LE ERESIE DEL MODERNISMO PROFESSATE DA DON LUIGI GIUSSANI E DAL SUO MOVIMENTO “COMUNIONE E
LIBERAZIONE” |
Davide Gasparini, cattolico con
interesse alla teologia. Studiando gli
scritti di don Luigi Giussani e confrontandoli con gli insegnamenti della
Chiesa Cattolica, ho dovuto amaramente prendere atto che quanto si insegna con questi libri è “modernismo”, ovvero, per usare le parole di san Pio x, "la sintesi di tutte le eresie", a causa delle quali si diedero le relative scomuniche. Si ricorda
anche il fatto che Giovanni Paolo II ha denunciato, riguardo a questi tempi e
all’interno della Chiesa, un fenomeno analogo a quello del “modernismo”,
classificandolo sotto il nome di “relativismo”, che coinvolge molti
cattolici di tutti gli ambienti, non ultimi quelli teologici e parte del
clero. Per prendere,
almeno in parte, coscienza di questi aspetti, sono molto importanti i
documenti del Magistero di Giovanni Paolo II come la Dichiarazione Dominus Jesus, la lettera in forma Motu Proprio Ad Tuendam Fidem, l’Istruzione
sulla vocazione ecclesiale del teologo Donum Veritatis, l’Enciclica Fides et Ratio e, già con Papa Paolo VI, l’Esortazione Apostolica Paterna cum Benevolentia e le Dichiarazioni Mysterium Filii Dei e Mysterium Ecclesiae. Il lavoro fatto è quello di contrapporre gli
insegnamenti del Magistero della Chiesa, in special modo quelli dogmatici,
alle affermazioni di Luigi Giussani, estrapolate con lo stesso significato
che hanno nel contesto da alcuni suoi libri e contenenti
eresie ed errori.
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SINTESI DI ALCUNE ERESIE DEL MODERNISMO E DEL
RELATIVISMO
• Razionalismo: afferma che Dio e le verità di Dio sono conoscibili attraverso la sola
ragione. • Immanenza divina: la natura
dell’uomo ha in sé anche Dio. • Senso o sentimento religioso: da cui viene la verità, ad esso deve essere
subordinata la Rivelazione e il Magistero. • Rivelazione: ridotta a documenti storici, libri di morale, non
contenente verità assolute e non completa, da ricercarsi nella propria
coscienza. • Tradizione: sì, ma non per la difesa e trasmissione delle verità rivelate in parole
e opere, ma in quanto avente più coscienza a
riguardo di quel senso o sentimento religioso, o cuore, che mette in diretto
contatto con Dio presente in natura nell'uomo e che prevarica la Rivelazione. • Relativismo sulla Chiesa
cattolica: allusione al fatto che ogni religione, anche la più assurda, debba
essere vera perché il sentimento religioso è dato
a tutti, come anche ogni uomo è almeno in parte di natura divina. • Relativismo sui Dogmi: non sono verità certe e immutabili date da Dio attraverso il Magistero
e implicite nelle Scritture; l'uomo crescendo ed evolvendo in tutti i campi sviluppa più coscienza e può e deve evolvere anche
riguardo ai dogmi, questo vale anche per tutto quanto contenuto nei Libri
Sacri che può essere interpretato diversamente da quello che oggi si pensa. • Panteismo: ogni cosa o almeno l’uomo è in tutto o in parte o in divenire sostanza
di Dio. • Non dipendenza da Dio e non
annullamento davanti a Dio: poiché l'uomo
è, secondo il panteismo, sostanza di Dio; in definitiva dipende solo da se
stesso; secondo il razionalismo l’uomo può elevarsi
con le sole sue forze alle cose di Dio. • Rifiuto della trascendenza: la grazia, la fede, lo Spirito Santo, la Rivelazione, i dogmi, non sono
doni che vengono dall'alto ma da Dio presente dentro l'uomo
per natura, immanenti. • Sacramenti: sono solamente rappresentazioni simboliche. • Gesù Cristo: una persona
umana congiunta con la persona del Verbo; non l’unica persona del Verbo con
due nature, divina e umana; oppure un semplice uomo che interpreta e vive la
Legge e i Profeti secondo quanto in coscienza Dio gli rivela; questa sarebbe
l’incarnazione e lo renderebbe figlio di Dio; non più il Verbo/Figlio che incarnandosi
assume una natura umana ma un semplice uomo che vivendo gli insegnamenti di Dio
incarna la parola di Dio. Identificazione
tra “Verbo” (seconda Persona della Trinità) e “parola di Dio” (tutto quanto la
Trinità doveva dire all’uomo, contenuta nelle Sacre Scritture e ispirata dallo
Spirito Santo) eliminando così il primo e falsificando la seconda. • Formule di fede: hanno solo valore nominale; per esempio si dice "Gesù è il Figlio
di Dio" ma non lo è di fatto, vengono usate
solo per far crescere il senso o sentimento religioso. |
San Pio x - Introduzione dell'Enciclica
“Pascendi Dominici Gregis” contro il modernismo
L'officio
divinamente commessoci di pascere il gregge del Signore ha, fra i primi
doveri imposti da Cristo, quello di custodire con ogni vigilanza il deposito
della fede trasmessa ai santi, ripudiando le profane novità di parole e le
opposizioni di una scienza di falso nome. La quale provvidenza del Supremo
Pastore non vi fu tempo che non fosse necessaria
alla Chiesa cattolica: stanteché per opera del nemico dell'uman genere, mai
non mancarono "uomini di perverso
parlare (Act. X, 30), cianciatori di vanità e seduttori (Tit. I, 10), erranti e consiglieri agli altri di
errore (II Tim. III, 13)". Pur nondimeno gli è da confessare che in
questi ultimi tempi, è cresciuto oltre misura il numero dei nemici della
croce di Cristo; che, con arti affatto nuove e piene di astuzia,
si affaticano di render vana la virtù avvivatrice della Chiesa e scrollare
dai fondamenti, se venga lor fatto, lo stesso regno di Gesù Cristo. Per la
qual cosa non Ci è oggimai più lecito di tacere,
seppur non vogliamo aver vista di mancare al dovere Nostro gravissimo, e che
Ci sia apposta a trascuratezza di esso la benignità finora usata nella
speranza di più sani consigli. Ed a rompere senza
più gl'indugi Ci spinge anzitutto il fatto, che i
fautori dell'errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati;
ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa,
tanto più perniciosi quanto meno sono in vista. Alludiamo, o Venerabili
Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch'è
più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, sotto
finta di amore per la Chiesa, scevri d'ogni solido presidio di filosofico e
teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici
della Chiesa, si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa
medesima; e, fatta audacemente schiera, si gittano su quanto vi ha di più
santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore
divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione
di un puro e semplice uomo. Fanno le
meraviglie costoro perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma
non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è
giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare
e di operare. Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i
nemici della Chiesa i più dannosi. Imperocché, come già abbiam detto, i lor consigli
di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond'è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene
stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la
conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai
germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed
alle fibre di lei più profonde. Intaccata poi questa radice della immortalità, continuano a far correre il veleno per
tutto l'albero in guisa, che niuna parte risparmiano della cattolica verità,
niuna che non cerchino di contaminare. Inoltre, nell'adoperare le loro mille
arti per nuocere, niuno li supera di accortezza e di
astuzia: giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e
ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto; e
poiché sono temerari quanto altri mai, non vi è conseguenza da cui rifuggano
e che non ispaccino con animo franco ed imperterrito. Si aggiunga di più, e
ciò è acconcissimo a confonderle menti, il menar che essi fanno una vita
operosissima, un'assidua e forte applicazione ad ogni fatta di studi, e, il
più sovente, la fama di una condotta austera. Finalmente, e questo spegne
quasi ogni speranza di guarigione, dalle stesse loro dottrine sono formati al
disprezzo di ogni autorità e di ogni freno; e,
adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò
che è infatti superbia ed ostinazione. Sì, sperammo a dir vero di riuscire
quando che fosse a richiamar costoro a più savi
divisamenti; al qual fine li trattammo dapprima come figli con soavità,
passammo poi ad un far severo, e finalmente, benché a malincuore, usammo pure
i pubblici castighi. Ma voi sapete, o Venerabili
Fratelli, come tutto riuscì indarno: sembrarono abbassai la fronte per un istante,
ma la rialzarono subito con maggiore alterigia. E
potremmo forse tuttora dissimulare se non si trattasse che sol di loro: ma
trattasi invece della sicurezza del nome cattolico. Fa dunque mestieri di
uscir da un silenzio, che ormai sarebbe colpa, per far conoscere alla Chiesa
tutta chi sieno infatti costoro che così mal si
camuffano. |
ERESIE ED ERRORI DI DON LUIGI GIUSSANI
E VERITÀ IMMUTABILI DELLA FEDE CATTOLICA
I libri del sacerdote in questione
che sono stati presi in esame sono: "Si può vivere così?"
(ristampa 1994); "Il senso religioso" (ristampa 1993); "Perché
la Chiesa" tomo 1 (ristampa 1992); "Perché la Chiesa" tomo 2
(ristampa 1993); questi ultimi tre libri, con un quarto, sono
di fatto il fondamento del movimento "comunione e liberazione",
fondato da Luigi Giussani. Le parti in blu scuro corsivo sono miei commenti e specificazioni. |
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LUIGI GIUSSANI |
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SANTA CHIESA CATTOLICA |
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Giussani - "Perché la
Chiesa" (tomo 2) pag. 77-78-79 All'interno della Chiesa stessa si
cominciò a ritenere che la vera ricerca fosse incompatibile con ogni
autorità, dalla quale non si poteva farsi imporre a priori come verità gli elementi della fede. Fu questo
allontanamento dai dati fondamentali del cattolicesimo che Pio x condannò come eresia chiamandola "modernismo". [...] Ma
la conoscenza può evolvere, uno studio maggiore di determinate questioni può
mostrare che quella preoccupazione era ingiustificata. [...] la Chiesa non può affatto
essere ostile a un sano metodo critico e tanto meno al metodo cosiddetto storico-critico. Neppure
l'enciclica antimodernista di Pio x proibisce questo metodo, bensì lo
presuppone. Ciò che questi provvedimenti proibiscono è soltanto
l'affermazione che il sì della fede soprannaturale dipenda
esclusivamente dai risultati di
questo metodo. |
SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS” [...] quando parlasi di modernismo,
non parlasi di vaghe dottrine non unite da alcun nesso, ma di un unico corpo
e ben compatto, ove chi una cosa ammetta uopo è che accetti tutto il
rimanente. Perciò abbiam voluto altresì far uso di
una forma quasi didattica, né abbiamo ricusato il barbaro linguaggio onde i
modernisti fanno uso. Ora, se quasi di un solo sguardo abbracciamo l'intero
sistema, niuno si stupirà ove Noi lo
definiamo, affermando esser esso la sintesi di tutte le eresie. Certo, se
taluno si fosse proposto di concentrare quasi il succo ed il sangue di quanti
errori circa la fede furono sinora asseriti, non
avrebbe mai potuto riuscire a far meglio di quel che han fatto i modernisti. |
Il nostro 'sì' alla fede riposa non solo sulla testimonianza di molti
documenti, ma principalmente sulla testimonianza vivente della tradizione. Da
questa sua intima vitalità, dalla piena luce della sua coscienza della
rivelazione, la Chiesa emana raggi sempre nuovi. E dove ritiene minacciati i
nuclei essenziali della rivelazione cristiana, attraverso le proprie congregazioni,
essa pronuncia il severo tuto doceri non potest, il
divieto di insegnamento, non in nome della scienza,
ma in nome della fede [...]. E' possibile che un dicastero ecclesiastico,
come nel caso di Galileo, proibisca in nome della fede una opinione
scientifica che solo apparentemente contrasta con talune verità dogmatiche
certe, opinione che assurge poi a indiscussa certezza". Credo non sia inutile ripetere che proprio la
mancata considerazione della Chiesa come organo vitale, quindi soggetto a
crescere nella sua autocoscienza, perciò a correggersi, a modificarsi come
consapevolezza dell'immutabile deposito della fede rivelata, sia la fonte dei
maggiori equivoci nel giudicare e nel vivere la comunità ecclesiale. |
GIOVANNI
PAOLO II - “AD
TUENDAM FIDEM” PER
DIFENDERE LA FEDE della Chiesa Cattolica contro gli errori
che insorgono da parte di alcuni fedeli, soprattutto di quelli che si
dedicano di proposito alle discipline della sacra teologia, è sembrato assolutamente necessario a Noi, il cui compito precipuo è confermare i fratelli nella fede (cf Lc
22, 32), che nei testi vigenti del Codice di Diritto Canonico e del Codice
dei Canoni delle Chiese Orientali vengano aggiunte norme con le quali
espressamente sia imposto il dovere di osservare le verità proposte in modo
definitivo dal Magistero della Chiesa, facendo anche menzione delle sanzioni
canoniche riguardanti la stessa materia. […] Can. 750 § 2. Si devono pure
fermamente accogliere e ritenere anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della
Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per
custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si
oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime
proposizioni da tenersi definitivamente. La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta
alle menti umane come una invenzione filosofica da
perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito
perché la custodisca fedelmente e la insegni con magistero infallibile. Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato
dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il
pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano
dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli,
l'intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta
la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel
medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione [VINC.
LIR. Common.,
n. 28]. […] Se qualcuno dirà
che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un giorno - nel continuo
progresso della scienza - attribuire un senso diverso da quello che ha inteso
e intende dare la Chiesa: sia anatema. SAN PIO X - “LAMENTABILI
SANE EXITU” CONDANNA DELLA SEGUENTE ASSERZIONE 63. La Chiesa si
dimostra incapace a tutelare efficacemente l'etica evangelica, perché
ostinatamente si attacca a dottrine immutabili, inconciliabili con i progressi
odierni. |
Per cui, come affrontando l'esistenza di una persona si tiene in
giusta considerazione la sua storia, le condizioni in cui è
cresciuta, i momenti della sua maturazione e le contingenze dalle quali
potrebbe risultare per la sua personalità un particolare annebbiamento di
consapevolezza, così non si deve dimenticare che la Chiesa vive e opera nel
tempo disegnando una sua traiettoria di autocoscienza, nella quale lo Spirito
di Cristo la assiste indefettibilmente perché possa
sempre compiere la sua missione e perciò non
definire mai un errore, ma senza esimerla dalla fatica e dal lavoro di una
ricerca evolutiva, proprio per la di lei natura di "corpo", divino
sì, ma anche umano, cioè incarnato nel tempo e nello spazio. |
SAN PIO X - “LAMENTABILI
SANE EXITU” CONDANNA LE SEGUENTI ASSERZIONI 59. Cristo non insegnò un determinato insieme di dottrine applicabile
a tutti i tempi e a tutti gli uomini, ma piuttosto iniziò un certo qual moto
religioso adattato e da adattare a diversi tempi e circostanze. 20. La
Rivelazione non poté essere altro che la coscienza acquisita dall'uomo circa
la sua relazione con Dio. 7. La chiesa, quando condanna gli errori, non può esigere
dai fedeli nessun assenso interno che accetti i
giudizi da lei dati. 8. Sono da ritenersi esenti da ogni colpa coloro
che non tengono in alcun conto delle riprovazioni espresse dalla Sacra
Congregazione dell'Indice e da altre Sacre Congregazioni Romane. 22. I dogmi, che la Chiesa presenta come
rivelati, non sono verità cadute dal cielo, ma l'interpretazione di fatti
religiosi, che la mente umana si è data con travaglio. Se qualcuno dirà che le discipline umane
devono essere trattate con tale libertà che le loro asserzioni, anche se
contrarie alla dottrina rivelata, possono essere ritenute vere e non possono
essere condannate dalla Chiesa: sia anatema. SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” (Dicono i modernisti) Nasce il dogma dal bisogno che
prova il credente di lavorare sul suo pensiero religioso, sì da rendere la
sua e l'altrui coscienza sempre più chiara. Tale lavorio consiste tutto
nell'indagare ed esporre la formola
primitiva, non già in se stessa e razionalmente, ma rispetto alle circostanze
o, come più astrusamente dicono, vitalmente. |
Concludiamo questa riflessione sulla comunicazione del divino nella Chiesa con
l'espressione di Newmann: "Dunque, la facoltà di svilupparsi è una prova di
vita, se non altro per i suoi tentativi di imporsi, per tacere dei
suoi successi. Infatti, una semplice formula, o non riesce a svilupparsi, o si sviluppa
distruggendosi. Soltanto una idea viva si fa
molteplice, pur sempre restando una". [...] Abbiamo anche visto come sia molto
probabile che vada riconsiderato il nostro modo solito di pensare ai dogmi,
il cui formularsi e definirsi rappresenta la pertinenza più alta e profonda
alla vita e alla storia che si possa concepire. |
SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” E poiché
questo sentimento, siccome quello che ha per obbietto l'assoluto, porge infiniti aspetti, dei quali oggi l'uno domani l'altro
può apparire; e similmente colui che crede può
passare per altre ed altre condizioni, ne segue che le formole altresì che
noi chiamiamo dogmi devono
sottostare ad uguali vicende ed essere perciò variabili. Così si ha aperto il varco alla intima evoluzione dei dogmi. Infinito cumulo di sofismi che abbatte e
distrugge ogni religione! E questa, non pur possibile, ma necessaria evoluzione e mutazione dei dogmi non
solo i modernisti l'affermano arditamente ma è conseguenza legittima delle
loro sentenze. Infatti fra i capisaldi della loro
dottrina vi è ancor questo, tratto dal principio dell'immanenza vitale: che
le formole cioè religiose, perché tali siano in verità
e non mere speculazioni dell'intelletto, è mestieri che sieno vitali e che
vivano della stessa vita del sentimento
religioso. La dottrina della fede
che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come una invenzione
filosofica da perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come
divino deposito perché la custodisca fedelmente e la insegni con magistero
infallibile. Quindi deve essere approvato in
perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha
dichiarato, né mai si deve recedere da quel
significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa
intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il
corso delle età e dei secoli, l'intelligenza e la sapienza, sia dei secoli,
sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella
medesima affermazione. |
IMMANENZA DIVINA - SENSO RELIGIOSO - PANTEISMO
Giussani - "Il senso religioso" pag. 15 Domandiamoci
allora: qual è il criterio che ci permette di giudicare ciò che vediamo
accadere in noi stessi? Due sono le possibilità: o il criterio in base al
quale giudicare ciò che si vede in noi è mutuato dal di
fuori di noi, o tale criterio è reperibile dentro di noi. Nel primo caso
ricadremo nell'evenienza alienante che abbiamo descritto prima. Se anche avessimo svolto un'indagine esistenziale in
prima persona, rifiutando perciò di rivolgerci ad indagini già svolte da
altri, ma prelevassimo da altri i criteri per giudicarci, il risultato
alienante non cambierebbe. Faremmo ugualmente dipendere il significato di ciò
che noi siamo da qualcosa che è fuori di noi. A questo punto però si
potrebbe intelligentemente obiettare che, poiché l'uomo
prima di esserci non c'era, non è possibile che possa darsi da sé un
criterio di giudizio. Questo viene comunque
"dato". Ora, che questo criterio sia immanente a noi - dentro di noi - non significa che ce
lo diamo da soli: è attinto dalla nostra natura, vale a dire ci viene dato
con la natura (dove la parola natura è evidentemente sottesa dalla parola
Dio, indizio cioè dell'origine ultima del nostro io). Solo questa può essere
considerata un'alternativa di metodo ragionevole,
non alienante. Il criterio per giudicare quella riflessione sulla propria
umanità deve dunque essere immanente alla struttura originaria della persona.
