liturgia, ha
dato disposizione a questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti[8] di preparare, d’intesa con la Congregazione per la Dottrina
della Fede, la presente Istruzione, in cui fossero trattate alcune questioni
concernenti la disciplina del sacramento dell’Eucaristia. Quanto appare in
questa Istruzione va, pertanto, letto in continuità con la citata Lettera
Enciclica «Ecclesia de Eucharistia». Tuttavia, non si
ha l’intenzione di offrire in essa l’insieme delle norme relative alla
Santissima Eucaristia, quanto piuttosto di riprendere con tale Istruzione
alcuni elementi, che risultano tuttora validi nella normativa già esposta e
stabilita, per rafforzare il senso profondo delle norme liturgiche,[9] e
indicarne altri che spieghino e completino i precedenti, illustrandoli ai
Vescovi, ma anche ai Sacerdoti, ai Diaconi e a tutti i fedeli laici, affinché
ciascuno li metta in pratica secondo il proprio ufficio e le proprie
possibilità. [3.] Le norme
contenute in questa Istruzione si considerino inerenti alla materia liturgica
nell’ambito del Rito romano e, con le opportune varianti, degli altri Riti
della Chiesa latina giuridicamente riconosciuti. [4.] «Non c’é dubbio che la riforma liturgica del Concilio
abbia portato grandi vantaggi per una più consapevole, attiva e fruttuosa
partecipazione dei fedeli al santo Sacrificio dell’altare».[10] Tuttavia,
«non mancano delle ombre».[11] Non si possono, pertanto, passare sotto
silenzio gli abusi, anche della massima gravità, contro la natura della
Liturgia e dei sacramenti, nonché contro la tradizione e l’autorità della
Chiesa, che non di rado ai nostri giorni in diversi ambiti ecclesiali
compromettono le celebrazioni liturgiche. In alcuni luoghi gli abusi commessi
in materia liturgica sono all’ordine del giorno, il che ovviamente non può
essere ammesso e deve cessare. [5.] L’osservanza delle norme emanate dall’autorità della Chiesa
esige conformità di pensiero e parola, degli atti esterni e della
disposizione d’animo. Una osservanza puramente esteriore delle norme, come è
evidente, contrasterebbe con l’essenza della sacra Liturgia, nella quale
Cristo Signore vuole radunare la sua Chiesa perché sia con lui «un solo corpo
e un solo spirito».[12] L’atto esterno deve essere, pertanto, illuminato
dalla fede e dalla carità che ci uniscono a Cristo e gli uni agli altri e
generano l’amore per i poveri e gli afflitti. Le parole e i riti della
Liturgia sono, inoltre, espressione fedele maturata nei secoli dei sentimenti
di Cristo e ci insegnano a sentire come lui:[13] conformando a quelle parole
la nostra mente, eleviamo al Signore i nostri cuori. Quanto detto nella
presente Istruzione intende condurre a tale conformità dei sentimenti nostri
con quelli di Cristo, espressi nelle parole e nei riti della Liturgia. [6.] Tali abusi, infatti, «contribuiscono ad oscurare la retta fede e
la dottrina cattolica su questo mirabile Sacramento».[14] In questo modo si
impedisce pure «ai fedeli di rivivere in un certo senso l’esperienza dei due
discepoli di Emmaus: “E i loro occhi si aprirono e lo riconobbero”».[15]
Davanti alla potenza e alla divinità[16] di Dio e allo splendore della sua
bontà, particolarmente visibile nel sacramento dell’Eucaristia, si addice,
infatti, che tutti i fedeli nutrano e manifestino quel senso dell’adorabile
maestà di Dio, che hanno ricevuto attraverso la passione salvifica del Figlio
Unigenito.[17] [7.] Gli abusi non di rado si radicano in un falso concetto di
libertà. Dio, però, ci concede in Cristo non quella illusoria libertà in base
alla quale facciamo tutto ciò che vogliamo, ma la libertà, per mezzo della
quale possiamo fare ciò che è degno e giusto.[18] Ciò vale invero non
soltanto per quei precetti derivati direttamente da Dio, ma anche,
considerando convenientemente l’indole di ciascuna norma, per le leggi
promulgate dalla Chiesa. Da ciò la necessità che tutti si conformino agli
ordinamenti stabiliti dalla legittima autorità ecclesiastica. [8.] Si deve, inoltre, notare con grande amarezza la presenza di
«iniziative ecumeniche che, pur generose nelle intenzioni, indulgono qua e là
a prassi eucaristiche contrarie alla disciplina nella quale la Chiesa esprime
la sua fede». Il dono dell’Eucaristia, tuttavia, «è troppo grande per
sopportare ambiguità e diminuzioni». È, pertanto, opportuno correggere e
definire con maggiore accuratezza alcuni elementi, di modo che anche in
questo ambito «l’Eucaristia continui a risplendere in tutto il fulgore del
suo mistero».[19] [9.] Gli abusi trovano, infine, molto spesso fondamento
nell’ignoranza, giacché per lo più si rigetta ciò di cui non si coglie il
senso più profondo, né si conosce l’antichità. Infatti, «dell’afflato e dello
spirito» della stessa sacra Scrittura «sono permeate» appieno «le preghiere,
le orazioni e gli inni e da essa derivano il loro significato le azioni e i
segni sacri».[20] Quanto ai segni visibili, «di cui la sacra Liturgia si
serve per significare le realtà divine invisibili, essi sono stati scelti da
Cristo o dalla Chiesa».[21] Infine, le strutture e le forme delle sacre
celebrazioni, secondo la tradizione di ciascun rito sia d’Oriente sia
d’Occidente, sono in sintonia con la Chiesa universale anche per quanto riguarda
usi universalmente accolti dalla ininterrotta tradizione apostolica,[22] che
è compito proprio della Chiesa trasmettere fedelmente e con cura alle future
generazioni. Tutto ciò viene sapientemente custodito e salvaguardato dalle
norme liturgiche. [10.] La stessa Chiesa non ha alcuna potestà rispetto a ciò che è
stato stabilito da Cristo e che costituisce parte immutabile della
Liturgia.[23] Se fosse, infatti, spezzato il legame che i sacramenti hanno
con Cristo stesso, che li ha istituiti, e con gli eventi su cui la Chiesa è
fondata,[24] ciò non sarebbe di nessun giovamento per i fedeli, ma nuocerebbe
a loro gravemente. La sacra Liturgia, infatti, è intimamente collegata con i
principi della dottrina[25] e l’uso di testi e riti non approvati comporta,
di conseguenza, che si affievolisca o si perda il nesso necessario tra la lex
orandi e la lex credendi.[26] [11.] Troppo grande è il Mistero dell’Eucaristia «perché qualcuno
possa permettersi di trattarlo con arbitrio personale, che non ne
rispetterebbe il carattere sacro e la dimensione universale».[27] Chi al
contrario, anche se Sacerdote, agisce così, assecondando proprie
inclinazioni, lede la sostanziale unità del rito romano, che va tenacemente
salvaguardata,[28] e compie azioni in nessun modo consone con la fame e sete
del Dio vivente provate oggi dal popolo, né svolge autentica attività
pastorale o corretto rinnovamento liturgico, ma priva piuttosto i fedeli del
loro patrimonio e della loro eredità. Atti arbitrari, infatti, non giovano a
un effettivo rinnovamento,[29] ma ledono il giusto diritto dei fedeli
all’azione liturgica che è espressione della vita della Chiesa secondo la sua
tradizione e la sua disciplina. Inoltre, introducono elementi di deformazione
e discordia nella stessa celebrazione eucaristica che, in modo eminente e per
sua natura, mira a significare e realizzare mirabilmente la comunione della
vita divina e l’unità del popolo di Dio.[30] Da essi derivano insicurezza
dottrinale, perplessità e scandalo del popolo di Dio e, quasi inevitabilmente,
reazioni aspre: tutti elementi che nel nostro tempo, in cui la vita cristiana
risulta spesso particolarmente difficile in ragione del clima di
«secolarizzazione», confondono e rattristano notevolmente molti fedeli.[31] [12.] Tutti i fedeli, invece, godono del diritto di avere una
liturgia vera e in particolar modo una celebrazione della santa Messa che sia
così come la Chiesa ha voluto e stabilito, come prescritto nei libri
liturgici e dalle altre leggi e norme. Allo stesso modo, il popolo cattolico
ha il diritto che si celebri per esso in modo integro il sacrificio della
santa Messa, in piena conformità con la dottrina del Magistero della Chiesa.
È, infine, diritto della comunità cattolica che per essa si compia la
celebrazione della Santissima Eucaristia in modo tale che appaia come vero
sacramento di unità, escludendo completamente ogni genere di difetti e gesti
che possano generare divisioni e fazioni nella Chiesa.[32] [13.] Tutte le norme e i richiami esposti in questa Istruzione si
connettono, sia pure in vario modo, con il compito della Chiesa, a cui spetta
di vigilare sulla retta e degna celebrazione di questo grande mistero. Dei
vari gradi con cui le singole norme si raccordano con la legge suprema di
tutto il diritto ecclesiastico, che è la cura per la salvezza delle anime,
tratta l’ultimo capitolo della presente Istruzione.[33] Capitolo I LA REGOLAMENTAZIONE DELLA SACRA LITURGIA [14.] «Regolamentare la sacra Liturgia compete unicamente
all’autorità della Chiesa, la quale risiede nella Sede Apostolica e, a norma
del diritto, nel Vescovo Sacrae».[34] [15.] Il Romano Pontefice, «Vicario di Cristo e Pastore qui in terra
della Chiesa universale, in forza del suo ufficio ha potestà ordinaria,
suprema, piena, immediata e universale sulla Chiesa, che può sempre
esercitare liberamente»,[35] anche comunicando con i pastori e i fedeli. [16.] È di competenza della Sede Apostolica ordinare la sacra
Liturgia della Chiesa universale, pubblicare i libri liturgici e autorizzarne
le versioni nelle lingue correnti, nonché vigilare perché gli ordinamenti
liturgici, specialmente quelli attraverso i quali è regolata la celebrazione
del Santissimo Sacrificio della Messa, siano osservati fedelmente
ovunque.[36] [17.] La Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti «si occupa di tutto ciò che, salva la competenza della
Congregazione per la Dottrina della Fede, spetta alla Sede Apostolica circa
la regolamentazione e la promozione della sacra Liturgia, in primo luogo dei
Sacramenti. Essa favorisce e tutela la disciplina dei sacramenti,
specialmente per quanto attiene alla loro valida e lecita celebrazione».
Infine, «esercita attenta vigilanza perché siano osservate esattamente le
disposizioni liturgiche, se ne prevengano gli abusi e, laddove essi siano
scoperti, vengano eliminati».[37] In questa materia, secondo la tradizione di
tutta la Chiesa, è predominante la sollecitudine per la celebrazione della
santa Messa e per il culto che si tributa alla Santissima Eucaristia anche
fuori della Messa. [18.] I fedeli hanno il diritto che l’autorità ecclesiastica regoli
pienamente ed efficacemente la sacra Liturgia, in modo tale che essa non
sembri mai «proprietà privata di qualcuno, né del celebrante né della
comunità nella quale si celebrano i Misteri».[38] 1. Il Vescovo
diocesano, grande Sacerdote del suo gregge [19.] Il
Vescovo diocesano, primo dispensatore dei misteri di Dio, è moderatore,
promotore e custode di tutta la vita liturgica nella Chiesa particolare a lui
affidata.[39] Infatti, «il Vescovo, insignito della pienezza del sacramento
dell’Ordine, è l’“economo della grazia del supremo sacerdozio”[40]
specialmente nell’Eucaristia, che offre egli stesso o fa offrire,[41] e della
quale la Chiesa continuamente vive e cresce».[42] [20.] Si
ha, infatti, una precipua manifestazione della Chiesa ogni volta che si
celebra la Messa, specialmente nella chiesa cattedrale, «nella partecipazione
piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio, […] all’unica preghiera,
all’unico altare, cui presiede il Vescovo»,circondato dai suoi Sacerdoti,
Diaconi e ministri.[43] Inoltre, ogni«legittima celebrazione dell’Eucaristia
è diretta dal Vescovo, al quale è affidato l’ufficio di prestare e regolare
il culto della religione cristiana alla Divina Maestà secondo i precetti del
Signore e le leggi della Chiesa, dal suo particolare giudizio ulteriormente
determinate per la sua diocesi».[44] [21.] Infatti, al
Vescovo «diocesano spetta, entro i limiti della sua competenza, dare norme in
materia liturgica nella Chiesa a lui affidata, alle quali tutti sono
tenuti».[45] Tuttavia, il Vescovo vigili sempre che non venga meno quella
libertà, che è prevista dalle norme dei libri liturgici, di adattare, in modo
intelligente, la celebrazione sia all’edificio sacro sia al gruppo dei fedeli
sia alle circostanze pastorali, cosicché l’intero rito sacro sia
effettivamente rispondente alla sensibilità delle persone.[46] [22.] Il Vescovo
regge la Chiesa particolare a lui affidata[47] ed è suo compito
regolamentare, dirigere, spronare, talvolta anche riprendere,[48] adempiendo
il sacro ufficio che egli ha ricevuto mediante l’ordinazione episcopale[49]
per l’edificazione del suo gregge nella verità e nella santità.[50] Illustri
il genuino senso dei riti e dei testi liturgici e alimenti nei Sacerdoti, nei
Diaconi e nei fedeli lo spirito della sacra Liturgia,[51] perché tutti siano
condotti ad un’attiva e fruttuosa celebrazione dell’Eucaristia,[52] e
assicuri parimenti che tutto il corpo ecclesiale proceda unanime, nell’unità
della carità, sul piano diocesano, nazionale, universale.[53] [23.] I
fedeli«devono aderire al Vescovo come la Chiesa a Gesù Cristo e come Gesù
Cristo al Padre, affinché tutte le cose siano concordi nell’unità e crescano per
la gloria di Dio».[54] Tutti, anche i membri degli Istituti di vita
consacrata e delle Società di vita apostolica, e di tutte quante le
associazioni o movimenti ecclesiali di qualsiasi genere, sono soggetti
all’autorità del Vescovo diocesano in tutto ciò che riguarda la materia
liturgica,[55] salvo i diritti legittimamente concessi. Compete, dunque, al
Vescovo diocesano il diritto e il dovere di vigilare e verificare, riguardo
alla materia liturgica,le chiese e gli oratori situati nel suo territorio, come
anche quelle fondate o dirette dai membri dei sopra menzionati istituti, se
ad esse abitualmente accedono i fedeli.[56] [24.] Da parte sua, il popolo cristiano ha il diritto che il Vescovo
diocesano vigili affinché non si insinuino abusi nella disciplina
ecclesiastica, specialmente riguardo al ministero della parola, alla
celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, al culto di Dio e dei
santi.[57] [25.] Le
commissioni, i consiglio comitati costituiti dal Vescovo, perché
contribuiscano «a promuovere la Liturgia, la musica e l’arte sacra nella sua
diocesi», agiranno secondo il pensiero e le direttive del Vescovo e dovranno
poter contare sulla sua autorità e sulla sua ratifica per svolgere
convenientemente il proprio compito[58] e perché sia mantenuto l’effettivo
governo del Vescovo nella sua diocesi. Riguardo a tutti questi gruppi, agli
altri istituti e a qualsiasi iniziativa in materia liturgica, i Vescovi si
chiedano, come già da tempo risulta urgente, se sia stata finora
fruttuosa[59] la loro attività e valutino attentamente quali correttivi o
miglioramenti vadano inseriti nella loro struttura e nella loro attività,[60]
affinché trovino nuovo vigore. Si tenga
sempre presente che gli esperti vanno scelti tra coloro, la cui solidità
nella fede cattolica e la cui preparazione in materia teologica e culturale
siano riconosciute. 2. Le
Conferenze dei Vescovi [26.] Ciò vale
anche per quelle commissioni attinenti alla medesima materia che, su
sollecitazione del Concilio,[61] sono istituite dalla Conferenza dei Vescovi
e i cui membri è necessario che siano Vescovi e siano ben distinti dagli
esperti coadiutori. Qualora il numero di membri di una Conferenza dei Vescovi
non risulti sufficiente perché si possa senza difficoltà trarre da loro e
istituire una commissione liturgica, si nomini un consiglio o gruppo di
esperti che, sempre sotto la presidenza di un Vescovo, adempia per quanto
possibile a tale compito, evitando però il nome di «Commissione liturgica». [27.] La Sede Apostolica ha notificato fin dal 1970[62] la cessazione
di tutti gli esperimenti relativi alla celebrazione della santa Messa ed ha
ribadito tale cessazione nel 1988.[63] Pertanto, i singoli Vescovi e le loro
Conferenze non hanno alcuna facoltà di permettere gli esperimenti riguardo ai
testi e ad altro che non sia prescritto nei libri liturgici. Per poter
praticare in avvenire tali esperimenti è necessario il permesso della
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, dato per
iscritto e richiesto dalle Conferenze dei Vescovi. Esso, tuttavia, non verrà
concesso se non per grave causa. Quanto alle iniziative di inculturazione in
materia liturgica, si osservino rigorosamente e integralmente le norme
specificamente stabilite.[64] [28.] Tutte le norme attinenti alla materia liturgica, stabilite a
norma del diritto da una Conferenza dei Vescovi per il proprio territorio,
vanno sottoposte alla recognitio della Congregazione per il Culto
Divino e la Disciplina dei Sacramenti, senza la quale non posseggono alcuna
forza obbligante.[65] 3. I Sacerdoti
[29.] I
Sacerdoti, validi, provvidi e necessari collaboratori dell’ordine
episcopale,[66] chiamati a servire il popolo di Dio, costituiscono con il
loro Vescovo un unico presbiterio,[67] sebbene destinato a uffici diversi.
