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LE ERESIE DEL MODERNISMO

PROFESSATE DA DON LUIGI GIUSSANI

E DAL SUO MOVIMENTO “COMUNIONE E LIBERAZIONE”

 

INTRODUZIONE

SINTESI DEL MODERNISMO

SAN PIO X - Introduzione dell' Enciclica “Pascendi Dominici Gregis” contro il modernismo

CONFRONTO TRA LUIGI GIUSSANI E FEDE CATTOLICA

• modernismo - dogmi

• immanenza divina - senso religioso - panteismo

• senso religioso - dogmi - autorità del Papa

• sacramenti - formule

• Gesù Cristo

• la Rivelazione

• confessione

• immanenza divina - panteismo

• religione dell'inconoscibile

• razionalismo

• assolutizzazione della Chiesa e dell'uomo

• superbia - plagio

ALTRI INSEGNAMENTI DI SAN PIO X

CONCLUSIONI

CONDANNE PONTIFICIE

INTRODUZIONE

Davide Gasparini, cattolico con interesse alla teologia.

Studiando gli scritti di don Luigi Giussani e confrontandoli con gli insegnamenti della Chiesa Cattolica, ho dovuto amaramente prendere atto che quanto si insegna con questi libri è “modernismo”, ovvero, per usare le parole di san Pio x, "la sintesi di tutte le eresie", a causa delle quali si diedero le relative scomuniche.

Si ricorda anche il fatto che Giovanni Paolo II ha denunciato, riguardo a questi tempi e all’interno della Chiesa, un fenomeno analogo a quello del “modernismo”, classificandolo sotto il nome di “relativismo”, che coinvolge molti cattolici di tutti gli ambienti, non ultimi quelli teologici e parte del clero.

Per prendere, almeno in parte, coscienza di questi aspetti, sono molto importanti i documenti del Magistero di Giovanni Paolo II come la Dichiarazione Dominus Jesus, la lettera in forma Motu Proprio Ad Tuendam Fidem, l’Istruzione sulla vocazione ecclesiale del teologo Donum Veritatis, l’Enciclica Fides et Ratio e, già con Papa Paolo VI, l’Esortazione Apostolica Paterna cum Benevolentia e le Dichiarazioni Mysterium Filii Dei e Mysterium Ecclesiae. 

Il lavoro fatto è quello di contrapporre gli insegnamenti del Magistero della Chiesa, in special modo quelli dogmatici, alle affermazioni di Luigi Giussani, estrapolate con lo stesso significato che hanno nel contesto da alcuni suoi libri e contenenti eresie ed errori.

SINTESI DI ALCUNE ERESIE DEL MODERNISMO E DEL RELATIVISMO

• Razionalismo: afferma che Dio e le verità di Dio sono conoscibili attraverso la sola ragione.

• Immanenza divina: la natura dell’uomo ha in sé anche Dio.

• Senso o sentimento religioso: da cui viene la verità, ad esso deve essere subordinata la Rivelazione e il Magistero.

• Rivelazione: ridotta a documenti storici, libri di morale, non contenente verità assolute e non completa, da ricercarsi nella propria coscienza.

• Tradizione: sì, ma non per la difesa e trasmissione delle verità rivelate in parole e opere, ma in quanto avente più coscienza a riguardo di quel senso o sentimento religioso, o cuore, che mette in diretto contatto con Dio presente in natura nell'uomo e che prevarica la Rivelazione.

• Relativismo sulla Chiesa cattolica: allusione al fatto che ogni religione, anche la più assurda, debba essere vera perché il sentimento religioso è dato a tutti, come anche ogni uomo è almeno in parte di natura divina.

• Relativismo sui Dogmi: non sono verità certe e immutabili date da Dio attraverso il Magistero e implicite nelle Scritture; l'uomo crescendo ed evolvendo in tutti i campi sviluppa più coscienza e può e deve evolvere anche riguardo ai dogmi, questo vale anche per tutto quanto contenuto nei Libri Sacri che può essere interpretato diversamente da quello che oggi si pensa.

• Panteismo: ogni cosa o almeno l’uomo è in tutto o in parte o in divenire sostanza di Dio.

• Non dipendenza da Dio e non annullamento davanti a Dio: poiché l'uomo è, secondo il panteismo, sostanza di Dio; in definitiva dipende solo da se stesso; secondo il razionalismo l’uomo può elevarsi con le sole sue forze alle cose di Dio.

• Rifiuto della trascendenza: la grazia, la fede, lo Spirito Santo, la Rivelazione, i dogmi, non sono doni che vengono dall'alto ma da Dio presente dentro l'uomo per natura, immanenti.

• Sacramenti: sono solamente rappresentazioni simboliche.

• Gesù Cristo: una persona umana congiunta con la persona del Verbo; non l’unica persona del Verbo con due nature, divina e umana; oppure un semplice uomo che interpreta e vive la Legge e i Profeti secondo quanto in coscienza Dio gli rivela; questa sarebbe l’incarnazione e lo renderebbe figlio di Dio; non più il Verbo/Figlio che incarnandosi assume una natura umana ma un semplice uomo che vivendo gli insegnamenti di Dio incarna la parola di Dio. Identificazione tra “Verbo” (seconda Persona della Trinità) e “parola di Dio” (tutto quanto la Trinità doveva dire all’uomo, contenuta nelle Sacre Scritture e ispirata dallo Spirito Santo) eliminando così il primo e falsificando la seconda.

• Formule di fede: hanno solo valore nominale; per esempio si dice "Gesù è il Figlio di Dio" ma non lo è di fatto, vengono usate solo per far crescere il senso o sentimento religioso.

San Pio x - Introduzione dell'Enciclica “Pascendi Dominici Gregis” contro il modernismo

L'officio divinamente commessoci di pascere il gregge del Signore ha, fra i primi doveri imposti da Cristo, quello di custodire con ogni vigilanza il deposito della fede trasmessa ai santi, ripudiando le profane novità di parole e le opposizioni di una scienza di falso nome. La quale provvidenza del Supremo Pastore non vi fu tempo che non fosse necessaria alla Chiesa cattolica: stanteché per opera del nemico dell'uman genere, mai non mancarono "uomini di perverso parlare (Act. X, 30), cianciatori di vanità e seduttori (Tit. I, 10), erranti e consiglieri agli altri di errore (II Tim. III, 13)". Pur nondimeno gli è da confessare che in questi ultimi tempi, è cresciuto oltre misura il numero dei nemici della croce di Cristo; che, con arti affatto nuove e piene di astuzia, si affaticano di render vana la virtù avvivatrice della Chiesa e scrollare dai fondamenti, se venga lor fatto, lo stesso regno di Gesù Cristo. Per la qual cosa non Ci è oggimai più lecito di tacere, seppur non vogliamo aver vista di mancare al dovere Nostro gravissimo, e che Ci sia apposta a trascuratezza di esso la benignità finora usata nella speranza di più sani consigli.

Ed a rompere senza più gl'indugi Ci spinge anzitutto il fatto, che i fautori dell'errore già non sono ormai da ricercarsi fra i nemici dichiarati; ma, ciò che dà somma pena e timore, si celano nel seno stesso della Chiesa, tanto più perniciosi quanto meno sono in vista. Alludiamo, o Venerabili Fratelli, a molti del laicato cattolico e, ciò ch'è più deplorevole, a non pochi dello stesso ceto sacerdotale, i quali, sotto finta di amore per la Chiesa, scevri d'ogni solido presidio di filosofico e teologico sapere, tutti anzi penetrati delle velenose dottrine dei nemici della Chiesa, si dànno, senza ritegno di sorta, per riformatori della Chiesa medesima; e, fatta audacemente schiera, si gittano su quanto vi ha di più santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo.