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SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” Ma difatto l'immanenza dei modernisti vuole ed ammette che ogni fenomeno di
coscienza nasca dall'uomo in quanto uomo. Dunque di legittima conseguenza inferiamo che Dio e l'uomo
sono la stessa cosa; e perciò il panteismo. […] Così infatti essi (modernisti) discorrono. Nel
sentimento religioso, si deve riconoscere quasi una certa intuizione del
cuore; la quale mette l'uomo in contatto immediato colla realtà stessa di
Dio, e tale gl'infonde una persuasione
dell'esistenza di Lui e della Sua azione sì dentro, sì fuori dell'uomo, da
sorpassar di gran lunga ogni convincimento scientifico. Asseriscono pertanto una vera
esperienza, e tale da vincere qualsivoglia esperienza razionale; la quale se
da taluno, come dai razionalisti, è negata, ciò dicono
intervenire perché non vogliono porsi costoro nelle morali condizioni, che
son richieste per ottenerla. Or questa esperienza, poi che l'abbia alcuno
conseguita, è quella che lo costituisce propriamente e veramente credente. Quanto siamo qui lontani
dagli insegnamenti cattolici! Simili vaneggiamenti li abbiamo
già uditi condannare dal Concilio Vaticano. Vedremo più oltre come,
con siffatte teorie, congiunte agli altri errori già mentovati, si spalanchi la via all'ateismo. Se qualcuno dirà che la Rivelazione divina non può rendersi credibile per
segni esterni, e che perciò gli uomini devono procedere verso la fede solo
attraverso l'interiore esperienza o l'ispirazione privata di ciascuno: sia
anatema. Se qualcuno dirà che unica e
identica è la sostanza, o l'essenza, di Dio e di tutte le cose: sia anatema. Se qualcuno dirà che le cose
finite, sia materiali, sia spirituali, o almeno le spirituali, sono emanate
dalla sostanza divina; ovvero che la divina essenza per la sua manifestazione
ed evoluzione diventa ogni cosa; ovvero infine che Dio è ente universale od
indefinito, il quale determinando se stesso costituisce l'universo delle
cose, distinto in generi, specie ed individui: sia anatema. Luigi Giussani dà la priorità assoluta a qualcosa di immanente per natura nell'uomo, oltre a questo sottintende “Dio” con la
parola “natura”, quindi panteismo e immanenza divina. Non nomina la
Rivelazione e lo Spirito Santo; come si vedrà successivamente,
anche il dono dello Spirito viene ridotto a qualcosa di immanente, esistente
in natura nell’uomo. Queste affermazioni eretiche portano
oltretutto a pensare che ognuno può credere quello che vuole, perché
qualunque asserzione di ogni religione e di
chiunque, anche la più assurda, può essere ritenuta vera, poiché tutti
attingerebbero da Dio, immanente per natura in ogni uomo. |
SENSO
RELIGIOSO - DOGMI – AUTORITÀ DEL
PONTEFICE
Giussani - "Il senso religioso" pag. 16 Tutte le esperienze della mia umanità e della mia
personalità passano al vaglio di una "esperienza originale",
primordiale, che costituisce il volto nel mio raffronto con tutto. Ciò che ogni uomo ha il diritto e il dovere di imparare è la
possibilità e l'abitudine a paragonare ogni proposta con questa sua
"esperienza elementare". In che cosa consiste questa esperienza
originale, elementare? Si tratta di un complesso di esigenze
e di evidenze con cui l'uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò
che esiste. La natura lancia l'uomo nell'universale paragone con se stesso,
con gli altri, con le cose, dotandolo - come strumento di tale universale
confronto - di un complesso di evidenze ed esigenze
originali, talmente originali che tutto ciò che l'uomo dice o fa da esse
dipende. Ad esse potrebbero essere dati molti nomi;
esse possono essere riassunte con diverse espressioni (come: esigenza di
felicità, esigenza di verità, esigenza di giustizia, ecc...). Sono comunque come una scintilla che mete in azione il motore
umano; prima di esse non si dà alcun movimento, alcuna umana dinamica.
Qualunque affermazione della persona, dalla più banale e quotidiana alla più
ponderata e carica di conseguenze, può avvenire solo in
base a questo nucleo di evidenze ed esigenze
originali. Giussani - "Il senso religioso" pag. 19-20 Ecco perché il criterio fondamentale con cui si
affrontano le cose è il criterio oggettivo con cui la natura lancia l'uomo
nell'universale paragone, dotandolo di quel nucleo di esigenze originali, di quella esperienza
elementare di cui tutte le madri allo stesso modo dotano i loro figli. E' solo qui, in questa identità dell'ultima coscienza, il superamento
dell'anarchia. L'esigenza della bontà, della giustizia, del vero, della
felicità costituiscono il volto ultimo, l'energia
profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano
tutto, al punto che essi possono vivere tra loro un commercio di idee oltre
che di cose, possono trasmettersi l'un l'altro ricchezze a distanza di
secoli, e noi leggiamo con emozione frasi create migliaia di anni fa dagli
antichi poeti con un'impressione di suggerimento al nostro presente, come
talvolta non deriva dai rapporti quotidiani. Se c'è una esperienza
di maturità umana è proprio questa possibilità di addentrarsi nel passato, di
accostarsi al lontano come fosse vicino, come fosse parte di sé. Perché ciò è possibile? Perché questa esperienza
elementare, come dicevamo, è sostanzialmente uguale in tutti, anche se poi
sarà determinata, tradotta, realizzata in modi diversissimi, apparentemente
persino opposti. Direi allora: se si vuole diventare adulti senza essere
ingannati, alienati, schiavi di altri, strumentalizzati, ci si abitui a paragonare tutto con l'esperienza elementare.
[...] La sfida più audace a quella mentalità che ci domina e che incide in
noi per ogni cosa - dalla vita dello spirito
al vestito - è proprio quella di rendere abituale in noi il giudizio su tutto
alla luce delle nostre evidenze prime [...]. |
GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS” Deve essere, quindi, fermamente
ritenuta la distinzione tra la fede
teologale e la credenza nelle
altre religioni. Se la fede è l'accoglienza nella grazia della verità
rivelata, "che permette di entrare all'interno del mistero, favorendone
la coerente intelligenza", la credenza nelle altre religioni è
quell'insieme di esperienza e di pensiero, che
costituiscono i tesori umani di saggezza e di religiosità, che l'uomo nella
sua ricerca della verità ha ideato e messo in atto nel suo riferimento al
Divino e all'Assoluto. Non sempre tale distinzione viene
tenuta presente nella riflessione attuale, per cui spesso si identifica la
fede teologale, che è accoglienza della verità rivelata da Dio Uno e Trino, e
la credenza nelle altre religioni, che è esperienza religiosa ancora alla
ricerca della verità assoluta e priva ancora dell'assenso a Dio che si
rivela. Questo è uno dei motivi per cui si tende a
ridurre, fino talvolta ad annullarle, le differenze tra il cristianesimo e le
altre religioni. SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” Infatti fra i capisaldi della loro
dottrina (modernismo) vi è ancor questo, tratto dal
principio dell'immanenza vitale: che le formole cioè religiose,
perché tali siano in verità e non mere speculazioni dell'intelletto, è
mestieri che sieno vitali e che vivano della stessa vita del sentimento religioso. Il che non è da
intendersi quasiché tali formole, specie se puramente immaginative, sieno costruite a bella posta pel sentimento religioso; giacché
poco monta della loro origine, come altresì del loro numero e della loro
qualità; ma così, che le stesse, fatte se occorre all'uopo delle
modificazioni, vengano vitalmente
assimilate dal sentimento religioso. E per dirla in altri termini, fa di
mestieri che la formola primitiva sia accettata e sancita dal cuore, e che il susseguente
lavorio per la formazione delle formole
secondarie sia fatto sotto la direzione del cuore. Di qui procede che
siffatte formole, perché sieno vitali, devono essere e mantenersi adatte
tanto alla fede quanto al credente. Laonde, se per una ragione qualsiasi
cotale adattamento venga meno, perdono elle il primitiva
significato e vogliono essere cambiate. Or tale essendo il valore e la
sorte mutevole delle formole dogmatiche, non reca stupore che i modernisti le
abbiano tanto in dileggio; mentre al contrario non
fanno che ricordare ed esaltare il sentimento religioso e la vita religiosa. Perciò pure criticano con somma audacia la Chiesa, accusandola
di camminare fuor di strada, né saper distinguere fra il senso materiale
delle formole e il loro significato religioso e morale, e attaccandosi con
ostinazione, ma vanamente, a formole vuote di senso, lasciar che la religione
precipiti a rovina. Oh! Veramente ciechi
e conduttori di ciechi, che, gonfi del superbo nome di scienza,
vaneggiano fino al segno di pervertire l'eterno concetto di verità e il
genuino sentimento religioso: "spacciando un nuovo
sistema, col quale, tratti da una sfrontata e sfrenata smania di novità, non
cercano la verità ove certamente si trova; e disprezzate le sante ed
apostoliche tradizioni, si attaccano a dottrine vuote, futili, incerte,
riprovate dalla Chiesa, e con esse, uomini stoltissimi, si credono di
puntellare e sostenere la stessa verità" (Gregorio XVI, Lett.
Enc."Singulari Nos", 25
giugno 1834). PAPA PAOLO
VI - MYSTERIUM ECCLESIAE Quanto poi al significato
stesso delle formule dogmatiche, esso nella Chiesa rimane sempre vero e
coerente, anche quando è maggiormente chiarito e meglio compreso. Devono, quindi, i fedeli rifuggire dall’opinione la quale ritiene
che le formule dogmatiche (o qualche categoria di esse)
non possono manifestare la verità determinatamente, ma solo delle sue
approssimazioni cangianti, che sono, in certa maniera, deformazioni e
alterazioni della medesima; e che le stesse formule, inoltre, manifestano
soltanto in modo indefinito la verità, la quale dev’esser continuamente
cercata attraverso quelle approssimazioni. Chi la pensasse così, non
sfuggirebbe al relativismo dogmatico e falsificherebbe il concetto di infallibilità della Chiesa, relativo alla verità da
insegnare e ritenere in modo determinato. |
Giussani - "Il senso religioso" pag. 55 Ognuno di noi nasce da una tradizione. La natura ci butta dentro la dinamica dell'esistenza armandoci di uno strumento
complesso per affrontare l'ambiente. Ogni uomo fronteggia la realtà
circostante dotato per natura di elementi che si
trova addosso come dati, offerti. La
tradizione è quella complessa dote di cui la natura dunque arma la nostra
persona. Non perché abbiamo a fossilizzarci in essa,
ma perché abbiamo a sviluppare - fino anche a mutare e profondamente - quello
stesso che ci è stato dato. Ma per mutare quello che ci è
stato dato dobbiamo inizialmente agire "con" quello che ci è stato
dato, dobbiamo usarlo. E' in forza dei valori e della ricchezza che ho
ricevuto che io posso diventare a mia volta creativo, capace di sviluppare
quello che mi trovo tra le mani, e addirittura è in forza dei valori e della
ricchezza che mi è stata data che io posso anche cambiarne radicalmente il
significato e l'impostazione. [...] In caso contrario - omettendo cioè
quel vaglio critico - il soggetto o è alienato e fossilizzato nella
tradizione o, venduto alla violenza dell'ambiente, finirà per abbandonarla.
E' quanto avviene nella coscienza religiosa dei più: la violenza
dell'ambiente decide per loro. Insisto, usare criticamente questo fattore
della vita non significa collocare dubbi sui suoi valori - anche se così viene suggerito dalla mentalità corrente, - ma significa
utilizzare quella ricchissima ipotesi di lavoro attraverso il vaglio di un principio critico che sta dentro di
noi, nativo, perché dato originalmente, l'esperienza elementare. Se la tradizione viene usata così
criticamente, essa diventa fattore di personalità, materiale per un volto
specifico, per una identità nel mondo. |
SAN PIO X - “LAMENTABILI
SANE EXITU” CONDANNA LA SEGUENTE ASSERZIONE 63. La Chiesa si dimostra incapace a tutelare efficacemente l'etica
evangelica, perché ostinatamente si attacca a dottrine immutabili,
inconciliabili con i progressi odierni. GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS
IESUS” Non sempre tale distinzione viene tenuta
presente nella riflessione attuale, per cui spesso si identifica la fede
teologale, che è accoglienza della verità rivelata da Dio Uno e Trino, e la
credenza nelle altre religioni, che è esperienza religiosa ancora alla
ricerca della verità assoluta e priva ancora dell'assenso a Dio che si
rivela. Questo è uno dei motivi per cui si tende a
ridurre, fino talvolta ad annullarle, le differenze tra il cristianesimo e le
altre religioni. SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” Ma, oltre al detto, questa
dottrina dell'esperienza è per un altro verso contrarissima alla cattolica verità.
Imperocché viene essa estesa ed applicata alla tradizione quale finora fu intesa
dalla Chiesa, e la distrugge. Ed infatti dai
modernisti è la tradizione così concepita che sia una comunicazione dell'esperienza originale fatta agli altri,
mercè la predicazione, per mezzo della formola intellettuale. A questa
formola perciò, oltre al valore rappresentativo, attribuiscono una tal quale
efficacia di suggestione, che si esplica tanto in
colui che crede, per risvegliare il sentimento religioso a caso intorpidito e
rinnovar l'esperienza già avuta una volta, quanto in coloro che ancor non
credono, per suscitare in essi la prima volta il sentimento religioso e
produrvi l'esperienza. |
Giussani “Perché la chiesa”
(tomo 2) pag. 71
L’autorità suprema del magistero è una esplicitazione della coscienza della comunità intera
guidata da Cristo, e quindi è funzionale ad essa, non è una sostituzione
magica o dispotica. La verità che viene definita con uno di quei due interventi eccezionali (magistero ordinario e definizione ex cathedra) riguarda sempre qualcosa che già fa parte
della vita della Chiesa. L’autorità la individua difendendola, chiarendo
quello che risulta da sempre, almeno implicitamente,
vissuto; non è, per sua natura, inventiva a
prescindere dalla vita e dalla coscienza della comunità. pag. 73 E’ ovviamente grande oggi l’ignoranza sul metodo
con cui nella Chiesa si arrivi alla proclamazione di
un dogma, e del significato stesso di quest’espressione: essa – abbiamo visto
– sta ad indicare un valore quando è coscienza certa e vissuta della comunità
cristiana. pag. 75-76 Concludiamo l’accento a questo specifico esempio con le
parole di Jacques Leclercq:
“L’infallibilità pontificia non è che una semplice modalità
dell’infallibilità della Chiesa. La dottrina dell’infallibilità della Chiesa
è universalmente ammessa nei prossimi tempi cristiani, come un corollario
delle promesse di Cristo, una conseguenza dell’assistenza dello Spirito…
L’infallibilità della Chiesa si esprime mediante la Tradizione… e quando
questa si sviluppa senza urti non c’è bisogno d’altro. Ma quando la Chiesa è lacerata da controversie e la Tradizione non
si manifesta più con chiarezza, si rende necessario sapere mediante quale
organo l’infallibilità si manifesta in ultima istanza.
L’infallibilità pontificia, dunque, non è
che una precisazione dell’infallibilità della Chiesa..:
è l’infallibilità della Chiesa che si manifesta attraverso il Papa”. |
GIOVANNI PAOLO II - “APOSTOLOS SUOS” 9. L’ordine dei Vescovi è collegialmente, “insieme con il suo capo il Romano Pontefice, e mai senza di esso, soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa ». Come è a tutti ben noto, il Concilio Vaticano II, nell'insegnare questa dottrina, ha parimenti ricordato che il Successore di Pietro « conserva integralmente il suo potere primaziale su tutti, pastori e fedeli. Infatti il Romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente”. BEATO PIO IX -
“PASTOR AETERNUS” Capitolo I - Istituzione del Primato Apostolico nel Beato Pietro Proclamiamo dunque ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze del Vangelo, che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore in modo immediato e diretto. Solamente a Simone, infatti, al quale già si era rivolto: "Tu sarai chiamato Cefa" (Gv 1,42), dopo che ebbe pronunciata quella sua confessione: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo", il Signore indirizzò queste solenni parole: "Beato sei tu, Simone figlio di Giona; perché non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli: e io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legata anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli" (Mt 16,16-19). E al solo Simon Pietro, dopo la sua risurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di sommo pastore e di guida su tutto il suo ovile con le parole: "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore" (Gv 21,15-17). A questa chiara dottrina delle sacre Scritture, come è sempre stata interpretata dalla Chiesa cattolica, si oppongono senza mezzi termini le malvagie opinioni di coloro che, stravolgendo la forma di governo decisa da Cristo Signore nella sua Chiesa, negano che Cristo abbia investito il solo Pietro del vero e proprio primato di giurisdizione che lo antepone agli altri Apostoli, sia presi individualmente, sia nel loro insieme, o di coloro che sostengono un primato non affidato in modo diretto e immediato al beato Pietro, ma alla Chiesa e, tramite questa, all’Apostolo come ministro della stessa Chiesa. Se qualcuno dunque affermerà che il beato Pietro Apostolo non è stato costituito da Cristo Signore Principe di tutti gli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante, o che non abbia ricevuto dallo stesso Signore Nostro Gesù Cristo un vero e proprio primato di giurisdizione, ma soltanto di onore: sia anatema. […] Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa. Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema. SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” Più larga materia ci offre ciò che la scuola dei modernisti fantastica a riguardo della Chiesa. È qui da presupporre che la
Chiesa secondo essi è frutto di due bisogni: uno nel credente, specie se
abbia avuta qualche esperienza originale e singolare, di comunicare ad altri
la propria fede; l'altro nella collettività,
dopo che la fede si è fatta comune a molti, di aggrupparsi in società e di
conservare, accrescere e propagare il bene comune. Che
cosa è dunque la Chiesa? un parto della coscienza collettiva, ossia
collettività di coscienze individuali; le quali, in forza della permanenza vitale, pendono tutte da un
primo credente, cioè pei cattolici da Cristo. Ora ogni società ha bisogno di un'autorità che la regga: il cui compito sia dirigere gli associati al fine
comune, e conservare saggiamente gli elementi di coesione, i quali in una
società religiosa sono la dottrina ed il culto. Perciò
nella Chiesa cattolica una triplice autorità: disciplinare, dogmatica,
culturale. La natura poi di questa autorità dovrà desumersi
dalla sua origine; e dalla natura si dovranno a loro volta dedurre i diritti
e i doveri. Fu errore volgare dell'età
passata che l'autorità sia venuta alla Chiesa dal di
fuori, cioè immediatamente da Dio: e perciò era giustamente ritenuta autocratica. Ma
queste sono teorie oggimai passate di moda. Come la Chiesa è
emanata dalla collettività delle coscienze, cosi l'autorità emana
vitalmente dalla stessa Chiesa. Pertanto l'autorità del
pari che la Chiesa nasce dalla coscienza religiosa, e perciò alla medesima
resta soggetta: e se venga meno a siffatta soggezione, si volge in tirannide.
Nei tempi che corrono il sentimento di libertà è
giunto al suo pieno sviluppo. Nello stato civile la pubblica coscienza ha
voluto un regime popolare. Ma la coscienza dell'uomo,
come la vita, è una sola. Se dunque l'autorità della Chiesa
non vuol suscitare e mantenere una guerra intestina nelle coscienze umane,
uopo è che si pieghi anch'essa a forme democratiche; tanto più che, a
negarvisi, lo sfacelo sarebbe imminente. È
da pazzo il credere che possa aversi un regresso nel sentimento di libertà
quale domina al presente. Stretto e rinchiuso con violenza strariperà più
potente, distruggendo insieme la religione e la Chiesa. Fin qui il ragionare
dei modernisti: e la conseguenza è, che sono tutti intesi a trovar modi per
conciliare l'autorità della Chiesa colla libertà dei credenti. […] Le teorie,
o Venerabili Fratelli, onde promanano tutti questi errori, son quelle appunto
che il Nostro Predecessore Pio VI già condannò solennemente nella
Costituzione Apostolica "Auctorem Fidei"
(Prop. 2). "La proposizione che stabilisce che la potestà è stata da Dio data alla Chiesa, perché fosse comunicata ai
Pastori, che sono ministri di lei per la salute delle anime; così intesa, che
la potestà del ministero e regime ecclesiastico si derivi nei Pastori dalla
Comunità dei fedeli: eretica". Prop. 3. "Inoltre quella che stabilisce il Romano
Pontefice esser capo ministeriale; così spiegata che il Romano Pontefice, non
da Cristo nella persona del Beato Pietro, ma dalla Chiesa abbia avuta la potestà del ministero, di cui come successore di
Pietro, vero Vicario di Cristo e capo di tutta la Chiesa, gode nella Chiesa
universa: eretica". […] Più gravi assai e perniciose sono le
loro affermazioni a riguardo dell'autorità dottrinale e dogmatica.
Circa il magistero ecclesiastico così essi (modernisti) la pensano: la società religiosa non
può veramente essere una senza unità di coscienza nei suoi membri e senza
unita di formola. Ma questa duplice unità richiede,
per così dire, una mente comune, a cui spetti trovare e determinare la
formola, che meglio risponda alla coscienza comune:
alla qual mente fa d'uopo inoltre attribuire un'autorità bastevole, perché
possa imporre alla comunanza la formola stabilita. Or nell'unione è quasi
fusione della mente designatrice della formola e dell'autorità che la impone,
ritrovano i modernisti il concetto del magistero ecclesiastico. Poiché dunque in fin dei conti il magistero non nasce che dalle coscienze
individuali ed a bene delle stesse coscienze ha imposto un pubblico ufficio;
ne consegue di necessità che debba dipendere dalle medesime coscienze e debba
quindi avviarsi a forme democratiche. IL proibire
pertanto alle coscienze degli individui che facciano pubblicamente sentire i
loro bisogni; non soffrire che la critica spinga il dogma verso necessarie
evoluzioni, non è già uso di potestà, data per pubblico bene, ma abuso.