«Nelle singole comunità locali di fedeli rendono, per così dire, presente il
Vescovo, cui sono uniti con animo fiducioso e grande, ne condividono, secondo
il loro grado, gli uffici e la sollecitudine e li esercitano con dedizione
quotidiana». E «per questa loro partecipazione nel sacerdozio e nella
missione, i Sacerdoti riconoscano nel Vescovo il loro padre e gli obbediscano
con rispettoso amore».[68] Inoltre, «sempre intenti al bene dei figli di Dio,
cerchino di portare il loro contributo al lavoro pastorale di tutta la diocesi,
anzi, di tutta la Chiesa».[69] [30.] Grande è la
responsabilità «che hanno nella celebrazione eucaristica soprattutto i
Sacerdoti, ai quali compete di presiederla in persona Christi,
assicurando una testimonianza e un servizio di comunione non solo alla
comunità che direttamente partecipa alla celebrazione, ma anche alla Chiesa
universale, che è sempre chiamata in causa dall’Eucaristia. Occorre purtroppo
lamentare che, soprattutto a partire dagli anni della riforma liturgica dopo
il Concilio Vaticano II, per un malinteso senso di creatività e di
adattamento, non sono mancati abusi, che sono stati motivo di sofferenza per
molti».[70] [31.] In coerenza
con quanto da loro promesso nel rito della sacra ordinazione e rinnovato di
anno in anno nel corso della Messa crismale, i Sacerdoti celebrino
«devotamente e con fede i misteri di Cristo a lode di Dio e santificazione
del popolo cristiano, secondo la tradizione della Chiesa, specialmente nel
sacrificio dell’Eucaristia e nel sacramento della riconciliazione».[71] Non
svuotino il significato profondo del proprio ministero, deformando la
celebrazione liturgica con cambiamenti, riduzioni o aggiunte arbitrarie.[72]
Come disse, infatti, S. Ambrogio: «La Chiesa non è ferita in se stessa, […]
ma in noi. Guardiamoci, dunque, dal far divenire i nostri sbagli una ferita
per la Chiesa».[73] Si badi, quindi, che la Chiesa di Dio non riceva offesa
da parte dei Sacerdoti, i quali hanno offerto se stessi al ministero con
tanta solennità. Vigilino, anzi, fedelmente sotto l’autorità del Vescovo,
affinché simili deformazioni non siano commesse da altri. [32.] «Il parroco
faccia in modo che la Santissima Eucaristia sia il centro dell’assemblea
parrocchiale dei fedeli, si adoperi perché i fedeli si nutrano mediante la
celebrazione devota dei sacramenti e in special modo perché si accostino
frequentemente al sacramento della Santissima Eucaristia e della penitenza;
si impegni inoltre a fare in modo che i fedeli siano formati alla preghiera,
da praticare anche nella famiglia, e partecipino consapevolmente e
attivamente alla sacra Liturgia, di cui il parroco deve essere il moderatore
nella sua parrocchia, sotto l’autorità del Vescovo diocesano, e sulla quale è
tenuto a vigilare perché non si insinuino abusi».[74] Sebbene sia opportuno
che nella preparazione efficace delle celebrazioni liturgiche, specialmente
della santa Messa, egli sia coadiuvato da vari fedeli, non deve tuttavia in
nessun modo cedere loro quelle prerogative in materia che sono proprie del
loro ufficio. [33.] Infine,
tutti «i Sacerdoti abbiano cura di coltivare adeguatamente la scienza e
l’arte liturgica, affinché, per mezzo del loro ministero liturgico, le
comunità cristiane ad essi affidate, elevino una lode sempre più perfetta a
Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo».[75] Soprattutto, siano pervasi di quella
meraviglia e di quello stupore che la celebrazione del mistero pasquale
nell’Eucaristia procura nel cuore dei fedeli.[76] 4. I Diaconi [34.] I Diaconi,
«ai quali sono imposte le mani non per il sacerdozio, ma per il
servizio»,[77] uomini di buona reputazione,[78] devono agire, con l’aiuto di
Dio, in modo tale da essere riconosciuti come veri discepoli di colui,[79]
«che non venne per farsi servire, ma per servire»[80] e fu in mezzo ai suoi
discepoli«come colui che serve».[81] E fortificati dal dono dello Spirito
Santo ricevuto mediante l’imposizione delle mani, servano il popolo di Dio in
comunione con il Vescovo e il suo presbiterio.[82] Considerino perciò il
Vescovo come padre e siano di aiuto a lui e al suo Presbiterio«nel ministero
della parola, dell’altare e della carità».[83] [35.] Non
trascurino mai «di custodire il mistero della fede, come dice l’Apostolo, in
una coscienza pura[84] per annunziare tale fede con le parole e le opere,
secondo il Vangelo e la tradizione della Chiesa»,[85] servendo con tutto il
cuore fedelmente e con umiltà la sacra Liturgia come fonte e culmine della
vita della Chiesa, «affinché tutti, diventati figli di Dio mediante la fede e
il Battesimo, si riuniscano insieme, lodino Dio nella Chiesa, prendano parte
al Sacrificio e alla mensa del Signore».[86] Pertanto, tutti i Diaconi, per
quanto li riguarda, si impegnino a far sì che la sacra Liturgia sia celebrata
a norma dei libri liturgici debitamente approvati.
Capitolo II LA PARTECIPAZIONE DEI FEDELI LAICI 1. Una
partecipazione attiva e consapevole [36.] La
celebrazione della Messa, in quanto azione di Cristo e della Chiesa,
costituisce il centro di tutta la vita cristiana per la Chiesa sia universale
sia particolare, e per i singoli fedeli,[87] che«sono interessati in diverso
modo, secondo la diversità di ordini, di compiti, e di partecipazione
attiva.[88] In questo modo il popolo cristiano, “stirpe eletta, sacerdozio
regale, nazione santa, popolo che Dio si è acquistato”,[89] manifesta il
proprio coerente e gerarchico ordine».[90] «Il sacerdozio comune dei fedeli e
il sacerdozio ministeriale o gerarchico, quantunque differiscano
essenzialmente e non solo di grado, sono tuttavia ordinati l’uno all’altro,
poiché l’uno e l’altro, ognuno a suo modo, partecipano dell’unico sacerdozio
di Cristo».[91] [37.] Tutti
i fedeli, liberati dai propri peccati e incorporati nella Chiesa con il
Battesimo,dal carattere loro impresso sono abilitati al culto della religione
cristiana,[92] affinché in virtù del loro regale sacerdozio,[93] perseverando
nella preghiera e lodando Dio,[94] si manifestino come vittima viva, santa,
gradita a Dio e provata in tutte le loro azioni,[95] diano dovunque
testimonianza di Cristo e a chi la richieda rendano ragione della loro
speranza di vita eterna.[96] Pertanto, anche
la partecipazione dei fedeli laici alla celebrazione dell’Eucaristia e degli
altri riti della Chiesa non può essere ridotta ad una mera presenza, per di
più passiva, ma va ritenuta un vero esercizio della fede e della dignità
battesimale. [38.] L’ininterrotta dottrina della Chiesa sulla natura non soltanto
conviviale, ma anche e soprattutto sacrificale dell’Eucaristia va giustamente
considerata tra i principali criteri per una piena partecipazione di tutti i
fedeli a un così grande sacramento.[97] «Spogliato del suo valore
sacrificale, il mistero viene vissuto come se non oltrepassasse il senso e il
valore di un qualsiasi incontro conviviale e fraterno».[98] [39.] Per
promuovere ed evidenziare la partecipazione attiva, la recente riforma dei
libri liturgici ha favorito, secondo le intenzioni del Concilio, le
acclamazioni del popolo, le risposte, la salmodia, le antifone, i canti,
nonché le azioni o i gesti e l’atteggiamento del corpo e ha provveduto a far
osservare a tempo debito il sacro silenzio, prevedendo nelle rubriche anche
le parti spettanti ai fedeli.[99] Ampio spazio si dà, inoltre, ad una
appropriata libertà di adattamento fondata sul principio che ogni
celebrazione risponda alle necessità, alla capacità, alla preparazione
dell’animo e all’indole dei partecipanti, secondo le facoltà stabilite dalle
norme liturgiche. Nella scelta dei canti, delle melodie, delle orazioni e
delle letture bibliche, nel pronunciare l’omelia, nel comporre la preghiera
dei fedeli, nel rivolgere talora le monizioni e nell’ornare secondo i vari
tempi la chiesa esiste ampia possibilità di introdurre in ogni celebrazione
una certa varietà che contribuisca a rendere maggiormente evidente la ricchezza
della tradizione liturgica e a conferire accuratamente una connotazione
particolare alla celebrazione, tenendo conto delle esigenze pastorali, così
da favorire la partecipazione interiore. Va,
tuttavia, ricordato che l’efficacia delle azioni liturgiche non sta nella
continua modifica dei riti, ma nell’approfondimento della parola di Dio e del
mistero celebrato.[100] [40.] Tuttavia, benché la celebrazione della Liturgia possieda
indubbiamente tale connotazione di partecipazione attiva di tutti i fedeli,
non ne consegue, come per logica deduzione, che tutti debbano materialmente
compiere qualcosa oltre ai previsti gesti ed atteggiamenti del corpo, come se
ognuno debba necessariamente assolvere ad uno specifico compito liturgico. La
formazione catechetica provveda, piuttosto, con cura a correggere nozioni e
usi superficiali in merito diffusi in alcuni luoghi negli ultimi anni e a
risvegliare sempre nei fedeli un rinnovato senso di grande ammirazione
davanti alla profondità di quel mistero di fede che è l’Eucaristia, nella cui
celebrazione la Chiesa passa «dal vecchio al nuovo» ininterrottamente.[101]
Nella celebrazione dell’Eucaristia, infatti, come pure in tutta la vita
cristiana, che da essa trae forza e ad essa tende, la Chiesa, come san
Tommaso Apostolo, si prostra in adorazione davanti al Signore crocifisso,
morto, sepolto e risorto «nella grandezza del suo divino splendore e esclama
in eterno: “Signore mio e Dio mio!”».[102] [41.] Per suscitare,
promuovere e alimentare il senso interiore della partecipazione liturgica
risultano particolarmente utili la celebrazione assidua ed estesa della
Liturgia delle Ore, l’uso dei sacramentali e gli esercizi della pietà
popolare cristiana. Tali esercizi, «che, sebbene non riguardino a rigore di
diritto la sacra Liturgia, sono invero provvisti di particolare importanza e
dignità», vanno ritenuti, soprattutto quando risultano elogiati e approvati
dallo stesso Magistero,[103] dotati di un qualche legame con il contesto
liturgico, come è specialmente per la preghiera del Rosario.[104] Poiché,
inoltre, queste opere di pietà guidano il popolo cristiano alla
partecipazione ai sacramenti, e in particolar modo all’Eucaristia, «nonché
alla meditazione dei misteri della nostra redenzione e all’imitazione degli
insigni esempi dei santi in cielo, esse allora ci rendono partecipi del culto
liturgico non senza giovamento di salvezza».[105] [42.] È necessario comprendere che la Chiesa non si riunisce per
umana volontà, ma è convocata da Dio nello Spirito Santo, e risponde per
mezzo della fede alla sua vocazione gratuita: il termine ekklesía
rimanda, infatti, a klesis, che significa “chiamata”.[106] Il
sacrificio eucaristico non va poi ritenuto come «concelebrazione» in senso
univoco del Sacerdote insieme con il popolo presente.[107] Al contrario,
l’Eucaristia celebrata dai Sacerdoti è un dono «che supera radicalmente il
potere dell’assemblea […]. La comunità che si riunisce per la celebrazione
dell’Eucaristia necessita assolutamente di un Sacerdote ordinato che la
presieda per poter essere veramente assemblea eucaristica. D’altra parte, la
comunità non è in grado di darsi da sola il ministro ordinato».[108] È
assolutamente necessaria la volontà comune di evitare ogni ambiguità in
materia e portare rimedio alle difficoltà insorte negli ultimi anni.
Pertanto, si usino soltanto con cautela locuzioni quali «comunità celebrante»
o «assemblea celebrante», o in altre lingue moderne «celebrating assembly»,
«asamblea celebrante», «assemblée célébrante», e simili. 2. I compiti
dei fedeli laici nella celebrazione della Messa [43.] È giusto e
lodevole che per il bene della comunità e di tutta la Chiesa di Dio alcuni
fedeli laici svolgano secondo la tradizione alcuni compiti attinenti alla
celebrazione della sacra Liturgia.[109] Conviene che siano più persone a
distribuirsi tra loro o a svolgere i vari uffici o le varie parti dello
stesso ufficio.[110] [44.] Oltre ai ministeri istituiti dell’accolito e del lettore,[111]
tra i suddetti uffici particolari vi sono quelli dell’accolito[112] e del
lettore[113] per incarico temporaneo, ai quali sono congiunti gli altri
uffici descritti nel Messale Romano,[114] nonché i compiti di preparare le
ostie, di pulire i lini e simili. Tutti«sia ministri ordinati sia fedeli
laici, esercitando il loro ministero o ufficio, compiano solo e tutto ciò che
è di loro competenza»[115] e tanto nella stessa celebrazione liturgica quanto
nella sua preparazione facciano sì che la Liturgia della Chiesa si svolga con
dignità e decoro. [45.] Si deve
evitare il rischio di oscurare la complementarietà tra l’azione dei chierici
e quella dei laici, così da sottoporre il ruolo dei laici a una sorta, come
si suol dire, di «clericalizzazione», mentre i ministri sacri assumono
indebitamente compiti che sono propri della vita e dell’azione dei fedeli
laici.[116] [46.] Il
fedele laico chiamato a prestare il suo aiuto nelle celebrazioni liturgiche
occorre che sia debitamente preparato e che si distingua per vita cristiana,
fede, condotta e fedeltà al Magistero della Chiesa. È bene che costui abbia
ricevuto una congrua formazione liturgica, secondo la sua età, condizione,
genere di vita e cultura religiosa.[117] Non si scelga nessuno, la cui
designazione possa destare meraviglia tra i fedeli.[118] [47.] È veramente
ammirevole che persista la nota consuetudine che siano presenti dei fanciulli
o dei giovani, chiamati di solito «ministranti», che prestino servizio
all’altare alla maniera dell’accolito, e abbiano ricevuto, secondo le loro
capacità, una opportuna catechesi riguardo al loro compito.[119] Non si deve
dimenticare che dal novero di questi fanciulli è scaturito nel corso dei
secoli un cospicuo numero di ministri sacri.[120] Si istituiscano o
promuovano per essi delle associazioni, anche con la partecipazione e l’aiuto
dei genitori, con le quali si provveda più efficacemente alla cura pastorale
dei ministranti. Quando tali associazioni assumono carattere internazionale,
spetta alla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti
erigerle o esaminare e approvare i loro statuti.[121] A tale servizio
dell’altare si possono ammettere fanciulle o donne a giudizio del Vescovo
diocesano e nel rispetto delle norme stabilite.[122] Capitolo III LA RETTA CELEBRAZIONE DELLA SANTA MESSA 1. La materia
della Santissima Eucaristia [48.] Il pane utilizzato nella celebrazione del santo
Sacrificio eucaristico deve essere azimo, esclusivamente di frumento e
preparato di recente, in modo che non ci sia alcun rischio di decomposizione.[123]
Ne consegue, dunque, che quello preparato con altra materia, anche se
cereale, o quello a cui sia stata mescolata materia diversa dal frumento, in
quantità tale da non potersi dire, secondo la comune estimazione, pane di
frumento, non costituisce materia valida per la celebrazione del sacrificio e
del sacramento eucaristico.[124] È un grave abuso introdurre nella confezione
del pane dell’Eucaristia altre sostanze, come frutta, zucchero o miele. Va da
sé che le ostie devono essere confezionate da persone che non soltanto si
distinguano per onestà, ma siano anche esperte nel prepararle e fornite di
strumenti adeguati.[125] [49.] In ragione
del segno espresso, conviene che qualche parte del pane eucaristico ottenuto
dalla frazione sia distribuito almeno a qualche fedele al momento della
Comunione. «Le ostie piccole non sono comunque affatto escluse, quando il
numero dei comunicandi, o altre ragioni pastorali lo esigano»;[126] si usino,
anzi, di solito particole per lo più piccole, che non richiedano ulteriore
frazione. [50.] Il vino utilizzato nella celebrazione del santo
sacrificio eucaristico deve essere naturale, del frutto della vite, genuino,
non alterato, né commisto a sostanze estranee.[127] Nella stessa
celebrazione della Messa va mescolata ad esso una modica quantità di acqua.
Con la massima cura si badi che il vino destinato all’Eucaristia sia
conservato in perfetto stato e non diventi aceto.[128] È assolutamente
vietato usare del vino, sulla cui genuinità e provenienza ci sia dubbio: la
Chiesa esige, infatti, certezza rispetto alle condizioni necessarie per la
validità dei sacramenti. Non si ammetta, poi, nessun pretesto a favore di
altre bevande di qualsiasi genere, che non costituiscono materia valida. 2. La
Preghiera eucaristica [51.] Si usino soltanto le Preghiere eucaristiche che si trovano nel
Messale Romano o legittimamente approvate dalla Sede Apostolica secondo i
modi e i termini da essa definiti. «Non si può tollerare che alcuni Sacerdoti
si arroghino il diritto di comporre preghiere eucaristiche»[129] o modificare
il testo di quelle approvate dalla Chiesa,né adottarne altre composte da
privati.[130] [52.] La recita della Preghiera eucaristica, che per sua stessa
natura è come il culmine dell’intera celebrazione, è propria del Sacerdote,
in forza della sua ordinazione. È, pertanto, un abuso far sì che alcune parti
della Preghiera eucaristica siano recitate da un Diacono, da un ministro
laico oppure da uno solo o da tutti i fedeli insieme. La Preghiera
eucaristica deve, dunque, essere interamente recitata dal solo
Sacerdote.[131] [53.] Mentre il
Sacerdote celebrante recita la Preghiera eucaristica,«non si sovrappongano
altre orazioni o canti, e l’organo o altri strumenti musicali tacciano»,[132]
salvo che per le acclamazioni del popolo debitamente approvate, di cui si
veda più avanti. [54.] Il popolo,
tuttavia, prende parte sempre attivamente e mai in modo meramente passivo:al
Sacerdote«si associ con fede e in silenzio, ed anche con gli interventi
stabiliti nel corso della Preghiera eucaristica, quali sono le risposte nel
dialogo del Prefazio, il Santo, l’acclamazione dopo la consacrazione e l’Amen
dopo la dossologia finale, ed altre acclamazioni approvate dalla Conferenza
dei Vescovi e confermate dalla Santa Sede».[133] [55.] In alcuni luoghi è invalso l’abuso per cui il Sacerdote spezza
l’ostia al momento della consacrazione durante la celebrazione della santa
Messa. Tale abuso si compie, però, contro la tradizione della Chiesa e va
riprovato e molto urgentemente corretto. [56.] Non si ometta
nella Preghiera eucaristica il ricordo del nome del Sommo Pontefice e del
Vescovo diocesano, per conservare un’antichissima tradizione e manifestare la
comunione ecclesiale. Infatti, «lo stesso radunarsi insieme della comunità
eucaristica è anche comunione con il proprio Vescovo e con il Romano
Pontefice».[134] 3. Le altre
parti della Messa [57.] È diritto
della comunità dei fedeli che ci siano regolarmente, soprattutto nella
celebrazione domenicale, una adeguata e idonea musica sacra e, sempre, un altare,
dei paramenti e sacri lini che splendano, secondo le norme, per dignità,
decoro e pulizia. [58.] Parimenti,
tutti i fedeli hanno il diritto che la celebrazione dell’Eucaristia sia
diligentemente preparata in tutte le sue parti, in modo tale che in essa sia
degnamente ed efficacemente proclamata e illustrata la parola di Dio, sia
esercitata con cura, secondo le norme, la facoltà di scelta dei testi
liturgici e dei riti, e nella celebrazione della Liturgia sia debitamente
custodita e alimentata la loro fede nelle parole dei canti. [59.] Si ponga fine al riprovevole uso con il quale i Sacerdoti, i
Diaconi o anche i fedeli mutano e alterano a proprio arbitrio qua e là i
testi della sacra Liturgia da essi pronunciati. Così facendo, infatti,
rendono instabile la celebrazione della sacra Liturgia e non di rado ne
alterano il senso autentico. [60.] Nella
celebrazione della Messa la Liturgia della Parola e la Liturgia eucaristica
sono strettamente congiunte tra loro e formano un solo atto di culto.