Fanno le meraviglie costoro perché Noi li annoveriamo fra i nemici della Chiesa; ma non potrà stupirsene chiunque, poste da parte le intenzioni di cui Dio solo è giudice, si faccia ad esaminare le loro dottrine e la loro maniera di parlare e di operare. Per verità non si allontana dal vero chi li ritenga fra i nemici della Chiesa i più dannosi. Imperocché, come già abbiam detto, i lor consigli di distruzione non li agitano costoro al di fuori della Chiesa, ma dentro di essa; ond'è che il pericolo si appiatta quasi nelle vene stesse e nelle viscere di lei, con rovina tanto più certa, quanto essi la conoscono più addentro. Di più, non pongono già la scure ai rami od ai germogli; ma alla radice medesima, cioè alla fede ed alle fibre di lei più profonde. Intaccata poi questa radice della immortalità, continuano a far correre il veleno per tutto l'albero in guisa, che niuna parte risparmiano della cattolica verità, niuna che non cerchino di contaminare. Inoltre, nell'adoperare le loro mille arti per nuocere, niuno li supera di accortezza e di astuzia: giacché la fanno promiscuamente da razionalisti e da cattolici, e ciò con sì fina simulazione da trarre agevolmente in inganno ogni incauto; e poiché sono temerari quanto altri mai, non vi è conseguenza da cui rifuggano e che non ispaccino con animo franco ed imperterrito. Si aggiunga di più, e ciò è acconcissimo a confonderle menti, il menar che essi fanno una vita operosissima, un'assidua e forte applicazione ad ogni fatta di studi, e, il più sovente, la fama di una condotta austera. Finalmente, e questo spegne quasi ogni speranza di guarigione, dalle stesse loro dottrine sono formati al disprezzo di ogni autorità e di ogni freno; e, adagiatisi in una falsa coscienza, si persuadono che sia amore di verità ciò che è infatti superbia ed ostinazione. Sì, sperammo a dir vero di riuscire quando che fosse a richiamar costoro a più savi divisamenti; al qual fine li trattammo dapprima come figli con soavità, passammo poi ad un far severo, e finalmente, benché a malincuore, usammo pure i pubblici castighi. Ma voi sapete, o Venerabili Fratelli, come tutto riuscì indarno: sembrarono abbassai la fronte per un istante, ma la rialzarono subito con maggiore alterigia. E potremmo forse tuttora dissimulare se non si trattasse che sol di loro: ma trattasi invece della sicurezza del nome cattolico. Fa dunque mestieri di uscir da un silenzio, che ormai sarebbe colpa, per far conoscere alla Chiesa tutta chi sieno infatti costoro che così mal si camuffano.

CONFRONTO TRA

ERESIE ED ERRORI DI DON LUIGI GIUSSANI

E VERITÀ IMMUTABILI DELLA FEDE CATTOLICA

I libri del sacerdote in questione che sono stati presi in esame sono:

"Si può vivere così?" (ristampa 1994); "Il senso religioso" (ristampa 1993); "Perché la Chiesa" tomo 1 (ristampa 1992); "Perché la Chiesa" tomo 2 (ristampa 1993); questi ultimi tre libri, con un quarto, sono di fatto il fondamento del movimento "comunione e liberazione", fondato da Luigi Giussani.

Le parti in blu scuro corsivo sono miei commenti e specificazioni.

                                                                                                                                 

 

LUIGI GIUSSANI

 

SANTA CHIESA CATTOLICA

 

MODERNISMO - DOGMI

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 2)

pag. 77-78-79

All'interno della Chiesa stessa si cominciò a ritenere che la vera ricerca fosse incompatibile con ogni autorità, dalla quale non si poteva farsi imporre a priori come verità gli elementi della fede. Fu questo allontanamento dai dati fondamentali del cattolicesimo che Pio x condannò come eresia chiamandola "modernismo". [...] Ma la conoscenza può evolvere, uno studio maggiore di determinate questioni può mostrare che quella preoccupazione era ingiustificata. [...] la Chiesa non può affatto essere ostile a un sano metodo critico e tanto meno al metodo cosiddetto storico-critico. Neppure l'enciclica antimodernista di Pio x proibisce questo metodo, bensì lo presuppone. Ciò che questi provvedimenti proibiscono è soltanto l'affermazione che il sì della fede soprannaturale dipenda esclusivamente dai risultati di questo metodo.

 

 

 

 

 

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS

[...] quando parlasi di modernismo, non parlasi di vaghe dottrine non unite da alcun nesso, ma di un unico corpo e ben compatto, ove chi una cosa ammetta uopo è che accetti tutto il rimanente. Perciò abbiam voluto altresì far uso di una forma quasi didattica, né abbiamo ricusato il barbaro linguaggio onde i modernisti fanno uso. Ora, se quasi di un solo sguardo abbracciamo l'intero sistema, niuno si stupirà ove Noi lo definiamo, affermando esser esso la sintesi di tutte le eresie. Certo, se taluno si fosse proposto di concentrare quasi il succo ed il sangue di quanti errori circa la fede furono sinora asseriti, non avrebbe mai potuto riuscire a far meglio di quel che han fatto i modernisti.

 

Il nostro 'sì' alla fede riposa non solo sulla testimonianza di molti documenti, ma principalmente sulla testimonianza vivente della tradizione. Da questa sua intima vitalità, dalla piena luce della sua coscienza della rivelazione, la Chiesa emana raggi sempre nuovi. E dove ritiene minacciati i nuclei essenziali della rivelazione cristiana, attraverso le proprie congregazioni, essa pronuncia il severo tuto doceri non potest, il divieto di insegnamento, non in nome della scienza, ma in nome della fede [...]. E' possibile che un dicastero ecclesiastico, come nel caso di Galileo, proibisca in nome della fede una opinione scientifica che solo apparentemente contrasta con talune verità dogmatiche certe, opinione che assurge poi a indiscussa certezza". Credo non sia inutile ripetere che proprio la mancata considerazione della Chiesa come organo vitale, quindi soggetto a crescere nella sua autocoscienza, perciò a correggersi, a modificarsi come consapevolezza dell'immutabile deposito della fede rivelata, sia la fonte dei maggiori equivoci nel giudicare e nel vivere la comunità ecclesiale.

GIOVANNI PAOLO II - “AD TUENDAM FIDEM”

PER DIFENDERE LA FEDE della Chiesa Cattolica contro gli errori che insorgono da parte di alcuni fedeli, soprattutto di quelli che si dedicano di proposito alle discipline della sacra teologia, è sembrato assolutamente necessario a Noi, il cui compito precipuo è confermare i fratelli nella fede (cf Lc 22, 32), che nei testi vigenti del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali vengano aggiunte norme con le quali espressamente sia imposto il dovere di osservare le verità proposte in modo definitivo dal Magistero della Chiesa, facendo anche menzione delle sanzioni canoniche riguardanti la stessa materia.

[…]

Can. 750 § 2. Si devono pure fermamente accogliere e ritenere anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente.

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come una invenzione filosofica da perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito perché la custodisca fedelmente e la insegni con magistero infallibile. Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l'intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione [VINC. LIR. Common., n. 28].

[…]

Se qualcuno dirà che può accadere che ai dogmi della Chiesa si possa un giorno - nel continuo progresso della scienza - attribuire un senso diverso da quello che ha inteso e intende dare la Chiesa: sia anatema.

SAN PIO X - “LAMENTABILI SANE EXITU

CONDANNA DELLA SEGUENTE ASSERZIONE

63. La Chiesa si dimostra incapace a tutelare efficacemente l'etica evangelica, perché ostinatamente si attacca a dottrine immutabili, inconciliabili con i progressi odierni.

 

Per cui, come affrontando l'esistenza di una persona si tiene in giusta considerazione la sua storia, le condizioni in cui è cresciuta, i momenti della sua maturazione e le contingenze dalle quali potrebbe risultare per la sua personalità un particolare annebbiamento di consapevolezza, così non si deve dimenticare che la Chiesa vive e opera nel tempo disegnando una sua traiettoria di autocoscienza, nella quale lo Spirito di Cristo la assiste indefettibilmente perché possa sempre compiere la sua missione e perciò non definire mai un errore, ma senza esimerla dalla fatica e dal lavoro di una ricerca evolutiva, proprio per la di lei natura di "corpo", divino sì, ma anche umano, cioè incarnato nel tempo e nello spazio.

 

SAN PIO X - “LAMENTABILI SANE EXITU

CONDANNA LE SEGUENTI ASSERZIONI

59. Cristo non insegnò un determinato insieme di dottrine applicabile a tutti i tempi e a tutti gli uomini, ma piuttosto iniziò un certo qual moto religioso adattato e da adattare a diversi tempi e circostanze.