Similmentene l'uso stesso della potestà fa di
mestieri serbare modo e misura. Sa di tirannide condannare un libro
all'insaputa dell'autore, senza ammettere spiegazioni di sorta né
discussione. Adunque qui pure è da ricercarsi una via di mezzo che salvi
insieme i diritti dell'autorità e della libertà. Nel frattempo il cattolico si
regolerà in guisa che non lasci pubblicamente di protestarsi rispettosissimo
dell'autorità, continuando però sempre ad operare a suo talento. […] Or, restando tuttavia nella teoria della
evoluzione, vuole di più osservarsi che quantunque i bisogni servano
di stimolo per la evoluzione, essa nondimeno, regolata unicamente da siffatti
stimoli, valicherebbe facilmente i termini della tradizione, e strappata così
dal primitivo principio vitale, meglio che a progresso menerebbe a rovina. Quindi studiando più a fondo il pensiero dei modernisti,
deve dirsi che l'evoluzione è come il risultato di due forze che si
combattono, delle quali una è progressiva, l'altra conservatrice. La forza
conservatrice sta nella Chiesa e consiste nella tradizione. L'esercizio di lei è proprio dell'autorità religiosa; e ciò,
sia per diritto, giacché sta nella natura di qualsiasi autorità il tenersi
fermo il più possibile alla tradizione; sia per fatto, perché sollevata al
disopra delle contingenze della vita, poco o nulla sente gli stimoli che
spingono a progresso. Per contrario la forza
che, rispondendo ai bisogni, trascina a progredire, cova e lavora nelle
coscienze individuali, in quelle soprattutto che sono, come dicono, più a
contatto della vita. Osservate qui di passaggio, o Venerabili Fratelli, lo
spuntar fuori di quella dottrina rovinosissima che introduce il laicato nella
Chiesa come fattore di progresso. Da una specie di compromesso fra le due
forze di conservazione e di progressione, fra l'autorità cioè
e le coscienze individuali, nascono le trasformazioni e i progressi. Le
coscienze individuali, o talune di esse, fan
pressione sulla coscienza collettiva; e questa a sua volta sull'autorità, e
la costringe a capitolare ed a restare ai patti. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag. 90 Le prime
comunità esprimevano ciò che dava loro consistenza e le teneva unite in
formule che gli studiosi chiamano confessioni di fede. "La fede qui è
sempre la fede in Gesù Cristo... non è una formula astratta o una profondità
senza nome della realtà, ma il Dio, che nella storia e nella sorte di Gesù
Cristo ha parlato e agito. Il contenuto della fede è dunque una persona, la sua opera, la sua sorte. Le prime
formulazioni di confessione della comunità primitiva esprimono chiaramente
questo nesso. Le prime formule di
confessione nominale suonano: "Gesù è il Signore" (Rom 10, 9; Cor
12,3), "Gesù è il Cristo" (Gv 1,22; 5,1; 2 Gv 7); la formula di
confessione più importante che più tardi ha di gran lunga
soverchiato tutte le altre, suona: "Gesù è il figlio di Dio" (1Gv
4,15; 5,5 e passim). Accanto a
queste formule di confessione nominale (omologie) il Nuovo Testamento
conosce anche forme verbali (formule di fede) [...]. |
SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” Con ciò, nella dottrina dei
modernisti, ci troviamo giunti ad uno dei capi di maggior rilievo,
all'origine cioè e alla natura stessa del dogma.
Imperocché l'origine del dogma la ripongon essi in
quelle primitive formole semplici;
le quali, sotto un certo aspetto, devono ritenersi come essenziali alla fede,
giacché la rivelazione, perché sia veramente tale, richiede la chiara
apparizione di Dio nella coscienza. Il dogma stesso poi, secondo che paiono
dire, è costituito propriamente dalle formole secondarie. A conoscere però bene la natura del dogma, è uopo
ricercare anzi qual relazione passi fra le formole
religiose ed il sentimento religioso. Nel che non troverà
punto difficoltà, chi tenga fermo, che il fine di cotali formole altro non è,
se non di dar modo al credente di rendersi ragione della propria fede.
Per la qual cosa stanno esse formole come di mezzo fra il credente e la fede di lui; per rapporto alla fede, sono espressioni
inadeguate del suo oggetto e sono dai modernisti chiamate simboli; per rapporto al credente, si
riducono a meri istrumenti. Non è
lecito pertanto in niun modo sostenere che esse esprimano una verità
assoluta: essendoché, come simboli,
sono semplici immagini di verità, e perciò da doversi adattare al sentimento
religioso in ordine all'uomo; come istrumenti, sono veicoli di verità, e
perciò da acconciarsi a lor volta all'uomo in ordine al sentimento religioso.
E poiché questo sentimento, siccome quello che ha per obbietto l'assoluto, porge infiniti aspetti, dei
quali oggi l'uno domani l'altro può apparire; e similmente colui
che crede può passare per altre ed altre condizioni, ne segue che le
formole altresì che noi chiamiamo dogmi
devono sottostare ad uguali vicende ed essere perciò variabili. Così si ha aperto il varco alla intima evoluzione dei dogmi. Infinito cumulo di sofismi che abbatte e
distrugge ogni religione! SAN PIO X - “LAMENTABILI
SANE EXITU” CONDANNA LA SEGUENTE ASSERZIONE 30. In tutti i testi evangelici, il nome "Figlio di Dio" equivale soltanto a nome "Messia" e non significa
assolutamente che Cristo è vero e naturale Figlio di Dio. Come si legge nel brano, per Luigi Giussani queste formule di fede non hanno un valore reale, ma solo nominale (di nome e non
di fatto); dice che sono "omologie",
che significa: qualcuno che corrisponde ad un altro, che ha le stesse
caratteristiche di un altro; quindi Gesù avrebbe le stesse caratteristiche
del Signore, il Cristo, il Figlio di Dio, ma non lo sarebbe. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1)
pag. 128-129 "Il rito
- così dice lo studioso di scienza e teologia delle religioni Jacques Vidal - è un atto simbolico che ha lo scopo di
realizzare le figure di un ordine al crocevia formato dalla natura, dalla
società, dalla cultura e dalla religione. [...] Così il rito è per la vita
un'officina di equilibri in cerca di unità e di
pienezza, in una storia restituita al suo principio e al superamento di se
stessa". Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1)
pag. 129 "Il sacramento (Eucaristia) porta fino in fondo l'esperienza simbolica, e le permette di
compiersi in questo rito dei riti, che ci
procura la presenza dell'umanità di Gesù, nel mistero della sua Chiesa
ad un tempo visibile ed invisibile". Giussani - "Si può vivere così?" pag. 96 Un mondo dove Dio sia uomo, sia presente e mangi alla stessa mensa con me - Eucarestia - è un
altro mondo. E' un altro mondo; soltanto che questo mondo è vero e quell'altro è falso, tant'è vero che tutto quello che dice
non mantiene: "hanno orecchi e non odono, hanno occhi e non vedono,
hanno bocca e non parlano"; non mantengono nessuna delle promesse che
fanno. |
SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” Del culto
poi non vi sarebbe gran che da dire, se sotto questo nome non venissero
eziandio i Sacramenti, intorno ai quali sono gravissimi gli errori dei
modernisti. IL culto vogliono che risulti da un doppio
bisogno; giacché, torniamo ad osservarlo, nel loro sistema tutto va
attribuito ad intimi bisogni. L'uno è quello di dare alla religione alcunché di sensibile; l'altro è il bisogno di propagarla,
il che non potrebbe avvenire senza una qualche forma sensibile e senza atti
santificanti, che diconsi Sacramenti. Quanto
poi ai Sacramenti, essi pei modernisti si riducono a
meri simboli o segni, non però privi di efficacia; efficacia che essi
cercano di spiegare coll'esempio di certe cotali parole che volgarmente
diconsi aver fatto fortuna, per avere acquistata la forza di diffondere
talune idee potenti e che colpiscono grandemente gli animi. Come quelle parole sono ordinate alle dette idee,
così i Sacramenti al sentimento religioso: nulla di vantaggio. Parlerebbero
certamente più chiaro ove affermassero che i Sacramenti sono istituiti
unicamente per nutrir la fede. Ma ciò è condannato
dal Concilio di Trento (Sess. VII, de Sacramentis
in genere, can. 5): "Se alcuno dirà che questi Sacramenti sono istituiti
solo per nutrir In fede, sia anatema". GIOVANNI PAOLO II - “ECCLESIA DE EUCHARISTIA” C'è pertanto un'analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell'Angelo, e l'amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. A Maria fu chiesto di credere che colui che Ella concepiva « per opera dello Spirito Santo » era il « Figlio di Dio » (cfr Lc 1,30–35). In continuità con la fede della Vergine, nel Mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con l'intero suo essere umano-divino nei segni del pane e del vino. Luigi Giussani, oltre a
dire che l’Eucaristia è un atto simbolico, dice che Dio mangia l'Eucaristia insieme
a lui, mentre invece ci si nutre di Dio
nell’Eucaristia; da sottolineare anche il fatto che nomini la presenza
soltanto dell'umanità di Gesù nell'Eucaristia e non della divinità. |
Ora si vedrà come Luigi Giussani perseveri
negli errori del modernismo parlando di Gesù Cristo rispolverando oltretutto l'eresia nestoriana. SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” [...] si gittano (modernisti) su quanto vi ha di più santo
nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore
divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione
di un puro e semplice uomo. CATECHISMO DELLA CHIESA
CATTOLICA Vero Dio e vero uomo pag.
130-131 L'evento unico e del tutto singolare dell'Incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che la falsificavano. L'eresia nestoriana vedeva in Cristo una
persona umana congiunta alla Persona divina del Figlio di Dio. L'umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del Figlio
di Dio, che l'ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento. Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo
riconoscere in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza
divisione, senza separazione. [...] vi è " una sola ipostasi (o persona) [...], cioè il Signore nostro
Gesù Cristo, Uno della Trinità ".
Tutto, quindi, nell'umanità di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona
divina come al suo soggetto proprio, non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze e così
pure la morte: " Il Signore
nostro Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è
vero Dio, Signore della gloria e Uno della Santa Trinità ". |
Giussani -
"Perché la Chiesa" (tomo 2) pag. 11 Ricordo che parecchi
anni fa sono stato incaricato di svolgere una lezione ad un gruppo di
sacerdoti insegnanti di religione nelle scuole superiori sul metodo della
vita cristiana, e un po' irruentemente, ho iniziato la lezione dicendo: "Cristo non è la verità". Ho provocato
così una ribellione immediata e clamorosa di tutta l'assemblea. Mi sono poi spiegato meglio dicendo più
precisamente che la verità è il Verbo e che Cristo rappresenta il metodo con
cui la verità si è comunicata agli uomini, perciò è la verità incarnata come Egli stesso dice di sé: "sono la verità, la
vita", ma a queste espressioni premette: "Io sono la via" (Gv
14, 6). Egli è dunque la verità in quanto via,
metodo, uomo e accessibile agli uomini, Dio che ad essi si accompagna.
Poteva scegliere altro per comunicarsi agli uomini: l'opinione della
coscienza, come afferma il razionalismo, un'esperienza interiore dettata
dallo spirito, come sottolineano i protestanti. Ha scelto questo, ha sorpreso la mente e la fantasia
dell'umanità incarnandosi, indicando se stesso come via, come metodo. Cristo
è il metodo che Dio ha scelto per salvare l'uomo. |
GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS” A tale riguardo, Giovanni Paolo II ha
esplicitamente dichiarato: "È contrario alla fede cristiana introdurre
una qualsiasi separazione tra il Verbo e Gesù Cristo [...]: Gesù è il Verbo
incarnato, persona una e indivisibile [...]. Cristo non
è altro che Gesù di Nazaret, e questi è il Verbo di Dio fatto uomo per la
salvezza di tutti [...]. Mentre andiamo scoprendo e valorizzando i doni di ogni genere, soprattutto le ricchezze spirituali, che
Dio ha elargito a ogni popolo, non possiamo disgiungerli da Gesù Cristo, il
quale sta al centro del piano divino di salvezza". È pure contrario alla fede cattolica introdurre una separazione tra
l'azione salvifica del Logos in quanto tale e quella
del Verbo fatto carne. Con l'incarnazione, tutte le azioni salvifiche del
Verbo di Dio si fanno sempre in unità con la natura umana che egli ha assunto
per la salvezza di tutti gli uomini. L'unico soggetto che opera nelle due
nature, umana e divina, è l'unica persona del Verbo. Pertanto non è compatibile con la dottrina
della Chiesa la teoria che attribuisce un'attività
salvifica al Logos come tale nella sua divinità, che si eserciterebbe
"oltre" e "al di là" dell'umanità di Cristo, anche dopo
l'incarnazione. Chiunque confessa che Gesù Cristo è apparso nella carne, è da Dio. E chiunque divide Gesù, non è da Dio; anzi è l'anticristo. Se qualcuno osa
dire che Cristo è un uomo portatore di Dio, e non piuttosto Dio secondo
verità, come Figlio unico per natura, inquantoché il Verbo si fece carne e
partecipò a nostra somiglianza della carne e del sangue, sia anatema. Luigi Giussani afferma
che Gesù è solo il metodo, l'uomo usato dal Verbo; afferma che questo Gesù
dice essere la verità non in quanto verità, ma in
quanto via, strumento, l'uomo attraverso il quale la verità, cioè il Verbo,
si rivela; dice infatti Luigi
Giussani: "Cristo non è
la verità[...] la verità è il Verbo e che Cristo rappresenta il metodo con cui la verità si
è comunicata agli uomini[...]"; Luigi Giussani afferma
essere questa la verità incarnata, così che l'Incarnazione del Verbo risulta
essere l'unione di due persone, Gesù e il Verbo; questa è assolutamente
un’eresia, perché Gesù è il nome che il Verbo ha preso dopo essere nato dalla
Vergine Maria, prendendo da lei la natura umana, Gesù è esclusivamente il
Verbo e non l’unione di un puro e semplice uomo col Verbo. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 2) pag. 15-16 [...] "Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e
dei peccatori?" (Mc 2, 16). E un uomo simile
osava dire: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre
se non attraverso di me" (Gv 14, 6), osava coinvolgere a tal punto Dio con la sua persona
arrivando ad identificarsi con Lui. E' questo lo scandalo che la
Chiesa ripropone nella sua sostanza e nella sua
esistenza nella storia, che ripropone oggi e sempre. Abbiamo visto che ciò
che caratterizza il mistero cristiano è la rivelazione del fatto che Dio si
comunichi all'umanità proprio attraverso l'uomo, attraverso la vita umana. Vorrei, a titolo di esempio
e per confortare questa nostra prima individuazione di problemi, citare
qualche passo del Nuovo Testamento. Significativo
è il brano della lettera di Paolo ai fedeli di Salonicco in cui egli esprime
così la sua soddisfazione per la risposta che quella comunità aveva dato al
suo annuncio: "...Anche noi ringraziamo
Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della
predicazione l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente,
quale parola di Dio, che opera in voi che credete"(1Ts2, 13).Paolo
descrive così con molta precisione il fenomeno: una parola divina che
si comunica attraverso una voce d'uomo, parola di Dio data da un uomo e
ricevuta per quello che essa era veramente, parola di Dio vivente, attiva e
creativa nell'esistenza degli uomini. |
Ancora Luigi Giussani si riallaccia alla frase "Io sono la via, la verità e la
vita" che cerca sempre di dividere in due per tenere distinti Gesù dal Verbo;
afferma che quest'uomo, Gesù,
dicendo queste parole osava identificarsi con Dio; dice poi che il Verbo è Dio, ne consegue che Gesù e il Verbo non sono la stessa persona. Se qualcuno afferma che Gesù, come uomo, è stato mosso nel Suo agire
dal Verbo di Dio, e che gli è stata attribuita la dignità di
unigenito, come ad uno diverso da lui, sia anatema. Alfred Loisy, eretico
modernista, scriveva: "Dal punto di vista della teologia più ortodossa,
la personalità divina di Gesù, non è che una immagine
della sua relazione effettiva con Dio". 1908 - Alfred Loisy è scomunicato. Da notare come, nel fare un esempio, metta sullo
stesso piano san Paolo e Gesù; come è parola di Dio
quella di san Paolo, così quella di Gesù; non risulta la minima differenza
tra di loro, due uomini che portano la parola di Dio, mentre invece Gesù è la seconda persona della Trinità,
il Verbo, sceso sulla terra, cosa che non si
può certo dire né di san Paolo né di chiunque altro. SAN PIO X - “LAMENTABILI SANE EXITU”
CONDANNA DELLE SEGUENTI ASSERZIONI27. La Sacra Scrittura non prova la Divinità di Gesù Cristo; ma è un
dogma che la coscienza cristiana deduce dal concetto di Messia. 28. Gesù, durante il suo Ministero, non parlava per insegnare di essere
il Messia, né i suoi miracoli miravano a dimostrarlo. 29. Si può ammettere che il Cristo storico sia molto inferiore al
Cristo della Fede. 30. In tutti i testi evangelici, il nome "Figlio di Dio" equivale soltanto a nome "Messia" e non significa
assolutamente che Cristo è vero e naturale Figlio di Dio. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo2) pag.
134 Così Newmann, trattando della Chiesa del
quarto secolo, e dei suoi rapporti con sette ed eresia, indica il tratto
distintivo della comunità fondata dagli
apostoli, tratto distintivo con il quale si trova designata fin dal
secondo secolo [...]. |
Ancora vorrebbe dimostrare che Gesù non
è altro che un semplice uomo, un apostolo, scrivendo indifferentemente che la
Chiesa è stata fondata da Gesù (in altri brani) o dagli Apostoli; la Chiesa
invece, dichiara di essere stata fondata da Gesù Cristo che è un’unica persona,
il Verbo, quindi Dio da Dio; la Chiesa non è quindi stata fondata dagli Apostoli, ma da Gesù, che non è
uno degli Apostoli, ma è Dio. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 188 La fede è la coscienza di una
Presenza che ti chiarisce lo scopo
della vita senza possibilità di incertezze - "Io sono la Verità e la Vita" - e
che è più forte e che ha una forza tale - "Ti amo Dio mia forza":
come si fa, dopo aver detto un'antifona così, a non ripeterla sempre?! - e ha
una forza tale per cui con Lui tu raggiungerai ciò
per cui sei fatto; con Lui raggiungerai Lui.