Pertanto, non è lecito separare una parte dall’altra, celebrandole in tempi e
luoghi differenti.[135] Inoltre, non è lecito eseguire singole sezioni della
santa Messa in vari momenti anche di uno stesso giorno. [61.] Nello scegliere
le letture bibliche da proclamare nella celebrazione della Messa, si seguano
le norme che si trovano nei libri liturgici,[136] affinché realmente «la
mensa della Parola di Dio sia imbandita ai fedeli con maggiore abbondanza e
vengano ad essi aperti più largamente i tesori della Bibbia».[137] [62.] Non è
permesso omettere o sostituire di propria iniziativa le letture bibliche
prescritte né sostituire specialmente «le letture e il salmo responsoriale,
che contengono la parola di Dio, con altri testi non biblici».[138] [63.] La lettura
del Vangelo, che «costituisce il culmine della Liturgia della Parola»,[139] è
riservata, secondo la tradizione della Chiesa, nella celebrazione della sacra
Liturgia al ministro ordinato.[140] Non è pertanto consentito a un laico,
anche religioso, proclamare il Vangelo durante la celebrazione della santa
Messa e neppure negli altri casi in cui le norme non lo permettano
esplicitamente.[141] [64.] L’omelia,
che si tiene nel corso della celebrazione della santa Messa ed è parte della
stessa Liturgia,[142] «di solito è tenuta dallo stesso Sacerdote celebrante o
da lui affidata a un Sacerdote concelebrante, o talvolta, secondo
l’opportunità, anche al Diacono, mai però a un laico.[143] In casi
particolari e per un giusto motivo l’omelia può essere tenuta anche da un
Vescovo o da un Presbitero che partecipa alla celebrazione anche se non può
concelebrare».[144] [65.] Va
ricordato che, in base a quanto prescritto dal canone 767, § 1, si ritiene
abrogata ogni precedente norma che abbia consentito a fedeli non ordinati di
tenere l’omelia durante la celebrazione eucaristica.[145] Tale prassi è, di
fatto, riprovata e non può, pertanto, essere accordata in virtù di alcuna
consuetudine. [66.] Il divieto
di ammissione dei laici alla predicazione durante la celebrazione della Messa
vale anche per i seminaristi, per gli studenti di discipline teologiche, per
quanti abbiano ricevuto l’incarico di «assistenti pastorali», e per qualsiasi
altro genere, gruppo, comunità o associazione di laici.[146] [67.]
Soprattutto, si deve prestare piena attenzione affinché l’omelia si incentri
strettamente sul mistero della salvezza, esponendo nel corso dell’anno
liturgico sulla base delle letture bibliche e dei testi liturgici i misteri
della fede e le regole della vita cristiana e offrendo un commento ai testi
dell’Ordinario o del Proprio della Messa o di qualche altro rito della
Chiesa.[147] Va da sé che tutte le interpretazioni della sacra Scrittura
debbano essere ricondotte a Cristo come supremo cardine dell’economia della
salvezza, ma ciò avvenga tenendo anche conto dello specifico contesto della
celebrazione liturgica. Nel tenere l’omelia si abbia cura di irradiare la
luce di Cristo sugli eventi della vita. Ciò però avvenga in modo da non
svuotare il senso autentico e genuino della parola di Dio, trattando, per
esempio, solo di politica o di argomenti profani o attingendo come da fonte a
nozioni provenienti da movimenti pseudo-religiosi diffusi nella nostra
epoca.[148] [68.] Il Vescovo
diocesano vigili con attenzione sull’omelia,[149] facendo anche circolare tra
i ministri sacri norme, lineamenti e sussidi e promovendo incontri e altre
iniziative apposite, affinché essi abbiano spesso occasione di riflettere con
maggiore accuratezza sulla natura dell’omelia e trovino un aiuto per quanto
concerne la sua preparazione. [69.] Non si
ammetta nella santa Messa, come nelle altre celebrazioni liturgiche, un Credo
o Professione di fede, che non sia inserito nei libri liturgici debitamente
approvati. [70.] Le
offerte che i fedeli sono soliti presentare durante la santa Messa per la
Liturgia eucaristica non si riducono necessariamente al pane e al vino per la
celebrazione dell’Eucaristia, ma possono comprendere anche altri doni che
vengono portati dai fedeli sotto forma di denaro o altri beni utili per la
carità verso i poveri. I doni esteriori devono, tuttavia, essere sempre
espressione visibile di quel vero dono che il Signore aspetta da noi: un
cuore contrito e l’amore di Dio e del prossimo, per mezzo del quale siamo conformati
al sacrificio di Cristo che offrì se stesso per noi. Nell’Eucaristia,
infatti, risplende in sommo grado il mistero di quella carità che Gesù Cristo
ha rivelato nell’Ultima Cena lavando i piedi dei discepoli. Tuttavia, a
salvaguardia della dignità della sacra Liturgia occorre che le offerte
esteriori siano presentate in modo adeguato. Pertanto, il denaro, come pure
le altre offerte per i poveri, siano collocati in un luogo adatto, ma fuori
della mensa eucaristica.[150] Ad eccezione del denaro e, nel caso, in ragione
del segno, di una minima parte degli altri doni, è preferibile che tali
offerte vengano presentate al di fuori della celebrazione della Messa. [71.] Si mantenga l’uso del Rito romano di scambiare la
pace prima della santa Comunione, come stabilito nel Rito della Messa.
Secondo la tradizione del Rito romano, infatti, questo uso non ha
connotazione né di riconciliazione né di remissione dei peccati, ma piuttosto
la funzione di manifestare pace, comunione e carità prima di ricevere la Santissima
Eucaristia.[151] È, invece, l’atto
penitenziale da eseguire all’inizio della Messa, in particolare secondo la sua prima forma, ad avere carattere di
riconciliazione tra i fratelli. [72.] Conviene «che ciascuno dia la pace soltanto a
coloro che gli stanno più vicino, in modo sobrio». «Il Sacerdote può dare la
pace ai ministri, rimanendo tuttavia sempre nel presbiterio, per non
disturbare la celebrazione. Così ugualmente faccia se, per qualche motivo
ragionevole, vuol dare la pace ad alcuni fedeli». Nec fiat cantus
quidam ad pacem comitandam sed sine mora procedatur ad «Agnus Dei». «Per ciò
che riguarda il modo di compiere lo stesso gesto di pace, esso è stabilito
dalle Conferenze dei Vescovi […] secondo l’indole e le usanze dei popoli» e
confermato da parte della Sede Apostolica.[152] [73.] Nella
celebrazione della santa Messa la frazione del pane eucaristico, che va fatta
soltanto ad opera del Sacerdote celebrante, con l’aiuto, se è il caso, di un
Diacono o del concelebrante, ma non di un laico, inizia dopo lo scambio della
pace, mentre si recita l’«Agnello di Dio». Il gesto della frazione del pane,
infatti, «compiuto da Cristo nell’ultima Cena, che sin dal tempo apostolico
ha dato il nome a tutta l’azione eucaristica, significa che i molti fedeli, nella
Comunione derivante dall’unico pane di vita, che è il Cristo morto e risorto
per la salvezza del mondo, costituiscono un solo corpo (1 Cor 10,
17)».[153] Il rito, pertanto, deve essere eseguito con grande rispetto.[154]
Sia però breve. Si corregga molto urgentemente l’abuso invalso in alcuni
luoghi di prolungare senza necessità tale rito, anche con l’aiuto di laici
contrariamente alle norme, e di attribuirgli una esagerata importanza.[155] [74.] Se vi fosse l’esigenza di fornire informazioni o testimonianze
di vita cristiana ai fedeli radunati in Chiesa, è generalmente preferibile che ciò avvenga al di fuori
della Messa. Tuttavia, per una grave causa, si possono offrire tali
informazioni o testimonianze quando il Sacerdote abbia pronunciato la
preghiera dopo la Comunione. Questo uso, tuttavia, non diventi consueto. Tali informazioni e testimonianze, inoltre,
non abbiano un senso tale da poter essere confuse con l’omelia,[156] né si
può a causa loro totalmente sopprimere l’omelia stessa. 4. L’unione
dei vari riti con la celebrazione della Messa [75.] Per una
ragione teologica inerente alla celebrazione eucaristica o ad un rito
particolare, i libri liturgici talora prescrivono o permettono la
celebrazione della santa Messa unitamente a un altro rito, specialmente dei
sacramenti.[157] Negli altri casi, tuttavia, la Chiesa non ammette tale
collegamento, soprattutto quando si tratta di circostanze aventi indole
superficiale e vana. [76.] Inoltre,
secondo l’antichissima tradizione della Chiesa romana, non è lecito unire il
sacramento della Penitenza con la santa Messa in modo tale che diventi
un’unica azione liturgica. Ciò non impedisce, tuttavia, che dei Sacerdoti,
salvo coloro che celebrano o concelebrano la santa Messa, ascoltino le
confessioni dei fedeli che lo desiderino, anche mentre si celebra la Messa
nello stesso luogo, per venire incontro alle necessità dei fedeli.[158] Ciò
tuttavia si svolga nella maniera opportuna. [77.] In nessun
modo si combini la celebrazione della santa Messa con il contesto di una
comune cena, né la si metta in rapporto con analogo tipo di convivio. Salvo
che in casi di grave necessità, non si celebri la Messa su di un tavolo da
pranzo[159] o in un refettorio o luogo utilizzato per tale finalità
conviviale, né in qualunque aula in cui sia presente del cibo, né coloro che
partecipano alla Messa siedano a mensa nel corso stesso della celebrazione.
Se per grave necessità si dovesse celebrare la Messa nello stesso luogo in
cui dopo si deve cenare, si interponga un chiaro spazio di tempo tra la
conclusione della Messa e l’inizio della cena e non si esibisca ai fedeli nel
corso della Messa del cibo ordinario. [78.] Non è lecito collegare la celebrazione della Messa con eventi
politici o mondani o con circostanze che non rispondano pienamente al
Magistero della Chiesa cattolica. Si deve, inoltre, evitare del tutto di
celebrare la Messa per puro desiderio di ostentazione o di celebrarla secondo
lo stile di altre cerimonie, tanto più se profane, per non svuotare il
significato autentico dell’Eucaristia. [79.] Infine, va
considerato nel modo più severo l’abuso di introdurre nella celebrazione
della santa Messa elementi contrastanti con le prescrizioni dei libri
liturgici, desumendoli dai riti di altre religioni. Capitolo IV LA SANTA COMUNIONE 1.
Disposizioni per ricevere la santa Comunione [80.]
L’Eucaristia sia proposta ai fedeli anche «come antidoto, che ci libera dalle
colpe quotidiane e ci preserva dai peccati mortali»,[160] come è posto in
luce nelle diverse parti della Messa. Quanto all’atto penitenziale collocato
all’inizio della Messa, esso ha lo scopo di disporre i partecipanti perché
siano in grado di celebrare degnamente i santi misteri;[161] tuttavia, «è
privo dell’efficacia del sacramento della Penitenza»[162] e, per quanto concerne
la remissione dei peccati gravi, non si può ritenere un sostituto del
sacramento della Penitenza. I pastori di anime curino con diligenza
l’istruzione catechetica, in modo che ai fedeli sia trasmesso l’insegnamento
cristiano a questo riguardo. [81.] La
consuetudine della Chiesa afferma, inoltre, la necessità che ognuno esamini
molto a fondo se stesso,[163] affinché chi sia conscio di essere in peccato
grave non celebri la Messa né comunichi al Corpo del Signore senza avere
premesso la confessione sacramentale, a meno che non vi sia una ragione grave
e manchi l’opportunità di confessarsi; nel qual caso si ricordi che è tenuto
a porre un atto di contrizione perfetta, che include il proposito di
confessarsi quanto prima.[164] [82.] Inoltre, «la Chiesa ha dato delle norme che mirano
insieme a favorire l’accesso frequente e fruttuoso dei fedeli alla mensa
eucaristica e a determinare le condizioni oggettive in cui ci si deve
astenere del tutto dal distribuire la Comunione».[165] [83.] È certamente la cosa migliore che tutti coloro che partecipano
ad una celebrazione della santa Messa e sono forniti delle dovute condizioni
ricevano in essa la santa Comunione. Talora,
tuttavia, avviene che i fedeli si accostino alla sacra mensa in massa e senza
il necessario discernimento. È compito dei pastori correggere con prudenza e
fermezza tale abuso. [84.] Inoltre, se si celebra la santa Messa per una grande folla o,
per esempio, nelle grandi città, occorre che si faccia attenzione affinché
per mancanza di consapevolezza non
accedano alla santa Comunione anche i non cattolici o perfino i non
cristiani, senza tener conto del
Magistero della Chiesa in ambito dottrinale e disciplinare. Spetta ai
pastori avvertire al momento opportuno i presenti sulla verità e sulla disciplina da osservare rigorosamente. [85.] I ministri cattolici amministrano lecitamente i sacramenti ai
soli fedeli cattolici, i quali parimenti li ricevono lecitamente dai soli
ministri cattolici, salvo le disposizioni del can. 844 §§ 2, 3 e 4, e del
can. 861 § 2.[166] Inoltre, le condizioni stabilite dal can. 844 § 4, alle
quali non può essere derogato in alcun modo,[167] non possono essere separate
tra loro; è, pertanto, necessario che tutte siano sempre richieste
simultaneamente. [86.] I fedeli siano accortamente guidati alla
pratica di accedere al sacramento della Penitenza al di fuori della
celebrazione della Messa, soprattutto negli orari stabiliti, di modo che la
sua amministrazione si svolga con tranquillità e a loro effettivo giovamento,
senza che siano impediti da una attiva partecipazione alla Messa. Coloro
che sono soliti comunicarsi ogni giorno o molto spesso siano istruiti in modo
da accedere al sacramento della Penitenza nei tempi opportuni, secondo le
possibilità di ciascuno.[168] [87.] Si premetta
sempre alla Prima Comunione dei bambini la confessione sacramentale e
l’assoluzione.[169] La Prima Comunione, inoltre, sia sempre amministrata da
un Sacerdote e mai al di fuori della celebrazione della Messa. Salvo casi
eccezionali, è poco appropriato amministrarla il Giovedì Santo «in Cena
Domini». Si scelga piuttosto un altro giorno, come le domeniche II-VI di
Pasqua o la solennità del Santissimo Corpo e Sangue di Cristo o le domeniche
«per annum», in quanto la domenica è giustamente considerata il giorno
dell’Eucaristia.[170] A ricevere l’Eucaristia non «accedano i bambini che non
abbiano raggiunto l’età della ragione o che»il parroco «abbia giudicato non
sufficientemente pronti».[171] Tuttavia, qualora avvenga che un bambino, in via
del tutto eccezionale rispetto all’età, sia ritenuto maturo per ricevere il
sacramento, non gli si rifiuti la Prima Comunione, a condizione che sia stato
sufficientemente preparato. 2. La
distribuzione della santa Comunione [88.] I fedeli di
solito ricevano la Comunione sacramentale dell’Eucaristia nella stessa Messa
e al momento prescritto dal rito stesso della celebrazione, vale a dire
immediatamente dopo la Comunione del Sacerdote celebrante.[172] Spetta al
Sacerdote celebrante, eventualmente coadiuvato da altri Sacerdoti o dai
Diaconi, distribuire la Comunione e la Messa non deve proseguire, se non una
volta ultimata la Comunione dei fedeli. Soltanto laddove la necessità lo
richieda, i ministri straordinari possono, a norma del diritto, aiutare il Sacerdote
celebrante.[173] [89.] Affinché,
anche«per mezzo dei segni, la Comunione appaia meglio come partecipazione al
Sacrificio che si celebra»,[174] è da preferirsi che i fedeli possano
riceverla con ostie consacrate nella stessa Messa.[175] [90.] «I fedeli
si comunicano in ginocchio o in piedi, come stabilito dalla Conferenza dei
Vescovi», e confermato da parte della Sede Apostolica. «Quando però si
comunicano stando in piedi, si raccomanda che, prima di ricevere il
Sacramento, facciano la debita riverenza, da stabilire dalle stesse
norme».[176] [91.] Nella
distribuzione della santa Comunione è da ricordare che «i ministri sacri non
possono negare i sacramenti a coloro che li chiedano opportunamente, siano
disposti nel debito modo e non abbiano dal diritto la proibizione di
riceverli».[177] Pertanto, ogni cattolico battezzato, che non sia impedito
dal diritto, deve essere ammesso alla sacra comunione. Non è lecito, quindi,
negare a un fedele la santa Comunione, per la semplice ragione, ad esempio,
che egli vuole ricevere l’Eucaristia in ginocchio oppure in piedi. [92.] Benché ogni
fedele abbia sempre il diritto di ricevere, a sua scelta, la santa Comunione
in bocca,[178] se un comunicando, nelle regioni in cui la Conferenza dei
Vescovi, con la conferma da parte della Sede Apostolica, lo abbia permesso,
vuole ricevere il Sacramento sulla mano, gli sia distribuita la sacra ostia.