20. La Rivelazione non poté essere altro che la coscienza acquisita dall'uomo circa la sua relazione con Dio.

7. La chiesa, quando condanna gli errori, non può esigere dai fedeli nessun assenso interno che accetti i giudizi da lei dati.                                                                              

8. Sono da ritenersi esenti da ogni colpa coloro che non tengono in alcun conto delle riprovazioni espresse dalla Sacra Congregazione dell'Indice e da altre Sacre Congregazioni Romane.

22. I dogmi, che la Chiesa presenta come rivelati, non sono verità cadute dal cielo, ma l'interpretazione di fatti religiosi, che la mente umana si è data con travaglio.

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

Se qualcuno dirà che le discipline umane devono essere trattate con tale libertà che le loro asserzioni, anche se contrarie alla dottrina rivelata, possono essere ritenute vere e non possono essere condannate dalla Chiesa: sia anatema.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS

(Dicono i modernisti) Nasce il dogma dal bisogno che prova il credente di lavorare sul suo pensiero religioso, sì da rendere la sua e l'altrui coscienza sempre più chiara. Tale lavorio consiste tutto nell'indagare ed esporre la formola primitiva, non già in se stessa e razionalmente, ma rispetto alle circostanze o, come più astrusamente dicono, vitalmente.

Concludiamo questa riflessione sulla comunicazione del divino nella Chiesa con l'espressione di Newmann: "Dunque, la facoltà di svilupparsi è una prova di vita, se non altro per i suoi tentativi di imporsi, per tacere dei suoi successi. Infatti, una semplice formula, o non riesce a svilupparsi, o si sviluppa distruggendosi. Soltanto una idea viva si fa molteplice, pur sempre restando una". [...] Abbiamo anche visto come sia molto probabile che vada riconsiderato il nostro modo solito di pensare ai dogmi, il cui formularsi e definirsi rappresenta la pertinenza più alta e profonda alla vita e alla storia che si possa concepire.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS

E poiché questo sentimento, siccome quello che ha per obbietto l'assoluto, porge infiniti aspetti, dei quali oggi l'uno domani l'altro può apparire; e similmente colui che crede può passare per altre ed altre condizioni, ne segue che le formole altresì che noi chiamiamo dogmi devono sottostare ad uguali vicende ed essere perciò variabili. Così si ha aperto il varco alla intima evoluzione dei dogmi. Infinito cumulo di sofismi che abbatte e distrugge ogni religione!

E questa, non pur possibile, ma necessaria evoluzione e mutazione dei dogmi non solo i modernisti l'affermano arditamente ma è conseguenza legittima delle loro sentenze. Infatti fra i capisaldi della loro dottrina vi è ancor questo, tratto dal principio dell'immanenza vitale: che le formole cioè religiose, perché tali siano in verità e non mere speculazioni dell'intelletto, è mestieri che sieno vitali e che vivano della stessa vita del sentimento religioso.

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

La dottrina della fede che Dio rivelò non è proposta alle menti umane come una invenzione filosofica da perfezionare, ma è stata consegnata alla Sposa di Cristo come divino deposito perché la custodisca fedelmente e la insegni con magistero infallibile. Quindi deve essere approvato in perpetuo quel significato dei sacri dogmi che la Santa Madre Chiesa ha dichiarato, né mai si deve recedere da quel significato con il pretesto o con le apparenze di una più completa intelligenza. Crescano dunque e gagliardamente progrediscano, lungo il corso delle età e dei secoli, l'intelligenza e la sapienza, sia dei secoli, sia degli uomini, come di tutta la Chiesa, ma nel proprio settore soltanto, cioè nel medesimo dogma, nel medesimo significato, nella medesima affermazione.

IMMANENZA DIVINA - SENSO RELIGIOSO - PANTEISMO

Giussani - "Il senso religioso" pag. 15

Domandiamoci allora: qual è il criterio che ci permette di giudicare ciò che vediamo accadere in noi stessi? Due sono le possibilità: o il criterio in base al quale giudicare ciò che si vede in noi è mutuato dal di fuori di noi, o tale criterio è reperibile dentro di noi. Nel primo caso ricadremo nell'evenienza alienante che abbiamo descritto prima. Se anche avessimo svolto un'indagine esistenziale in prima persona, rifiutando perciò di rivolgerci ad indagini già svolte da altri, ma prelevassimo da altri i criteri per giudicarci, il risultato alienante non cambierebbe. Faremmo ugualmente dipendere il significato di ciò che noi siamo da qualcosa che è fuori di noi. A questo punto però si potrebbe intelligentemente obiettare che, poiché l'uomo prima di esserci non c'era, non è possibile che possa darsi da sé un criterio di giudizio. Questo viene comunque "dato". Ora, che questo criterio sia immanente a noi - dentro di noi - non significa che ce lo diamo da soli: è attinto dalla nostra natura, vale a dire ci viene dato con la natura (dove la parola natura è evidentemente sottesa dalla parola Dio, indizio cioè dell'origine ultima del nostro io). Solo questa può essere considerata un'alternativa di metodo ragionevole, non alienante. Il criterio per giudicare quella riflessione sulla propria umanità deve dunque essere immanente alla struttura originaria della persona.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Ma difatto l'immanenza dei modernisti vuole ed ammette che ogni fenomeno di coscienza nasca dall'uomo in quanto uomo. Dunque di legittima conseguenza inferiamo che Dio e l'uomo sono la stessa cosa; e perciò il panteismo. […]

Così infatti essi (modernisti) discorrono. Nel sentimento religioso, si deve riconoscere quasi una certa intuizione del cuore; la quale mette l'uomo in contatto immediato colla realtà stessa di Dio, e tale gl'infonde una persuasione dell'esistenza di Lui e della Sua azione sì dentro, sì fuori dell'uomo, da sorpassar di gran lunga ogni convincimento scientifico. Asseriscono pertanto una vera esperienza, e tale da vincere qualsivoglia esperienza razionale; la quale se da taluno, come dai razionalisti, è negata, ciò dicono intervenire perché non vogliono porsi costoro nelle morali condizioni, che son richieste per ottenerla. Or questa esperienza, poi che l'abbia alcuno conseguita, è quella che lo costituisce propriamente e veramente credente. Quanto siamo qui lontani dagli insegnamenti cattolici! Simili vaneggiamenti li abbiamo già uditi condannare dal Concilio Vaticano. Vedremo più oltre come, con siffatte teorie, congiunte agli altri errori già mentovati, si spalanchi la via all'ateismo.

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS

Se qualcuno dirà che la Rivelazione divina non può rendersi credibile per segni esterni, e che perciò gli uomini devono procedere verso la fede solo attraverso l'interiore esperienza o l'ispirazione privata di ciascuno: sia anatema.

Se qualcuno dirà che unica e identica è la sostanza, o l'essenza, di Dio e di tutte le cose: sia anatema.

Se qualcuno dirà che le cose finite, sia materiali, sia spirituali, o almeno le spirituali, sono emanate dalla sostanza divina; ovvero che la divina essenza per la sua manifestazione ed evoluzione diventa ogni cosa; ovvero infine che Dio è ente universale od indefinito, il quale determinando se stesso costituisce l'universo delle cose, distinto in generi, specie ed individui: sia anatema.

Luigi Giussani dà la priorità assoluta a qualcosa di immanente per natura nell'uomo, oltre a questo sottintende “Dio” con la parola “natura”, quindi panteismo e immanenza divina. Non nomina la Rivelazione e lo Spirito Santo; come si vedrà successivamente, anche il dono dello Spirito viene ridotto a qualcosa di immanente, esistente in natura nell’uomo. Queste affermazioni eretiche portano oltretutto a pensare che ognuno può credere quello che vuole, perché qualunque asserzione di ogni religione e di chiunque, anche la più assurda, può essere ritenuta vera, poiché tutti attingerebbero da Dio, immanente per natura in ogni uomo.