Con Lui uomo che ti cammina insieme, raggiungerai Lui, Verbo da cui tutto il
mondo nasce. |
Come
sempre divide la frase "Io sono la via, la verità e la vita" per dividere
in due persone Gesù Cristo; si può notare come, quando dice
"Presenza" usi la lettera maiuscola per indicare che sta parlando
di Dio, al quale fa dire "Io sono la Verità e la Vita", omettendo
così "la via" con cui intende indicare Gesù, il mezzo, un uomo
comune, come si è visto tre brani sopra. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 2)
pag. 118 [...] dalle parole di Gesù: "Io sono la via, la verità e la
vita" (Gv 14, 6). "La riposta di Gesù è una rivelazione di altissima certezza, una parola sovrana, che a tutt'oggi
non ha perduto nulla della sua forza illuminante. La 'via', in sé, resta una metafora insolita per una persona, ma il
suo significato diventa più chiaro quando si aggiunge che questa persona
incarna 'la verità' e 'la vita'. Potrebbe quasi sembrare una motivazione; ma
è piuttosto una spiegazione ed esplicitazione. 'Io sono la via, cioè la verità e la vita'. In
altri termini ciò significa che Gesù, rivelando la verità che porta alla vita
e comunicando la vera vita a colui che l'accetta e
la mette in pratica nella fede, conduce chiunque crede in lui alla meta della
sua esistenza, 'al Padre', e perciò diventa per lui
'la via'. |
Anche qui, come
negli altri brani, divide la frase: "io sono la
via, la verità e la vita"; identifica con la "via" una persona, la quale a sua volta incarna "la verità e la vita" con cui,
come si è visto precedentemente, intende un’altra persona, il Verbo. GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS
IESUS” A tale riguardo, Giovanni Paolo
II ha esplicitamente dichiarato: "È contrario alla fede cristiana
introdurre una qualsiasi separazione tra il Verbo e Gesù Cristo [...]: Gesù è
il Verbo incarnato, persona una e indivisibile [...]. Cristo non è altro che Gesù
di Nazaret, e questi è il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti
[...]. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 273 Prima di tutto, il rapporto di Dio con l'uomo, del Mistero con
l'uomo-diciamo Mistero, perché mistero è Dio e
Cristo, è Dio e un uomo [...]. |
Poteva dire che
Cristo è Dio e uomo, ma dice che è Dio e un uomo, perseverando
così nell'eresia nestoriana. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 2) pag. 31 Domandiamoci
allora, proprio nel tentativo di affinare il nostro sguardo, quale sia l'atteggiamento più
confacente a chi voglia esprimere un giudizio sulla Chiesa, escluso ormai
quello di basarsi sul comportamento degli uomini. Ed
è veramente da escludere, non solo per la sua inadeguatezza di fronte
all'oggetto, come già abbiamo visto, dato che la Chiesa include nella
definizione di sé la possibile e inevitabile miseria umana, ma anche per la
sua non praticabilità coerente. Osservava acutamente un noto vescovo
americano, Fulton J. Sheen,
che coloro che sfuggono la Chiesa per l'ipocrisia, l'imperfezione
delle persone religiose si scordano che se la Chiesa fosse perfetta nel senso
da loro reclamato, non ci sarebbe in essa posto per loro[...]. Gesù ebbe a dire: "E beato è chiunque non
sarà scandalizzato di me"; cioè di quello che
diceva e faceva per paradossale che apparisse. Analogamente noi possiamo
dire: beato l'uomo che non rifiuta il valore, per l'eventuale imperfezione di
chi lo porta. Mentre ancora Gesù era in vita,
dunque, il problema si poneva allo stesso modo che per noi oggi. |
18. Se qualcuno
dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti
di Dio sono impossibili ad osservarsi, sia anatema. 21. Se qualcuno
afferma che Gesù Cristo è stato dato agli uomini da Dio come redentore, in
cui confidare e non anche come legislatore, cui obbedire: sia anatema. 22. Se qualcuno afferma che l’uomo
giustificato può perseverare nella giustizia ricevuta senza uno speciale
aiuto di Dio, o non lo può nemmeno con esso: sia
anatema. 25. Se qualcuno afferma che in ogni opera
buona il giusto pecca almeno venialmente, o (cosa ancor più intollerabile)
mortalmente, e quindi merita le pene eterne, e che non viene
condannato solo perché Dio non gli imputa a dannazione quelle opere: sia
anatema. 27. Se qualcuno
afferma che non vi è peccato mortale, se non quello della mancanza di fede, o
che la grazia, una volta ricevuta, non può esser perduta con nessun altro
peccato, per quanto grave ed enorme, salvo quello della mancanza di fede: sia
anatema. 33. Se qualcuno afferma che con questa
dottrina cattolica della giustificazione, espressa dal santo
sinodo col presente decreto, si riduce in qualche modo la gloria di Dio o i
meriti di Gesù Cristo nostro signore, e non piuttosto si manifesta la verità
della nostra fede e infine la gloria di Dio e di Gesù Cristo: sia anatema. SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI
GREGIS” [...] si gittano (modernisti) su quanto vi ha di più santo
nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore
divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione
di un puro e semplice uomo. Sostiene che l'imperfezione e l'ipocrisia della Chiesa sia cosa analoga allo scandalo che dava Gesù; Cristo così è nuovamente ridotto a un semplice uomo come tutti e anche peccatore; afferma
infatti Luigi Giussani che "allo
stesso modo" come per lo scandalo di Gesù
allora, si pone il problema oggi per l'imperfezione e l'ipocrisia della
Chiesa. |
SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” "Questi
nemici della divina rivelazione, che estollono con altissime lodi l'umano progresso,
vorrebbero, con temerario e sacrilego ardimento, introdurlo nella cattolica
religione, quasi che la stessa religione fosse opera non di Dio ma degli
uomini o un qualche ritrovato filosofico che con mezzi umani possa essere
perfezionato" (Enc. "Qui
pluribus", 9 nov. 1846). |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag. 32 (Dice Luigi Giussani con le parole di K. Adam) "Noi lo ammettiamo senza arrossire, anzi con
orgoglio: il cattolicesimo non va identificato senz'altro e sotto ogni
riguardo col cristianesimo primitivo o col messaggio di Cristo, allo stesso
modo che la quercia adulta non è totalmente identica alla minuscola ghianda.
Esso conserva la sua fisionomia essenziale non in maniera meccanica, ma
organicamente [...]. L'annunzio di Cristo
non sarebbe un messaggio vivente, né il seme che esso gettò
alla glebe sarebbe un messaggio vivente, se fosse
rimasto eternamente il piccolo seme dell'anno 33 e non avesse messo
radici ed assimilato materia estranea; se, anche con l'aiuto di questa
materia, non fosse cresciuto ad albero sui rami del quale nidificano gli
uccelli del cielo". Giussani - "Il senso religioso" pag. 62 Io vedo che cosa sia un seme in quel presente in cui
è sviluppato in albero. Di fronte all'albero dirò: "E' un pioppo",
e avendo conosciuto il pioppo analizzerò meglio il seme, cosicché oggi un
botanico può dire a prima vista: "questo è un
seme di pioppo". Che cosa sia un uomo è visibile nel presente di uno sviluppo
più maturo dei suoi fattori: che cosa sia un
uomo lo si capisce meglio in Socrate o Dante, che
non nella massa ineducata. |
GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS” Per questo
l'enciclica Redemptoris missio ripropone alla Chiesa il compito di proclamare il Vangelo, come pienezza della verità:
"In questa Parola definitiva della sua rivelazione, Dio si è fatto
conoscere nel modo più pieno: egli ha detto all'umanità chi è. E questa autorivelazione definitiva di Dio è il
motivo fondamentale per cui la Chiesa è per sua natura missionaria. Essa non
può non proclamare il vangelo, cioè la pienezza della verità che Dio ci ha fatto
conoscere intorno a se stesso". Solo la rivelazione di Gesù Cristo, quindi,
"immette nella nostra storia una verità universale e ultima, che provoca
la mente dell'uomo a non fermarsi mai". 6. È quindi contraria alla fede della Chiesa la tesi
circa il carattere limitato, incompleto e imperfetto della rivelazione di
Gesù Cristo, che sarebbe complementare a quella presente nelle altre
religioni. La ragione di fondo di questa asserzione
pretenderebbe di fondarsi sul fatto che la verità su Dio non potrebbe essere
colta e manifestata nella sua globalità e completezza da nessuna religione
storica, quindi neppure dal cristianesimo e nemmeno da Gesù Cristo. Questa
posizione contraddice radicalmente le precedenti affermazioni di fede,
secondo le quali in Gesù Cristo si dà la
piena e completa rivelazione del mistero salvifico di Dio. Pertanto, le
parole, le opere e l'intero evento storico di Gesù, pur essendo limitati in quanto realtà umane, tuttavia, hanno come soggetto la
Persona divina del Verbo incarnato, "vero Dio e vero uomo", e
perciò portano in sé la definitività e la completezza della rivelazione delle
vie salvifiche di Dio, anche se la profondità del mistero divino in se stesso
rimane trascendente e inesauribile. La verità su Dio non viene
abolita o ridotta perché è detta in linguaggio umano. Essa, invece, resta
unica, piena e completa perché chi parla e agisce è il Figlio di Dio
incarnato. Per questo la fede esige che si professi che il Verbo fatto carne,
in tutto il suo mistero, che va dall'incarnazione alla glorificazione, è la
fonte, partecipata, ma reale, e il compimento di ogni
rivelazione salvifica di Dio all'umanità, e che lo Spirito Santo, che è lo
Spirito di Cristo, insegnerà agli Apostoli, e, tramite essi, all'intera
Chiesa di tutti i tempi, questa "verità tutta intera" (Gv 16,13). SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” Le coscienze tutte cristiane, essi dicono (modernisti), furono
virtualmente inchiuse nella coscienza di Gesù Cristo, come la pianta nel
seme. Or poiché i germi vivono la vita del seme, così deve affermarsi che tutti
i cristiani vivono la vita di Cristo. Ma la vita di
Cristo, secondo la fede, è divina; dunque anche quella dei cristiani. Se pertanto questa vita, nel corso dei secoli, diede
origine alla Chiesa e ai Sacramenti, con ogni diritto si potrà dire che tale
origine è da Cristo ed è divina. Nello stesso modo provano esser divine le
Scritture e divini i dogmi. E con ciò la teologia
moderna può dirsi compiuta. Esigua cosa a dir vero, ma più
che abbondante per chi professa doversi sempre ed in tutto rispettare le
conclusioni della scienza. Ma vediamo in pratica come uno di costoro (modernisti) compia la sua
apologia. Il fine che si propone è di condurre l'uomo che ancora non crede a
provare in sé quella esperienza della cattolica religione che, secondo i modernisti, è
base della fede. Due vie perciò gli si aprono, l'una oggettiva, l'altra soggettiva. La prima muove
dall'agnosticismo; e tende a dimostrare come nella religione e specialmente nella
cattolica vi sia tale virtù vitale, da costringere ogni savio psicologo e
storico ad ammettere che nella storia di essa si
nasconda alcun che di incognito. A tale scopo fa d'uopo provare che la religione
cattolica qual è al presente, è la stessissima che Gesù Cristo fondò, ossia
il progressivo sviluppo del germe recato da Gesù Cristo. Pertanto
dovrà dapprima determinarsi quale esso sia questo
germe. Pretendono di esprimerlo colla seguente formola: Cristo annunciò la
venuta del regno di Dio, il quale regno dovrebbe
aver fra breve il suo compimento, ed Egli ne sarebbe il Messia, cioè
l'esecutore stabilito da Dio e l'ordinatore. Dopo
ciò converrà dimostrare come questo germe, sempre
immanente nella religione cattolica, di mano in mano e di pari passo con la
storia, siasi sviluppato e sia venuto adattandosi alle successive
circostanze, da queste vitalmente assimilandosi quanto gli si affacesse di
forme dottrinali, culturali, ecclesiastiche; superando nel tempo
stesso gli ostacoli, sbaragliando i nemici, e sopravvivendo ad ogni sorta di
contraddizioni o dl lotte. Dopo che tutto questo, cioè
gl'impedimenti, i nemici, le persecuzioni, i combattimenti, come pure la
vitalità e fecondità della Chiesa, siansi mostrati tali che, quantunque nella
storia della stessa Chiesa si scorgano serbate le leggi della evoluzione,
pure queste non bastano a pienamente spiegarla: l'incognito sarà dl fronte e si presenterà da sé stesso. Fin qui i
modernisti. I quali, però, in tutto questo
discorrere, non pongon mente a una cosa; e cioè, che
quella determinazione del germe primitivo è tutto frutto dell'apriorismo del
filosofo agnostico ed evoluzionista, e che il germe stesso è così
gratuitamente da loro definito pel buon giuoco della loro causa. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 46 Lui (Gesù) è nella
sinagoga e sta dicendo: "I vostri padri hanno mangiato la manna ma sono
morti; la mia parola è come la manna, ma chi mangia la mia parola non muore
più". E tutta la gente era un po' stranita a
questo modo di dire, ma ormai ci era abituata un po'. Mentre stava dicendo
così, si spalanca la porta in fondo e fiotta dentro
tutta la gente che aveva fatto il periplo del lago,
che lo andava a cercare. Lo cercava per un motivo sbagliato, perché era stata
sfamata, però lo cercava. Allora Lui è come
inondato di emozione davanti alla gente che lo
cercava, perché era un uomo, Gesù. Le idee gli venivano come vengono a noi: attraverso le circostanze, l'esperienza.
Lui si è commosso e improvvisamente gli viene in mente la cosa più grande che gli è venuta in vita, cambia il senso delle parole che
usa: "Voi mi cercate perché vi ho sfamati col pane. Io vi darò la
mia carne da mangiare, non la mia parola
- come aveva detto fino all'ora - vi darò la mia
carne da mangiare, vi darò il mio sangue da bere". |
Luigi Giussani dice che Gesù all’occorrenza
cambiava il senso delle sue parole; in questo modo sarebbe lecito dire qualunque cosa si voglia, se anche
Gesù affidandosi al sentimento, trovava opportuno cambiare il senso delle cose che diceva; la Rivelazione diventa così una specie di
favola al servizio del sentimento, del senso religioso e delle esigenze; è
facile capire che una volta convinti di questo,
Giussani abbia via libera per ritenersi autorizzato a cambiare il senso della
Rivelazione a favore di ogni tipo d’eresia. SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” A dir più breve e più chiaro vogliono (modernisti) che debba ammettersi la evoluzione
vitale dei Libri sacri, nata dalla evoluzione della fede e ad essa
corrispondente. [...] per terzo principio filosofico, pur quelle cose che non
escono dalla cerchia della storia, le vagliano quasi e ne escludono,
rimandandolo parimenti alla fede, tutto ciò che, secondo quanto dicono, non
entra nella logica dei fatti o non era adatto alle persone. Di tal modo,
vogliono che Cristo non abbia dette le cose che non
sembrano essere alla portata del volgo. Quindi dalla storia reale di Lui cancellano e rimettono alla fede tutte le allegorie che incontransi nei suoi
discorsi. Si vuol forse sapere con quali regole si compia
questa cernita? Con quella del carattere dell'uomo, della condizione che ebbe
nella società, della educazione, delle circostanze
di ciascun fatto: a dir breve con una norma, se bene intendiamo, che si
risolve per ultimo in mero soggettivismo.
Si studiano cioè di prendere essi e quasi rivestire
la persona di Gesù Cristo; ed a Lui ascrivono senza più quanto in simili
circostanze avrebbero fatto essi stessi. […] Noi, Venerabili Fratelli, pei
quali la verità è una ed unica, e che riteniamo i sacri Libri come quelli che
"scritti sotto l'ispirazione dello
Spirito Santo, hanno per autore Iddio" (Conc. Vat.,
De Rev. c. 2), affermiamo ciò essere il medesimo che attribuire a Dio la menzogna di utilità o officiosa; e colle parole di Sant'Agostino
protestiamo che: "Ammessa una
volta in così altissima autorità qualche bugia officiosa, nessuna particella
di quei libri resterà che, sembrando ad alcuno ardua per costume o incredibile
per la fede, con la stessa perniciosissima regola, non si riferisca a
consiglio o vantaggio dell'autore menzognero" (Epist. 28).
Dal che seguirà quel che lo stesso santo Dottore
aggiunge: "In esse - cioè
nelle Scritture - ciascuno crederà quel
che vuole, quel che non vuole non crederà". Ma i modernisti
apologeti non si dàn pensiero di tanto. GIOVANNI PAOLO
II - “DOMINUS IESUS” 5. Per porre rimedio a questa mentalità
relativistica, che si sta sempre più diffondendo, occorre ribadire
anzitutto il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù
Cristo. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 38 E così quei due (Giovanni e Andrea)
sono stati tutto il pomeriggio sentendolo parlare (Gesù) , vedendolo parlare, perché non
capivano niente di quel che diceva, ma il modo con cui diceva era così
persuasivo, era così evidente che quell'uomo diceva la verità, che uno
non sapeva quasi neanche fermare in se stesso le sue parole. |
Sempre esalta il sentimento e relativizza la
Rivelazione per favorire il modernismo; pospone la Rivelazione al senso religioso, per questo dice che non
si capiva quello che diceva Gesù e che l'importante era "il modo
persuasivo". |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1)
pag. 14 Ed è da esso (senso
religioso) che scaturisce l'ipotesi che il mistero che circonda
tutte le cose, che penetra tutte le cose, si sia manifestato direttamente
all'uomo, l'ipotesi della rivelazione in senso stretto, vale a dire l'ipotesi
del mistero diventato fatto storico. L'annuncio cristiano è che quella ipotesi si è avverata. Un uomo si è detto Dio. |
Come si può
notare, Il senso religioso viene messo sempre al
primo posto; qui, secondo Luigi Giussani, si trova la verità ed è così che
trova il pretesto, di non nominare nemmeno questa volta le Scritture; è poi
da questa presunta verità che si ritiene in diritto, come si è visto
all'inizio, di aprire la via per la modifica anche radicale dei dogmi; da
notare anche il fatto che per Luigi Giussani, Gesù sarebbe un uomo in cui si
è manifestato Dio. Inerente
all’argomento anche il brano successivo dell'enciclica "Pascendi
Dominici Gregis". |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag. 33 Le fonti storiche sono parole che
esprimono, documentano un tipo di esperienza del
passato. Occorre possedere
"oggi" lo spirito e la coscienza propri di quella
esperienza che duemila anni fa ha dettato i vangeli. Solo in questo
modo si potrà captare il vero messaggio di questi testi. Giussani - "Il senso religioso" pag. 20 L'esigenza della bontà, della giustizia,
del vero, della felicità costituiscono il volto
ultimo, l'energia profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le
razze accostano tutto, al punto che essi possono vivere tra loro un commercio
di idee oltre che di cose, possono trasmettersi l'un l'altro ricchezze a
distanza di secoli, e noi leggiamo con emozione frasi create migliaia di anni
fa dagli antichi poeti con un'espressione di suggerimento al nostro presente,
come talvolta non deriva dai rapporti quotidiani. Se c'è un'esperienza di
maturità umana è proprio questa possibilità di
addentrarsi nel passato, di accostarsi al lontano come fosse vicino, come
fosse parte di sé. Perché ciò è possibile? Perché questa esperienza elementare, come dicevamo, è
sostanzialmente uguale in tutti, anche se poi sarà determinata, tradotta,
realizzata in modi diversissimi, apparentemente persino opposti. |
SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” E fin qua, o Venerabili Fratelli, del
modernista considerato come filosofo. Or, se
facendoci oltre a considerarlo nella sua qualità di credente, vogliam
conoscere in che modo, nel modernismo,
il credente si differenzi dal filosofo, convien osservare che quantunque
il filosofo riconosca per oggetto della fede la realtà divina, pure questa realtà non altrove l'incontra che
nell'animo del credente, come oggetto di sentimento e di affermazione:
che esista poi essa o no in sé medesima fuori di quel sentimento e di
quell'affermazione, a lui punto non cale. Per contrario il credente ha come
certo ed indubitato che la realtà divina esiste di fatto
in se stessa, né punto dipende da chi crede. Che se
poi cerchiamo, qual fondamento abbia cotale asserzione del credente, i
modernisti rispondono: l'esperienza
individuale. Ma nel dir ciò, se costoro si dilungano dai razionalisti, cadono nell'opinione dei protestante dei pseudomistici.
Così infatti essi discorrono. Nel sentimento
religioso, si deve riconoscere quasi una certa intuizione del cuore; la quale
mette l'uomo in contatto immediato colla realtà stessa di Dio, e tale gl'infonde una persuasione dell'esistenza di Lui e della
Sua azione sì dentro, sì fuori dell'uomo, da sorpassar di gran lunga ogni
convincimento scientifico. Asseriscono pertanto una vera esperienza, e tale
da vincere qualsivoglia esperienza razionale; la quale se da taluno, come dai
razionalisti, è negata, ciò dicono intervenire
perché non vogliono porsi costoro nelle morali condizioni, che son richieste
per ottenerla. Or questa esperienza, poi che l'abbia alcuno conseguita, è quella che lo
costituisce propriamente e veramente credente. Quanto siamo
qui lontani dagli insegnamenti cattolici! Simili vaneggiamenti li abbiamo già uditi condannare dal Concilio Vaticano.
Vedremo più oltre come, con siffatte teorie, congiunte agli altri errori già
mentovati, si spalanchi la via all'ateismo. Qui
giova subito notare che, posta questa dottrina dell'esperienza unitamente all'altra del simbolismo, ogni religione, sia pure quella degl'idolatri,
deve ritenersi siccome vera. Perché infatti non sarà
possibile che tali esperienze s'incontrino in ogni religione? E che si siano di fatto incontrate non pochi lo pretendono. E con qual
diritto modernisti negheranno la verità ad una esperienza
affermata da un islamita? con
qual diritto rivendicheranno esperienze vere pei soli cattolici? Ed infatti i modernisti non negano, concedono anzi, altri
velatamente altri apertissimamente, che tutte le religioni son vere. E che non possano sentire altrimenti, è cosa manifesta.