Si badi, tuttavia, con particolare attenzione che il comunicando assuma
subito l’ostia davanti al ministro, di modo che nessuno si allontani portando
in mano le specie eucaristiche. Se c’è pericolo di profanazione, non sia
distribuita la santa Comunione sulla mano dei fedeli.[179] [93.] È necessario che si mantenga l’uso del piattino per la
Comunione dei fedeli, per evitare che la sacra ostia o qualche suo frammento
cada.[180] [94.] Non è
consentito ai fedeli di «prendere da sé e tanto meno passarsi tra loro di
mano in mano»[181] la sacra ostia o il sacro calice. In merito, inoltre, va
rimosso l’abuso che gli sposi durante la Messa nuziale si distribuiscano in
modo reciproco la santa Comunione. [95.] Il fedele
laico «che ha già ricevuto la Santissima Eucaristia, può riceverla una
seconda volta nello stesso giorno, soltanto entro la celebrazione eucaristica
alla quale partecipa, salvo il disposto del can. 921 § 2».[182] [96.] Va
disapprovato l’uso di distribuire, contrariamente alle prescrizioni dei libri
liturgici, a mo’ di Comunione durante la celebrazione della santa Messa o
prima di essa ostie non consacrate o altro materiale commestibile o meno.
Tale uso, infatti, non si concilia con la tradizione del Rito romano e reca
in sé il rischio di ingenerare confusione tra i fedeli riguardo alla dottrina
eucaristica della Chiesa. Se in alcuni luoghi vige, per concessione, la
consuetudine particolare di benedire il pane e distribuirlo dopo la Messa, si
fornisca con grande cura una corretta catechesi di questo gesto. Non si
introducano, invece, altre usanze similari, né si utilizzino mai a tale scopo
ostie non consacrate. 3. La
Comunione dei Sacerdoti [97.] Ogni volta
che celebra la santa Messa, il Sacerdote deve comunicarsi all’altare al
momento stabilito dal Messale; i concelebranti, invece, prima di procedere
alla distribuzione della Comunione. Il Sacerdote celebrante o concelebrante
non attenda mai per comunicarsi il termine della Comunione del popolo.[183] [98.] La
Comunione dei Sacerdoti concelebranti si svolga secondo le norme prescritte
nei libri liturgici, facendo sempre uso di ostie consacrate durante la stessa
Messa,[184] e ricevendo tutti i concelebranti la Comunione sotto le due
specie. Si noti che, quando il Sacerdote o il Diacono amministra ai
concelebranti la sacra ostia o il calice, non dice nulla, vale a dire non
pronuncia le parole «Il Corpo di Cristo» o «Il Sangue di Cristo». [99.] La
Comunione sotto le due specie è sempre permessa «ai Sacerdoti,che non possono
celebrare o concelebrare».[185] 4. La
Comunione sotto le due specie [100.] Al fine di
manifestare ai fedeli con maggior chiarezza la pienezza del segno nel
convivio eucaristico, sono ammessi
alla Comunione sotto le due specie nei casi citati nei libri liturgici anche
i fedeli laici, con il presupposto e l’incessante accompagnamento di una
debita catechesi circa i principi dogmatici fissati in materia dal Concilio
Ecumenico Tridentino.[186] [101.] Per
amministrare la santa Comunione ai fedeli laici sotto le due specie si dovrà
tenere appropriatamente conto delle circostanze, sulle quali spetta anzitutto
ai Vescovi diocesani dare una valutazione. Ciò si escluda assolutamente
quando esista rischio, anche minimo, di profanazione delle sacre specie.[187]
Per un più ampio coordinamento, occorre che le Conferenze dei Vescovi
pubblichino, con la conferma da parte della Sede Apostolica, mediante la
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, le norme
relative soprattutto al «modo di distribuire ai fedeli la santa Comunione
sotto le due specie e all’estensione della facoltà».[188] [102.] Non si
amministri ai fedeli laici il calice, laddove sia presente un numero di
comunicandi tanto grande[189] che risulterebbe difficile stimare la quantità
di vino necessario per l’Eucaristia e esisterebbe il rischio che «rimanga una
quantità di Sangue di Cristo superiore al giusto da assumere al termine della
celebrazione»,[190] né parimenti laddove l’accesso al calice può essere
regolato con difficoltà o fosse richiesta una quantità sufficiente di vino,
della quale solo difficilmente si può avere garanzia di provenienza e
qualità, o laddove non sia disponibile un congruo numero di ministri sacri né
di ministri straordinari della sacra Comunione provvisti di appropriata
preparazione, o laddove una parte notevole del popolo perseveri, per varie
ragioni, nel rifiutarsi di accedere al calice, facendo così venir meno in un
certo qual modo il segno dell’unità. [103.] Le norme
del Messale Romano ammettono il principio che, nei casi in cui la Comunione è
distribuita sotto le due specie, «il Sangue di Cristo può essere bevuto
direttamente al calice, per intinzione, con la cannuccia o con il
cucchiaino».[191] Quanto all’amministrazione della Comunione ai fedeli laici,
i Vescovi possono escludere la
modalità della Comunione con la cannuccia o il cucchiaino, laddove non sia
uso locale, rimanendo comunque sempre vigente la possibilità di amministrare
la Comunione per intinzione. Se però si usa questa modalità, si ricorra ad
ostie che non siano né troppo sottili, né troppo piccole e il comunicando
riceva dal Sacerdote il Sacramento soltanto in bocca.[192] [104.] Non si permetta al comunicando di intingere da sé l’ostia nel
calice, né di ricevere in mano l’ostia intinta. Quanto all’ostia da
intingere, essa sia fatta di materia valida e sia consacrata, escludendo del
tutto l’uso di pane non consacrato o di altra materia. [105.] Se non
fosse sufficiente un solo calice per distribuire la Comunione sotto le due
specie ai Sacerdoti concelebranti o ai fedeli, nulla osta che il Sacerdote
celebrante usi più calici.[193] Va, infatti, ricordato che tutti i Sacerdoti
che celebrano la santa Messa sono tenuti a comunicarsi sotto le due specie.
In ragione del segno, è lodevole servirsi di un calice principale più grande
insieme ad altri calici di minori dimensioni. [106.] Ci si astenga, tuttavia, dal riversare dopo la consacrazione il
Sangue di Cristo da un vaso in un altro, per evitare qualunque cosa che possa
risultare irrispettosa di così grande mistero. Per ricevere il Sangue del
Signore non si utilizzino in nessun caso brocche, crateri o altri vasi non
integralmente rispondenti alle norme stabilite. [107.] Secondo la normativa stabilita dai canoni, «chi getta via
le specie consacrate, oppure le asporta o le conserva a scopo sacrilego,
incorre nella scomunica latae sententiae riservata alla Sede
Apostolica; il chierico inoltre può essere punito con altra pena, non esclusa
la dimissione dallo stato clericale».[194] All’interno di questo caso si deve considerare annoverabile
qualunque azione volontariamente e gravemente volta a dispregio delle sacre
specie. Se, pertanto, qualcuno agisce contro le suddette norme, gettando ad
esempio le sacre specie nel sacrario o in luogo indegno o a terra, incorre
nelle pene stabilite.[195] Tengano, inoltre, tutti presente che,
al termine della distribuzione della santa Comunione durante la celebrazione
della Messa, vanno osservate le prescrizioni del Messale Romano, e
soprattutto che quanto eventualmente resta del Sangue di Cristo deve essere
subito interamente consumato dal Sacerdote o, secondo le norme, da un altro
ministro, mentre le ostie consacrate avanzate vengano o immediatamente
consumate all’altare dal Sacerdote o portate in un luogo appositamente
destinato a conservare l’Eucaristia.[196]
Capitolo V ALTRI ASPETTI RIGUARDANTI L’EUCARISTIA 1. Il luogo
della celebrazione della santa Messa [108.] «La
celebrazione eucaristica venga compiuta nel luogo sacro, a meno che in un
caso particolare la necessità non richieda altro; nel qual caso, la
celebrazione deve essere compiuta in un luogo decoroso».[197] Su tale
necessità sarà, di norma, il Vescovo diocesano a valutare secondo il caso per
la propria diocesi. [109.] Non è mai
consentito a un Sacerdote celebrare nel tempio o luogo sacro di una religione
non cristiana. 2. Circostanze
varie relative alla santa Messa [110.] «Sempre
memori che nel mistero del Sacrificio eucaristico viene esercitata
ininterrottamente l’opera della redenzione, i Sacerdoti celebrino
frequentemente; anzi se ne raccomanda caldamente la celebrazione quotidiana,
la quale, anche quando non si possa avere la presenza dei fedeli, è un atto
di Cristo e della Chiesa, nella cui celebrazione i Sacerdoti adempiono il
loro principale compito».[198] [111.] Un
Sacerdote sia ammesso a celebrare o concelebrare l’Eucaristia «anche se
sconosciuto al rettore della chiesa, purché esibisca la lettera
commendatizia» della Sede Apostolica o del suo Ordinario o del suo Superiore,
data almeno entro l’anno, «oppure si possa prudentemente ritenere che non sia
impedito di celebrare».[199] I Vescovi provvedano che abitudini contrarie
siano eliminate. [112.] La Messa si celebra o in lingua latina o in altra lingua,
purché si faccia ricorso a testi liturgici approvati a norma del diritto.
Salvo le celebrazioni della Messa che devono essere svolte nella lingua del
popolo secondo gli orari e i tempi stabiliti dall’autorità ecclesiastica, è
consentito sempre e ovunque ai Sacerdoti celebrare in latino.[200] [113.] Quando la Messa è concelebrata da più Sacerdoti, nel
pronunciare la Preghiera eucaristica si usi la lingua conosciuta sia da tutti
i Sacerdoti concelebranti sia dal popolo riunito. Qualora avvenga che vi
siano tra i Sacerdoti alcuni che non conoscono la lingua della celebrazione,
cosicché non possono debitamente pronunciare le parti della Preghiera
eucaristica che sono loro proprie, essi non concelebrino, ma preferibilmente
assistano secondo le norme alla celebrazione indossando l’abito corale.[201] [114.] «Nelle
Messe domenicali della parrocchia, in quanto ‘comunità eucaristica’, è
normale poi che si ritrovino i vari gruppi, movimenti, associazioni, le stesse
piccole comunità religiose in essa presenti».[202] Benché sia possibile, a
norma del diritto, celebrare la Messa per gruppi particolari, ciononostante tali gruppi non sono dispensati dalla fedele
osservanza delle norme liturgiche.[203] [115.] Va riprovato l’abuso di sospendere in modo arbitrario la
celebrazione della santa Messa per il popolo, contro le norme del Messale
Romano e la sana tradizione del Rito romano, con il pretesto di promuovere
«il digiuno eucaristico». [116.] Non si
moltiplichino le Messe, contro la norma del diritto, e, quanto alle offerte
per l’intenzione della Messa, si osservino tutte le regole comunque vigenti
in forza del diritto.[204] 3. I vasi
sacri [117.] I vasi
sacri destinati ad accogliere il Corpo e il Sangue del Signore, siano
rigorosamente foggiati a norma di tradizione e dei libri liturgici.[205] È
data facoltà alle Conferenze dei Vescovi di stabilire, con la conferma della
Santa Sede, se sia opportuno che i vasi sacri siano fabbricati anche con
altri materiali solidi. Tuttavia, si richiede strettamente che tali materiali
siano davvero nobili secondo il comune giudizio di ciascuna regione,[206] di
modo che con il loro uso si renda onore al Signore e si eviti completamente
il rischio di sminuire agli occhi dei fedeli la dottrina della presenza reale
di Cristo nelle specie eucaristiche. È pertanto riprovevole qualunque uso,
per il quale ci si serva nella celebrazione della Messa di vasi comuni o
piuttosto scadenti quanto alla qualità o privi di qualsiasi valore artistico,
ovvero di semplici cestini o altri vasi in vetro, argilla, creta o altro
materiale facilmente frangibile. Ciò vale anche per i metalli e altri
materiali facili ad alterarsi.[207] [118.] I vasi
sacri, prima di essere usati, devono essere benedetti dal Sacerdote secondo i
riti prescritti nei libri liturgici.[208] È lodevole che la benedizione sia
impartita dal Vescovo diocesano, che valuterà se i vasi siano adatti all’uso
a cui sono destinati. [119.] Il
Sacerdote, ritornato all’altare dopo la distribuzione della Comunione, stando
in piedi all’altare o a un tavolo purifica la patena o la pisside al di sopra
del calice, secondo le prescrizioni del Messale, e asciuga il calice con il
purificatoio. Se è presente il Diacono, questi torna all’altare insieme al
Sacerdote e purifica lui i vasi. È tuttavia consentito, specialmente se sono
numerosi, lasciare i vasi sacri da purificare opportunamente coperti
sull’altare o sulla credenza sul corporale e che il Sacerdote o il Diacono li
purificano subito dopo la Messa, una volta congedato il popolo. Parimenti,
l’accolito istituito aiuta il Sacerdote o il Diacono a purificare e sistemare
i vasi sacri sia all’altare sia alla credenza. In assenza del Diacono
l’accolito istituito porta alla credenza i vasi sacri e li purifica, li
asciuga e li sistema come al solito.[209] [120.] I pastori
abbiano cura di mantenere costantemente puliti i lini della mensa sacra, e in
particolare quelli destinati ad accogliere le sacre specie, e di lavarli
piuttosto di frequente secondo la prassi tradizionale. È lodevole che l’acqua
del primo lavaggio, che va eseguito a mano, si versi nel sacrario della
chiesa o a terra in un luogo appropriato. Successivamente, si può effettuare
un nuovo lavaggio nel modo consueto. 4. Le vesti
liturgiche [121.] «La varietà
dei colori nelle vesti sacre ha lo scopo di esprimere, anche con mezzi
esterni, da un lato la caratteristica particolare dei misteri della fede che
vengono celebrati, e dall’altro il senso della vita cristiana in cammino
lungo il corso dell’anno liturgico».[210] In realtà, la differenza«di compiti
nella celebrazione della sacra Liturgia, si manifesta esteriormente con la
diversità delle vesti sacre. Conviene che tali vesti sacre contribuiscano
anche al decoro della stessa azione sacra».[211] [122.] «Il camice
è stretto ai fianchi dal cingolo, a meno che non sia fatto in modo da aderire
al corpo anche senza cingolo. Prima di indossare il camice, se questo non
copre l’abito comune attorno al collo, si usi l’amitto».[212] [123.] «Nella
Messa e nelle altre azioni sacre direttamente collegate con essa, veste
propria del Sacerdote celebrante è la casula o pianeta, se non viene indicato
diversamente, da indossarsi sopra il camice e la stola».[213] Parimenti, il
Sacerdote che porta la casula secondo le rubriche non tralasci di indossare
la stola. Tutti gli Ordinari provvedano che ogni uso contrario sia eliminato.
[124.] Nel
Messale Romano si dà facoltà ai Sacerdoti che concelebrano la Messa accanto
al celebrante principale, il quale indossi sempre la casula del colore
prescritto, di poter omettere, in presenza di una giusta causa, come ad
esempio il numero piuttosto elevato di concelebranti e la mancanza di
paramenti, «la casula o la pianeta, facendo uso della stola sopra il
camice».[214] Qualora tuttavia fosse possibile prevedere tale situazione, si
provveda in merito per quanto possibile. Coloro che concelebrano possono
anch’essi, oltre al celebrante principale, vestire per necessità la casula di
colore bianco. Per il resto, si osservino le norme dei libri liturgici. [125.] Veste
propria del Diacono è la dalmatica, da indossarsi sopra il camice e la stola.
Al fine di preservare una insigne tradizione della Chiesa, è lodevole non
valersi della facoltà di omettere la dalmatica.[215] [126.] È
riprovevole l’abuso per cui i ministri sacri, anche quando partecipa un solo
ministro, celebrano la santa Messa, contrariamente alle prescrizioni dei
libri liturgici, senza vesti sacre o indossando la sola stola sopra la
cocolla monastica o il normale abito religioso o un vestito ordinario.[216]
Gli Ordinari provvedano a correggere quanto prima tali abusi e a far sì che
in tutte le chiese e gli oratori sotto la propria giurisdizione sia presente
un congruo numero di vesti liturgiche realizzate secondo le norme. [127.] Nei libri
liturgici si dà speciale facoltà di utilizzare nei giorni più solenni le
sacre vesti festive, ovvero di maggiore dignità, anche se non siano del
colore del giorno.[217] Tale facoltà, tuttavia, riguardando propriamente
vesti tessute molti anni or sono al fine di preservare il patrimonio della
Chiesa, viene estesa impropriamente a innovazioni in modo tale che, lasciando
da parte gli usi tramandati, si assumono forme e colori secondo gusti
soggettivi e si menoma il senso di tale norma a detrimento della tradizione.