SENSO RELIGIOSO - DOGMI – AUTORITÀ  DEL PONTEFICE

Giussani - "Il senso religioso" pag. 16

Tutte le esperienze della mia umanità e della mia personalità passano al vaglio di una "esperienza originale", primordiale, che costituisce il volto nel mio raffronto con tutto. Ciò che ogni uomo ha il diritto e il dovere di imparare è la possibilità e l'abitudine a paragonare ogni proposta con questa sua "esperienza elementare". In che cosa consiste questa esperienza originale, elementare? Si tratta di un complesso di esigenze e di evidenze con cui l'uomo è proiettato dentro il confronto con tutto ciò che esiste. La natura lancia l'uomo nell'universale paragone con se stesso, con gli altri, con le cose, dotandolo - come strumento di tale universale confronto - di un complesso di evidenze ed esigenze originali, talmente originali che tutto ciò che l'uomo dice o fa da esse dipende. Ad esse potrebbero essere dati molti nomi; esse possono essere riassunte con diverse espressioni (come: esigenza di felicità, esigenza di verità, esigenza di giustizia, ecc...). Sono comunque come una scintilla che mete in azione il motore umano; prima di esse non si dà alcun movimento, alcuna umana dinamica. Qualunque affermazione della persona, dalla più banale e quotidiana alla più ponderata e carica di conseguenze, può avvenire solo in base a questo nucleo di evidenze ed esigenze originali.

Giussani - "Il senso religioso" pag. 19-20

Ecco perché il criterio fondamentale con cui si affrontano le cose è il criterio oggettivo con cui la natura lancia l'uomo nell'universale paragone, dotandolo di quel nucleo di esigenze originali, di quella esperienza elementare di cui tutte le madri allo stesso modo dotano i loro figli. E' solo qui, in questa identità dell'ultima coscienza, il superamento dell'anarchia. L'esigenza della bontà, della giustizia, del vero, della felicità costituiscono il volto ultimo, l'energia profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano tutto, al punto che essi possono vivere tra loro un commercio di idee oltre che di cose, possono trasmettersi l'un l'altro ricchezze a distanza di secoli, e noi leggiamo con emozione frasi create migliaia di anni fa dagli antichi poeti con un'impressione di suggerimento al nostro presente, come talvolta non deriva dai rapporti quotidiani. Se c'è una esperienza di maturità umana è proprio questa possibilità di addentrarsi nel passato, di accostarsi al lontano come fosse vicino, come fosse parte di sé. Perché ciò è possibile? Perché questa esperienza elementare, come dicevamo, è sostanzialmente uguale in tutti, anche se poi sarà determinata, tradotta, realizzata in modi diversissimi, apparentemente persino opposti. Direi allora: se si vuole diventare adulti senza essere ingannati, alienati, schiavi di altri, strumentalizzati, ci si abitui a paragonare tutto con l'esperienza elementare. [...] La sfida più audace a quella mentalità che ci domina e che incide in noi per ogni cosa - dalla vita dello spirito al vestito - è proprio quella di rendere abituale in noi il giudizio su tutto alla luce delle nostre evidenze prime [...].

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS

Deve essere, quindi, fermamente ritenuta la distinzione tra la fede teologale e la credenza nelle altre religioni. Se la fede è l'accoglienza nella grazia della verità rivelata, "che permette di entrare all'interno del mistero, favorendone la coerente intelligenza", la credenza nelle altre religioni è quell'insieme di esperienza e di pensiero, che costituiscono i tesori umani di saggezza e di religiosità, che l'uomo nella sua ricerca della verità ha ideato e messo in atto nel suo riferimento al Divino e all'Assoluto. Non sempre tale distinzione viene tenuta presente nella riflessione attuale, per cui spesso si identifica la fede teologale, che è accoglienza della verità rivelata da Dio Uno e Trino, e la credenza nelle altre religioni, che è esperienza religiosa ancora alla ricerca della verità assoluta e priva ancora dell'assenso a Dio che si rivela. Questo è uno dei motivi per cui si tende a ridurre, fino talvolta ad annullarle, le differenze tra il cristianesimo e le altre religioni.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Infatti fra i capisaldi della loro dottrina (modernismo) vi è ancor questo, tratto dal principio dell'immanenza vitale: che le formole cioè religiose, perché tali siano in verità e non mere speculazioni dell'intelletto, è mestieri che sieno vitali e che vivano della stessa vita del sentimento religioso. Il che non è da intendersi quasiché tali formole, specie se puramente immaginative, sieno costruite a bella posta pel sentimento religioso; giacché poco monta della loro origine, come altresì del loro numero e della loro qualità; ma così, che le stesse, fatte se occorre all'uopo delle modificazioni, vengano vitalmente assimilate dal sentimento religioso. E per dirla in altri termini, fa di mestieri che la formola primitiva sia accettata e sancita dal cuore, e che il susseguente lavorio per la formazione delle formole secondarie sia fatto sotto la direzione del cuore. Di qui procede che siffatte formole, perché sieno vitali, devono essere e mantenersi adatte tanto alla fede quanto al credente. Laonde, se per una ragione qualsiasi cotale adattamento venga meno, perdono elle il primitiva significato e vogliono essere cambiate. Or tale essendo il valore e la sorte mutevole delle formole dogmatiche, non reca stupore che i modernisti le abbiano tanto in dileggio; mentre al contrario non fanno che ricordare ed esaltare il sentimento religioso e la vita religiosa. Perciò pure criticano con somma audacia la Chiesa, accusandola di camminare fuor di strada, né saper distinguere fra il senso materiale delle formole e il loro significato religioso e morale, e attaccandosi con ostinazione, ma vanamente, a formole vuote di senso, lasciar che la religione precipiti a rovina. Oh! Veramente ciechi e conduttori di ciechi, che, gonfi del superbo nome di scienza, vaneggiano fino al segno di pervertire l'eterno concetto di verità e il genuino sentimento religioso: "spacciando un nuovo sistema, col quale, tratti da una sfrontata e sfrenata smania di novità, non cercano la verità ove certamente si trova; e disprezzate le sante ed apostoliche tradizioni, si attaccano a dottrine vuote, futili, incerte, riprovate dalla Chiesa, e con esse, uomini stoltissimi, si credono di puntellare e sostenere la stessa verità" (Gregorio XVI, Lett. Enc."Singulari Nos", 25 giugno 1834).

PAPA PAOLO VI - MYSTERIUM ECCLESIAE

Quanto poi al significato stesso delle formule dogmatiche, esso nella Chiesa rimane sempre vero e coerente, anche quando è maggiormente chiarito e meglio compreso. Devono, quindi, i fedeli rifuggire dall’opinione la quale ritiene che le formule dogmatiche (o qualche categoria di esse) non possono manifestare la verità determinatamente, ma solo delle sue approssimazioni cangianti, che sono, in certa maniera, deformazioni e alterazioni della medesima; e che le stesse formule, inoltre, manifestano soltanto in modo indefinito la verità, la quale dev’esser continuamente cercata attraverso quelle approssimazioni. Chi la pensasse così, non sfuggirebbe al relativismo dogmatico e falsificherebbe il concetto di infallibilità della Chiesa, relativo alla verità da insegnare e ritenere in modo determinato.

 

Giussani - "Il senso religioso" pag. 55

Ognuno di noi nasce da una tradizione. La natura ci butta dentro la dinamica dell'esistenza armandoci di uno strumento complesso per affrontare l'ambiente. Ogni uomo fronteggia la realtà circostante dotato per natura di elementi che si trova addosso come dati, offerti. La tradizione è quella complessa dote di cui la natura dunque arma la nostra persona. Non perché abbiamo a fossilizzarci in essa, ma perché abbiamo a sviluppare - fino anche a mutare e profondamente - quello stesso che ci è stato dato. Ma per mutare quello che ci è stato dato dobbiamo inizialmente agire "con" quello che ci è stato dato, dobbiamo usarlo. E' in forza dei valori e della ricchezza che ho ricevuto che io posso diventare a mia volta creativo, capace di sviluppare quello che mi trovo tra le mani, e addirittura è in forza dei valori e della ricchezza che mi è stata data che io posso anche cambiarne radicalmente il significato e l'impostazione.