Imperocché per qual capo, secondo i loro placiti, potrebbe mai ad una
religione, qual che si voglia, attribuirsi la falsità? Senza
dubbio per uno di questi due: o per la falsità del sentimento religioso, o per la falsità della formola pronunziata
dalla mente. Ora il sentimento religioso, benché possa essere più o
meno perfetto, è sempre uno: la formola poi intellettuale, perché sia vera,
basta che risponda al sentimento religioso ed al credente, checché ne sia
della forza d'ingegno in costui. Tutt'al più, nel conflitto fra diverse
religioni, i modernisti potranno sostenere che la cattolica ha più di verità
perché più vivente, e merita con più ragione il titolo di cristiana, perché
risponde più pienamente alle origini del cristianesimo. Che dalle premesse
date scaturiscano siffatte conseguenze, non può per
fermo sembrare assurdo. Assurdissimo è invece che cattolici e sacerdoti, i
quali, come preferiamo credere, aborrono da tali enormità, si portino in fatto quasi le ammettessero. Giacché tali sono
le lodi che tributano ai maestri di siffatti errori, tali gli onori che
rendono loro pubblicamente, da dar agevolmente a supporre che essi non
onorano già le persone, forse non prive di un qualche merito, ma piuttosto
gli errori che quelle professano apertamente e cercano a tutt'uomo
propagare. Ma, oltre al detto, questa dottrina dell'esperienza è per un altro verso contrarissima
alla cattolica verità. Imperocché viene essa estesa
ed applicata alla tradizione quale
finora fu intesa dalla Chiesa, e la distrugge. Ed infatti
dai modernisti è la tradizione così concepita che sia una comunicazione dell'esperienza originale fatta agli altri,
mercè la predicazione, per mezzo della formola intellettuale. A questa
formola perciò, oltre al valore rappresentativo, attribuiscono una tal quale
efficacia di suggestione, che si esplica tanto in
colui che crede, per risvegliare il sentimento religioso a caso intorpidito e
rinnovar l'esperienza già avuta una volta, quanto in coloro che ancor non
credono, per suscitare in essi la prima volta il sentimento religioso e
produrvi l'esperienza. Di questa guisa l'esperienza religiosa si viene a
propagare fra i popoli; né solo nei presenti per via della predicazione, ma
anche fra i venturi sì per mezzo dei libri e sì per la
trasmissione orale dagli uni agli altri. Avviene poi che una simile
comunicazione dell'esperienza si abbarbichi talora e viva, talora isterilisca subito e muoia. Il vivere è pei
modernisti prova di verità; giacché verità e vita sono per essi una medesima
cosa. Dal che è dato inferir di nuovo, che tutte le religioni, quante mai ne esistono, sono egualmente vere, poiché se nol fossero
non vivrebbero. E tutto questo si spaccia per dare
un concetto più elevato e più ampio della religione! […] Della natura
ancora e dell'origine dei Libri sacri
già si è toccato. Secondo il pensare dei modernisti, si può ben definirli una
raccolta di esperienze:
non di quelle, che comunemente si hanno da ognuno, ma delle straordinarie e
più insigni che siensi avute in una qualche religione. E
così essi appunto insegnano a riguardo dei nostri libri del Vecchio e del
Nuovo Testamento. A lor comodo però, notano assai scaltramente che, sebbene
l'esperienza sia del presente, può tuttavolta prender materia dal passato ed
eziandio dal futuro, in quanto che il credente o per
la memoria rivive il passato a
maniera del presente, o vive già per anticipazione l'avvenire. Ciò giova a
dar modo di computare fra i Libri santi anche gli storici e gli apocalittici.
Così adunque in questi libri parla bensì Iddio per mezzo del credente; ma,
come vuole la teologia modernistica, solo per immanenza e permanenza
vitale. Vorrà sapersi, in che consista dopo ciò
l'ispirazione? Rispondono che non si distingue, se non forse per una certa
maggiore veemenza, dal bisogno che sente il credente di manifestare a voce e
per scritto la propria fede. È alcun che di simile a quello che si avvera nella ispirazione poetica; per cui un cotale diceva: È Dio
in noi, da Lui agitati noi c'infiammiamo. È questo appunto il modo onde Dio
deve dirsi origine della ispirazione dei Libri
sacri. Affermano inoltre i modernisti che nulla vi è
in questi libri che non sia ispirato. Nel che potrebbe taluno crederli più
ortodossi di certi altri moderni che restringono alquanto la
ispirazione, come, a mo' di esempio, nelle così dette citazioni tacite. Ma
queste non sono che lustre e parole. Imperciocché se, secondo l'agnosticismo,
riteniamo la Bibbia come un lavoro umano fatto da uomini per servigio di uomini, salvo pure al teologo di chiamarla divina per
immanenza, come mai l'ispirazione potrebbe in essa restringersi? Sì, i
modernisti affermano un'ispirazione totale: ma, nel senso cattolico, non ne ammettono in fatto veruna. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 288 Derivando dunque da Dio, l'io ha
come legge l'amore. Non esiste un'altra legge umana: il vangelo si capisce che è divino proprio perché è l'unico testo di
morale... non è un testo di morale, ma è come se fosse l'unico testo di
morale in cui tuta la morale si riconduce all'amore. |
Se qualcuno dirà che la fede divina non si distingue dalla conoscenza
naturale di Dio e delle cose morali, e che perciò non si richiede alla fede
divina che la verità rivelata sia creduta per l'autorità di Dio rivelante:
sia anatema. Luigi Giussani cerca di screditare il
Vangelo e vuole ridurlo a un testo di sola morale. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 147 C'è una
comprensione della fede che è propria dei teologi, di quelli che studiano, e quella non c'entra niente; no, c'entra sì! C'entra sì, ma non c'entra; quello che c'entra è quello che può
capire chiunque; e noi abbiamo rievocato, spiegando la fede, quello che può
capire chiunque. |
Se qualcuno dirà che non è possibile o spiegabile che l'uomo, attraverso
la divina Rivelazione, sia ammaestrato e illuminato su Dio e sul culto che
Gli si deve prestare: sia anatema. SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” Deridono (modernisti) perciò
continuamente e disprezzano la filosofia e la teologia scolastica. Sia che
ciò facciano per ignoranza, sia che il facciano per
timore o meglio per l'una cosa insieme e per l'altra; certo si è che la
smania di novità va sempre in essi congiunta coll'odio della Scolastica; né
vi ha indizio più manifesto che taluno cominci a volgere al modernismo, che
quando incominci ad aborrire la Scolastica. Ricordino i modernisti e quanti
li favoriscono la condanna che Pio IX inflisse alla
proposizione che diceva (Sillabo,
Prop. 12): "Il metodo ed i
principî, con cui gli antichi Dottori scolastici trattarono la teologia, più
non si confanno ai bisogni dei nostri tempi ed ai progressi della scienza".
Sono poi astutissimi nello stravolgere la natura e l'efficacia della
Tradizione, alfin di privarla di ogni peso e di ogni
autorità. [...] ammoniva lo stesso Nostro Predecessore con queste altre
gravissime parole (Loc. cit.): "La
causa di siffatti errori, chi la ricerchi diligentemente, sta principalmente
in ciò che di questi nostri tempi, quanto più fervono gli studi delle scienze
naturali, tanto più son venute meno le discipline più severe e più alte:
alcune di queste infatti sono quasi poste in dimenticanza; alcune sono
trattate stancamente e con leggerezza, e, ciò che è indegno, perduto lo
splendore della primitiva dignità, sono deturpate da prave sentenze e da
enormi errori". |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 110 Noi possiamo penetrare soltanto le parole vive, cioè le parole che ci dicono coloro che con noi vivono,
che partecipano alla nostra vita. |
Intende
naturalmente le sue e di coloro che parlano per lui;
addirittura nemmeno quelle di Gesù sono parole "di vita" ma
"che spiegano la vita - ragionevoli", come si può vedere nei brani
successivi. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 115 (Gesù) "Anche voi volete andarvene?" [...] (Pietro)
"Maestro, anche noi non comprendiamo
quello che tu dici, ma se andiamo via da te dove andiamo? Tu solo hai parole
- la vera traduzione dovrebbe essere questa - che corrispondono al cuore, che
danno senso alla vita". Ma
parole che corrispondono al cuore che cosa vuol dire? Parole ragionevoli! Giussani - "Si può vivere così?" pag. 59 [...] Simone l'ha detto chiaramente con quella frase
che rimane per tutta la storia: "Se andiamo via da te, dove andiamo? Tu solo hai parole che spiegano la vita". Giussani - "Si può vivere così?" pag.
46-47 (Gesù) "Anche voi volete andarvene?". Non ritira
quel che ha detto: "Anche voi volete andarvene?". Allora Pietro - e
questo è il punto che sintetizza, come dicevo prima, tutto questo drammatico
porsi di Cristo e il sorgere della fede nel mondo, questo è il momento in cui
sorge la fede in Cristo nel mondo e durerà fino alla fine del mondo - Pietro,
Simon Pietro, con la solita irruenza dice: "Maestro, anche noi non
comprendiamo quel che dici, ma se andiamo via da te, dove andiamo? Tu solo
hai parole che spiegano la vita. E' impossibile trovare uno come te. Se non devo credere a te, non posso più credere in
niente". [...] Così gli ha detto Pietro: "Tu solo, Tu solo spieghi tutto"
[...]. |
Il modernismo, abbracciando in parte anche il
razionalismo, pretende che le verità della fede siano conosciute attraverso
la ragione, per questo Luigi Giussani
trasforma "parole
di vita"
in "parole
che spiegano la vita" o "ragionevoli" e perciò a cui si può arrivare con la ragione
stimolata dal senso religioso, quindi qualcosa di immanente
e non trascendente. Da notare come san Pietro
avrebbe detto: “Tu solo, Tu solo spieghi tutto”; nel Vangelo si legge invece:
“Tu hai parole di vita eterna” e Gesù dice: “le
parole che vi ho dette sono spirito e vita.”. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 253 Per la vita che si vive, per i
fatti più che per le parole, perché
anche la parola è un fatto: per dire certe parole occorre una fatica, infatti non tutti le dicono. Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 2)
pag. 31 Domandiamoci allora, proprio nel tentativo di
affinare il nostro sguardo, quale sia
l'atteggiamento più confacente a chi voglia esprimere un giudizio sulla
Chiesa, escluso ormai quello di basarsi sul comportamento degli uomini. Ed è veramente da escludere, non solo per la sua
inadeguatezza di fronte all'oggetto, come già abbiamo visto, dato che la
Chiesa include nella definizione di sé la possibile e inevitabile miseria
umana, ma anche per la sua non praticabilità
coerente. |
Potete
notare come si contraddica spesso; prima dice che
bisogna testimoniare con la vita, poi che non è possibile; dunque propone un
cristianesimo dove non esistono più né verità certe, perché tutto è
sottoposto al senso o sentimento religioso, né praticabilità; se a tutto
questo aggiungiamo il panteismo e il fatto che Dio rimarrà sempre in
conoscibile, come dice in brani successivi, si può capire perché san Pio x
disse che con questa dottrina si apre la strada all'ateismo. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 355 Oggi dovete dire non solo le vostre riflessioni sulla
lezione di stamattina, ma su tutto l'anno, sulla situazione che queste parole
imbastiscono, segnalano: le vostre difficoltà, le obiezioni che sentite, quello che non riuscite a
capire...e io vi dirò: "Non si può capire!". Ma, cari miei, rimane ancora un'altra cosa: cosa bisogna
fare? E', se opera; infatti cambia, ti cambia; non
lo capisci, ma ti cambia. |
”Poche
parole e più vita”, è un motto dei modernisti, così da potersi allontanare dalle Rivelazione e usare principalmente di quel senso o
sentimento interiore o cuore che porta dove ognuno vuole; è sempre opportuno
ricordarsi che Dio insegna provenire dal cuore sia il bene che il male, per
questo bisogna accettare e desiderare Dio e la sua Parola che rimane
immutabile, rimanendo fermi negli insegnamenti della Chiesa e volendo
viverli; in questo modo si riceve in dono lo Spirito Santo, dono che viene
dal cielo, la terza Persona di Dio. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 339 [...] non è perché siamo
così astratti che viviamo un po' come
lontani dalla realtà? Giussani - "Si può vivere così?" pag. 192 Dicevi che
queste parole sono chiare e astratte Giussani - "Si può vivere così?" pag. 203 Lei ci ha
ricordato che il problema più urgente per noi è che queste cose rischiano di
rimanere chiare ma astratte, [...]. Giussani - "Si può vivere così?" pag. 204 Per rendere
il "giusto" concreto e non astratto devo
fare la fatica di stabilire dei rapporti, di vivere dei rapporti. Per
esempio, perché siamo obbligati a stare in
compagnia? E' un'applicazione della necessità di questi rapporti. Perché dice la Didachè, uno dei
primi scritti cristiani: "Cercate ogni giorno il volere dei santi e
traete conforto nei loro discorsi"? [...] La vita la impari nel concreto, non teoricamente. |
Queste sono
perplessità frequenti di persone appartenenti al movimento di Luigi Giussani. In precedenza ha detto che possono
penetrare solo le parole di coloro che partecipano
alla loro vita, poi dice che non si può capire e di trarre conforto nel
discorso dei santi; ma ci si chiede, quale consolazione se non si capisce, e
poi quali santi? Sembra intenda per santi, se stesso o chi per lui e vorrebbe
che li "guardino" parlare, come ha scritto
nel brano successivo parlando degli Apostoli, che "guardavano"
parlare Gesù, perché non capivano quello che diceva; è ovvio che tutto questo
lo dica per tralasciare la Rivelazione e le verità conosciute, favorendo così
le proprie interpretazioni eretiche. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 167 [...] quando Andrea e Giovanni sono andati per la prima volta da
Gesù: i primi due che lo hanno visto, per la prima volta, in un certo modo:
sono andati là, sono stati là a guardarlo
parlare...e noi non riusciamo a immaginarci come doveva essere. Si
capisce benissimo che quei due sono stati colpiti dalla eccezionalità
di quell'uomo, e infatti diciamo che lo guardavano parlare perché non capivano
quel che diceva, e neanche noi riusciamo a capire quel che poteva dire a noi.
|
Vedete lo
sforzo per relativizzare il Vangelo per non insegnare la Parola di Dio; per
Luigi Giussani e il modernismo, come si è detto, la cosa più importante è il
sentimento o senso religioso; come si è visto più sopra, anche Gesù
cambierebbe il senso delle sue parole per favorire questo senso religioso; in
questo modo la Rivelazione perde la sua fondamentale importanza fino a
poterne cambiare il significato; in questo brano gli Apostoli erano colpiti
dall'eccezionalità di quell'uomo, quindi questo alimenta il senso religioso,
ma dice Luigi Giussani: “sono
stati là a guardarlo” e ancora: “non capivano quel che
diceva, e neanche noi riusciamo a capire quel che poteva dire a noi.”. GIOVANNI PAOLO
II - “DOMINUS IESUS” Per questo l'enciclica Redemptoris missio ripropone alla Chiesa
il compito di proclamare il Vangelo, come pienezza della verità: "In
questa Parola definitiva della sua rivelazione, Dio si è fatto conoscere nel modo più pieno: egli ha detto
all'umanità chi è. E questa autorivelazione
definitiva di Dio è il motivo fondamentale per cui la Chiesa è per sua natura
missionaria. Essa non può non proclamare il vangelo, cioè
la pienezza della verità che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se
stesso". |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 217 [...] se uno entra nel Gruppo Adulto deve sperare la felicità
della sua vita dal Gruppo Adulto, in quanto Dio gli ha dato questa vocazione
e nella misura in cui è alla mercé della modalità che Dio usa e con cui Dio
usa le cose. Da questa libertà dalle cose, che nasce
dalla certezza che Dio compie tutto Lui, scaturisce un'altra caratteristica
dell'animo povero che è la letizia, [...]. Vi ricordate di quel che dice Mauriac nella Vita
di Gesù [...] la pagina sulle beatitudini,
dove Gesù su in alto alla collina dice "Beati...beati..." e intanto tutta la gente arriva e gli ultimi che arrivano
sono gli sciancati, i down, i vecchi, e siccome arrivano da ultimo stanno in
fondo e tendono l'orecchio perché non sentono bene. L'unica parola che sentono è una parola che Cristo ripete ogni tanto
con un'arsi di voce, alzando la voce: "Beati..."
e sentono "Beati...beati...beati...". E
questo li tende ancora di più, li fa tendere con tutta la loro anima, ma non sentono il resto. |
E’ evidente come, volutamente esalti il sentimento
e le esigenze a discapito della Rivelazione, dicendo che la gente non sentiva quello che diceva Gesù,
in questo caso le beatitudini;
bisogna dire invece, che in questo bel brano del Vangelo, Dio si rivela
parecchio dicendo quelle che sono le persone a Lui gradite e il motivo che hanno queste persone di rallegrarsi; il modernismo di
Luigi Giussani, al contrario, tra le numerose eresie insegna che Dio sia
perennemente inconoscibile, non dando così la possibilità di conoscerLo ed
amarLo. SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” A dir più breve e più chiaro
vogliono (modernisti) che debba
ammettersi la evoluzione vitale dei
Libri sacri, nata dalla evoluzione della fede e ad essa corrispondente. [...] Di più, per
terzo principio filosofico, pur quelle cose che non escono dalla cerchia
della storia, le vagliano quasi e ne escludono,
rimandandolo parimenti alla fede, tutto ciò che, secondo quanto dicono, non
entra nella logica dei fatti o non era adatto alle persone. Di tal modo,
vogliono che Cristo non abbia dette le cose che non
sembrano essere alla portata del volgo. Quindi dalla storia reale di Lui cancellano e rimettono alla fede tutte le allegorie che incontransi nei suoi
discorsi. Si vuol forse sapere con quali regole si compia
questa cernita? Con quella del carattere dell'uomo, della condizione che ebbe
nella società, della educazione, delle circostanze
di ciascun fatto: a dir breve con una norma, se bene intendiamo, che si
risolve per ultimo in mero soggettivismo. Si studiano cioè di prendere essi e quasi rivestire la persona di Gesù
Cristo; ed a Lui ascrivono senza più quanto in simili circostanze avrebbero
fatto essi stessi. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 241 "Di quel giorno [della fine e la fine sarà la grande festa di Cristo, dell'uomo Cristo: tutto il mondo
vedrà e dirà "Era vero"] nessuno sa, neanche
il Figlio dell'Uomo [neanche Cristo] e neanche gli angeli di Dio, ma
solo il mistero del Padre [il mistero della
creazione]". Giussani - "Si può vivere così?" pag. 253 "Di questo giorno nessuno sa, neanche il Figlio dell'Uomo e neanche gli angeli
di Dio, ma solo il Padre." |
In questo brano del Vangelo, in ordine di importanza,
Gesù viene messo subito prima del Padre, ma Luigi Giussani modifica il brano
così da far sembrare Gesù inferiore agli angeli di Dio. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1)
pag. 88 Leggendo il Vangelo pare che Cristo si sia oltremodo preoccupato di
scartare quanto poteva nuocere al carattere personale delle sue relazioni con
i suoi discepoli. Manifesta la sua antipatia per le lunghe formule
di preghiera - in multiloquio - per il formalismo [...]. |
In realtà, Gesù mette in guardia dagli scribi e
farisei ipocriti, ai quali interessa la propria gloria e per questo, si
mettono in mostra anche quando pregano (Mc. 12); Luigi
Giussani lascia intendere che non si
debba pregare il rosario, preghiera molto amata dalla Madonna e dal Papa, nonché da diversi ordini religiosi e da milioni di fedeli,
attraverso la quale si ottengono molte grazie. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 372 Due sono, pertanto, i fattori individuabili nel progetto
spirituale della Memores Domini: - la
contemplazione, intesa come Memoria tendenzialmente continua di Cristo.