In occasione di un giorno festivo, vesti sacre di color oro o argento possono
sostituire, secondo opportunità, quelle di altro colore, ma non le vesti
violacee e nere. [128.] La Santa
Messa e le altre celebrazioni liturgiche, che sono azioni di Cristo e del
popolo di Dio gerarchicamente costituito, siano ordinate in modo tale che i
sacri ministri e i fedeli laici vi possano chiaramente partecipare secondo la
propria condizione. È preferibile dunque «che i presbiteri presenti alla
celebrazione eucaristica, se non sono scusati da una giusta causa, esercitino
di solito il ministero del proprio Ordine e quindi partecipino come
concelebranti, indossando le sacre vesti. Diversamente indossano il proprio
abito corale o la cotta sopra la veste talare».[218] Non è decoroso, salvo
motivate eccezioni, che essi partecipino alla Messa, quanto all’aspetto
esterno, alla maniera di fedeli laici. Capitolo VI LA CONSERVAZIONE DELLA SANTISSIMA EUCARISTIA 1. La
conservazione della Santissima Eucaristia [129.] «La
celebrazione dell’Eucaristia nel Sacrificio della Messa è veramente l’origine
e il fine del culto eucaristico fuori della Messa. Dopo la Messa si
conservano le sacre specie soprattutto perché i fedeli, e in modo particolare
i malati e gli anziani che non possono essere presenti alla Messa, si
uniscano, per mezzo della Comunione sacramentale, a Cristo e al suo
sacrificio, immolato e offerto nella Messa».[219] Questa conservazione,
inoltre, permette anche la pratica di adorare questo grande Sacramento e di
prestare ad esso il culto di latria, che si deve a Dio. È necessario,
pertanto, che si promuovano certe forme cultuali di adorazione non solo
privata ma anche pubblica e comunitaria istituite o approvate validamente
dalla stessa Chiesa.[220] [130.] «Secondo
la struttura di ciascuna chiesa e le legittime consuetudini locali, il
Santissimo Sacramento sia conservato nel tabernacolo in una parte della
chiesa di particolare dignità, elevata, ben visibile e decorosamente ornata»,
nonché, in virtù della tranquillità del luogo, dello spazio davanti al
tabernacolo e della presenza di panche o sedie e inginocchiatoi, «adatta alla
preghiera».[221] Si attenda, inoltre, con cura a tutte le prescrizioni dei
libri liturgici e alla norma del diritto,[222] specialmente al fine di
evitare il pericolo di profanazione.[223] [131.] Oltre a
quanto prescritto dal can. 934 § 1, è vietato conservare il Santissimo
Sacramento in un luogo non soggetto alla sicura autorità del Vescovo
diocesano o dove esista pericolo di profanazione. In questo caso, il Vescovo
diocesano revochi immediatamente la facoltà di conservazione dell’Eucaristia
precedentemente concessa.[224] [132.] Nessuno
porti a casa o in altro luogo la Santissima Eucaristia, contrariamente alla
norma del diritto. Si tenga, inoltre, presente che il sottrarre o ritenere a
fine sacrilego o il gettar via le specie consacrate sono atti che rientrano
in quei graviora delicta, la cui assoluzione è riservata alla
Congregazione per la Dottrina della Fede.[225] [133.] Il
Sacerdote o il Diacono o il ministro straordinario che, in assenza o sotto
impedimento del ministro ordinario, trasporta la Santissima Eucaristia per
amministrare la Comunione a un malato, si rechi dal luogo in cui il
Sacramento è conservato fino al domicilio del malato lungo un tragitto
possibilmente diretto e tralasciando ogni altra occupazione, in modo da
evitare qualsiasi rischio di profanazione e riservare la massima riverenza al
Corpo di Cristo. Si osservi sempre il rito dell’amministrazione della
Comunione ai malati come prescritto nel Rituale Romano. [226] 2. Alcune
forme di culto della Santissima Eucaristia fuori della Messa [134.] «Il culto
all’Eucaristia fuori della Messa è di valore inestimabile nella vita della
Chiesa. Tale culto è strettamente congiunto con la celebrazione del
Sacrificio eucaristico».[227] Pertanto, si promuova con impegno la pietà sia
pubblica sia privata verso la Santissima Eucaristia anche al di fuori della
Messa, affinché dai fedeli sia reso culto di adorazione a Cristo veramente e
realmente presente,[228] il quale è «Sommo Sacerdote dei beni futuri»[229] e
Redentore dell’universo. «Spetta ai Pastori incoraggiare, anche con la
testimonianza personale, il culto eucaristico, particolarmente le esposizioni
del Santissimo Sacramento, nonché la sosta adorante davanti a Cristo presente
sotto le specie eucaristiche».[230] [135.] I fedeli
«durante il giorno non omettano di fare la visita al Santissimo Sacramento,
in quanto prova di gratitudine, segno d’amore e debito di riconoscenza a
Cristo Signore là presente».[231] L’adorazione di Gesù presente nel
Santissimo Sacramento, infatti, in quanto Comunione di desiderio, unisce
fortemente il fedele a Cristo, come risplende dall’esempio di numerosi
santi.[232] «Se non vi si oppone una grave ragione, la chiesa nella quale
viene conservata la Santissima Eucaristia, resti aperta ai fedeli almeno per
qualche ora al giorno, affinché possano trattenersi in preghiera dinanzi al
Santissimo Sacramento». [233] [136.]
L’Ordinario incoraggi molto vivamente l’adorazione eucaristica, sia breve sia
prolungata o quasi continua, con il concorso del popolo. Negli ultimi anni,
infatti, in molti «luoghi l’adorazione quotidiana del Santissimo Sacramento
ha guadagnato ampio spazio e diviene fonte inesauribile di santità», benché
vi siano anche luoghi «dove va registrata una quasi totale noncuranza del
culto dell’adorazione eucaristica».[234] [137.]
L’esposizione della Santissima Eucaristia sia compiuta sempre secondo le
prescrizioni dei libri liturgici.[235] Non si escluda anche la recita del
Rosario, mirabile «nella sua semplicità ed elevatezza»,[236] dinanzi al
Santissimo Sacramento conservato o esposto. Tuttavia, soprattutto quando si
fa l’esposizione, si ponga in luce l’indole di questa preghiera come
contemplazione dei misteri della vita di Cristo Redentore e del disegno di
salvezza del Padre onnipotente, utilizzando in particolare letture desunte
dalla sacra Scrittura.[237] [138.] Comunque,
il Santissimo Sacramento non deve mai rimanere esposto, anche per brevissimo
tempo, senza sufficiente custodia. Si faccia, dunque, in modo che, in tempi
stabiliti, alcuni fedeli siano sempre presenti almeno a turno. [139.] Se il
Vescovo diocesano ha ministri sacri o altri destinabili a tale funzione, è
diritto dei fedeli fare spesso visita al Santissimo Sacramento per
l’adorazione e prendere parte almeno qualche volta nel corso dell’anno
all’adorazione della Santissima Eucaristia esposta. [140.] È
particolarmente raccomandabile che nelle città o almeno nei comuni di
maggiori dimensioni il Vescovo diocesano designi una chiesa per l’adorazione
perpetua, in cui però si celebri frequentemente, e per quanto possibile anche
quotidianamente, la santa Messa, interrompendo rigorosamente l’esposizione
nel momento in cui si svolge la funzione.[238] È opportuno che l’ostia da
esporre durante l’adorazione sia consacrata nella Messa che precede
immediatamente il tempo dell’adorazione e sia posta nell’ostensorio sopra
l’altare dopo la Comunione.[239] [141.] Il Vescovo
diocesano riconosca e, secondo le possibilità, incoraggi i fedeli nel loro
diritto di costituire confraternite ed associazioni per la pratica
dell’adorazione anche perpetua. Nei casi in cui tali associazioni assumono
indole internazionale, spetta alla Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti erigerle o approvare i loro statuti.[240] 3. Le
processioni e i Congressi eucaristici [142.] «Spetta al
Vescovo diocesano stabilire delle direttive circa le processioni, con cui
provvedere alla loro partecipazione e dignità»,[241] e promuovere
l’adorazione dei fedeli. [143.] «Ove, a
giudizio del Vescovo diocesano, è possibile, si svolga, quale pubblica
testimonianza di venerazione verso la Santissima Eucaristia e specialmente
nella solennità del Corpo e Sangue di Cristo, la processione condotta
attraverso le pubbliche vie»,[242] perché la devota «partecipazione dei
fedeli alla processione eucaristica nella solennità del Corpo e Sangue di
Cristo è una grazia del Signore che ogni anno riempie di gioia chi vi partecipa».[243] [144.] Benché in
alcuni luoghi ciò non risulti possibile, occorre tuttavia che non vada
perduta la tradizione di svolgere le processioni eucaristiche. Si cerchino,
piuttosto, nuove maniere di praticarle nelle circostanze attuali, come ad esempio
presso i santuari, all’interno di proprietà ecclesiastiche o, con il permesso
dell’autorità civile, nei giardini pubblici. [145.] Va
considerata di grande valore l’utilità pastorale dei Congressi eucaristici, i
quali «occorre siano segno vero di fede e carità».[244] Siano essi preparati
con diligenza e svolti secondo quanto stabilito,[245] affinché sia dato ai
fedeli di venerare i sacri misteri del Corpo e del Sangue del Figlio di Dio
in modo da sentire incessantemente in se stessi il frutto della redenzione.[246]
Capitolo VII I COMPITI STRAORDINARI DEI FEDELI LAICI [146.] Il
sacerdozio ministeriale non può essere in nessun modo sostituito. Se,
infatti, in una comunità manca il Sacerdote, essa è priva dell’esercizio della
funzione sacramentale di Cristo, Capo e Pastore, che appartiene all’essenza
stessa della vita della comunità.[247] Infatti, «il ministro, che può
celebrare in persona Christi il sacramento dell’Eucaristia, è solo il
Sacerdote validamente ordinato».[248] [147.] Se
tuttavia il bisogno della Chiesa lo richiede, in mancanza dei ministri sacri,
i fedeli laici possono, a norma del diritto, supplirlo in alcune mansioni
liturgiche.[249] Questi fedeli sono chiamati e delegati a svolgere
determinati compiti, di maggiore e di minore importanza, sostenuti dalla
grazia del Signore. Molti fedeli laici si sono già dedicati e si dedicano
tuttora sollecitamente a tale servizio, soprattutto nelle terre di missione,
dove la Chiesa ha ancora poca diffusione o si trova in condizioni di
persecuzione,[250] ma anche in altre regioni colpite dalla scarsità di
Sacerdoti e Diaconi. [148.] In
particolar modo, di grande importanza va considerata l’istituzione dei
catechisti, che hanno fornito e forniscono con grande impegno un aiuto unico
e assolutamente necessario alla diffusione della fede e della Chiesa.[251] [149.] In alcune
diocesi di più antica evangelizzazione molto di recente sono stati incaricati
come «assistenti pastorali» dei fedeli laici, moltissimi dei quali hanno senza
dubbio giovato al bene della Chiesa, sostenendo l’azione pastorale propria
del Vescovo, dei Sacerdoti e dei Diaconi. Si badi, tuttavia, che il profilo
di tale compito non sia troppo assimilato alla forma del ministero pastorale
dei chierici. Si deve, cioè, curare che gli «assistenti pastorali» non si
assumano funzioni che spettano propriamente al ministero dei sacri ministri. [150.] L’attività
dell’assistente pastorale sia volta ad agevolare il ministero dei Sacerdoti e
dei Diaconi, suscitare vocazioni al sacerdozio e al diaconato e preparare con
zelo, a norma del diritto, i fedeli laici in ciascuna comunità a svolgere i
vari compiti liturgici secondo la molteplicità dei carismi. [151.] Soltanto
in caso di vera necessità si dovrà ricorrere all’aiuto dei ministri
straordinari nella celebrazione della Liturgia. Ciò, infatti, non è previsto
per assicurare una più piena partecipazione dei laici, ma è per sua natura
suppletivo e provvisorio.[252] Se, inoltre, per necessità si ricorre agli
uffici dei ministri straordinari, si moltiplichino le preghiere speciali e
continue al Signore, perché mandi presto un Sacerdote al servizio della
comunità e susciti con abbondanza le vocazioni agli Ordini sacri.[253] [152.] Tali
funzioni meramente sostitutive non risultino, poi, pretesto di alterazione
dello stesso ministero dei Sacerdoti, di modo che costoro trascurino la
celebrazione della santa Messa per il popolo loro affidato, la personale
sollecitudine verso i malati e la premura di battezzare i bambini, assistere
ai matrimoni e celebrare le esequie cristiane, le quali spettano anzitutto ai
Sacerdoti con l’aiuto dei Diaconi. Non avvenga, pertanto, che i Sacerdoti
nelle parrocchie scambino indifferentemente le funzioni di servizio pastorale
con i Diaconi o i laici, confondendo in tal modo la specificità di ognuno. [153.] Inoltre,
non è consentito ai laici assumere le funzioni o i paramenti del Diacono o
del Sacerdote, né altre vesti simili ad essi. 1. Il ministro
straordinario della sacra Comunione [154.] Come è
stato già ricordato, «ministro, in grado di celebrare in persona Christi il
sacramento dell’Eucaristia, è il solo Sacerdote validamente ordinato».[254]
Perciò il nome di «ministro dell’Eucaristia» spetta propriamente al solo
Sacerdote. Anche a motivo della sacra Ordinazione, i ministri ordinari della
santa Comunione sono i Vescovi, i Sacerdoti e i Diaconi,[255] ai quali,
dunque, spetta distribuire la santa Comunione ai fedeli laici nella
celebrazione della santa Messa. Si manifesti, così, correttamente e con pienezza
il loro compito ministeriale nella Chiesa e si adempia il segno sacramentale.
[155.] Oltre ai
ministri ordinari c’è l’accolito istituito, che è per istituzione ministro
straordinario della santa Comunione anche al di fuori della celebrazione
della Messa. Se inoltre ragioni di autentica necessità lo richiedano, il
Vescovo diocesano può delegare, a norma del diritto,[256] allo scopo anche un
altro fedele laico come ministro straordinario, ad actum o ad
tempus, servendosi nella circostanza della appropriata formula di
benedizione. Questo atto di deputazione, tuttavia, non ha necessariamente
forma liturgica, né in alcun modo, se la avesse, può essere assimilato a una
sacra Ordinazione. Soltanto in casi particolari e imprevisti, può essere dato
un permesso ad actum da parte del Sacerdote che presiede la
celebrazione eucaristica.[257] [156.] Questo
ufficio venga inteso in senso stretto secondo la sua denominazione di
ministro straordinario della santa Comunione, e non «ministro speciale della
santa Comunione» o «ministro straordinario dell’Eucaristia» o «ministro
speciale dell’Eucaristia», definizioni che ne amplificano indebitamente e
impropriamente la portata. [157.] Se è di
solito presente un numero di ministri sacri sufficiente anche alla
distribuzione della santa Comunione, non si possono deputare a questo compito
i ministri straordinari della santa Comunione. In simili circostanze, coloro
che fossero deputati a tale ministero, non lo esercitino. È riprovevole la
prassi di quei Sacerdoti che, benché presenti alla celebrazione, si astengono
comunque dal distribuire la Comunione, incaricando di tale compito i
laici.[258] [158.] Il
ministro straordinario della santa Comunione, infatti, potrà amministrare la
Comunione soltanto quando mancano il Sacerdote o il Diacono, quando il
Sacerdote è impedito da malattia, vecchiaia o altro serio motivo o quando il
numero dei fedeli che accedono alla Comunione è tanto grande che la
celebrazione stessa della Messa si protrarrebbe troppo a lungo.[259]
Tuttavia, ciò si ritenga nel senso che andrà considerata motivazione del
tutto insufficiente un breve prolungamento, secondo le abitudini e la cultura
del luogo. [159.] Non è in
nessun modo consentito al ministro straordinario della santa Comunione
delegare all’amministrazione dell’Eucaristia qualcun altro, come ad esempio
un genitore, il marito o il figlio del malato che si deve comunicare. [160.] Il Vescovo
diocesano riesamini la prassi degli ultimi anni in materia e la corregga
secondo opportunità o la determini con maggior chiarezza. Se per effettiva
necessità tali ministri straordinari vengono deputati in maniera estesa,
occorre che il Vescovo diocesano pubblichi delle norme particolari, con cui,
tenendo presente la tradizione della Chiesa, stabilisca delle direttive a
norma del diritto in merito all’esercizio di questo compito. 2. La
predicazione [161.] Come è
stato già detto, l’omelia è per la sua importanza e natura riservata al
Sacerdote o al Diacono durante la Messa.[260] Per quanto attiene ad altre
forme di predicazione, se in particolari circostanze la necessità lo richiede
o in specifici casi l’utilità lo esige, si possono a norma del diritto
ammettere a predicare in chiesa o in un oratorio al di fuori della Messa, i
fedeli laici.[261] Ciò può avvenire soltanto per l’esiguità del numero di
ministri sacri in alcuni luoghi al fine di supplire ad essi e non lo si può
mutare da caso di assoluta eccezionalità a fatto ordinario, né deve essere
inteso come autentica promozione del laicato.[262] Va, inoltre, ricordato che
la facoltà di permettere ciò, sempre ad actum, spetta agli Ordinari
del luogo e non ad altri, neppure Sacerdoti o Diaconi. 3.
Celebrazioni particolari che si svolgono in assenza del Sacerdote [162.] La Chiesa,
nel giorno che prende il nome di «domenica», si raduna insieme fedelmente per
commemorare, specialmente con la celebrazione della Messa, la resurrezione
del Signore e tutto il mistero pasquale.[263] Infatti, «nessuna comunità
cristiana si edifica, se non si radica ed incardina nella celebrazione della
Santissima Eucaristia».[264] Il popolo cristiano ha, dunque, il diritto che
sia celebrata l’Eucaristia in proprio favore la domenica, nelle feste di
precetto, negli altri giorni principali di festa e, per quanto possibile,
anche quotidianamente. Se, pertanto, di domenica in una parrocchia o altra
comunità di fedeli è difficile avere la celebrazione della Messa, il Vescovo
diocesano valuti insieme con il presbiterio gli opportuni rimedi.[265] Tra
queste soluzioni, le principali saranno quelle di chiamare altri Sacerdoti
allo scopo o che i fedeli vadano nella chiesa di un luogo vicino per
prendervi parte al mistero eucaristico.[266] [163.] Tutti i
Sacerdoti, ai quali sono stati affidati il sacerdozio e l’Eucaristia «per il
bene» degli altri,[267] abbiano a mente che è loro dovere offrire a tutti i
fedeli l’opportunità di poter soddisfare il precetto di prendere parte alla
Messa di domenica.[268] Per parte loro, i fedeli laici hanno il diritto che
nessun Sacerdote, se non in presenza di effettiva impossibilità, si rifiuti
mai di celebrare la Messa per il popolo o rifiuti che essa sia celebrata da
un altro, se non si può soddisfare in altro modo il precetto di prendere
parte alla Messa di domenica e negli altri giorni stabiliti. [164.] «Se per la
mancanza del ministro sacro o per altra grave causa diventa impossibile la
partecipazione alla celebrazione eucaristica»,[269] il popolo cristiano ha il
diritto che il Vescovo diocesano provveda, secondo le possibilità, che sia
compiuta una celebrazione per la comunità stessa la domenica sotto la propria
autorità e secondo le norme stabilite dalla Chiesa. Tali celebrazioni
domenicali, tuttavia, vanno sempre considerate del tutto straordinarie.