[...] In caso contrario - omettendo cioè quel vaglio critico - il soggetto o è alienato e fossilizzato nella tradizione o, venduto alla violenza dell'ambiente, finirà per abbandonarla. E' quanto avviene nella coscienza religiosa dei più: la violenza dell'ambiente decide per loro. Insisto, usare criticamente questo fattore della vita non significa collocare dubbi sui suoi valori - anche se così viene suggerito dalla mentalità corrente, - ma significa utilizzare quella ricchissima ipotesi di lavoro attraverso il vaglio di un principio critico che sta dentro di noi, nativo, perché dato originalmente, l'esperienza elementare. Se la tradizione viene usata così criticamente, essa diventa fattore di personalità, materiale per un volto specifico, per una identità nel mondo.

SAN PIO X - “LAMENTABILI SANE EXITU

CONDANNA LA SEGUENTE ASSERZIONE

63. La Chiesa si dimostra incapace a tutelare efficacemente l'etica evangelica, perché ostinatamente si attacca a dottrine immutabili, inconciliabili con i progressi odierni.

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

Non sempre tale distinzione viene tenuta presente nella riflessione attuale, per cui spesso si identifica la fede teologale, che è accoglienza della verità rivelata da Dio Uno e Trino, e la credenza nelle altre religioni, che è esperienza religiosa ancora alla ricerca della verità assoluta e priva ancora dell'assenso a Dio che si rivela. Questo è uno dei motivi per cui si tende a ridurre, fino talvolta ad annullarle, le differenze tra il cristianesimo e le altre religioni.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Ma, oltre al detto, questa dottrina dell'esperienza è per un altro verso contrarissima alla cattolica verità. Imperocché viene essa estesa ed applicata alla tradizione quale finora fu intesa dalla Chiesa, e la distrugge. Ed infatti dai modernisti è la tradizione così concepita che sia una comunicazione dell'esperienza originale fatta agli altri, mercè la predicazione, per mezzo della formola intellettuale. A questa formola perciò, oltre al valore rappresentativo, attribuiscono una tal quale efficacia di suggestione, che si esplica tanto in colui che crede, per risvegliare il sentimento religioso a caso intorpidito e rinnovar l'esperienza già avuta una volta, quanto in coloro che ancor non credono, per suscitare in essi la prima volta il sentimento religioso e produrvi l'esperienza.

 

 

Giussani “Perché la chiesa”

(tomo 2) pag. 71

L’autorità suprema del magistero è una esplicitazione della coscienza della comunità intera guidata da Cristo, e quindi è funzionale ad essa, non è una sostituzione magica o dispotica. La verità che viene definita con uno di quei due interventi eccezionali (magistero ordinario e definizione ex cathedra) riguarda sempre qualcosa che già fa parte della vita della Chiesa. L’autorità la individua difendendola, chiarendo quello che risulta da sempre, almeno implicitamente, vissuto; non è, per sua natura, inventiva a prescindere dalla vita e dalla coscienza della comunità.

 

pag. 73

E’ ovviamente grande oggi l’ignoranza sul metodo con cui nella Chiesa si arrivi alla proclamazione di un dogma, e del significato stesso di quest’espressione: essa – abbiamo visto – sta ad indicare un valore quando è coscienza certa e vissuta della comunità cristiana.

 

pag. 75-76

Concludiamo l’accento a questo specifico esempio con le parole di Jacques Leclercq: “L’infallibilità pontificia non è che una semplice modalità dell’infallibilità della Chiesa. La dottrina dell’infallibilità della Chiesa è universalmente ammessa nei prossimi tempi cristiani, come un corollario delle promesse di Cristo, una conseguenza dell’assistenza dello Spirito… L’infallibilità della Chiesa si esprime mediante la Tradizione… e quando questa si sviluppa senza urti non c’è bisogno d’altro. Ma quando la Chiesa è lacerata da controversie e la Tradizione non si manifesta più con chiarezza, si rende necessario sapere mediante quale organo l’infallibilità si manifesta in ultima istanza. L’infallibilità pontificia, dunque, non è che una precisazione dell’infallibilità della Chiesa..: è l’infallibilità della Chiesa che si manifesta attraverso il Papa”.

GIOVANNI PAOLO II - “APOSTOLOS SUOS

9. L’ordine dei Vescovi è collegialmente, “insieme con il suo capo il Romano Pontefice, e mai senza di esso, soggetto di suprema e piena potestà su tutta la Chiesa ». Come è a tutti ben noto, il Concilio Vaticano II, nell'insegnare questa dottrina, ha parimenti ricordato che il Successore di Pietro « conserva integralmente il suo potere primaziale su tutti, pastori e fedeli. Infatti il Romano Pontefice, in virtù del suo ufficio di Vicario di Cristo e di Pastore di tutta la Chiesa, ha sulla Chiesa la potestà piena, suprema e universale, che può sempre esercitare liberamente”.

BEATO PIO IX - “PASTOR AETERNUS”

Capitolo I - Istituzione del Primato Apostolico nel Beato Pietro

Proclamiamo dunque ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze del Vangelo, che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore in modo immediato e diretto. Solamente a Simone, infatti, al quale già si era rivolto: "Tu sarai chiamato Cefa" (Gv 1,42), dopo che ebbe pronunciata quella sua confessione: "Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo", il Signore indirizzò queste solenni parole: "Beato sei tu, Simone figlio di Giona; perché non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è nei cieli: e io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: qualunque cosa avrai legato sulla terra, sarà legata anche nei cieli, e qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei cieli" (Mt 16,16-19). E al solo Simon Pietro, dopo la sua risurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di sommo pastore e di guida su tutto il suo ovile con le parole: "Pasci i miei agnelli, pasci le mie pecore" (Gv 21,15-17). A questa chiara dottrina delle sacre Scritture, come è sempre stata interpretata dalla Chiesa cattolica, si oppongono senza mezzi termini le malvagie opinioni di coloro che, stravolgendo la forma di governo decisa da Cristo Signore nella sua Chiesa, negano che Cristo abbia investito il solo Pietro del vero e proprio primato di giurisdizione che lo antepone agli altri Apostoli, sia presi individualmente, sia nel loro insieme, o di coloro che sostengono un primato non affidato in modo diretto e immediato al beato Pietro, ma alla Chiesa e, tramite questa, all’Apostolo come ministro della stessa Chiesa.

Se qualcuno dunque affermerà che il beato Pietro Apostolo non è stato costituito da Cristo Signore Principe di tutti gli Apostoli e capo visibile di tutta la Chiesa militante, o che non abbia ricevuto dallo stesso Signore Nostro Gesù Cristo un vero e proprio primato di giurisdizione, ma soltanto di onore: sia anatema.

[…]

Perciò Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa, per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso della Chiesa.

Se qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra definizione, Dio non voglia!: sia anatema.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Più larga materia ci offre ciò che la scuola dei modernisti fantastica a riguardo della Chiesa. È qui da presupporre che la Chiesa secondo essi è frutto di due bisogni: uno nel credente, specie se abbia avuta qualche esperienza originale e singolare, di comunicare ad altri la propria fede; l'altro nella collettività, dopo che la fede si è fatta comune a molti, di aggrupparsi in società e di conservare, accrescere e propagare il bene comune. Che cosa è dunque la Chiesa? un parto della coscienza collettiva, ossia collettività di coscienze individuali; le quali, in forza della permanenza vitale, pendono tutte da un primo credente, cioè pei cattolici da Cristo. Ora ogni società ha bisogno di un'autorità che la regga: il cui compito sia dirigere gli associati al fine comune, e conservare saggiamente gli elementi di coesione, i quali in una società religiosa sono la dottrina ed il culto. Perciò nella Chiesa cattolica una triplice autorità: disciplinare, dogmatica, culturale. La natura poi di questa autorità dovrà desumersi dalla sua origine; e dalla natura si dovranno a loro volta dedurre i diritti e i doveri. Fu errore volgare dell'età passata che l'autorità sia venuta alla Chiesa dal di fuori, cioè immediatamente da Dio: e perciò era giustamente ritenuta autocratica. Ma queste sono teorie oggimai passate di moda. Come la Chiesa è emanata dalla collettività delle coscienze, cosi l'autorità emana vitalmente dalla stessa Chiesa. Pertanto l'autorità del pari che la Chiesa nasce dalla coscienza religiosa, e perciò alla medesima resta soggetta: e se venga meno a siffatta soggezione, si volge in tirannide. Nei tempi che corrono il sentimento di libertà è giunto al suo pieno sviluppo. Nello stato civile la pubblica coscienza ha voluto un regime popolare. Ma la coscienza dell'uomo, come la vita, è una sola. Se dunque l'autorità della Chiesa non vuol suscitare e mantenere una guerra intestina nelle coscienze umane, uopo è che si pieghi anch'essa a forme democratiche; tanto più che, a negarvisi, lo sfacelo sarebbe imminente. È da pazzo il credere che possa aversi un regresso nel sentimento di libertà quale domina al presente. Stretto e rinchiuso con violenza strariperà più potente, distruggendo insieme la religione e la Chiesa. Fin qui il ragionare dei modernisti: e la conseguenza è, che sono tutti intesi a trovar modi per conciliare l'autorità della Chiesa colla libertà dei credenti. […]

