PAPI: AGATONE (678-681) LEONE II (682-683). TERZO CONCILIO DI COSTANTINOPOLI ESPOSIZIONE
DELLA FEDE L'Unigenito figlio e verbo di Dio
Padre, fattosi uomo, in tutto simile a noi fuorché nel peccato, Cristo, il
vero nostro Dio, predicò apertamente nel Vangelo: Io sono la luce del
mondo. Chi mi segue, non camminerà nelle tenebre, ma avrà il lume della vita
(1); e di nuovo: Vi lascio la mia pace, vi do la mia pace (2). Guidato
dunque divinamente da questa celeste dottrina della pace, il nostro mitissimo imperatore, propugnatore della retta dottrina,
avversario dell'errore, convocando questo nostro universale concilio, ha
riunito l'intera compagine della chiesa. Questo santo ecumenico sinodo,
dunque, rigettando l'empio errore che da qualche tempo va serpeggiando, e
seguendo senza tentennamenti la retta via segnata dai santi ed eccellenti
padri, approva in tutto, piamente, i cinque santi, ecumenici concili e, cioè, quello
dei trecentodiciotto santi padri, raccoltisi a Nicea contro il folle Ario;
dopo di questo, quello di Costantinopoli dei centocinquanta padri ispirati da
Dio, contro Macedonio che impugnava lo Spirito, e l'empio Apollinare; similmente,
il primo di Efeso, contro Nestorio, di mentalità giudaica, dove si radunarono
duecento venerabili uomini; quello di Calcedonia, di seicentotrenta padri
divinamente ispirati, contro Eutiche e Dioscoro, odiatori di Dio; e oltre questi, approva anche
l'ultimo di essi, il quinto santo concilio, radunato proprio qui contro
Teodoro di Mopsuestia, Origene, Didimo ed Evagrio, e contro le opere di Teodoreto,
che egli scrisse contro i dodici capitoli del celebre Cirillo, e la lettera
di Iba che si dice essere stata scritta a Mari il
Persiano. Rinnovando quindi, in tutto, gli immutabili
decreti della pietà, e scacciando le profonde dottrine dell'empietà,
anche questo santo ed universale sinodo ispirato da Dio, suggella il simbolo
emesso dai trecentodiciotto padri, e poi confermato dai centocinquanta, dalla
mente divinamente ispirata, simbolo che anche gli altri santi concili
accolsero con gioia e confermarono, per estinguere ogni pestifera eresia. Crediamo in un solo
Dio... [seguono i simboli Niceno
e Costantinopolitano]. Il santo e universale sinodo disse: Alla perfetta conoscenza e conferma della retta
fede sarebbe stato sufficiente questo pio e ortodosso simbolo della grazia
divina. Ma poiché non restò inattivo colui che fin
dall'inizio fu l'inventore della malizia e che, trovando un aiuto nel
serpente, per mezzo di esso introdusse la velenosa morte nella natura umana,
così anche ora, trovati gli istrumenti adatti alla propria volontà: alludiamo
a Teodoro, che fu vescovo di Fara; a Sergio, Pirro, Paolo, Pietro, che furono
presuli di questa imperiale città; ed anche a Onorio, che fu papa dell'antica
Roma; a Ciro, che fu vescovo di Alessandria, e a Macario, recentemente
vescovo di Antiochia, e a Stefano, suo discepolo;
trovati, dunque, gli istrumenti adatti, non si astenne, attraverso questi,
dal suscitare nel corpo della chiesa gli scandali dell'errore; e con
espressioni mai udite disseminò in mezzo al popolo fedele la eresia di una
sola volontà e di una sola operazione in due nature di una (persona) della santa
Trinità, del Cristo, nostro vero Dio, in armonia con la folle dottrina falsa
degli empi Apollinare, Severo e Temistio; e cercò
in tutti i modi di toglier di mezzo con ingannevole invenzione la perfezione
dell'incarnazione dello stesso ed unico signore Gesù Cristo, nostro Dio, e
introdusse, quindi, funestamente una carne senza volontà e senza operazione
propria, benché fornita di vita intellettuale. Per questo Cristo, nostro Dio, ha suscitato
un fedele imperatore, un nuovo David, avendo trovato un uomo secondo il
suo cuore (3), il quale, conforme a quanto dice la Scrittura, non
concede sonno ai suoi occhi, e riposo alle sue palpebre (4), fino a che
non ha trovato, per mezzo di questa sacra adunanza voluta da Dio, una
proclamazione perfetta della vera fede, secondo la parola del Signore: dove
sono radunati due o tre nel mio nome, io sono in mezzo ad essi
(5). Il presente santo e universale concilio,
accoglie con fede e saluta a braccia aperte la relazione del santissimo e
beatissimo papa dell'antica Roma, Agatone, al piissimo e fedelissimo nostro
imperatore Costantino [IV], che rigetta, nominatamente, quelli che hanno
predicato e quelli che hanno insegnato, come è stato
mostrato sopra, una sola volontà ed una sola operazione nel mistero
dell'incarnazione di Cristo, vero nostro Dio; ammette, similmente, anche
l'altra relazione sinodale, mandata dal santo sinodo dei centoventicinque
vescovi, cari a Dio, tenuto sotto lo stesso santissimo papa, per contribuire
alla tranquillità, dono di Dio. Il concilio le accoglie inquantoché sono in
armonia sia col santo concilio di Calcedonia, sia col torno del santissimo e
beatissimo papa della stessa antica Roma, Leone, mandato a Flaviano, uomo
santo, che quel sinodo chiamò "colonna dell'ortodossia". Esse sono
anche conformi alle lettere sinodali scritte dal beato Cirillo contro l'empio
Nestorio e ai vescovi dell'Oriente. Seguendo i cinque santi concili ecumenici, e i santi