Cristo, infatti è la consistenza di tutte le cose
(cfr. Col 1, 17) ed è presente nella storia attraverso la personalità del
battezzato e la comunione con i fratelli (cfr. Gal 3, 26-28); - la missione, cioè la
passione di portare l'annuncio cristiano con
la propria persona trasformata dalla Memoria. |
Costantemente trasforma il Vangelo, "sussistenza" diventa
"consistenza", elimina il vocabolo "sussistenza" e
derivati, poiché "sussistere" vuol dire esistere come realtà in sé,
come sostanza, indipendentemente dal soggetto pensante, quindi cadrebbero le sue tesi a favore dell'immanenza divina e
del panteismo. Lascia poi intendere, più o meno
velatamente, che la contemplazione di Cristo avvenga per la contemplazione
dei fratelli e del creato, perché tutto, secondo lui, è fatto “di” Cristo, come afferma
in brani successivi; in questo modo non si
dà gloria a Dio ma a se stessi. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 262 "Tutti voi che mangiate lo
stesso pane siete una cosa sola, tutti voi che siete stati battezzati vi
siete immedesimati con Cristo; non
esiste più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, ma tutti voi siete -eis-,
uno, una persona sola, che si chiama Cristo Gesù" (Gal 3, 27-28). |
SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” Si studiano (modernisti) cioè di prendere
essi e quasi rivestire la persona di Gesù Cristo; ed a Lui ascrivono senza
più quanto in simili circostanze avrebbero fatto essi stessi. Ancora, per
raggiungere il suo fine, cambia il Vangelo, scrive
"immedesimati
con..." al posto di "rivestiti
di..."; nell'espressione originale si distingue la
creatura dal Creatore, mentre se uno si immedesima vive come se lui stesso
fosse Gesù Cristo; così subito dopo dice: "tutti
voi siete uno, una persona sola, che si chiama Cristo Gesù" al posto di "tutti voi siete
uno in Cristo Gesù"; nell'espressione di Luigi Giussani
non si distingue la Chiesa da Cristo, mentre in quella originale si risalta
la comunione senza confondere la Chiesa con Cristo. GIOVANNI PAOLO
II - “DOMINUS IESUS” Gesù Cristo, infatti, continua la sua presenza e
la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso la Chiesa (cf. Col
1,24-27), che è suo Corpo (cf. 1 Cor 12, 12-13.27; Col 1,18). E così come il
capo e le membra di un corpo vivo pur non
identificandosi sono inseparabili, Cristo
e la Chiesa non possono essere confusi ma
neanche separati, e costituiscono un unico "Cristo totale". |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 346 (Gesù) "Padre, se possibile che io non muoia, però non
la mia, ma la tua volontà sia fatta" [...]. Giussani - "Si può vivere così?" pag. 118 (Gesù) "Padre, se possibile che io non sia ucciso,
però non la mia ma la tua volontà sia fatta." Giussani - "Si può vivere così?" pag. 119 Cristo, anche
quando il Padre ha permesso che Lui fosse ucciso - che era una cosa ingiusta,
e Cristo, come uomo, non capiva perché, tant'è vero che ha pregato:
"Padre, se possibile, che io non muoia" [...]. |
Anche qui riporta in
modo scorretto le parole del Vangelo, "passi da me questo calice"
diventa "che io non muoia" e "che io non sia ucciso", una
traduzione errata dalla quale non si riceve il senso di tutto quello che
rappresenta quel calice. Con Luigi Giussani si parla poco della passione ed espiazione redentrice
di Cristo, un valido esempio è anche il brano seguente dove si parla della
confessione. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 237 Certo che guardare in faccia Cristo
e non fare progetti di perfezione, vuol dire che si guarda in faccia Cristo
desiderando veramente il bene,
desiderando veramente di esser veri, desiderando veramente di voler bene:
«desiderandoti veramente, o Signore». Adesso
c'è la Settimana Santa; se uno il Giovedì Santo, il Venerdì Santo, il Sabato
Santo, la Pasqua, in questi quattro giorni va dentro senza guardare in faccia
Cristo e basta, ma con la preoccupazione dei peccati o della perfezione
oppure delle cose da meditarci su, viene fuori stanco e riprende le cose come
prima. Guardare in faccia Cristo, invece, cambia. Ma
perché cambi, bisogna guardargli in faccia veramente, col desiderio del bene,
col desiderio della verità: «Di tutto sono capace, Signore, se sto con te che
sei la mia forza»; è un tu che domina, non delle cose da rispettare. Provate a pensare come nessuno, nessuno, capisce
queste cose: nessuno le pensa e nessuno le capisce. Invece
è questa l'unica vera rivoluzione nel mondo: la fede come conoscenza e la
carità, guardare in faccia Cristo, come morale. Nella prima lettera di
Giovanni, primo capitolo, si parla della fedeltà di Dio: «Se
diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in
noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli
che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa».
E' guardandolo in faccia che uno sente
questa forza purificatrice che lo deterge; non è come stare lì a confessare:
«uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto,
nove, dieci, dodici peccati: li ho detti tutti e dodici», ma quando lo
guarda in faccia, Lui che è fedele e giusto, perdona. Giussani - "Si può vivere così?" pag. 260 Se la sera sentendo la misericordia - "Della
misericordia del Signore è piena la terra" - tu ripeterai questa frase
con attenzione maggiore... cosa vuol dire
"Della misericordia del Signore è piena la terra"? Che il Signore
perdona tutto quello che si fa contro di Lui, innanzi tutto
la dimenticanza: "Io, oggi, Dio
mio, quanta dimenticanza; non ho offerto quello che potevo offrire..." E poi? Non ti consiglio di fare questo ragionamento; se
procedi per questo ragionamento, devi dire: "Eh già, mia
mamma non l'ho trattata benissimo, e sono stata superficiale molto con
i miei compagni...", e fai un elenco lunghissimo tutte le sere.
No, è meglio che tu dica: "Della tua misericordia, o Signore, è piena la
terra, grazie della tua misericordia su di me"; ma questo devi dirlo tenendo presente che la misericordia è essere
perdonati di qualcosa che si è fatto, anche se non ti viene in mente, mi capisci?
Allora sei grata, sei umile. Non è un dolore specifico e preciso come se tu avessi offeso tua
madre gravemente e tua madre avesse pianto; questo ti rimane anche la sera e
allora ti diventa difficile pensare che Dio ti perdoni, diventa difficile pensare
anche alla misericordia. Allora, per pensare alla misericordia, dovrai
veramente aver dolore: ma non è necessario questo tipo di dolore, ma la
coscienza di essere piena di limiti. |
1451. Tra gli
atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è "il
dolore dell'animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal
proposito di non peccare più in avvenire". 1452. Quando proviene
dall'amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta
"perfetta" (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le
colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti
la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione
sacramentale. 1456. La confessione al sacerdote costituisce una
parte essenziale del sacramento della Penitenza: "E' necessario che i penitenti enumerino nella
confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo
un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti
e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo, perché
spesso feriscono più gravemente l'anima e si rivelano più pericolosi di
quelli più chiaramente commessi": i cristiani che si sforzano di
confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono
tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. Quelli, invece, che
fanno diversamente e tacciono consapevolmente qualche peccato, è come se non
sottoponessero nulla alla divina bontà perché sia perdonato per mezzo del
sacerdote. "Se infatti l'ammalato si
vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello
che non conosce". |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1)
pag. 111 Vediamo che cosa implica la consapevolezza della
cristianità primitiva dell'essere costituita dal "Dono dello
Spirito" o dalla "forza dall'alto". [...] I primi cristiani
erano ben consapevoli che tutto ciò che accade in loro e tra
di loro di nuovo, di eccezionale rispetto alle cose di prima, di
sconvolgente in paragone all'esistenza che tanti altri attorno a loro
conducono, non è un frutto della loro adesione, della loro intelligenza, o
della loro volontà, ma è un dono dello Spirito, un dono dall'alto, una forza
misteriosa da cui erano investiti. Con queste formule potremmo dire che veniva indicata la persuasione che i primi cristiani
avevano di chiarire così l'origine di una
personalità nuova che si sentivano addosso. Ed è sempre opportuno ricordare che quel "dall'alto" non
va inteso come una investitura meccanica ed
estranea: in latino, infatti, "altus" ha
anche il senso di "profondo". Dire perciò di essere investiti da
una forza dall'alto equivale a significare una forza che sta alla radice
dell'essere, un'energia con cui viene comunicato
l'essere. E' giusto perciò affermare
che il contenuto dell'autocoscienza nuova di quella gente, che si sentiva
determinata da un'energia proveniente dall'alto, coincideva con la forma di una nuova personalità. In loro è scattata
una personalità diversa intimamente, nel
profondo. |
Ecco in che modo trasforma da “trascendente” in
“immanente” anche il dono dello Spirito Santo; sostituisce
"dall'alto" con "dal profondo
dell'essere", intendendo dal profondo
dell'uomo, perché la parola "essere" è con lettera minuscola; il
Vangelo e la Chiesa non ammettono assolutamente questa erronea
interpretazione. BEATTO PIO IX - SILLABO DEI PRINCIPALI ERRORI II. È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli
uomini e il mondo. ATTI DEGLI APOSTOLI "Arrivato il giorno della Pentecoste, si
trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di
vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano.
Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su
ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e
cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di
esprimersi." |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 79 Per questo dovete, d'ora in avanti, cercare di
rendere il più frequente possibile in voi la ripetizione della breve
preghiera che è l'emblema del Gruppo Adulto, Veni Sancte
Spititus, Veni per Mariam.
Vieni, o Spirito dell'Immenso, del Mistero, lo Spirito di Cristo che ci fa
capire le cose, che ci dà le energie per andar
dietro le cose giuste. E lo Spirito di Cristo, come ci aiuta? Attraverso
le viscere di una donna: Cristo è nato dalle viscere di una ragazza di
diciassette anni, cioè attraverso le viscere della
nostra esperienza comune, di una esperienza in comunità; dalle viscere di
un'esperienza concreta lo Spirito ci comunica la luce e l'aiuto. |
Contrariamente
alla Chiesa, appoggia nuovamente la falsa teoria dell'immanenza divina,
continuando a negare il fatto che lo Spirito Santo è
un dono che viene dall'alto, trascendente. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 288 L'uomo deriva da Dio - "la fonte è in Te dell'Essere" -
infinitamente di più che un bambino nasca dalle
viscere di sua madre; e mentre è appena accennato nelle viscere di sua madre,
sua madre è tutto, tutto, nel senso letterale della parola. Se il bambino fosse autocosciente
direbbe: "Tu sei tutto per me". Derivando dunque da Dio, l'io ha come legge
l'amore. Non esiste un'altra legge umana: il vangelo si capisce che è divino
proprio perché è l'unico testo di morale... non è un testo di morale, ma è
come se fosse l'unico testo di morale in cui tuta la morale si riconduce
all'amore. "Maestro buono, cosa devo fare?", gli chiede il dottore
della legge. E Gesù: "Come
si riassume tutta la legge?".
"Ama il prossimo tuo come te stesso"(Lc, 10, 25-27).La legge
dell'io è una sola: amare. E questo si capisce,
perché è la legge della fonte stessa da cui nasce: "La fonte è in Te dell'Essere". Dio che è la fonte
dell'essere, ha una sola dinamica,
descrivibile esclusivamente come dono di sé, commosso. Così noi siamo fatti parte, siamo fatti accedere, appena appena, sulla
soglia del grande Mistero che fa tutte le cose, il Mistero del Dio
Padre che ama generando il Figlio, facendo scaturire in questo rapporto la
realtà dello Spirito che è identica a ognuno di loro. |
Vedete
come nella prima parte di questo brano, Luigi Giussani porta più o meno
velatamente l’eresia del panteismo e dell'immanenza divina; segue poi
eliminando dal brano dell'Evangelista Luca, la parte dove si dice di dover
amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la forza e con
tutta la mente, perché si distinguerebbe Dio dalla creatura, mentre, come si
può vedere dai brani riportati, elimina questa distinzione per favorire la
divulgazione dei suoi gravissimi errori. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 304 Cosciente del fatto che tu partecipi
dell'essere, allora sono pronto a sentire emozione e commozione quando ti
incontro o quando ti capitasse qualche cosa. L'emozione o la commozione sono verso qualche cosa che c'è e se qualcosa c'è, c'è
perché c'è un'Altra cosa; da sola non si è fatta, e questa è la ragione del
vivere: la ragione del vivere è ciò per cui siamo fatti, di cui siamo fatti, la ragione del vivere è
un Altro. Se tu usi il linguaggio normale, a questo Altro
dai del tu; la persona "tu" esprime in modo supremo, sintetico o
supremo, la coscienza di una Presenza dalla quale tu sei fatta perché non
c'eri e da sola non ti fai: "Io sono Tu
che mi fai", dice il decimo capitolo de Il senso religioso, che è la scoperta più grande, più
tranquillizzante, più commuovente, più stupefacente, più bella che l'uomo
possa fare. |
Affermazione
chiaramente panteistica di Luigi Giussani che dice
di sé: "Io sono Tu che mi fai"; da rilevare anche
l’espressione: "di cui siamo fatti", da cui si
deduce che l’uomo è fatto della sostanza di Dio, ciò che la Chiesa condanna. Ma difatto l'immanenza
dei modernisti vuole ed ammette che ogni fenomeno di coscienza nasca dall'uomo
in quanto uomo. Dunque di
legittima conseguenza inferiamo che Dio e l'uomo sono la stessa cosa; e
perciò il panteismo. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag.68- 94-95-96 - X è il punto da
cui l'uomo parte - la linea orizzontale ¥ è Dio, il Verbo, l'infinito - l'angolo è la vita dell'uomo - le lettere sono persone che devono
raggiungere Dio Risposta di
Luigi Giussani alla domanda: dove sta Gesù nel grafico? "in qualunque punto del grafico. Cristo non è nient'altro che
l'incarnarsi - il diventar carne, nato da donna - della linea ultima, vale a dire, del termine
ultimo che definisce la libertà. La libertà è capacità di rapporto con l'infinito. L'infinito l'abbiamo
segnato con la linea ultima: quella linea è il Verbo, è il Mistero che è
diventato carne. Carne vuol dire un bambino
piccolo, perciò anche un trattino di un centimetro; oppure, diventato carne, ha gettato il suo riflesso sul mondo con
cui tu vedi il cielo stellato, e sembra che sia un tratto più grosso. Comunque, che l'infinito diventi carne vuol dire che
l'infinito entra nell'unica grande esperienza della storia, che è la realtà
dell'Essere, la realtà del Mistero, vissuta dall'uomo, con la misura umana. Perciò, in tutte le cose, tu trovi il riverbero concreto
di Cristo, perché di che cosa tu sei fatto?
Di che cosa un albero di pino è fatto? Di che cosa è
fatto un uccellino? "Tutto in Lui consiste.". [...] Perciò che Dio sia diventato uomo non vuol mica dire che
è diventato quell'uomo lì e basta. Quell'uomo lì è fattore generativo
di tutta la storia dell'umanità, incidente su tutto lo sviluppo della storia,
tant'è vero che san Paolo lo mette in paragone con tutto: "Tutto in Lui consiste". |
È pure
contrario alla fede cattolica introdurre una separazione tra l'azione
salvifica del Logos in quanto tale e quella del
Verbo fatto carne. Con l'incarnazione, tutte le azioni salvifiche del Verbo
di Dio si fanno sempre in unità con la natura umana che egli ha assunto per
la salvezza di tutti gli uomini. L'unico soggetto che opera nelle due nature,
umana e divina, è l'unica persona del Verbo. Pertanto
non è compatibile con la dottrina della Chiesa la
teoria che attribuisce un'attività salvifica al Logos come tale nella sua
divinità, che si eserciterebbe "oltre" e "al di là"
dell'umanità di Cristo, anche dopo l'incarnazione. Se qualcuno dirà che le cose finite, sia materiali,
sia spirituali, o almeno le spirituali, sono emanate dalla sostanza divina; ovvero che la divina essenza per la sua manifestazione ed
evoluzione diventa ogni cosa; ovvero infine che Dio è ente universale od indefinito, il
quale determinando se stesso costituisce l'universo delle cose, distinto in
generi, specie ed individui: sia anatema. Per dare ancora più credito alla sua affermazione eretica, cambia
le parole della Rivelazione, “sussiste” diventa “consiste”. |
Giussani - "Il senso religioso" pag. 143 Mentre Dio, Padre in ogni istante, mi
sta concependo ora. Nessuno è così padre,
generatore. |
Evidente il
riferimento al panteismo. Dio però ha generato
solo un Figlio, Gesù, che è quindi Dio da Dio; noi invece siamo stati creati
dal nulla. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 289 La carità è dono di sé fino in fondo. Se non c'è la disponibilità a dare sé fino in fondo, la
legge non è applicata. Per questo l'amore è vero quando è eterno, quando è
concepibile, accettato, desiderato come eterno:
"Nessuno ama tanto come colui che dà la vita per i propri amici".
Quando uno, quindi, applica la legge dell'amore nel
rapporto con un altro in modo autentico, vero, cioè disposto ad amare fino in
fondo, aperto all'ultimo, aperto alla morte e quindi all'eterno, quando uno si dona all'altro così, per l'altro
egli è tutto, tutto. Se l'altro sapesse riflettere, guardando l'amico in questa
disposizione amorosa verso di lui, gli direbbe: "Ma tu sei tutto per
me". E' esattamente quello che diceva san Paolo a Gesù: "Vivo, non
io, sei Tu che vivi in me". |
GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS” La fede, quindi, "dono di Dio" e
"virtù soprannaturale da lui infusa", comporta una duplice
adesione: a Dio, che rivela, e alla verità da lui rivelata, per la fiducia
che si accorda alla persona che l'afferma. Per questo "non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo". Anche qui Luigi
Giussani vuole sostituirsi alla persona di Gesù pensando di poter essere
“tutto” per il prossimo; mette sullo stesso piano Gesù e l'uomo, ma la Chiesa
insegna che non si può credere in un uomo qualsiasi ma in Gesù Cristo che è un'unica persona e questa persona è la seconda persona della
Trinità, il Verbo; quindi nel caso di san Paolo non era quel Tu rivolto a un semplice uomo, ma a Dio. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 313 Perché tutte le cose di cui la realtà è fatta hanno come
vetta del loro insieme, hanno come vetta, come termine ultimo, come scopo
ultimo la gloria di Cristo? Perché
tutte le cose sono fatte di Cristo.
I tuoi capelli non c'erano, tanto meno quel capello da cui, anche soltanto da
esso, è colpito il tuo cuore. I tuoi capelli non
c'erano, non c'erano neanche i tuoi occhi - quindi se non c'erano i tuoi
occhi...! -, ma soprattutto non c'era neanche il tuo
cuore, cioè non c'era niente: tutto ciò di cui sei fatto (tutto!), tutto in Lui
consiste, è fatto da qualcosa che non viene fuori dal niente; e fuori dal
niente c'è l'Essere e l'Essere è uno solo: il Mistero di Dio che si è fatto
uomo. Perciò tutto è gloria di Cristo, perché tutto
è fatto di Cristo. |
3. Se qualcuno dirà che
unica e identica è la sostanza, o l'essenza, di Dio e di tutte le cose: sia
anatema. 4. Se qualcuno dirà che le cose finite, sia materiali, sia
spirituali, o almeno le spirituali, sono emanate dalla sostanza divina; ovvero che la divina essenza per la sua manifestazione ed
evoluzione diventa ogni cosa; ovvero infine che Dio è ente universale od indefinito, il
quale determinando se stesso costituisce l'universo delle cose, distinto in
generi, specie ed individui: sia anatema. 5. Se qualcuno
non dichiara che il mondo e tutte le cose che in esso sono
contenute, sia spirituali, sia materiali, secondo tutta la loro
sostanza, sono stati da Dio prodotti
dal nulla; o dirà che Dio non per volontà
libera da ogni necessità, ma tanto necessariamente creò, quanto
necessariamente ama se stesso; o negherà
che il mondo sia stato creato a gloria di Dio: sia anatema. Come spesso e volutamente capita,
cambia le parole del Vangelo per cambiarne il significato; anche qui "da Cristo" diventa "di Cristo" e "sussiste" diventa "consiste", in questo modo vuole professare il panteismo. |
Giussani - "Si può vivere
così?" pag. 368-369 E' stata
letta stamattina una bellissima preghiera: "cosicché
amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa", amando quest'uomo, Cristo, in
ogni cosa e sopra ogni cosa: in ogni cosa è chiaro (in ogni cosa: anche un
capello del capo) e sopra ogni cosa -
dice il volume Un avvenimento di vita,
cioè una storia (l'autore è sempre lui) non
vuol dire che Cristo è sopra; sopra vuol dire dentro ogni visibilità della
questione, più dentro di tutto ciò che noi possiamo vedere, più dentro di
ogni visibilità, più dentro, più profondo di ogni ragione e consistenza
visibile. |
Vedete che sostituisce
la parola "sopra" con "dentro"; con la parola "sopra" si distingue Dio
dalle creature, mentre con "dentro" dà un significato panteistico alla frase. BEATTO PIO IX - SILLABO DEI PRINCIPALI ERRORI È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli
uomini e il mondo. |
Giussani -
"Il senso religioso" pag. 159-160 Per
quanto oscuro, enigmatico, nebuloso, velato sia questo "Altro", è innegabile che
esso sia il termine dell'impeto umano, lo scopo dell'umana dinamica.