Le teorie, o Venerabili Fratelli, onde promanano tutti questi errori, son quelle appunto che il Nostro Predecessore Pio VI già condannò solennemente nella Costituzione Apostolica "Auctorem Fidei" (Prop. 2). "La proposizione che stabilisce che la potestà è stata da Dio data alla Chiesa, perché fosse comunicata ai Pastori, che sono ministri di lei per la salute delle anime; così intesa, che la potestà del ministero e regime ecclesiastico si derivi nei Pastori dalla Comunità dei fedeli: eretica". Prop. 3. "Inoltre quella che stabilisce il Romano Pontefice esser capo ministeriale; così spiegata che il Romano Pontefice, non da Cristo nella persona del Beato Pietro, ma dalla Chiesa abbia avuta la potestà del ministero, di cui come successore di Pietro, vero Vicario di Cristo e capo di tutta la Chiesa, gode nella Chiesa universa: eretica". […]

Più gravi assai e perniciose sono le loro affermazioni a riguardo dell'autorità dottrinale e dogmatica. Circa il magistero ecclesiastico così essi (modernisti) la pensano: la società religiosa non può veramente essere una senza unità di coscienza nei suoi membri e senza unita di formola. Ma questa duplice unità richiede, per così dire, una mente comune, a cui spetti trovare e determinare la formola, che meglio risponda alla coscienza comune: alla qual mente fa d'uopo inoltre attribuire un'autorità bastevole, perché possa imporre alla comunanza la formola stabilita. Or nell'unione è quasi fusione della mente designatrice della formola e dell'autorità che la impone, ritrovano i modernisti il concetto del magistero ecclesiastico. Poiché dunque in fin dei conti il magistero non nasce che dalle coscienze individuali ed a bene delle stesse coscienze ha imposto un pubblico ufficio; ne consegue di necessità che debba dipendere dalle medesime coscienze e debba quindi avviarsi a forme democratiche. IL proibire pertanto alle coscienze degli individui che facciano pubblicamente sentire i loro bisogni; non soffrire che la critica spinga il dogma verso necessarie evoluzioni, non è già uso di potestà, data per pubblico bene, ma abuso. Similmentene l'uso stesso della potestà fa di mestieri serbare modo e misura. Sa di tirannide condannare un libro all'insaputa dell'autore, senza ammettere spiegazioni di sorta né discussione. Adunque qui pure è da ricercarsi una via di mezzo che salvi insieme i diritti dell'autorità e della libertà. Nel frattempo il cattolico si regolerà in guisa che non lasci pubblicamente di protestarsi rispettosissimo dell'autorità, continuando però sempre ad operare a suo talento. […]

Or, restando tuttavia nella teoria della evoluzione, vuole di più osservarsi che quantunque i bisogni servano di stimolo per la evoluzione, essa nondimeno, regolata unicamente da siffatti stimoli, valicherebbe facilmente i termini della tradizione, e strappata così dal primitivo principio vitale, meglio che a progresso menerebbe a rovina. Quindi studiando più a fondo il pensiero dei modernisti, deve dirsi che l'evoluzione è come il risultato di due forze che si combattono, delle quali una è progressiva, l'altra conservatrice. La forza conservatrice sta nella Chiesa e consiste nella tradizione. L'esercizio di lei è proprio dell'autorità religiosa; e ciò, sia per diritto, giacché sta nella natura di qualsiasi autorità il tenersi fermo il più possibile alla tradizione; sia per fatto, perché sollevata al disopra delle contingenze della vita, poco o nulla sente gli stimoli che spingono a progresso. Per contrario la forza che, rispondendo ai bisogni, trascina a progredire, cova e lavora nelle coscienze individuali, in quelle soprattutto che sono, come dicono, più a contatto della vita. Osservate qui di passaggio, o Venerabili Fratelli, lo spuntar fuori di quella dottrina rovinosissima che introduce il laicato nella Chiesa come fattore di progresso. Da una specie di compromesso fra le due forze di conservazione e di progressione, fra l'autorità cioè e le coscienze individuali, nascono le trasformazioni e i progressi. Le coscienze individuali, o talune di esse, fan pressione sulla coscienza collettiva; e questa a sua volta sull'autorità, e la costringe a capitolare ed a restare ai patti.

SACRAMENTI - FORMULE

Giussani - "Perché la Chiesa"

(tomo 1) pag. 90

Le prime comunità esprimevano ciò che dava loro consistenza e le teneva unite in formule che gli studiosi chiamano confessioni di fede. "La fede qui è sempre la fede in Gesù Cristo... non è una formula astratta o una profondità senza nome della realtà, ma il Dio, che nella storia e nella sorte di Gesù Cristo ha parlato e agito. Il contenuto della fede è dunque una persona, la sua opera, la sua sorte. Le prime formulazioni di confessione della comunità primitiva esprimono chiaramente questo nesso. Le prime formule di confessione nominale suonano: "Gesù è il Signore" (Rom 10, 9; Cor 12,3), "Gesù è il Cristo" (Gv 1,22; 5,1; 2 Gv 7); la formula di confessione più importante che più tardi ha di gran lunga soverchiato tutte le altre, suona: "Gesù è il figlio di Dio" (1Gv 4,15; 5,5 e passim). Accanto a queste formule di confessione nominale (omologie) il Nuovo Testamento conosce anche forme verbali (formule di fede) [...].

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Con ciò, nella dottrina dei modernisti, ci troviamo giunti ad uno dei capi di maggior rilievo, all'origine cioè e alla natura stessa del dogma. Imperocché l'origine del dogma la ripongon essi in quelle primitive formole semplici; le quali, sotto un certo aspetto, devono ritenersi come essenziali alla fede, giacché la rivelazione, perché sia veramente tale, richiede la chiara apparizione di Dio nella coscienza. Il dogma stesso poi, secondo che paiono dire, è costituito propriamente dalle formole secondarie. A conoscere però bene la natura del dogma, è uopo ricercare anzi qual relazione passi fra le formole religiose ed il sentimento religioso. Nel che non troverà punto difficoltà, chi tenga fermo, che il fine di cotali formole altro non è, se non di dar modo al credente di rendersi ragione della propria fede. Per la qual cosa stanno esse formole come di mezzo fra il credente e la fede di lui; per rapporto alla fede, sono espressioni inadeguate del suo oggetto e sono dai modernisti chiamate simboli; per rapporto al credente, si riducono a meri istrumenti. Non è lecito pertanto in niun modo sostenere che esse esprimano una verità assoluta: essendoché, come simboli, sono semplici immagini di verità, e perciò da doversi adattare al sentimento religioso in ordine all'uomo; come istrumenti, sono veicoli di verità, e perciò da acconciarsi a lor volta all'uomo in ordine al sentimento religioso. E poiché questo sentimento, siccome quello che ha per obbietto l'assoluto, porge infiniti aspetti, dei quali oggi l'uno domani l'altro può apparire; e similmente colui che crede può passare per altre ed altre condizioni, ne segue che le formole altresì che noi chiamiamo dogmi devono sottostare ad uguali vicende ed essere perciò variabili. Così si ha aperto il varco alla intima evoluzione dei dogmi. Infinito cumulo di sofismi che abbatte e distrugge ogni religione!

SAN PIO X - “LAMENTABILI SANE EXITU

CONDANNA LA SEGUENTE ASSERZIONE

30. In tutti i testi evangelici, il nome "Figlio di Dio" equivale soltanto a nome "Messia" e non significa assolutamente che Cristo è vero e naturale Figlio di Dio.