ed eccellenti padri, in accordo con essi definisce e
confessa il signore nostro Gesù Cristo, nostro vero Dio, uno della santa,
consostanziale e vivificante Trinità, perfetto nella divinità e perfetto
nella umanità; veramente Dio e veramente uomo, composto di anima razionale e
di corpo, consostanziale al Padre secondo la divinità e, nello stesso tempo,
consostanziale a noi nella sua umanità; simile a noi in tutto, meno che nel
peccato (6), generato dal Padre, prima dei secoli, secondo la divinità, in
questi ultimi tempi per noi e per la nostra salvezza (è nato) dallo Spirito
santo e da Maria vergine, nel più vero senso della parola madre di Dio,
secondo l'umanità; un solo e medesimo Cristo, figlio unigenito di Dio, da
riconoscersi in due nature senza confusione, mutamento, separazione,
divisione; senza che in nessun modo venga soppressa la differenza delle
nature per l'unione, ma salvaguardando la proprietà dell'una e dell'altra, e
concorrendo ciascuna a formare una sola persona e sussistenza; non diviso e
scomposto in due persone, ma uno e medesimo figlio unigenito, Verbo di Dio,
signore Gesù Cristo, come un tempo i profeti ci rivelarono di lui, e lo
stesso Gesù Cristo ci insegnò, e il simbolo dei santi padri ci ha trasmesso. Predichiamo anche, in lui,
due volontà naturali e due operazioni naturali, indivisibilmente,
immutabilmente, inseparabilmente, inconfusamente, secondo l'insegnamento dei
santi padri. Due volontà naturali
che non sono in contrasto fra loro (non sia mai detto!), come dicono gli empi
eretici, ma tali che la volontà umana segua, senza opposizione o riluttanza,
o meglio, sia sottoposta alla sua volontà divina e onnipotente. Era
necessario, infatti, che la volontà della carne fosse mossa e sottomessa al
volere divino, secondo il sapientissimo Atanasio (7). Come, infatti, la sua
carne si dice ed è carne del Verbo di Dio, così la naturale volontà della
carne si dice ed è volontà propria del Verbo di Dio, secondo quanto egli stesso dice: Sono disceso dal cielo non per fare
la mia volontà, ma la volontà del Padre che mi ha mandato (8), intendendo
per propria volontà quella della carne, poiché anche la carne divenne sua
propria: come, infatti la sua santissima, immacolata e animata carne, sebbene
deificata, non fu distrutta, ma rimase nel proprio stato e nel proprio modo
d'essere, così la sua volontà umana, anche se deificata, non fu annullata, ma
piuttosto salvata, secondo quanto Gregorio, divinamente ispirato, dice:
"Quel volere, che noi riscontriamo nel Salvatore, non è contrario a Dio,
ma anzi è trasformato completamente in Dio" (9). Ammettiamo,
inoltre, nello stesso signore nostro Gesù Cristo, nostro vero Dio, due
naturali operazioni, senza divisioni di sorta, senza mutazioni, separazioni,
confusioni; e cioè: un'operazione divina e
un'operazione umana, secondo quanto apertissimamente afferma Leone,
divinamente ispirato: "Agisce, infatti, ciascuna natura in comunione con
l'altra secondo ciò che ha di proprio; il Verbo opera ciò che è proprio del
Verbo, il corpo compie ciò che è proprio del corpo" (10). Non
ammetteremo, certamente, una sola naturale operazione di Dio e della
creatura, perché non avvenga che attribuiamo all'essenza divina ciò che è
stato creato, o riduciamo l'eccellenza della natura divina al rango di ciò
che conviene alle creature: riconosciamo, infatti, dello stesso e medesimo
Cristo i miracoli e le sofferenze secondo questo o quell'elemento
delle nature da cui proviene e in cui bi l'essere, come disse il divino
Cirillo. Insomma, restando fermo il concetto di inconfuso
e di indiviso, riassumiamo tutto in quest'unica espressione: Credendo che uno della santa Trinità, e,
dopo l'incarnazione, il signore nostro Gesù Cristo, è il nostro vero Dio,
affermiamo che due sono le sue nature che risplendono nella sua unica
sussistenza; in essa egli, durante tutta l'economia della sua vita, operò
prodigi e soffrì dolori; e ciò in modo non apparente, ma reale, mentre la
differenza delle nature in quell'unica sussistenza può conoscersi solo dal
fatto che ciascuna natura, in comunione con l'altra, voleva ed operava
conformemente al proprio essere. In questo modo, noi
ammettiamo anche due naturali volontà ed operazioni, che concorrono insieme
alla salvezza del genere umano. Stabilite,
quindi, queste cose con ogni possibile diligenza e cura, definiamo non esser
lecito ad alcuno presentare, ossia scrivere, comporre, credere, altra formula
di fede, o insegnarla ad altri. Quelli poi,che
osassero o comporre una diversa formula, o presentare, o insegnare, o
trasmettere un altro simbolo a quelli che volessero convertirsi alla
conoscenza della verità dall'Ellenismo, dal Giudaismo, o da qualsiasi altra
setta; o tentassero di introdurre nuove voci, ossia nuovi modi di dire, per
sconvolgere quanto da noi è stato definito, questi tali, se sono vescovi o
chierici, decadono, i vescovi dall'episcopato, i chierici dalla dignità di
chierici; se poi si tratta di monaci o di laici, siano anatematizzati. ____________________________________________________ Note (1) Gv 8, 12 |