Riassumiamo l'itinerario già definito. La
natura della ragione (che è comprendere l'esistenza) per coerenza costringe
la ragione stessa ad ammettere l'esistenza di un incomprensibile, l'esistenza
cioè di Qualcosa (di un "quid")
costituzionalmente oltre la
possibilità di comprensione e di misura ("trascendente")
[...]. L'avventura della
ragione ha un vertice ultimo in cui intuisce l'esistenza della spiegazione esauriente
come qualcosa di inattaccabile da sé: mistero. Non
sarebbe ragione se non implicasse l'esistenza di questo "quid"
ultimo. Come gli occhi aprendosi non possono non registrare colori e forme,
così l'uomo come ragione, per ciò stesso che si mette in moto sollecitato
dall'impatto con le cose, afferma l'esistenza di un perché ultimo,
totalizzante; è un "quid" ignoto:
il "Dio ignoto". La parola "Dio" non ci confonda perché
essa è il termine che nel linguaggio religioso universale identifica questo
"quid" assoluto. Fra un miliardo di secoli
qualunque confine l'uomo abbia raggiunto "non è quello"
[...]. Giussani -
"Il senso religioso" pag. 191 Ma
Dio , tradotto in termini comprensibili, non sarebbe
idolatria? Nonostante che sia tradotta in termini
umani, il risultato della rivelazione deve essere l'approfondimento del
mistero come mistero. Il suo risultato non deve essere una riduzione, quasi
che l'uomo possa dire: "Ho capito!", ma un
approfondirsi del mistero. Per cui lo si conosce e
lo si conosce sempre di più come mistero. Giussani -
"Il senso religioso" pag. 155-156 La ragione è esigenza
di comprendere l'esistenza; vale a dire la ragione è esigenza di spiegazione
adeguata, totale dell'esistenza. La risposta c'è, perché grida attraverso le
domande costitutive del nostro essere, ma non è misurabile dalla
esperienza. C'è ma non si sa cos'è.
[...] Il vertice della conquista della
ragione è la percezione di un esistente ignoto, irraggiungibile, cui
tutto il movimento dell'uomo è destinato, perché anche ne dipende. E' l'idea di mistero.
Il mistero non è un limite alla ragione, ma è la scoperta più grande cui può
arrivare la ragione: l'esistenza di qualcosa incommensurabile con se stessa. Il ragionamento fatto prima si potrebbe riassumere così: la ragione è esigenza di comprendere l'esistente;
nella vita questo non è possibile; dunque fedeltà alla ragione costringe ad
ammettere l'esistenza di un incomprensibile. |
Finalmente
pari è la conseguenza che si trae dalla loro (modernisti) decantata distinzione fra la scienza e la fede.
L'oggetto della scienza lo pongono essi nella realtà del conoscibile; quello della
fede nella realtà dell'inconoscibile. Orbene l'inconoscibile è tale per la
totale mancanza di proporzione fra l'oggetto e la mente. Ma
questa mancanza di proporzione, secondo gli stessi modernisti, non potrà mai
esser tolta. Dunque l'inconoscibile resterà sempre inconoscibile tanto pel credente quanto pel filosofo. Dunque
se si avrà una religione, questa sarà della realtà dell'inconoscibile. |
SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” Questi anzi (modernisti) tanto più
oltre si spinsero che, come già osservammo, non pure
il cattolicesimo ma ogni qualsiasi religione hanno distrutta. Così si spiegano i plausi dei razionalisti: perciò
coloro, che fra i razionalisti parlano più franco ed aperto, si rallegrano di
non avere alleati più efficaci dei modernisti. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo1) pag.
34 L'obiettività della conoscenza storica, che è il valore che voleva essere affermato
nell'atteggiamento razionalista, è salvata se io partecipo all'esperienza che
ha dettato quei documenti storici (la Rivelazione). E
c'è una sola ipotesi: che quella esperienza sia
presente, abbia un luogo presente. Questa è la Chiesa, questa è la unità dei credenti in essa. |
Quindi il razionalismo,
condannato per i suoi errori dalla Chiesa, è per Luigi Giussani giusto se vissuto dentro l’istituzione
Chiesa. Contro il razionalismo. La fede è una virtù
soprannaturale. Non si dà fede scientifica. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag.
27-28 [...] quello che noi faremo
insieme in quest'ora di lezione o discussione poggia
tutto sulla ragione nella sua dinamica caratteristica che porta il nome di
fede, poggerà tutto sulla ragione in quanto capace di fede, la fede essendo
la capacità estrema della ragione. Estrema perché senza di essa non esisterebbe l'umano: non esisterebbe più la
storia, non esisterebbe più la cultura, non esisterebbe più la convivenza, e
per questo non esisterebbe più la conoscenza del destino. |
Se qualcuno dirà che l'uomo non può essere
divinamente elevato ad una conoscenza e ad una perfezione che superino quelle
naturali, ma che può e deve da se stesso arrivare al possesso di ogni verità e di ogni bene in un continuo progresso:
sia anatema. Se qualcuno dirà
che l'assenso alla fede cristiana non è libero, ma che si produce
necessariamente dagli argomenti della ragione umana; ovvero che la grazia di
Dio è necessaria alla sola fede viva che opera per la carità: sia anatema. |
Mi sono spiegato? Abbiamo parlato di questo, perché
a questo livello noi parleremo. Parleremo,
primo, di fede come è normalmente usata, vale a dire
riconoscimento di un contenuto invisibile della realtà (la realtà nel suo
aspetto invisibile); e secondo, di come questo contenuto è raggiunto
attraverso la ragione in quel suo metodo caratteristico che si chiama metodo
di fede, conoscenza attraverso la testimonianza. |
La chiesa cattolica ha sempre unanimemente creduto
e ancora crede che esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per
il loro principio, ma anche per il loro oggetto: per il loro principio,
perché nell'uno conosciamo con la ragione
naturale, nell'altro con la fede divina; per l'oggetto perché oltre la verità
che la ragione naturale può capire, ci è proposto di
vedere i misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non
sono rivelati dall'alto. Se qualcuno dirà che nella rivelazione
divina non è contenuto alcun mistero vero e propriamente detto, ma che tutti
i dogmi della fede possono essere compresi e dimostrati dalla ragione
debitamente coltivata per mezzo dei principi naturali: sia anatema. GIOVANNI PAOLO
II - “FIDES ET RATIO” Il Concilio Vaticano I, con parole tanto
chiare quanto autoritative, aveva già condannato questo errore, affermando da
una parte che " quanto a questa fede [...], la Chiesa cattolica professa
che essa è una virtù soprannaturale, per la quale sotto l'ispirazione divina
e con l'aiuto della grazia, noi crediamo vere le cose da lui rivelate, non a
causa dell'intrinseca verità delle cose percepite dalla luce naturale della
ragione, ma a causa dell'autorità di Dio stesso, che le rivela, il quale non
può ingannarsi né ingannare ": Cost. dogm. Dei Filius III: DS 3008, e can.3. 2: DS 3032. Dall'altra parte, il
Concilio dichiarava che la ragione mai " è resa capace di penetrare
[tali misteri] come le verità che formano il suo oggetto proprio ": ibid., IV: DS 3016. Da qui traeva la conclusione pratica: " I fedeli
cristiani non solo non hanno il diritto di difendere come legittime
conclusioni della scienza le opinioni riconosciute contrarie alla dottrina
della fede, specie se condannate dalla Chiesa, ma sono strettamente tenuti a
considerarle piuttosto come errori, che hanno solo una ingannevole
parvenza di verità ": ibid.,
IV: DS 3018. |
Giussani - "Si può vivere
così?" pag. 33 Ricordate di che cosa abbiamo parlato
l'ultima volta? Del metodo e della fede. Metodo in che senso? Metodo vuol dire "modo per fare una cosa": la fede è un modo di conoscenza. Chi è che conosce? La mia ragione; si
chiama "ragione" quell'energia propria dell'uomo per
cui l'uomo conosce. Allora la fede è
un metodo - un modo per - della ragione, un modo di conoscenza della ragione
o più brevemente, un metodo di conoscenza. Che
metodo di conoscenza è? E' un metodo di conoscenza indiretto. Perché indiretto? Perché filtra, è mediato dal fatto che
la ragione s'appoggia a
un testimone: non vede direttamente, immediatamente lei l'oggetto, ma
viene a sapere dell'oggetto attraverso un testimone. Abbiamo detto che questo
metodo è il più importante di tutti i metodi della ragione, molto più
dell'evidenza che si basa sui sensi, e molto più della scienza che si basa
sull'analisi e sulla dialettica. Gli altri metodi della ragione usano
soltanto un pezzo dell'uomo; questo invece, il
metodo della fede, usa tutto l'uomo. Perché? Perché bisogna fidarsi del testimone. |
Dice che la
fede è un modo di conoscenza della ragione che si fida totalmente di un
testimone; questa non è fede, la fede la dà Dio, come dono trascendente a chi
aderisce a Lui e alla Rivelazione, per la fiducia a
un testimone; quindi la fiducia in un testimone non è la fede, se fosse così
non sarebbe fede in Dio ma in un uomo e questo è condannato dalla Chiesa;
professando il panteismo vorrebbe far credere che aver fede in un uomo sia
aver fede in Dio. GIOVANNI PAOLO
II - “DOMINUS IESUS” La fede, quindi, "dono di Dio" e
"virtù soprannaturale da lui infusa", comporta una duplice
adesione: a Dio, che rivela, e alla verità da lui rivelata, per la fiducia
che si accorda alla persona che l'afferma. Per questo "non dobbiamo credere in nessun altro se non in
Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo". |
Giussani - "Si può vivere
così?" pag. 34 Qual è la sorpresa più grossa che avete
avuto la volta scorsa? Sentir parlare di
fede in cui non c'entrano né Dio, né la Madonna, né
i Santi, ma sentir parlar di fede come aspetto della ragione, […] Giussani - "Si può vivere
così?" pag. 120 [...]
la fede è il vertice della conoscenza umana, il
vertice della conoscenza della ragione. |
Contro il razionalismo. La fede è una virtù soprannaturale. Non si dà fede scientifica. |
ASSOLUTIZZAZIONE
DELLA CHIESA E DELL’UOMO
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 281 [...] perché l'uomo è
chiamato alla felicità, l'uomo è grande e chiamato alla felicità, l'uomo è grande come Dio ed è chiamato alla
felicità di Dio. Giussani - "Si può vivere così?" pag. 108 Quando ha detto: "Facciamo l'uomo a nostra
immagine e somiglianza", ha fatto l'uomo a
immagine e somiglianza di ciò che Lui è, supremamente:
la suprema libertà. Dio è la libertà; è la libertà il più gran dono di sé che
Dio ha fatto all'uomo facendolo simile a sé; per cui
l'uomo è il signore di sé stesso e del creato. Giussani - "Si può vivere così?" pag. 142 Nessuno è solo, non perché si
sente insieme a chissà chi, a Dio o a Cristo: sentirsi insieme a Dio e a
Cristo significa sentirsi insieme a della gente con cui ci mette! |
satana ha sedotto l’uomo con queste menzogne
dando origine al peccato e ai mali del mondo; l’opera di satana è dunque
ancora ben presente. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo2) pag.
118 "La Chiesa - esclama Guardini
- è nuovamente viva. E noi comprendiamo che essa è
veramente "l'Uno e il Tutto". |
Non si può dire
che la Chiesa è "l'Uno e il Tutto” (da notare anche le lettere
maiuscole), perché è solo il corpo, le membra di Cristo che è il capo, la
testa; quella descritta da Luigi Giussani è una Chiesa morta che corrisponde a un corpo senza il capo. |
Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag.
26 E fu proprio
questa fede nella Chiesa, la quale
doveva [...]. |
CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA 750 Credere che la Chiesa è “Santa” e
“Cattolica” e che è “Una” e “Apostolica” (come aggiunge il Simbolo di
Nicea-Costantinopoli) è inseparabile dalla fede in Dio Padre, Figlio e
Spirito Santo. Nel
Simbolo degli Apostoli professiamo di
credere una Chiesa Santa (“Credo. . . Ecclesiam”), e non nella Chiesa, per non confondere Dio
e le sue opere e per attribuire chiaramente alla bontà di
Dio tutti i doni che egli ha riversato nella sua Chiesa [Cf Catechismo
Romano, 1, 10, 22]. GIOVANNI PAOLO
II – “DOMINUS IESUS” La fede, quindi, "dono di Dio" e
"virtù soprannaturale da lui infusa", comporta una duplice
adesione: a Dio, che rivela, e alla verità da lui rivelata, per la fiducia che
si accorda alla persona che l'afferma. Per questo "non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre,
il Figlio e lo Spirito Santo". |
SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” Ma ad accecare l'animo e
trascinarlo nell'errore assai più di forza ha in sé la superbia: la quale,
trovandosi nella dottrina del modernismo quasi in un suo domicilio, da essa trae alimento per ogni verso e riveste tutte le
forme. Per la superbia infatti costoro presumono
audacemente di se stessi e si ritengono e si spacciano come norma di tutti.
Per la superbia si gloriano vanissimamente quasi essi soli possiedano la
sapienza, e dicono gonfi e pettoruti: "Noi non siamo come il rimanente degli uomini"; e per non
essere di fatto posti a paro degli altri,
abbracciano e sognano ogni sorta di novità, le più assurde. Per la superbia
ricusano ogni soggezione, e pretendono che l'autorità debba comporsi colla
libertà. Per la superbia, dimentichi di se stessi, pensano solo a riformare
gli altri, né rispettano in ciò qualsivoglia grado fino alla potestà suprema.
No, per giungere al modernismo, non vi è sentiero più breve e spedito della
superbia. Si rammenta che Dio si rivela agli umili e non ai
superbi, questi ultimi non conoscono Dio; Luigi Giussani ne
è una chiara prova. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 225 Meditate
bene tra voi questa bella lezione perché sono cose che non si odono da
nessuna parte [...]. Giussani - "Si può vivere così?" pag. 237 Provate a
pensare come nessuno, nessuno, capisce queste cose: nessuno le pensa e
nessuno le capisce. |
[…] e dicono gonfi e pettoruti: "Noi non siamo come il rimanente degli
uomini" Superbia. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 316 Per questo i Memores Domini rappresentano
un tipo di vita molto più complesso e faticoso che non
la vita di un monastero, [...]. Capite per favore che razza di differenza mentale
c'è tra noi e altri? Basta guardare in noi stessi, la differenza mentale che
c'è in certi momenti da altri. |
Memores Domini: associazione ecclesiale nata dallo
sviluppo dell'esperienza nel movimento “comunione e liberazione”. SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” […] e
dicono gonfi e pettoruti: "Noi non
siamo come il rimanente degli uomini"
|
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 92 Così in queste cose, coi
mesi e con gli anni, imparerete; se si segue: tutti quelli che sono venuti e
a un certo punto hanno detto: "Sì, lei avrà anche ragione, ma io sono stufo, vado via", non hanno più
imparato. Chi è rimasto ha imparato. E'
terribile questa cosa: chi sta impara, diventa se stesso; chi non sta perde
se stesso. |
In
realtà è esattamente il contrario, chi resta nel movimento aderendo a queste
eresie, si perde, mentre chi ne esce ha solamente da
guadagnarci, perché è la verità che vi farà liberi e non le eresie del
modernismo. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 110 Noi possiamo penetrare soltanto
le parole vive, cioè le parole che ci dicono coloro
che con noi vivono, che partecipano alla nostra vita. Giussani - "Si può vivere così?" pag. 164 Così, quando vi diciamo le nostre parole, che anche
a noi sono state dette come sono dette a voi, ricordiamo i tempi in cui anche
per noi queste parole erano come dei sassi che ci venivano
buttati in faccia; non li penetravamo né ci penetravano. Ma la misericordia del Signore sta proprio nella pazienza con
cui ripete nel tempo le cose, ci fa ripetere nel tempo le cose; [...] Allora,
qual è la prima conseguenza di quello che sto dicendo? Non ci si deve meravigliare se non si capisce, ma
guai a colui che, non comprendendo, pianta lì, e
dice "Non capisco", guai! E' finita per lui, è un rifiuto che sarà
sempre senza frutto. Giussani - "Si può vivere così?" pag.
333-334 Cristo resta presente con noi, ogni giorno fino alla
fine del mondo, dentro le circostanze storiche che il mistero del Padre
stabilisce, le circostanze storiche attraverso le quali il mistero del Padre
ti fa riconoscere e amare la Presenza di qualche cosa d'altro, di Cristo.
Queste circostanze storiche attraverso cui il Padre ci fa capire la presenza
di un'altra Presenza, di qualcosa d'altro più grande, appartengono a quello
che si chiama carisma: le
circostanze storiche che creano il nostro Movimento o il Gruppo Adulto. […] Chi è stato raggiunto da un carisma, non può più
seguire Cristo abbandonando il carisma: sarebbe un tradimento. Tutta
la gente che mi ha detto: "Il Movimento ha tutti questi difetti, me ne
vado", tutti quelli che se ne sono
andati, hanno perso tutto, non hanno più capito niente, tant'è che a un certo punto tanti ritornano. Uno di voi, se andasse
via, non capirebbe più niente; [...] «Se potessero toccare Gesù
da vicino! - disse il Papa tre settimane fa - Toccare, ma dove? Vedere, dove?
Se lo vedranno in voi diranno: "Signore mio e Dio mio" come san
Tommaso.» In voi: Cristo è presente per mezzo
nostro, si tocca Cristo attraverso di noi, si vede
Cristo attraverso di noi. Mentre se ci abbandoni non vedi più niente! |
Per non dare modo di verificare le sue
affermazioni usa un atteggiamento settario; questo va naturalmente a
discapito della salute spirituale di molti e
per la loro possibile nonché probabile
perdizione. Arriva
anche ad intimidire chi fa parte del suo movimento, assicurando loro il
fallimento nella vita, se lo abbandonassero. Superbia - plagio. Senza dubbio, come ognuno può verificare, è esattamente
l’opposto; chi segue Luigi Giussani cammina nell’errore e si separa in
maniera grave da Dio. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 137 all'infuori di Cristo insomma, non val
la pena vivere, nel senso letterale del termine; tutto diventa gioco politico
come la giustizia di oggi, tutto diventa violenza come la politica di oggi:
il contrario di quello che dovrebbe essere! E
il rimedio a questo non è certo quello di parlare di morale e di valori, come
fanno anche tanti nostri superiori, ma è quello di creare, di mostrare
a tutti, di far vedere a tutti che una compagnia fatta perché si è incontrato
Cristo, una compagnia che si crea perché si è incontrata della gente che ha
incontrato Cristo, fa realizzare quello che tutta la
politica, tutta la cultura e tutto il resto
non valgono a farci vivere. Giussani - "Si può vivere così?" pag. 361 Sì, ciò che sentiamo
astratto, è qualcosa a cui abbiamo già detto di no. Perché se non ho detto di
no, anche se mi pare astratto, capisco che devo fare tutta la fatica per
renderlo concreto, per renderlo esperienza; tutto ciò che vi abbiamo detto,
vi giuro che diventerà esperienza; lo è diventato per noi, è il motivo per
cui siamo qui. Dovremmo aver un bel coraggio a radunare tanta gente così per
dire una menzogna. […] Dirvi una cosa astratta che non è
vera è una minaccia, è tenervi sotto il terrore di una minaccia. La maggior
parte del clero non si accorge che fa così: tiene sotto minaccia la gente. La maggior parte del clero, dei genitori, o dei politici, di
tutti: chi non ama la tua persona e il suo destino ti tiene sotto minaccia.
|
SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” Da tutto questo strepito di lodi e d'improperi
colpiti e turbati gli animi giovanili, da una parte per non passare per
ignoranti, dall'altra per parere sapienti spinti internamente dalla curiosità
e dalla superbia, si dànno per vinti e passano al modernismo. Del gregge dei
modernisti sembra detto ciò che con tanto dolore scriveva il Predecessore
Nostro (Motu proprio "Ut mysticam", 14
marzo 1891): "Per rendere spregiata ed odiosa la mistica Sposa di
Cristo, che è la luce vera, i figli delle tenebre furon soliti di opprimerla
pubblicamente di una pazza calunnia, e, stravolto il significato e la forza
delle cose e delle parole, chiamarla amica di oscurità,
mentitrice d'ignoranza, nemica della luce e del progresso delle
scienze". Fanno certamente pietà questi uomini, dei quali l'Apostolo
ripeterebbe: "Svanirono nei pensamenti... imperocché vantandosi di essere sapienti, son divenuti stolti" (Rom., I,
21, 22); ma muovono in pari tempo a sdegno, quando poi accusano la Chiesa di
manipolare i documenti in guisa da farli servire ai propri vantaggi.