Come si legge nel brano, per Luigi Giussani queste formule di fede non hanno un valore reale, ma solo nominale (di nome e non di fatto); dice che sono "omologie", che significa: qualcuno che corrisponde ad un altro, che ha le stesse caratteristiche di un altro; quindi Gesù avrebbe le stesse caratteristiche del Signore, il Cristo, il Figlio di Dio, ma non lo sarebbe.

 

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag. 128-129

"Il rito - così dice lo studioso di scienza e teologia delle religioni Jacques Vidal - è un atto simbolico che ha lo scopo di realizzare le figure di un ordine al crocevia formato dalla natura, dalla società, dalla cultura e dalla religione. [...] Così il rito è per la vita un'officina di equilibri in cerca di unità e di pienezza, in una storia restituita al suo principio e al superamento di se stessa".

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag. 129

"Il sacramento (Eucaristia) porta fino in fondo l'esperienza simbolica, e le permette di compiersi in questo rito dei riti, che ci procura la presenza dell'umanità di Gesù, nel mistero della sua Chiesa ad un tempo visibile ed invisibile".

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 96

Un mondo dove Dio sia uomo, sia presente e mangi alla stessa mensa con me - Eucarestia - è un altro mondo. E' un altro mondo; soltanto che questo mondo è vero e quell'altro è falso, tant'è vero che tutto quello che dice non mantiene: "hanno orecchi e non odono, hanno occhi e non vedono, hanno bocca e non parlano"; non mantengono nessuna delle promesse che fanno.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Del culto poi non vi sarebbe gran che da dire, se sotto questo nome non venissero eziandio i Sacramenti, intorno ai quali sono gravissimi gli errori dei modernisti. IL culto vogliono che risulti da un doppio bisogno; giacché, torniamo ad osservarlo, nel loro sistema tutto va attribuito ad intimi bisogni. L'uno è quello di dare alla religione alcunché di sensibile; l'altro è il bisogno di propagarla, il che non potrebbe avvenire senza una qualche forma sensibile e senza atti santificanti, che diconsi Sacramenti. Quanto poi ai Sacramenti, essi pei modernisti si riducono a meri simboli o segni, non però privi di efficacia; efficacia che essi cercano di spiegare coll'esempio di certe cotali parole che volgarmente diconsi aver fatto fortuna, per avere acquistata la forza di diffondere talune idee potenti e che colpiscono grandemente gli animi. Come quelle parole sono ordinate alle dette idee, così i Sacramenti al sentimento religioso: nulla di vantaggio. Parlerebbero certamente più chiaro ove affermassero che i Sacramenti sono istituiti unicamente per nutrir la fede. Ma ciò è condannato dal Concilio di Trento (Sess. VII, de Sacramentis in genere, can. 5): "Se alcuno dirà che questi Sacramenti sono istituiti solo per nutrir In fede, sia anatema".

GIOVANNI PAOLO II - “ECCLESIA DE EUCHARISTIA

C'è pertanto un'analogia profonda tra il fiat pronunciato da Maria alle parole dell'Angelo, e l'amen che ogni fedele pronuncia quando riceve il corpo del Signore. A Maria fu chiesto di credere che colui che Ella concepiva « per opera dello Spirito Santo » era il « Figlio di Dio » (cfr Lc 1,30–35). In continuità con la fede della Vergine, nel Mistero eucaristico ci viene chiesto di credere che quello stesso Gesù, Figlio di Dio e Figlio di Maria, si rende presente con l'intero suo essere umano-divino nei segni del pane e del vino.

Luigi Giussani, oltre a dire che l’Eucaristia è un atto simbolico, dice che Dio mangia l'Eucaristia insieme a lui, mentre invece ci si nutre di Dio nell’Eucaristia; da sottolineare anche il fatto che nomini la presenza soltanto dell'umanità di Gesù nell'Eucaristia e non della divinità.

GESÙ CRISTO

Ora si vedrà come Luigi Giussani perseveri negli errori del modernismo parlando di Gesù Cristo rispolverando oltretutto l'eresia nestoriana.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

[...] si gittano (modernisti) su quanto vi ha di più santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo.

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

Vero Dio e vero uomo pag. 130-131

L'evento unico e del tutto singolare dell'Incarnazione del Figlio di Dio non significa che Gesù Cristo sia in parte Dio e in parte uomo, né che sia il risultato di una confusa mescolanza di divino e di umano. Egli si è fatto veramente uomo rimanendo veramente Dio. Gesù Cristo è vero Dio e vero uomo. La Chiesa nel corso dei primi secoli ha dovuto difendere e chiarire questa verità di fede contro eresie che la falsificavano.

L'eresia nestoriana vedeva in Cristo una persona umana congiunta alla Persona divina del Figlio di Dio.

L'umanità di Cristo non ha altro soggetto che la Persona divina del Figlio di Dio, che l'ha assunta e fatta sua al momento del suo concepimento.

Un solo e medesimo Cristo, Signore, Figlio unigenito, che noi dobbiamo riconoscere in due nature, senza confusione, senza mutamento, senza divisione, senza separazione.

[...] vi è " una sola ipostasi (o persona) [...], cioè il Signore nostro Gesù Cristo, Uno della Trinità ". Tutto, quindi, nell'umanità di Cristo deve essere attribuito alla sua Persona divina come al suo soggetto proprio, non soltanto i miracoli ma anche le sofferenze e così pure la morte: " Il Signore nostro Gesù Cristo, crocifisso nella sua carne, è vero Dio, Signore della gloria e Uno della Santa Trinità ".

 

Giussani - "Perché la Chiesa"

(tomo 2) pag. 11                         

Ricordo che parecchi anni fa sono stato incaricato di svolgere una lezione ad un gruppo di sacerdoti insegnanti di religione nelle scuole superiori sul metodo della vita cristiana, e un po' irruentemente, ho iniziato la lezione dicendo: "Cristo non è la verità". Ho provocato così una ribellione immediata e clamorosa di tutta l'assemblea. Mi sono poi spiegato meglio dicendo più precisamente che la verità è il Verbo e che Cristo rappresenta il metodo con cui la verità si è comunicata agli uomini, perciò è la verità incarnata come Egli stesso dice di sé: "sono la verità, la vita", ma a queste espressioni premette: "Io sono la via" (Gv 14, 6). Egli è dunque la verità in quanto via, metodo, uomo e accessibile agli uomini, Dio che ad essi si accompagna. Poteva scegliere altro per comunicarsi agli uomini: l'opinione della coscienza, come afferma il razionalismo, un'esperienza interiore dettata dallo spirito, come sottolineano i protestanti. Ha scelto questo, ha sorpreso la mente e la fantasia dell'umanità incarnandosi, indicando se stesso come via, come metodo. Cristo è il metodo che Dio ha scelto per salvare l'uomo.

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

A tale riguardo, Giovanni Paolo II ha esplicitamente dichiarato: "È contrario alla fede cristiana introdurre una qualsiasi separazione tra il Verbo e Gesù Cristo [...]: Gesù è il Verbo incarnato, persona una e indivisibile [...]. Cristo non è altro che Gesù di Nazaret, e questi è il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti [...]. Mentre andiamo scoprendo e valorizzando i doni di ogni genere, soprattutto le ricchezze spirituali, che Dio ha elargito a ogni popolo, non possiamo disgiungerli da Gesù Cristo, il quale sta al centro del piano divino di salvezza".

È pure contrario alla fede cattolica introdurre una separazione tra l'azione salvifica del Logos in quanto tale e quella del Verbo fatto carne. Con l'incarnazione, tutte le azioni salvifiche del Verbo di Dio si fanno sempre in unità con la natura umana che egli ha assunto per la salvezza di tutti gli uomini. L'unico soggetto che opera nelle due nature, umana e divina, è l'unica persona del Verbo.

Pertanto non è compatibile con la dottrina della Chiesa la teoria che attribuisce un'attività salvifica al Logos come tale nella sua divinità, che si eserciterebbe "oltre" e "al di là" dell'umanità di Cristo, anche dopo l'incarnazione.