Pertanto, sarà cura di tutti, sia Diaconi sia fedeli laici, ai quali è
assegnato un compito da parte del Vescovo diocesano all’interno di tali
celebrazioni, «mantenere viva nella comunità una vera “fame” dell’Eucaristia,
che conduca a non perdere nessuna occasione di avere la celebrazione della
Messa, anche approfittando della presenza occasionale di un Sacerdote non
impedito a celebrarla dal diritto della Chiesa».[270] [165.] Occorre
evitare con cura ogni forma di confusione tra questo tipo di riunioni e la
celebrazione eucaristica.[271] I Vescovi diocesani, pertanto, valutino con
prudenza se in tali riunioni si debba distribuire la santa Comunione. Per un
più ampio coordinamento, la questione sia opportunamente determinata
nell’ambito della Conferenza dei Vescovi, in modo da pervenire a una
risoluzione, con la conferma da parte della Sede Apostolica, mediante la
Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Sarà
preferibile, inoltre, in assenza del Sacerdote e del Diacono, che le varie
parti siano distribuite tra più fedeli anziché sia un solo fedele laico a
guidare l’intera celebrazione. In nessun caso è appropriato dire che un
fedele laico «presiede» la celebrazione. [166.] Parimenti,
il Vescovo diocesano, al quale soltanto spetta la questione, non conceda con
facilità che tali celebrazioni, soprattutto se in esse si distribuisce anche
la santa Comunione, avvengano nei giorni feriali e soprattutto in luoghi in
cui si è potuto o si potrà celebrare la Messa la domenica precedente o
successiva. I Sacerdoti sono fermamente pregati di celebrare, secondo le
possibilità, quotidianamente la santa Messa per il popolo in una delle chiese
a loro affidate. [167.]
«Similmente, non si può pensare di sostituire la santa Messa domenicale con
celebrazioni ecumeniche della Parola o con incontri di preghiera in comune
con cristiani appartenenti alle […] Comunità ecclesiali, oppure con la
partecipazione ai loro riti liturgici».[272] Se poi il Vescovo diocesano,
spinto da necessità, ha permesso ad actum la partecipazione dei
cattolici, i pastori badino che tra i fedeli cattolici non si ingeneri
confusione quanto alla necessità di prendere parte anche in queste occasioni
alla Messa di precetto, in un’altra ora della giornata.[273] 4. Coloro che
sono stati dimessi dallo stato clericale [168.] Al «chierico
che a norma del diritto perde lo stato clericale […] è proibito esercitare la
potestà di ordine».[274] A costui, pertanto, non è consentito celebrare sotto
alcun pretesto i sacramenti, salvo esclusivamente il caso di eccezionalità
previsto dal diritto,[275] né è consentito ai fedeli ricorrere a lui per la
celebrazione, quando non vi è giusta causa che permetta ciò a norma del can.
1335.[276] Tali persone, inoltre, non tengano l’omelia,[277] né assumano mai
alcun incarico o compito nella celebrazione della sacra Liturgia, di modo che
non si ingeneri confusione tra i fedeli e non ne risulti offuscata la verità.
Capitolo VIII I RIMEDI [169.] Quando si compie un abuso nella celebrazione della sacra
Liturgia, si opera un’autentica contraffazione della Liturgia cattolica. Ha
scritto san Tommaso: «incorre nel vizio di falsificazione chi per conto della
Chiesa manifesta a Dio un culto contro la modalità istituita per autorità
divina dalla Chiesa e consueta in essa».[278] [170.] Al fine di porre rimedio a tali abusi, ciò «che in sommo grado
urge è la formazione biblica e liturgica del popolo di Dio, dei pastori e dei
fedeli»,[279] di modo che la fede e la disciplina della Chiesa in merito alla
sacra Liturgia siano correttamente presentate e comprese. Se tuttavia gli
abusi persistono, occorrerà procedere, a norma del diritto, a tutela del
patrimonio spirituale e dei diritti della Chiesa, facendo ricorso a tutti i
mezzi legittimi. [171.] Tra i vari abusi vi sono quelli che costituiscono
obiettivamente graviora delicta, gli atti gravi e altri che vanno
nondimeno evitati e attentamente corretti. Tenendo conto di tutto ciò che è
stato in particolar modo trattato nel Capitolo I di questa Istruzione,
occorrerà prestare ora attenzione a quanto segue. 1. Graviora
delicta [172.] I graviora delicta contro la santità del Santissimo
Sacrificio e sacramento dell’Eucaristia vanno trattati seguendo le «Norme
relative ai graviora delicta riservati alla Congregazione per la
Dottrina della Fede»,[280] vale a dire: a) sottrazione o ritenzione a fine sacrilego o il gettar via le
specie consacrate;[281] b) tentata azione liturgica del Sacrificio eucaristico o sua
simulazione;[282] c) concelebrazione proibita del Sacrificio eucaristico insieme a
ministri di Comunità ecclesiali i quali non hanno la successione apostolica,
né riconoscono la dignità sacramentale dell’ordinazione sacerdotale;[283] d) consacrazione a fine sacrilego di una materia senza l’altra nella
celebrazione eucaristica o anche di entrambe al di fuori della celebrazione
eucaristica.[284] 2. Atti gravi [173.] Sebbene il giudizio sulla gravità della questione vada
formulato secondo la dottrina comune della Chiesa e le norme da essa
stabilite, come atti gravi vanno sempre obiettivamente considerati quelli che
mettono a rischio la validità e dignità della Santissima Eucaristia, ovvero
quelli che contrastano con i casi precedentemente illustrati ai nn. 48-52,
56, 76-77, 79, 91-92, 94, 96, 101-102, 104, 106, 109, 111, 115, 117, 126,
131-133, 138, 153 e 168. Si deve, inoltre, fare attenzione alle prescrizioni
del Codice di Diritto Canonico e in particolare a quanto stabilito dai cann.
1364, 1369, 1373, 1376, 1380, 1384, 1385, 1386 e 1398. 3. Altri abusi
[174.] Inoltre, le azioni commesse contro quelle norme, di cui si
tratta altrove in questa Istruzione e nelle norme stabilite dal diritto, non
vanno considerate con leggerezza, ma le si annoveri tra gli altri abusi da
evitare e correggere con sollecitudine. [175.] Quanto esposto nella presente Istruzione, come risulta chiaro,
non riporta tutte le violazioni contro la Chiesa e la sua disciplina, quali
sono definite nei canoni, nelle leggi liturgiche e nelle altre norme della
Chiesa secondo la dottrina del Magistero o la sana tradizione. Se qualche
errore viene commesso, andrà corretto a norma del diritto. 4. Il Vescovo
diocesano [176.] Il Vescovo diocesano, «essendo il principale dispensatore dei
misteri di Dio, si adoperi di continuo perché i fedeli affidati alle sue cure
crescano in grazia mediante la celebrazione dei sacramenti e perché conoscano
e vivano il mistero pasquale».[285] A lui spetta, «entro i limiti della sua
competenza, dare norme in materia liturgica, alle quali tutti sono
tenuti».[286] [177.] «Poiché deve difendere l’unità della Chiesa universale, il
Vescovo è tenuto a promuovere la disciplina comune a tutta la Chiesa e perciò
a urgere l’osservanza di tutte le leggi ecclesiastiche. Vigili che non si
insinuino abusi nella disciplina ecclesiastica, soprattutto nel ministero
della parola, nella celebrazione dei sacramenti e dei sacramentali, nel culto
di Dio e dei Santi».[287] [178.] Pertanto, ogni qualvolta l’Ordinario del luogo o di un
Istituto religioso oppure di una Società di vita apostolica abbia notizia,
quanto meno verosimile, a proposito di un delitto o di un abuso riguardante
la Santissima Eucaristia, indaghi con cautela, in prima persona o mediante
altro chierico idoneo, sui fatti, le circostanze e l’imputabilità. [179.] I delitti contro la fede e i graviora delicta commessi
durante la celebrazione dell’Eucaristia e degli altri sacramenti siano
segnalati senza indugio alla Congregazione per la Dottrina della Fede, che li
esamina «e, all’occorrenza, procede a dichiarare o ad infliggere le sanzioni
canoniche a norma del diritto, sia comune che proprio».[288] [180.] Diversamente, l’Ordinario proceda a norma dei sacri canoni,
applicando, ove fosse il caso, le pene canoniche e tenendo presente in modo
particolare quanto stabilito dal can. 1326. Qualora si tratti di azioni
gravi, informi la Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti. 5. La Sede
Apostolica [181.] Ogni qualvolta la Congregazione per il Culto Divino e la
Disciplina dei Sacramenti ha notizia, quanto meno verosimile, di un delitto o
abuso relativo alla Santissima Eucaristia, ne informa l’Ordinario, affinché
indaghi sul fatto. Qualora esso risulti grave, l’Ordinario invii al più
presto allo stesso Dicastero un esemplare degli atti relativi all’indagine
eseguita e, eventualmente, sulla pena inflitta. [182.] Nei casi di maggiore difficoltà l’Ordinario non trascuri per
il bene della Chiesa universale, della cui sollecitudine anche egli partecipa
in virtù della sacra Ordinazione, di trattare la questione dopo avere
consultato il parere della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti. Da parte sua, questa Congregazione, in virtù delle facoltà ad
essa concesse dal Romano Pontefice, sosterrà l’Ordinario secondo il caso,
accordandogli le necessarie dispense[289] o comunicandogli istruzioni e
prescrizioni, alle quali egli ottemperi con diligenza. 6.
Segnalazioni di abusi in materia liturgica [183.] In modo assolutamente particolare tutti, secondo le
possibilità, facciano sì che il Santissimo Sacramento dell’Eucaristia sia
custodito da ogni forma di irriverenza e aberrazione e tutti gli abusi
vengano completamente corretti. Questo è compito della massima importanza per
tutti e per ciascuno, e tutti sono tenuti a compiere tale opera, senza alcun
favoritismo. [184.] Ogni cattolico, sia Sacerdote sia Diacono sia fedele laico, ha
il diritto di sporgere querela su un abuso liturgico presso il Vescovo
diocesano o l’Ordinario competente a quegli equiparato dal diritto o alla
Sede Apostolica in virtù del primato del Romano Pontefice.[290] È bene, tuttavia,
che la segnalazione o la querela sia, per quanto possibile, presentata
dapprima al Vescovo diocesano. Ciò avvenga sempre con spirito di verità e
carità. Conclusione [185.] «Ai germi di disgregazione tra gli uomini, che l’esperienza
quotidiana mostra tanto radicati nell’umanità a causa del peccato, si
contrappone la forza generatrice di unità del corpo di Cristo. L’Eucaristia,
costruendo la Chiesa, proprio per questo crea comunità fra gli uomini».[291]
Pertanto, questa Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti si augura che, anche mediante l’attenta applicazione di quanto
richiamato alla mente nella presente Istruzione, l’umana fragilità intralci
in misura minore l’azione del Santissimo Sacramento dell’Eucaristia e, rimossa
ogni irregolarità, bandito ogni uso riprovato, per intercessione della Beata
Vergine Maria, «donna eucaristica»,[292] la presenza salvifica di Cristo nel
Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue risplenda su tutti gli uomini. [186.] Tutti i fedeli partecipino, secondo le possibilità,
pienamente, consapevolmente e attivamente alla Santissima Eucaristia,[293] la
venerino con tutto il cuore nella devozione e nella vita. I Vescovi, i
Sacerdoti e i Diaconi, nell’esercizio del sacro ministero, si interroghino in
coscienza sulla autenticità e sulla fedeltà delle azioni da loro compiute a
nome di Cristo e della Chiesa nella celebrazione della sacra Liturgia. Ogni
ministro sacro si interroghi, anche con severità, se ha rispettato i diritti
dei fedeli laici, che affidano a lui con fiducia se stessi e i loro figli,
nella convinzione che tutti svolgono correttamente per i fedeli quei compiti
che la Chiesa, per mandato di Cristo, intende adempiere nel celebrare la
sacra Liturgia.[294] Ciascuno ricordi sempre, infatti, di essere servitore
della sacra Liturgia.[295] Nonostante qualunque
cosa in contrario. Questa Istruzione, redatta, per disposizione del Sommo Pontefice
Giovanni Paolo II, dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina
dei Sacramenti d’intesa con la Congregazione per la Dottrina della Fede, è
stata approvata dallo stesso Pontefice il 19 marzo 2004, nella solennità di
san Giuseppe, il quale ne ha disposto la pubblicazione e l’immediata
osservanza da parte di tutti coloro a cui spetta. Roma, dalla Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei
Sacramenti, il 25 marzo 2004, nella solennità dell’Annunciazione del Signore. Francis Card. Arinze Domenico
Sorrentino NOTE [1] Cf. Missale
Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II
instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum, Ioannis Pauli Pp. II cura
recognitum, editio typica tertia, diei 20 aprilis 2000, Typis Vaticanis,
2002, Missa votiva de Dei misericordia, oratio super oblata, p. 1159. [2] Cf. 1 Cor
11, 26; Missale Romanum, Prex Eucharistica, acclamatio post consecrationem,
p. 576; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, 17
aprile 2003, nn. 5, 11, 14, 18: AAS 95 (2003) pp. 436, 440-441, 442, 445. [3] Cf. Is
10, 33; 51, 22; Missale Romanum, In sollemnitate Domini nostri Iesu Christi,
universorum Regis, Praefatio, p. 499. [4] Cf.1 Cor
5, 7; Conc. Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum
ordinis, 7 dicembre 1965, n. 5; Giovanni Paolo II, Esort. Apost., Ecclesia
in Europa, 28 giugno 2003, n. 75: AAS 95 (2003) pp. 649-719, qui p. 693. [5] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, 21 novembre
1964, n. 11. [6] Cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, 17 aprile 2003, n. 21:
AAS 95 (2003) p. 447. [7] Cf. Ibidem:
AAS 95 (2003) pp. 433-475. [8] Cf. Ibidem,
n. 52: AAS 95 (2003) p. 468. [9] Cf. Ibidem.
[10] Ibidem,
n. 10: AAS 95 (2003) p. 439. [11] Ibidem;cf.
Giovanni Paolo II,Lett. Apost., Vicesimus quintus
annus, 4 dicembre 1988, nn. 12-13: AAS 81 (1989) pp. 909-910; cf. anche
Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium,
4 dicembre 1963, n. 48. [12] Missale Romanum, Prex Eucharistica III, p. 588;
cf. 1 Cor 12, 12-13; Ef 4, 4. [13] Cf. Fil
2, 5. [14] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 10: AAS 95 (2003) p.
439. [15] Ibidem,
n. 6: AAS 95 (2003) p. 437; cf. Lc 24, 31. [16] Cf. Rm
1, 20. [17] Cf. Missale
Romanum, Praefatio I de Passione Domini, p. 528. [18] Cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Veritatis splendor, 6 agosto 1993, n. 35: AAS 85
(1993) pp. 1161-1162; Giovanni Paolo II, Omelia tenuta presso Camden Yards, 9
ottobre 1995, n. 7: Insegnamenti di Giovanni Paolo II, XVII, 2 (1995),
Libreria Editrice Vaticana, 1998, p. 788. [19] Cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 10: AAS 95
(2003) p. 439. [20] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 24;
cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates
legitimae, 25 gennaio 1994, nn. 19 e 23: AAS 87 (1995) pp. 295-296, 297. [21] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra
Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 33. [22] Cf. S. Ireneo, Adversus Haereses, III,
2: SCh., 211, 24-31; S. Agostino, Epistula ad Ianuarium, 54, I:
PL 33, 200: «Illa autem quae non scripta, sed tradita custodimus, quae
quidem toto terrarum orbe servantur, datur intellegi vel ab ipsis Apostolis,
vel plenariis conciliis, quorum est in Ecclesia saluberrima auctoritas,
commendata atque statuta retineri»; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Redemptoris
missio, 7 dicembre 1990, nn. 53-54: AAS 83 (1991) pp. 300-302; Congr. per
la Dottr. della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica su alcuni
aspetti della Chiesa intesa come comunione, Communionis notio, 28
maggio 1992, nn. 7-10: AAS 85 (1993) pp. 842-844; Congr. per il Culto Div. e
la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates legitimae, n. 26: AAS 87
(1995) pp. 298-299. [23] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra
Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 21. [24] Cf. Pio XII,
Cost. Ap., Sacramentum Ordinis, 30 novembre 1947: AAS 40 (1948) p. 5;
Congr. per la Dottr. della Fede, Dichiar., Inter insigniores, 15
ottobre 1976, parte IV: AAS 69 (1977) pp. 107-108; Congr. per il Culto Div. e
la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates legitimae, n. 25: AAS 87
(1995) p. 298. [25] Cf. Pio XII,
Lett. Enc., Mediator Dei, 20 novembre 1947: AAS 39 (1947) p. 540. [26] Cf. S.
Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum,
3 aprilis 1980: AAS 72 (1980) p. 333. [27] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 52: AAS 95
(2003) p. 468. [28] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn.
4, 38; Decr. sulle Chiese Orientali Cattoliche, Orientalium Ecclesiarum,
21 novembre 1964, nn. 1, 2, 6; Paolo VI, Cost. Ap., Missale
Romanum: AAS 61 (1969) pp. 217-222; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 399; Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram.,
Istr., Liturgiam authenticam, 28 marzo 2001, n. 4: AAS 93 (2001) pp.
685-726, qui p. 686. [29] Cf. Giovanni
Paolo II, Esort. Ap., Ecclesia in Europa, n. 72: AAS 95 (2003) p. 692. [30] Cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, 25 maggio 1967, n. 23:
AAS 95 (2003) pp. 448-449; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, 25 maggio 1967, n. 6: AAS 59 (1967) p. 545. [31] Cf. S.
Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum:
AAS 72 (1980) pp. 332-333. [32] Cf. 1 Cor
11, 17-34; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
52: AAS 95 (2003) pp. 467-468. [33] Cf. Codice
di Diritto Canonico, 25 gennaio 1983, can. 1752. [34] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
22 § 1. Cf. Codice di Diritto Canonico, can. 838 § 1. [35] Codice di
Diritto Canonico,can. 331; cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla
Chiesa, Lumen gentium, n. 22. [36] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 838 § 2. [37] Giovanni
Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, 28 giugno 1988: AAS 80
(1988) pp. 841-924; qui artt. 62, 63, e 66, pp. 876-877. [38] Cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 52: AAS 95 (2003) p.
468. [39] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa, Christus
Dominus, 28 ottobre 1965, n. 15; cf. anche Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 41; Codice di Diritto Canonico,can. 387. [40] Orazione per
la consacrazione episcopale nel rito bizantino: Euchologion to mega,
Roma, 1873, p. 139. [41] Cf. S.
Ignazio di Antiochia, Ad Smyrn.8, 1: ed. F.X. Funk, I, p. 282. [42] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 26; cf. S. Congr.
dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 7: AAS 59 (1967) p. 545;
cf. anche Giovanni Paolo II, Esort. Ap., Pastores gregis, 16 ottobre
2003, nn. 32-41: L’ Osservatore romano, 17 ottobre 2003, pp. 6-8. [43] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
41; cf. S. Ignazio di Antiochia, Ad Magn. 7; Ad Philad. 4; Ad
Smyrn. 8: ed. F.X. Funk, I, pp. 236, 266, 281; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 22; cf. anche Codice di Diritto Canonico,can.