Addebitano cioè alla Chiesa ciò che dalla propria
coscienza sentono apertamente rimproverarsi. [...] pure criticano con
somma audacia la Chiesa, accusandola di camminare fuor di strada, né saper
distinguere fra il senso materiale delle formole e il loro significato
religioso e morale, [...]. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 344 Per cui uno, che ha incontrato
CL, non può più essere un bravo cristiano se dimentica questo; Teoricamente uno è libero di andare dove vuole, ma
obiettivamente, esistenzialmente, storicamente, se
non ottempera, se non obbedisce, se non prende in considerazione, se non si
lascia illuminare dalla modalità con cui Cristo lo
ha percosso, dalle circostanze di un certo incontro, se non aderisce a
questo, non sarà mai cristiano sul serio, non
sarà mai contento, non raggiungerà mai una posizione adeguata per essere
utile agli altri; più semplicemente: sarà sempre scontento, perché è un
tradimento. |
Nel brano precedente
a questo accusa la Chiesa di tenere sotto minaccia
la gente, ma come si può ben notare è lui che fa questo; non è tradimento uscire da un qualsiasi
movimento e in particolare da questo; chi tiene alla salvezza della propria anima ha, alla luce dei fatti, il
diritto e anche il dovere di uscirvi. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 362 Comunque, questa è una testimonianza che
devo dare: io non ho mai avuto una domanda, anche a scuola, una domanda che
non mi fossi già fatta io e a cui non avessi risposto. Se m'avessero fatto
una domanda sul De
magnetite, non l'avrei saputa. E' sulle cose non vere che non avrei saputo la risposta. |
SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” Eppure, chi li ascolti ad oracolare
(modernisti) dei loro
studi sulle Scritture, pei quali han potuto
scoprirvi si gran numero di incongruenze, è spinto a credere che niun uomo
prima di loro abbia sfogliato quei libri, né che li abbia ricercati per ogni
verso una quasi infinita schiera di Dottori, per ingegno, per scienza, per
santità di vita più di loro. |
Giussani - "Si può vivere così?" pag. 236 [...] guardate che è
veramente un delitto che la maggior parte di voi non legga i testi che noi
facciamo uscire; chi non legge i testi che noi facciamo uscire commette
delitto, un delitto contro se stesso e anche contro l'umanità [...]. |
SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” Insomma li
punge la vana bramosia che il mondo parli di loro; il che si persuadono che
non sarà, se dicono soltanto quello che sempre e da tutti fu detto. Intanto
si dànno forse a credere di prestare ossequio a Dio ed alla Chiesa; ma in realtà
gravissimamente li offendono, non tanto per quel che fanno, quanto per
l'intenzione con cui operano e per l'aiuto che prestano utilissimo agli
ardimenti dei modernisti. |
ALTRE DICHIARAZIONI DI SAN PIO X E SUOI COMANDI
DALL'ENCICLICA
“PASCENDI DOMINICI GREGIS”
Quindi
accade che la medicina giunga talora troppo tardi, quando cioè
pel troppo attendere il male ha già preso piede. Vogliamo adunque che i
Vescovi, deposto ogni timore, messa da parte la prudenza della carne,
disprezzando il gridio dei malvagi, soavemente, sì, ma con costanza, adempiano ciascuno le sue parti; memori di quanto
prescriveva Leone XIII nella Costituzione Apostolica "Officiorum": "Gli Ordinari, anche come Delegati della
Sede Apostolica, si adoperino di proscrivere e di togliere dalle mani dei
fedeli i libri o altri scritti nocivi stampati o diffusi nelle proprie
diocesi". Con queste parole si concede, è vero, un diritto: ma
s'impone in pari tempo un dovere. Né stimi veruno di avere adempiuto cotal
dovere, se deferisca a Noi l'uno o l'altro libro
mentre altri moltissimi si lasciano divulgare e diffondere. Né in ciò vi deve
rattenere il sapere che l'autore di qualche libro abbia
altrove ottenuto l'Irnprimatur;
sì perché tal concessione può essere simulata, sì perché può essere stata
fatta per trascuratezza o per troppa benignità e per troppa fiducia nel
l'autore, il quale ultimo caso può talora avverarsi negli Ordini religiosi. [...] Ciò che loro sia scrive a colpa, essi l'hanno per sacrosanto dovere.
Niuno meglio di essi conosce i bisogni delle
coscienze perché si trovano con queste a più stretto contatto che non si
trovi la potestà ecclesiastica. Incarnano quasi in sé quei bisogni tutti: e
quindi il dovere per loro di parlare apertamente e di scrivere. Li biasimi
pure l'autorità, la coscienza del dovere li sostiene, e sanno per intima
esperienza di non meritare riprensioni ma encomii. Pur troppo essi sanno che
i progressi non si hanno senza combattimenti, né combattimenti senza vittime:
e bene, saranno essi le vittime, come già i profeti e Cristo. Né perché siano
trattati male, odiano l'autorità: concedono che ella
adempia il suo dovere. Solo rimpiangono di non essere ascoltati, perché in
tal guisa il progredire degli animi si ritarda: ma verrà senza meno il tempo
di rompere gl'indugi, giacché le leggi
dell'evoluzione si possono raffrenare, ma non possono affatto spezzarsi. E così continuano il lor cammino, continuano benché
ripresi e condannati, celando un'incredibile audacia col velo di un'apparente
umiltà. Piegano fintamente il capo: ma la mano e la mente proseguono con più
ardimento il loro lavoro. E così essi operano scientemente e volentemente; sì
perché è loro regola che l'autorità debba essere spinta, non rovesciata; si perché hanno bisogno di non uscire dalla cerchia della
Chiesa per poter cangiare a poco a poco la coscienza collettiva; il che
quando dicono, non si accorgono di confessare che la coscienza collettiva
dissente da loro, e che quindi con nessun diritto essi si dànno interpreti
della medesima. Non si curano
poi, nello scrivere, di insistere sulla propria sincerità: sono essi già noti
presso i razionalisti, sono già lodati siccome militanti sotto una stessa
bandiera; della quale lode, che ad un cattolico dovrebbe fare ribrezzo, essi
si compiacciono [...]. [...] quando parlasi di modernismo, non parlasi di vaghe
dottrine non unite da alcun nesso, ma di un unico corpo e ben compatto, ove
chi una cosa ammetta uopo è che accetti tutto il rimanente. Perciò abbiam voluto altresì far uso di una forma quasi
didattica, né abbiamo ricusato il barbaro linguaggio onde i modernisti fanno
uso. Ora, se quasi di un solo sguardo abbracciamo l'intero sistema, niuno si
stupirà ove Noi lo definiamo, affermando esser esso la sintesi di tutte le
eresie. Certo, se taluno si fosse proposto di concentrare quasi il succo ed
il sangue di quanti errori circa la fede furono
sinora asseriti, non avrebbe mai potuto riuscire a far meglio di quel che han
fatto i modernisti. Questi anzi tanto più oltre si spinsero
che, come già osservammo, non pure il cattolicesimo ma ogni qualsiasi
religione hanno distrutta. Così si spiegano i plausi dei razionalisti: perciò
coloro, che fra i razionalisti parlano più franco ed aperto, si rallegrano di
non avere alleati più efficaci dei modernisti. […] queste
intime esperienze quali dai modernisti si spacciano [...]
se queste esperienze hanno si grande forza e
certezza, non l'avrà uguale quella esperienza che molte migliaia di cattolici
affermano di avere, che i modernisti cioè battono un cammino sbagliato? Per lo che il Nostro Predecessore Gregorio XVI a buon diritto scriveva
(Lett. Enc. "Singulari Nos", 25 giugno 1834):
"È grandemente da piangere nel
vedere fin dove si profondino i deliramenti dell'umana ragione, quando taluno
corra dietro alle novità, e, contro l'avviso dell'Apostolo, si adoperi di saper più che saper non convenga, e confidando troppo
in se stesso, pensi dover cercare la verità fuori della Chiesa cattolica, in
cui, senza imbratto di pur lievissimo errore, essa si trova". Ma qui già siamo agli artifici con che i modernisti
spacciano la loro merce. Che non tentano essi mai
per moltiplicare gli adepti? Nei Seminari e nelle Università cercano di
ottenere cattedre da mutare insensibilmente in cattedre di pestilenza.
Inculcano le loro dottrine, benché forse velatamente, predicando nelle
chiese; le annunciano più aperte nei congressi: le introducono e le
magnificano nei sociali istituti. Col nome proprio o di
altri pubblicano libri, giornali, periodici. Per dar poi, o
Venerabili Fratelli, disposizioni più generali in sì grave materia, se nelle
vostre diocesi corrono libri perniciosi, adoperatevi
con fortezza a sbandirli, facendo anche uso di solenni condanne. […] vigilino i
Vescovi che i librai per bramosia di lucro non spaccino
merce malsana: il certo è che nei cataloghi di taluni di costoro si
annunziano di frequente e con lode non piccola i libri dei modernisti. Se essi ricusano di obbedire, non dubitino i Vescovi di
privarli del titolo di librai cattolici; [...]. […] ordiniamo una osservanza più diligente di quanto si prescrive
nell'articolo XLII della citata Costituzione "Officiorum", cioè: "È
vietato ai sacerdoti secolari, senza previo permesso dell'Ordinario, prendere
la direzione di giornali o di periodici". Del quale permesso, dopo
ammonitone, sarà privato chiunque ne facesse mal
uso. Circa quei sacerdoti, che hanno titoli di corrispondenti o collaboratori, poiché avviene non raramente che pubblichino, nei
giornali o periodici, scritti infetti di modernismo, vedano i Vescovi che ciò
non avvenga; e se avvenisse, ammoniscano e diano proibizione di scrivere.
Lo stesso con ogni autorità ammoniamo che facciano i
Superiori degli Ordini religiosi: i quali se si mostrassero in ciò
trascurati, provvedano i Vescovi, con autorità delegata dal Sommo Pontefice. Ricordammo già
sopra i congressi e i pubblici convegni come quelli nei quali i modernisti si
adoprano di propalare e propagare le loro opinioni.
I Vescovi non permetteranno più in avvenire, se non in casi rarissimi, i
congressi di sacerdoti. Se avverrà che li permettano, lo
faranno solo a questa condizione: che non vi si trattino cose di
pertinenza dei Vescovi o della Sede Apostolica, non vi si facciano proposte o
postulati che implichino usurpazione della sacra potestà, non vi si faccia
affatto menzione di quanto sa di modernismo, di presbiterianismo, di
laicismo. Scrutino con
attenzione gl'indizi di modernismo tanto nei libri
che nell'insegnamento; con prudenza, prontezza ed efficacia stabiliscano
quanto è d'uopo per la incolumità del clero e della gioventù. Combattano le
novità di parole, e rammentino gli ammonimenti di Leone XIII (S. C. AA. EE.
SS., 27 gennaio 1901): "Non si potrebbe approvare nelle pubblicazioni cattoliche un
linguaggio che ispirandosi a malsana novità sembrasse deridere la pietà dei
fedeli ed accennasse a nuovi orientamenti della vita cristiana, a nuove
direzioni della Chiesa, a nuove ispirazioni dell'anima moderna, a nuova
vocazione del clero, a nuova civiltà cristiana". Tutto questo non si
sopporti così nei libri come dalle cattedre. È parimente
officio dei Vescovi impedire che gli scritti infetti di modernismo o ad esso favorevoli si leggano se sono già pubblicati, o, se
non sono, proibire che si pubblichino. Qualsivoglia libro o giornale o
periodico di tal genere non si dovrà mai permettere o agli alunni dei
Seminari o agli uditori delle Università cattoliche: il danno che ne
proverrebbe non sarebbe minore di quello delle letture immorali; sarebbe anzi
peggiore, perché ne andrebbe viziata la radice
stessa del vivere cristiano. Assecondi Iddio i Nostri disegni e Ci prestino aiuto quanti di vero amore amano la Chiesa di
Gesù Cristo. Ma di ciò in altra opportunità. A Voi
intanto, o Venerabili Fratelli, nella cui opera e zelo sommamente confidiamo, imploriamo di tutto cuore la pienezza dei lumi
Celesti, affinché in tanto periglio delle anime per gli errori che da ogni
banda s'infiltrano, scorgiate quel che far vi convenga; e con ogni ardore e
fortezza lo eseguiate. Vi assista colla Sua virtù Gesù Cristo autore e
consumatore della nostra fede; vi assista coll'intercessione e coll'aiuto la
Vergine Immacolata profligatrice di tutte le eresie. E Noi, come pegno della Nostra carità e
delle divine consolazioni fra tante contrarietà, impartiamo con ogni affetto
a voi, al vostro clero ed ai vostri fedeli l'Apostolica Benedizione. Dato
a Roma, presso San Pietro, il giorno 8 settembre 1907, nell'anno V del Nostro
Pontificato. |
La divulgazione di questi
errori va oltre il loro movimento e oltre i confini nazionali; entrano nelle parrocchie
con sacerdoti, catechisti e giovani che, più o meno consciamente, cercano
sotto l’apparenza di un buon comportamento ma in nome di un personale e falso
dio, di inculcare una dottrina eretica che ha come fine la separazione
dell’uomo dalla verità e da Dio. Si consiglia
per questo, tutti coloro che in buona fede
frequentano questo movimento, di interessarsi della veridicità di questi
fatti per il proprio e altrui bene e di non lasciarsi intimidire o
scoraggiare in questo, sapendo cosa disse san Pio x a riguardo: SAN PIO X -
“PASCENDI DOMINICI GREGIS” [...] l'audacia
indicibile, con cui ogni stranezza che uno di loro proferisca, dagli altri è
levata al cielo e decantata qual progresso della scienza; con cui, se taluno voglia da se stesso verificare
il nuovo ritrovato, serratisi insieme lo assalgono, se talun lo neghi lo
trattano da ignorante, se lo accolga e lo difenda lo ricoprono di encomî.
Così non pochi restano ingannati che forse, se meglio vedessero le cose, ne
sarebbero inorriditi. Da questo prepotente imporsi dei fuorviati, da
questo incauto assentimento di animi leggeri nasce
poi un quasi corrompimento di atmosfera che tutto penetra e diffonde per
tutto il contagio. […] Che se la dottrina e l'efficacia di chi li confuta
dà loro timore, ne incidono i nervi colla congiura del silenzio. E questa maniera di fare a riguardo dei cattolici è tanto
più odiosa perché nel medesimo tempo e senza modo né misura, con continue
lodi esaltano chi sta dalla loro; [...]. Piangiamo pur troppo gran numero di giovani di speranze egregie e che
ottimi servigi renderebbero alla Chiesa, usciti fuori dal
retto cammino. Piangiamo moltissimi, che, sebbene non giunti
tant'oltre, pure, respirata un'aria corrotta, sogliono pensare, parlare,
scrivere più liberamente che non si convenga a cattolici. Si contano costoro
fra i laici, si contano fra i sacerdoti; e chi lo crederebbe? si contano altresì nelle stesse famiglie dei Religiosi. Per questo si invitano vivamente coloro che
fanno parte di questo movimento, solo all’apparenza cattolico, di non farsi
scrupoli a lasciarlo, per non trovarsi privi dell’amore di Dio a causa delle
eresie di chi ha lasciato gli insegnamenti della santa Chiesa Cattolica. Si invitano altresì coloro che hanno il dovere di
occuparsi di queste cose, di prendere atto e di conseguenza i necessari
provvedimenti, sapendo che quando non si compie il proprio dovere si
appoggiano i nemici di Dio e si mettono in grave pericolo molte anime oltre
che la propria. È inoltre della massima gravità il fatto che anche tra coloro che hanno il compito di difendere la verità, vi è
chi invece appoggia tali eresie; un esempio qui sotto.
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SAN PIO X - “PASCENDI
DOMINICI GREGIS” Assurdissimo
è invece che cattolici e sacerdoti, i quali, come preferiamo credere,
aborrono da tali enormità, si portino in fatto quasi
le ammettessero. Giacché tali sono le lodi che tributano ai maestri di
siffatti errori, tali gli onori che rendono loro pubblicamente, da dar
agevolmente a supporre che essi non onorano già le persone, forse non prive
di un qualche merito, ma piuttosto gli errori che quelle professano
apertamente e cercano a tutt'uomo propagare. [...] Chiunque in alcun modo sia infetto di modernismo,
senza riguardi di sorta si tenga lontano dall'ufficio così di reggere e così
d'insegnare: se già si trovi con tale incarico, ne sia rimosso. Parimente si
faccia con chiunque o in segreto o apertamente favorisce
il modernismo, sia lodando modernisti, sia attenuando la loro colpa, [...]. Né stimi veruno di avere adempiuto cotal dovere,
se deferisca a Noi l'uno o l'altro libro mentre
altri moltissimi si lasciano divulgare e diffondere. Né in ciò vi deve rattenere il sapere che l'autore di qualche libro abbia altrove ottenuto l'Irnprimatur; sì perché tal concessione può essere
simulata, sì perché può essere stata fatta per trascuratezza o per troppa
benignità e per troppa fiducia nel l'autore, il quale ultimo caso può talora
avverarsi negli Ordini religiosi. |
GIOVANNI
PAOLO II - “AD TUENDAM FIDEM” PER DIFENDERE
LA FEDE della Chiesa Cattolica contro gli errori che insorgono da parte di
alcuni fedeli, soprattutto di quelli che si dedicano di proposito alle
discipline della sacra teologia, è sembrato assolutamente necessario a Noi,
il cui compito precipuo è confermare i fratelli
nella fede (cf Lc 22, 32), che nei testi vigenti del Codice di
Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali
vengano aggiunte norme con le quali espressamente sia imposto il dovere di
osservare le verità proposte in modo definitivo dal Magistero della Chiesa,
facendo anche menzione delle sanzioni canoniche riguardanti la stessa
materia. […] 4. Spinti perciò da detta necessità abbiamo opportunamente deliberato di colmare questa lacuna della legge universale nel modo seguente: A) Il can. 750 del Codice di Diritto Canonico d’ora in poi avrà due paragrafi, il primo dei quali consisterà del testo del canone vigente e il secondo presenterà un testo nuovo, cosicché nell’insieme il can. 750 suonerà: Can. 750 - § 1. Per fede divina e cattolica sono da
credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o
tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa,
e che insieme sono proposte come divinamente
rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero
ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione
dei fedeli sotto la guida del sacro
magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi
dottrina ad esse contraria. § 2. Si devono pure fermamente accogliere e
ritenere anche tutte e singole le cose che vengono
proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i
costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre
fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina
della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi
definitivamente. Nel can. 1371, n. 1 del Codice di Diritto Canonico sia congruentemente aggiunta la citazione del can. 750 § 2, cosicché lo stesso can. 1371 d’ora in poi nell’insieme suonerà: Can. 1371 - Sia punito con una giusta pena: 1) chi oltre al caso
di cui nel can. 1364 § 1, insegna una dottrina
condannata dal Romano Pontefice o dal Concilio Ecumenico oppure respinge
pertinacemente la dottrina di cui nel can. 750 § 2 o nel can. 752, ed
ammonito dalla Sede Apostolica o dall'Ordinario non ritratta; 2) chi in altro modo non obbedisce alla Sede Apostolica, all'Ordinario o al Superiore che legittimamente gli comanda o gli proibisce, e dopo l'ammonizione persiste nella sua disobbedienza. SAN PIO X
- “LAMENTABILI SANE EXITU” Il Motu Proprio
"Praestantia Scripturae Sacrae" del 18 Novembre 1907, conferma
espressamente le condanne inflitte dal Decreto Lamentabili e dall'Enciclica
Pascendi: "Noi rinnoviamo e confermiamo, in virtù della Nostra Autorità
Apostolica, tanto quel Decreto della Sacra Suprema Congregazione, quanto
l'anzidetta Enciclica, aggiungendo la pena della scomunica a danno di coloro che contraddicono a questi documenti [...] Questa
scomunica poi è indipendente dalle pene, nelle quali quanti mancheranno in ordine ai surriferiti documenti possano incorrere come
propagatori e difensori di eresie, allorquando le proposizioni, opinioni o
dottrine da essi propugnate siano eretiche; il che agli avversari dei due
citati documenti accade in non pochi casi e principalmente allorché difendono
gli
errori del Modernismo, sintesi di tutte le eresie". |