389. [44] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 26. [45] Codice di
Diritto Canonico, can. 838 § 4. [46] Cf. Cons. ad exsequ. Const. Lit., Dubium: Notitiae
1 (1965) p. 254. [47] Cf. At 20, 28; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.sulla
Chiesa, Lumen gentium, nn. 21 e 27; Decr. sull’ufficio
pastorale dei Vescovi nella Chiesa, Christus Dominus, n. 3. [48] Cf. S.
Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes, 5
settembre 1970: AAS 62 (1970) p. 694. [49] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. dogm.sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 21;
Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi nella Chiesa, Christus Dominus,
n. 3. [50] Cf.
Caeremoniale Episcoporum ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii
Vaticani II instauratum, auctoritate Ioannis Pauli Pp. II promulgatum,
editio typica, diei 14 septembris 1984, Typis Polyglottis
Vaticanis, 1985, n. 10. [51] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 387. [52] Cf. ibidem,
n. 22. [53] Cf. S.
Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes: AAS 62
(1970) p. 694. [54] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 27; cf. 2 Cor 4,
15. [55] Cf. Codice
di Diritto Canonico, cann. 397 § 1; 678 § 1. [56] Cf. ibidem,can. 683 § 1. [57] Cf. ibidem, can. 392. [58] Cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus, n. 21: AAS 81 (1989) p.
917; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, nn. 45-46; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39
(1947) p. 562. [59] Cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Apost., Vicesimus quintus annus, n. 20:
AAS 81 (1989) p. 916. [60] Cf. ibidem. [61] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
44; Congr. per i Vescovi, Lett. ai Presidenti delle Conferenze dei Vescovi
inviata anche a nome della Congr. per l’Evangelizzazione dei Popoli, 21
giugno 1999, n. 9: AAS 91 (1999) p. 999. [62] Cf. Congr.
per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes, n. 12: AAS
62 (1970) pp. 692-704, qui p. 703. [63] Cf. Congr.
per il CultoDiv., Dichiarazione circa le Preghiere eucaristiche e gli
esperimenti liturgici, 21 marzo 1988: Notitiae 24 (1988)
pp. 234-236. [64] Cf. Congr.
per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates legitimae:
AAS 87 (1995) pp. 288-314. [65] Cf. Codice
di Diritto Canonico,can. 838 § 3; S. Congr. dei Riti, Istr. Inter
Oecumenici, 26 settembre 1964, n. 31: AAS 56 (1964) p. 883; Congr. per il
Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Liturgiam authenticam, nn.
79-80: AAS 93 (2001) pp. 711-713. [66] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum
ordinis, 7 dicembre 1965, n. 7; Pontificale Romanum, ed. 1962: Ordo
consecrationis sacerdotalis, in Praefatione; Pontificale Romanum ex
decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II renovatum, auctoritate
Pauli Pp. VI editum, Ioannis Pauli Pp. II cura recognitum: De
Ordinatione Episcopi, presbyterorum et diaconorum, editio typica altera, diei
29 iunii 1989, Typis Polyglottis Vaticanis, 1990, cap. II, De Ordin.
presbyterorum, Praenotanda, n. 101. [67] Cf. S.
Ignatio di Antiochia, Ad Philad. 4: ed. F.X. Funk, I, p. 266; S.
Cornelio I citato in S. Cipriano, Epist. 48, 2: ed. G. Hartel, III, 2,
p. 610. [68] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 28. [69] Cf. ibidem. [70] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 52; cf. n.
29: AAS 95 (2003) pp. 467-468; 452-453. [71] Pontificale
Romanum, De Ordinatione Episcopi, presbyterorum et diaconorum, editio
typica altera: De Ordinatione presbyterorum, n. 124; cf.
Missale Romanum, Feria V in Hebdomada Sancta: Ad Missam chrismatis, Renovatio
promissionum sacerdotalium, p. 292 [72] Cf. Conc.
Ecum. Trid., Sessione VII, 3 marzo 1547, Decr. sui Sacramenti, can. 13: DS
1613; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 22; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947)
pp. 544, 546-547, 562; Codice di Diritto Canonico, can. 846, § 1;
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 24. [73] S. Ambrogio,
De Virginitate, n. 48: PL 16, 278. [74] Codice di
Diritto Canonico, can. 528 § 2. [75] Conc. Ecum.
Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum
ordinis, n. 5. [76] Cf. Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 5: AAS 95 (2003) p.
436. [77] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 29; cf. Constitutiones
Ecclesiae Aegypticae, III, 2: ed. F.X. Funk, Didascalia, II, p.
103; Statuta Ecclesiae Ant., 37-41: ed. D. Mansi 3, 954. [78] Cf. At
6, 3. [79] Cf. Gv
13, 35. [80] Mt
20, 28. [81] Cf. Lc
22, 27. [82] Cf.
Caeremoniale Episcoporum, nn. 9, 23. Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm.
sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 29. [83] Cf.
Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi, presbyterorum et diaconorum,
editio typica altera, cap. III, De Ordin. diaconorum, n. 199. [84] Cf. 1 Tm
3, 9. [85] Cf.
Pontificale Romanum, De Ordinatione Episcopi, presbyterorum et diaconorum,
editio typica altera, cap. III, De Ordin. diaconorum, n. 200. [86] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 10. [87] Cf. ibidem,
n. 41; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium,
n. 11; Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum ordinis,
nn. 2, 5, 6; Decr. sull’ufficio pastorale dei Vescovi, Christus Dominus,
n. 30; Decr. sull’ecumenismo, Unitatis redintegratio, 21 novembre
1964, n. 15; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, nn. 3
e, 6: AAS 59 (1967) pp. 542, 544-545; Missale Romanum, Institutio Generalis,
n. 16. [88] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
26; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 91. [89] 1 Pt
2, 9; cf. 2, 4-5. [90] Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 91; cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla
Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 14. [91] Conc. Ecum.
Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 10. [92] Cf. S.
Tommasod’Aquino, Summa Theol., III, q. 63, a. 2. [93] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 10;
cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 28: AAS
95 (2003) p. 452. [94] Cf. At 2, 42-47. [95] Cf. Rm 12, 1. [96] Cf. 1 Pt 3, 15; 2, 4-10. [97] Cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, nn. 12-18: AAS 95 (2003) pp. 441-445; [98] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 10: AAS 95 (2003) p.
439. [99] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn.
30-31. [100] Cf. S.
Congr. per il Culto Divino, Istr., Liturgicae instaurationes, n. 1:
AAS 62 (1970) p. 695. [101] Cf. Missale
Romanum, Feria secunda post Dominica V in Quadragesima, Collecta, p. 258. [102] Giovanni
Paolo II,Lett. Ap., Novo Millennio ineunte, 6 gennaio 2001, n.
21: AAS 93 (2001) p. 280; cf. Gv 20, 28. [103] Cf. Pio
XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p. 586; cf. anche Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla Chiesa, Lumen gentium, n. 67; Paolo
VI, Esort. Ap., Marialis cultus, 11 febbraio 1974, n. 24: AAS
66 (1974) pp. 113-168, qui p. 134; Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei
Sacram., Direttorio su pietà popolare e Liturgia, 17 dicembre 2001. [104] Cf.
Giovanni Paolo II, Ep. Ap., Rosarium Virginis Mariae, 16
ottobre 2002: AAS 95 (2003) pp. 5-36. [105] Pio XII,
Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) pp. 586-587. [106] Cf. Congr.
per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Istr., Varietates legitimae,
n. 22: AAS 87 (1995) p. 297. [107] Cf. Pio
XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS 39 (1947) p. 553. [108] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 29: AAS 95
(2003) p. 453; cf. Conc. Ecum. Lateran. IV., 11-30 novembre 1215, cap. 1:
DS802; Conc. Ecum. Trid., Sess. XXIII, 15 luglio 1563, Dottrina e canonisulla
sacr. ordin., cap. 4: DS 1767-1770; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei:
AAS 39 (1947) p. 553. [109] Cf. Codice
di Diritto Canonico,can. 230 § 2; cf. anche Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 97. [110] Cf. anche
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 109. [111] Cf. Paolo
VI, Motu proprio, Ministeria quaedam, 15 agosto 1972, nn. VI-XII:
Pontificale Romanum ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II
instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum, De institutione
lectorum et acolythorum, de admissione inter candidatos ad diaconatum et
presbyteratum, de sacro caelibatu amplectendo, editio typica, diei 3
decembris 1972, Typis Polyglottis Vaticanis, 1973, p. 10: AAS 64 (1972) pp.
529-534, qui pp. 532-533; Codice di Diritto Canonico, can. 230 § 1;
Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 98-99, 187-193. [112] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 187-190, 193; Codice di Diritto
Canonico, can. 230 §§ 2-3. [113] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
24; S. Congr. per i Sacr. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum,
nn. 2 e 18: AAS 72 (1980) pp. 334, 338; Missale Romanum, Institutio
Generalis, nn. 101, 194-198; Codice di Diritto Canonico, can. 230 §
2-3. [114] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 100-107. [115] Ibidem,
n. 91; cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 28. [116] Cf.
Giovanni Paolo II, Discorso alla Conferenza dei Vescovi delle Antille, 7
maggio 2002, n. 2: AAS 94 (2002) pp. 575-577; Esort. Ap. post-sinodale, Christifideles
laici, 30 dicembre 1988, n. 23: AAS 81 (1989) pp. 393-521, qui pp.
429-431; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
15 agosto 1997, Principi teologici, n. 4: AAS 89 (1997) pp. 860-861. [117] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra
Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 19. [118] Cf. S.
Congr. per il Culto Divino, Istr., Immensae caritatis, 29
gennaio 1973: AAS 65 (1973) p. 266. [119] Cf. S.
Congr. dei Riti, Istr., De Musica sacra, 3 settembre 1958, n.
93c: AAS 50 (1958) p. 656. [120] Cf. Pont.
Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad propositum dubium, 11
luglio 1992: AAS 86 (1994) pp. 541-542; Congr. per il Culto Div. e la Disc.
dei Sacram., Lett. ai Presidenti delle Conf. dei Vescovi sul servizio
liturgico dei laici, 15 marzo 1994: Notitiae 30 (1994) 333-335,
347-348. [121] Cf. Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor
bonus, art. 65: AAS 80 (1988) p. 877. [122] Cf. Pont.
Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad propositum dubium, 11
luglio 1992: AAS 86 (1994) pp. 541-542; Congr. per il Culto Div. e la Disc.
dei Sacram., Lett. ai Presidenti delle Conf. dei Vescovi sul servizio
liturgico dei laici, 15 marzo 1994: Notitiae 30 (1994) 333-335,
347-348; Lett. a qualche Vescovo, 27 luglio 2001: Notitiae 38 (2002)
46-54. [123] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 924 § 2: Missale Romanum, Institutio Generalis,
n. 320. [124] Cf. S.
Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Dominus Salvator noster, 26
marzo 1929, n. 1: AAS 21 (1929) pp. 631-642, qui p. 632. [125] Cf. ibidem, n. II: AAS 21 (1929) p. 635. [126] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 321. [127] Cf. Lc
22, 18; Codice di Diritto Canonico,can. 924 §§ 1, 3; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 322. [128] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 323. [129] Giovanni
Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus, n. 13: AAS 81
(1989) p. 910. [130] S. Congr.
per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum, n.
5: AAS 72 (1980) p. 335. [131] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 28: AAS 95
(2003) p. 452; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 147; S. Congr. per
il CultoDiv., Istr., Liturgicae instaurationes, n. 4: AAS 62
(1970) p. 698; S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile
donum, n. 4: AAS 72 (1980) p. 334. [132] Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 32. [133] Ibidem,
n. 147; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
28: AAS 95 (2003) p. 452; cf. anche Congr. per i Sacram. e per il Culto Div.,
Istr., Inaestimabile donum, n. 4: AAS 72 (1980) pp. 334-335. [134] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 39: AAS 95 (2003) p.
459. [135] Cf. S.
Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes, n. 2b: AAS
62 (1970) p. 696. [136] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 356-362. [137] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
51. [138] Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 57; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus
quintus annus, n. 13: AAS 81 (1989) p. 910; Congr. per la Dottr.
della Fede, Dichiarazione sulla unicità e universalità salvifica di Cristo e
della Chiesa, Dominus Iesus, 6 agosto 2000: AAS 92 (2000) pp. 742-765. [139] Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 60. [140] Cf. ibidem, nn. 59-60. [141] Cf. per es. Rituale Romanum, ex decreto sacrosancti
Oecumenici Concilii Vaticani II renovatum, auctoritate Pauli Pp. VI editum
Ioannis Pauli Pp. II cura recognitum: Ordo celebrandi Matrimonium, editio
typica altera, diei 19 martii 1990, Typis Polyglottis Vaticanis, 1991, n.
125; Rituale Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani
II instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum, Ordo Unctionis
infirmorum eorumque pastoralis curae, editio typica, diei 7 decembris 1972,
Typis Polyglottis Vaticanis, 1972, n. 72. [142] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 767 § 1. [143] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 66; cf. anche Codice di Diritto Canonico,
can. 6, §§ 1, 2; e can. 767 § 1, in merito a ciò si tengano presenti anche le
prescrizioni della Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de
mysterio, Disposizioni pratiche, art. 3 § 1: AAS 89 (1997) p. 865. [144] Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 66; cf. anche Codice di Diritto Canonico,
can. 767 § 1. [145] Cf. Congr.
per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni
pratiche, art. 3 § 1: AAS 89 (1997) p. 865; cf. anche Codice di Diritto
Canonico, can. 6, §§ 1, 2; Pont. Comm. per l’Interpr. autent. del
Codice di Diritto Canonico, Responsio ad propositum dubium, 20 giugno 1987:
AAS 79 (1987) p. 1249. [146] Cf. Congr.
per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni
pratiche, art. 3 § 1: AAS 89 (1997) pp. 864-865. [147] Cf. Conc. Ecum. Trid., Sess. XXII, 17 settembre 1562,
Il Ss.mo Sacrificio della Messa, cap. 8: DS1749; Missale Romanum, Institutio
Generalis, n. 65. [148] Cf.
Giovanni Paolo II, Discorso ad alcuni Vescovi degli Stati Uniti d’America in
occasione della visita «ad limina Apostolorum», 28 maggio 1993, n. 2: AAS 86
(1994) p. 330. [149] Cf. Codice
di Diritto Canonico,can. 386 § 1. [150] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 73. [151] Cf. ibidem,
n. 154. [152] Cf. ibidem,
nn. 82, 154. [153] Cf.Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 83. [154] Cf. S.
Congr. per il Culto Divino, Istr., Liturgicae instaurationes, n. 5:
AAS 62 (1970) p. 699. [155] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 83, 240, 321. [156] Cf. Congr.
per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni
pratiche, art. 3 § 2: AAS 89 (1997) p. 865. [157] Cf.
specialmente Institutio generalis de Liturgia Horarum, nn. 93-98;
Rituale Romanum, ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II
instauratum, auctoritate Ioannis Pauli Pp. II promulgatum: De
Benedictionibus, editio typica, diei 31 maii 1984, Typis Polyglottis
Vaticanis, 1984, Praenotanda, n. 28; Ordo coronandi imaginem beatae Mariae
Virginis, editio typica, diei 25martii 1981, Typis Polyglottis Vaticanis,
1981, nn. 10 e 14, pp. 10-11; S. Congr. per il Culto Divino, Istr., sulle
Messe nei gruppi particolari, Actio pastoralis, 15 maggio 1969: AAS 61
(1969) pp. 806-811; Direttorio per le Messe dei fanciulli, Pueros
baptizatos, 1 novembre 1973: AAS 66 (1974) pp. 30-46; Missale Romanum,
Institutio Generalis, n. 21. [158] Cf. Giovanni
Paolo II, Motu proprio, Misericordia Dei, 7 aprile 2002, n. 2:
AAS 94 (2002) p. 455; Cf. Congr. per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram.,
Responsa ad dubia proposita: Notitiae 37 (2001) pp. 259-260. [159] Cf. S.
Congr. per il CultoDiv., Istr., Liturgicae instaurationes, n.
9: AAS 62 (1970) p. 702. [160] Conc. Ecum.
Trid., Sess. XIII, 11 ottobre 1551, Decr. sulla Ss. Eucaristia, cap. 2: DS
1638; cf. Sess. XXII, 17 settembre 1562, Il Ss. Sacrificio della Messa, cap.
1-2: DS 1740, 1743; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
n. 35: AAS 59 (1967) p. 560. [161] Cf. Missale
Romanum, Ordo Missae, n. 4, p. 505. [162] Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 51. [163] Cf. 1
Cor 11, 28. [164] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 916; Conc. Ecum. Trid., Sess. XIII, 11 ottobre
1551, Decr. sulla Ss. Eucaristia, cap. 7: DS 1646-1647; Giovanni Paolo II,
Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 36: AAS 95 (2003) pp.
457-458; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 35:
AAS 59 (1967) p. 561. [165] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 42:
AAS 95 (2003) p. 461. [166] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 844 § 1; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, nn. 45-46: AAS 95 (2003) pp. 463-464; cf. anche
Pont. Cons. per la Promoz. dell’Unità dei Cristiani, Direttorio per
l’applicazione dei principi e norme sull’ecumenismo, La recherche de
l’unité, 25 marzo 1993, nn. 130-131: AAS 85 (1993) pp. 1039-1119, qui p.
1089. [167] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 46:
AAS 95 (2003) pp. 463-464. [168] Cf. S.
Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 35: AAS 59 (1967)
p. 561. [169] Cf. Codice
di Diritto Canonico,can. 914; S. Congr. per la Disc. dei Sacram.,
Dichiaraz., Sanctus Pontifex, 24 maggio 1973: AAS 65 (1973) p. 410; S.
Congr. per i Sacram. e per il Culto Div. e S. Congr. per il Clero, Lett. ai
Presidenti delle Conf. dei Vescovi, In quibusdam, 31 marzo 1977:
Enchiridion Documentorum Instaurationis Liturgicae, II, Roma 1988, pp.
142-144; S. Congr. per i Sacram. e per il Culto Div. e S. Congr. per il
Clero, Responsum ad propositum dubium, 20 maggio 1977:AAS 69 (1977) p. 427. [170] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, 31 maggio 1998, nn. 31-34:
AAS 90 (1998) pp. 713-766, qui pp. 731-734. [171] Cf. Codice
di Diritto Canonico,can. 914. [172] Cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra
Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n. 55. [173] Cf. S.
Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 31: AAS 59 (1967)
p. 558; Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi Legislativi, Responsio ad
propositum dubium, 1 giugno 1988: AAS 80 (1988) p. 1373. [174] Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 85. [175] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
55; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 31: AAS 59
(1967) p. 558; Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 85, 157, 243. [176] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 160. [177] Codice
di Diritto Canonico,can. 843 § 1; cf. can. 915. [178] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 161. [179] Congr. per
il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Dubium: Notitiae 35 (1999) pp.
160-161. [180] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 118. [181] Ibidem,
n. 160. [182] Codice di
Diritto Canonico, can. 917; cf. Pont. Comm. per l’Interpretazione
Autentica del Codice di Diritto Canonico, Responsio ad propositum dubium, 11
luglio 1984: AAS 76 (1984) p. 746. [183] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
55; Missale Romanum, Institutio Generalis, nn. 158-160, 243-244, 246. [184] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 237-249; cf. anche nn. 85, 157. [185] Cf. ibidem,
n. 283a. [186] Cf. Conc.
Ecum. Trid., Sessio XXI, 16 luglio 1562, Decr. sulla comunione eucaristica,
capp. 1-3: DS 1725-1729; Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum
Concilium, n. 55; Missale Romanum, Institutio Generalis, nn.
282-283. [187] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 283. [188] Cf. ibidem. [189] Cf. S.
Congr. per il CultoDiv., Istr., Sacramentali Communione, 29
giugno 1970: AAS 62 (1970) p. 665; Istr., Liturgicae instaurationes,
n. 6a: AAS 62 (1970) p. 699. [190] Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 285a. [191] Ibidem,
n. 245. [192] Cf. ibidem,
nn. 285b et 287. [193] Cf. ibidem, nn. 207 et 285a. [194] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 1367. [195] Cf. Pont.
Cons. per l’Interpr. dei Testi Legisl., Responsio ad propositum dubium, 3
luglio 1999: AAS 91 (1999) p. 918. [196] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 163, 284. [197] Codice
di Diritto Canonico,can. 932 § 1; cf. S. Congr. per il Culto Div., Istr.,
Liturgicae instaurationes, n. 9: AAS 62 (1970) p. 701. [198] Codice
di Diritto Canonico, can. 904; cf. Conc. Ecum. Vat. II, Cost. dogm. sulla
Chiesa, Lumen gentium, n. 3; Decr. sul ministero e la vita dei
sacerdoti, Presbyterorum ordinis, n. 13; cf. anche Conc. Ecum. Trid.,
Sess. XXII, 17 settembre 1562, Il Ss. Sacrificio della Messa, cap. 6: DS
1747; Paolo VI, Lett. Enc., Mysterium fidei, 3 settembre 1965: AAS 57
(1965) pp. 753-774, qui pp. 761-762; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia
de Eucharistia, n. 11: AAS 95 (2003) pp. 440-441; S. Congr. dei
Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 44: AAS 59 (1967) p. 564;
Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 19. [199] Cf.Codice
di Diritto Canonico, can. 903; Missale Romanum, Institutio Generalis, n.
200. [200] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
36 § 1; Codice di Diritto Canonico, can. 928. [201] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 114. [202] Giovanni
Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, n. 36: AAS 90 (1998) pp. 713-766,
qui p. 735; cf. anche S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium,
n. 27: AAS 59 (1967) p. 556. [203] Giovanni
Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, soprattutto n. 36: AAS 90 (1998) pp.
735-736; S. Congr. per il Culto Divino, Istr., Actio pastoralis, 15
maggio 1969: AAS 61 (1969) pp. 806-811. [204] Cf. Codice
di Diritto Canonico, cann. 905, 945-958; cf. Congr. per il Clero, Decr., Mos
iugiter, 22 febbraio 1991: AAS 83 (1991) pp. 443-446. [205] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 327-333. [206] Cf. ibidem,
n. 332. [207] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 332; S. Congr. per i Sacram. e per il Culto
Div., Istr., Inaestimabile donum, n. 16: AAS 72 (1980) p. 338. [208] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 333; Appendix IV. Ordo benedictionis
calicis et patenae intra Missam adhibendus, pp. 1255-1257; Pontificale
Romanum ex decreto sacrosancti Oecumenici Concilii Vaticani II
instauratum, auctoritate Pauli Pp. VI promulgatum, Ordo
Dedicationis ecclesiae et altaris, editio typica, diei 29 maii 1977, Typis
Polyglottis Vaticanis, 1977, cap. VII, pp. 125-132. [209] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, nn. 163, 183, 192. [210] Ibidem,
n. 345. [211] Ibidem,
n. 335. [212] Cf. ibidem,
n. 336. [213] Cf. ibidem,
n. 337. [214] Cf. ibidem,
n. 209. [215] Cf. ibidem,
n. 338. [216] Cf. S.
Congr. per il Culto Div., Istr., Liturgicae instaurationes, n.
8c: AAS 62 (1970) p. 701. [217] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 346g. [218] Ibidem,
n. 114; cf. nn. 16-17. [219] S. Congr.
per il Culto Div., Decr., Eucharistiae sacramentum, 21 giugno 1973:
AAS 65 (1973) 610. [220] Cf. ibidem. [221] Cf. S.
Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 54: AAS 59 (1967)
p. 568; Istr., Inter Oecumenici, 26 settembre 1964, n. 95: AAS 56
(1964) p. 898; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 314. [222] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett., Dominicae Cenae, n. 3: AAS 72 (1980) pp.
117-119; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 53:
AAS 59 (1967) p. 568; Codice di Diritto Canonico, can. 938 § 2;
Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra
Missam, Praenotanda, n. 9; Missale Romanum, Institutio Generalis, nn.
314-317. [223] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 938 §§ 3-5. [224] S. Congr.
per la Disc. dei Sacram., Istr., Nullo unquam, 26 maggio 1938, n. 10d:
AAS 30 (1938) p. 206. [225] Cf.
Giovanni Paolo II, Motu proprio, Sacramentorum sanctitatis tutela, 30
aprile 2001: AAS 93 (2001) pp. 737-739; Congr. per la Dottrina della Fede,
Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi
interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione per la
Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786. [226] Cf. Rituale
Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam,
nn. 26-78. [227] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 25: AAS 95
(2003) pp. 449-450. [228] Cf. Conc. Ecum. Trid., Sess. XIII, 11 ottobre 1551,
Decr. sulla Ss. Eucharistia, cap. 5: DS 1643; Pio XII, Lett. Enc., Mediator
Dei: AAS 39 (1947) p. 569; Paolo VI, Lett. Enc., Mysterium Fidei:
AAS 57 (1965) pp. 769-770; S. Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum
mysterium, n. 3f: AAS 59 (1967) p. 543; S. Congr. per i Sacram. e per il
Culto Div., Istr., Inaestimabile donum, n. 20: AAS 72 (1980) p. 339;
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 25:
AAS 95 (2003) pp. 449-450. [229] Cf. Ebr
9, 11; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
3: AAS 95 (2003) p. 435. [230] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 25: AAS 95
(2003) p. 450. [231] Paolo VI,
Lett. Enc., Mysterium fidei, 3 settembre 1965: AAS 57 (1965) p. 771. [232] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 25:
AAS 95 (2003) pp. 449-450. [233] Codice
di Diritto Canonico,can. 937. [234] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 10: AAS 95
(2003) p. 439. [235] Cf. Rituale
Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam,
nn. 82-100; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 317; Codice di
Diritto Canonico,can. 941 § 2. [236] Giovanni
Paolo II, Lett.. Ap., Rosarium Virginis Mariae, 16 ottobre
2002: AAS 95 (2003) pp. 5-36; qui n. 2, p. 6. [237] Cf. Congr.
per il Culto Div. e la Disc. dei Sacram., Lettera della Congregazione, 15
gennaio 1997: Notitiae 34 (1998) pp. 506-510; Penit. Apost., Lett. a qualche
sacerdote, 8 marzo 1996: Notitiae 34 (1998) 511. [238] Cf. S.
Congr. dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 61: AAS 59 (1967)
p. 571; Rituale Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii
eucharistici extra Missam, n. 83; Missale Romanum, Institutio Generalis, n.
317; Codice di Diritto Canonico,can. 941 § 2. [239] Cf. Rituale
Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam,
n. 94. [240] Cf.
Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus, art. 65: AAS 80 (1988) p.
877. [241] Codice
di Diritto Canonico, can. 944 § 2; cf. Rituale Romanum, De sacra
Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam, Praenotanda, n.
102; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 317. [242] Codice
di Diritto Canonico, can. 944 § 1; cf. Rituale Romanum, De sacra
Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam, Praenotanda, nn.
101-102; Missale Romanum, Institutio Generalis, n. 317. [243] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 10: AAS 95
(2003) p. 439. [244] Cf. Rituale
Romanum, De sacra Communione et de cultu Mysterii eucharistici extra Missam,
Praenotanda, n. 109. [245] Cf. ibidem,
nn. 109-112. [246] Cf. Missale
Romanum, In sollemnitate sanctissimi Corporis et Sanguinis Christi, Collecta,
p. 489. [247] Cf. Congr.
per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio, Principi
teologici, n. 3: AAS 89 (1997) p. 859. [248] Codice
di Diritto Canonico, can. 900 § 1; cf. Conc. Ecum. Lateran. IV., 11-30
novembre 1215, cap. 1: DS 802; Clemente VI, Lett. ad Mekhitar, Catholicon
Armeniorum, Super quibusdam, 29 settembre 1351: DS 1084; Conc.
Ecum. Trid., Sess. XXIII, 15 luglio 1563, Dottrina e canoni sulla sacr.
ordin., cap. 4: DS 1767-1770; Pio XII, Lett. Enc., Mediator Dei: AAS
39 (1947) p. 553. [249] Cf.Codice
di Diritto Canonico, can. 230 § 3; Giovanni Paolo II, Discorso al
Simposio sulla «partecipazione dei fedeli laici al ministero pastorale dei
sacerdoti», 22 aprile 1994, n. 2: L’Osservatore Romano, 23
aprile 1994; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Proemio: AAS 89 (1997) pp. 852-856. [250] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Redemptoris missio, nn. 53-54: AAS
83 (1991) pp. 300-302; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae
de mysterio, Proemio: AAS 89 (1997) pp. 852-856. [251] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Decreto sull’attività missionaria della Chiesa, Ad gentes,
7 dicembre 1965, n. 17; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Redemptoris missio,
n. 73: AAS 83 (1991) p. 321. [252] Cf. Congr.
per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni
pratiche, art. 8 § 2: AAS 89 (1997) p. 872. [253] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 32: AAS 95
(2003) p. 455. [254] Codice
di Diritto Canonico, can. 900 § 1. [255] Cf. ibidem,
can. 910 § 1; cf. anche Giovanni Paolo II, Lett., Dominicae Cenae, n.
11: AAS 72 (1980) p. 142; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae
de mysterio, Disposizioni pratiche, art. 8 § 1: AAS 89 (1997) pp.
870-871. [256] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 230 § 3. [257] Cf. S.
Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Immensae caritatis, proemio:
AAS 65 (1973) p. 264; Paolo VI, Motu proprio, Ministeria quaedam, 15
agosto 1972: AAS 64 (1972) p. 532; Missale Romanum, Appendix III: Ritus ad
deputandum ministrum sacrae Communionis ad actum distribuendae, p. 1253;
Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Disposizioni pratiche, art. 8 § 1: AAS 89 (1997) p. 871. [258] Cf. S.
Congr. per i Sacram. e per il Culto Div., Istr., Inaestimabile donum,
n. 10: AAS 72 (1980) p. 336; cf. Pont. Comm. per l’Interpretazione
Autentica del Codice di Diritto Canonico, Responsio ad propositum dubium, 11
luglio 1984: AAS 76 (1984) p. 746. [259] Cf. S.
Congr. per la Disc. dei Sacram., Istr., Immensae caritatis, n. 1: AAS
65 (1973) pp. 264-271, qui pp. 265-266; Pont. Comm. per l’Interpr. autent.
del Codice di Diritto Canonico, Responsio ad propositum dubium, 1 giugno
1988: AAS 80 (1988) p. 1373; Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae
de mysterio, Disposizioni pratiche, art. 8 § 2: AAS 89 (1997) p. 871. [260] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 767 § 1. [261] Cf. ibidem,
can. 766. [262] Cf. Congr.
per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio, Disposizioni
pratiche, art. 2 §§ 3-4: AAS 89 (1997) p. 865. [263] Cf.
Giovanni Paolo II, Ep. Ap., Dies Domini, specialmente nn. 31-51: AAS
90 (1998) pp. 713-766, qui pp. 731-746; Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Novo
Millennio ineunte, 6 gennaio 2001, nn. 35-36: AAS 93 (2001) pp.
290-292; Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n.
41: AAS 95 (2003) pp. 460-461. [264] Conc. Ecum.
Vat. II, Decr. sul ministero e la vita dei sacerdoti, Presbyterorum
ordinis, n. 6; cf. Giovanni Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de
Eucharistia, nn. 22, 33: AAS 95 (2003) pp. 448, 455-456. [265] Cf. S. Congr.
dei Riti, Istr., Eucharisticum mysterium, n. 26: AAS 59 (1967) pp.
555-556; Congr. per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni
domenicali in assenza del sacerdote, Christi Ecclesia, 2 giugno 1988,
nn. 5 e 25: Notitiae 24 (1988) pp. 366-378, qui pp. 367, 372. [266] Cf. Congr.
per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del
sacerdote, Christi Ecclesia, 2 giugno 1988, n. 18: Notitiae 24
(1988) pp. 366-378, qui p. 370. [267] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett., Dominicae Cenae, n. 2: AAS 72 (1980) p. 116. [268] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Dies Domini, n. 49: AAS 90 (1998) p.
744; Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 41: AAS 95 (2003) pp.
460-461; Codice di Diritto Canonico, cann. 1246-1247. [269] Codice
di Diritto Canonico, can. 1248 § 2; cf. Congr. per il Culto Divino,
Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del sacerdote, Christi
Ecclesia, 2 giugno 1988, nn. 1-2: Notitiae 24 (1988) pp. 366-378,
qui p. 366. [270] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 33: AAS 95 (2003)
pp. 455-456. [271] Cf. Congr.
per il Culto Divino, Direttorio per le celebrazioni domenicali in assenza del
sacerdote, Christi Ecclesia, 2 giugno 1988, n. 22: Notitiae 24
(1988) pp. 366-378, qui p. 371. [272] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 30: AAS 95
(2003) pp. 453-454; cf. anche Pont. Cons. per la Promoz. dell’Unità dei
Cristiani, Direttorio per l’applicazione dei principi e norme
sull’ecumenismo, La recherche de l’unité, n. 115: AAS 85 (1993) p.
1085. [273] Cf. Pont.
Cons. per la Promoz. dell’Unità dei Cristiani, Direttorio per l’applicazione
dei principi e norme sull’ecumenismo, La recherche de l’unité, n. 101:
AAS 85 (1993) pp. 1081-1082. [274] Codice
di Diritto Canonico,can. 292; cf. Pont. Cons. per l’Interpr. dei Testi
Legislativi, Dichiarazione sulla retta interpretazione del can. 1335, seconda
parte, C.I.C., 15 maggio 1997, n. 3: AAS 90 (1998) p. 64. [275] Cf. Codice
di Diritto Canonico, cann. 976; 986 § 2. [276] Cf. Pont.
Cons. per l’Interpr. dei Testi Legislativi, Dichiarazione sulla retta
interpretazione del can. 1335, seconda parte, C.I.C., 15 maggio 1997, nn.
1-2: AAS 90 (1998) pp. 63-64. [277] Per ciò che
riguarda i sacerdoti che hanno ottenuto la dispensa dal celibato, cf. S.
Congr. per la Dottrina della Fede, Norme sulla dispensa dal celibato
sacerdotale, Normae substantiales, 14 ottobre 1980, art. 5; cf. anche
Congr. per il Clero ed altre, Istr., Ecclesiae de mysterio,
Disposizioni pratiche, art. 3 § 5: AAS 89 (1997) p. 865. [278] S. Tommaso
d’Aquino, Summa Theol., II, 2, q. 93, a. 1. [279] Cf.
Giovanni Paolo II, Lett. Ap., Vicesimus quintus annus, n. 15: AAS 81
(1989) p. 911; cf. anche Conc. Ecum. Vat. II, Cost. sulla
Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, nn. 15-19. [280] Cf.
Giovanni Paolo II, Motu proprio, Sacramentorum sanctitatis tutela, 30
aprile 2001: AAS 93 (2001) pp. 737-739; Congr. per la Dottrina della Fede,
Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi
interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione per la
Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786. [281] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 1367; Pont. Cons. per l’Interpr. dei
Testi Legislativi, Responsio ad propositum dubium, 3 luglio 1999: AAS 91
(1999) p. 918; Congr. per la Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi della
Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi interessati: sui delitti
più gravi riservati alla stessa Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS
93 (2001) p. 786. [282] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 1378 § 2 n. 1 et 1379; Congr. per la
Dottrina della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri
Ordinari e Gerarchi interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa
Congregazione per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786. [283] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 908 et 1365; Congr. per la Dottrina
della Fede, Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e
Gerarchi interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione
per la Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786. [284] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 927; Congr. per la Dottrina della Fede,
Lett. ai Vescovi della Chiesa Cattolica e agli altri Ordinari e Gerarchi
interessati: sui delitti più gravi riservati alla stessa Congregazione per la
Dottrina della Fede: AAS 93 (2001) p. 786. [285] Codice
di Diritto Canonico,can. 387. [286] Ibidem, can. 838 § 4. [287] Ibidem, can. 392. [288] Giovanni Paolo II, Cost. Ap., Pastor bonus,
art. 52: AAS 80 (1988) p. 874. [289] Cf. ibidem, n. 63: AAS 80 (1988) p.
876. [290] Cf. Codice
di Diritto Canonico, can. 1417 § 1. [291] Giovanni
Paolo II, Lett. Enc., Ecclesia de Eucharistia, n. 24: AAS 95
(2003) p. 449. [292] Ibidem,
nn. 53-58: AAS 95 (2003) pp. 469-472. [293] Cf. Conc.
Ecum. Vat. II, Cost. sulla Sacra Liturgia, Sacrosanctum Concilium, n.
14; cf. anche nn. 11, 41 e 48. [294] Cf. S. Tommaso d’Aquino, Summa Theol.,
III, q. 64, a. 9 ad primum. [295] Cf. Missale
Romanum, Institutio Generalis, n. 24.
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