CONCILIO DI CALCEDONIA

Chiunque confessa che Gesù Cristo è apparso nella carne, è da Dio. E chiunque divide Gesù, non è da Dio; anzi è l'anticristo.

CONCILIO DI EFESO

Se qualcuno osa dire che Cristo è un uomo portatore di Dio, e non piuttosto Dio secondo verità, come Figlio unico per natura, inquantoché il Verbo si fece carne e partecipò a nostra somiglianza della carne e del sangue, sia anatema.

Luigi Giussani afferma che Gesù è solo il metodo, l'uomo usato dal Verbo; afferma che questo Gesù dice essere la verità non in quanto verità, ma in quanto via, strumento, l'uomo attraverso il quale la verità, cioè il Verbo, si rivela; dice infatti Luigi Giussani: "Cristo non è la verità[...] la verità è il Verbo e che Cristo rappresenta il metodo con cui la verità si è comunicata agli uomini[...]"; Luigi Giussani afferma essere questa la verità incarnata, così che l'Incarnazione del Verbo risulta essere l'unione di due persone, Gesù e il Verbo; questa è assolutamente un’eresia, perché Gesù è il nome che il Verbo ha preso dopo essere nato dalla Vergine Maria, prendendo da lei la natura umana, Gesù è esclusivamente il Verbo e non l’unione di un puro e semplice uomo col Verbo.

 

Giussani - "Perché la Chiesa"

(tomo 2) pag. 15-16

[...] "Come mai egli mangia e beve in compagnia dei pubblicani e dei peccatori?" (Mc 2, 16). E un uomo simile osava dire: "Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non attraverso di me" (Gv 14, 6), osava coinvolgere a tal punto Dio con la sua persona arrivando ad identificarsi con Lui. E' questo lo scandalo che la Chiesa ripropone nella sua sostanza e nella sua esistenza nella storia, che ripropone oggi e sempre. Abbiamo visto che ciò che caratterizza il mistero cristiano è la rivelazione del fatto che Dio si comunichi all'umanità proprio attraverso l'uomo, attraverso la vita umana. Vorrei, a titolo di esempio e per confortare questa nostra prima individuazione di problemi, citare qualche passo del Nuovo Testamento. Significativo è il brano della lettera di Paolo ai fedeli di Salonicco in cui egli esprime così la sua soddisfazione per la risposta che quella comunità aveva dato al suo annuncio: "...Anche noi ringraziamo Dio continuamente, perché, avendo ricevuto da noi la parola divina della predicazione l'avete accolta non quale parola di uomini, ma, come è veramente, quale parola di Dio, che opera in voi che credete"(1Ts2, 13).Paolo descrive così con molta precisione il fenomeno: una parola divina che si comunica attraverso una voce d'uomo, parola di Dio data da un uomo e ricevuta per quello che essa era veramente, parola di Dio vivente, attiva e creativa nell'esistenza degli uomini.

Ancora Luigi Giussani si riallaccia alla frase "Io sono la via, la verità e la vita" che cerca sempre di dividere in due per tenere distinti Gesù dal Verbo; afferma che quest'uomo, Gesù, dicendo queste parole osava identificarsi con Dio; dice poi che il Verbo è Dio, ne consegue che Gesù e il Verbo non sono la stessa persona.

CONCILIO DI EFESO

Se qualcuno afferma che Gesù, come uomo, è stato mosso nel Suo agire dal Verbo di Dio, e che gli è stata attribuita la dignità di unigenito, come ad uno diverso da lui, sia anatema.

Alfred Loisy, eretico modernista, scriveva: "Dal punto di vista della teologia più ortodossa, la personalità divina di Gesù, non è che una immagine della sua relazione effettiva con Dio".

1908 - Alfred Loisy è scomunicato.

Da notare come, nel fare un esempio, metta sullo stesso piano san Paolo e Gesù; come è parola di Dio quella di san Paolo, così quella di Gesù; non risulta la minima differenza tra di loro, due uomini che portano la parola di Dio, mentre invece Gesù è la seconda persona della Trinità, il Verbo, sceso sulla terra, cosa che non si può certo dire né di san Paolo né di chiunque altro.

SAN PIO X - “LAMENTABILI SANE EXITU

CONDANNA DELLE SEGUENTI ASSERZIONI

27. La Sacra Scrittura non prova la Divinità di Gesù Cristo; ma è un dogma che la coscienza cristiana deduce dal concetto di Messia.

28. Gesù, durante il suo Ministero, non parlava per insegnare di essere il Messia, né i suoi miracoli miravano a dimostrarlo.

29. Si può ammettere che il Cristo storico sia molto inferiore al Cristo della Fede.

30. In tutti i testi evangelici, il nome "Figlio di Dio" equivale soltanto a nome "Messia" e non significa assolutamente che Cristo è vero e naturale Figlio di Dio.

 

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo2) pag. 134

Così Newmann, trattando della Chiesa del quarto secolo, e dei suoi rapporti con sette ed eresia, indica il tratto distintivo della comunità fondata dagli apostoli, tratto distintivo con il quale si trova designata fin dal secondo secolo [...].

Ancora vorrebbe dimostrare che Gesù non è altro che un semplice uomo, un apostolo, scrivendo indifferentemente che la Chiesa è stata fondata da Gesù (in altri brani) o dagli Apostoli; la Chiesa invece, dichiara di essere stata fondata da Gesù Cristo che è un’unica persona, il Verbo, quindi Dio da Dio; la Chiesa non è quindi stata fondata dagli Apostoli, ma da Gesù, che non è uno degli Apostoli, ma è Dio.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 188

La fede è la coscienza di una Presenza che ti chiarisce lo scopo della vita senza possibilità di incertezze - "Io sono la Verità e la Vita" - e che è più forte e che ha una forza tale - "Ti amo Dio mia forza": come si fa, dopo aver detto un'antifona così, a non ripeterla sempre?! - e ha una forza tale per cui con Lui tu raggiungerai ciò per cui sei fatto; con Lui raggiungerai Lui. Con Lui uomo che ti cammina insieme, raggiungerai Lui, Verbo da cui tutto il mondo nasce.

Come sempre divide la frase "Io sono la via, la verità e la vita" per dividere in due persone Gesù Cristo; si può notare come, quando dice "Presenza" usi la lettera maiuscola per indicare che sta parlando di Dio, al quale fa dire "Io sono la Verità e la Vita", omettendo così "la via" con cui intende indicare Gesù, il mezzo, un uomo comune, come si è visto tre brani sopra.

 

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 2) pag. 118

[...] dalle parole di Gesù: "Io sono la via, la verità e la vita" (Gv 14, 6). "La riposta di Gesù è una rivelazione di altissima certezza, una parola sovrana, che a tutt'oggi non ha perduto nulla della sua forza illuminante. La 'via', in sé, resta una metafora insolita per una persona, ma il suo significato diventa più chiaro quando si aggiunge che questa persona incarna 'la verità' e 'la vita'. Potrebbe quasi sembrare una motivazione; ma è piuttosto una spiegazione ed esplicitazione. 'Io sono la via, cioè la verità e la vita'. In altri termini ciò significa che Gesù, rivelando la verità che porta alla vita e comunicando la vera vita a colui che l'accetta e la mette in pratica nella fede, conduce chiunque crede in lui alla meta della sua esistenza, 'al Padre', e perciò diventa per lui 'la via'.

Anche qui, come negli altri brani, divide la frase: "io sono la via, la verità e la vita"; identifica con la "via" una persona, la quale a sua volta incarna "la verità e la vita" con cui, come si è visto precedentemente, intende un’altra persona, il Verbo.

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

A tale riguardo, Giovanni Paolo II ha esplicitamente dichiarato: "È contrario alla fede cristiana introdurre una qualsiasi separazione tra il Verbo e Gesù Cristo [...]: Gesù è il Verbo incarnato, persona una e indivisibile [...]. Cristo non è altro che Gesù di Nazaret, e questi è il Verbo di Dio fatto uomo per la salvezza di tutti [...].

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 273

Prima di tutto, il rapporto di Dio con l'uomo, del Mistero con l'uomo-diciamo Mistero, perché mistero è Dio e Cristo, è Dio e un uomo [...].

Poteva dire che Cristo è Dio e uomo, ma dice che è Dio e un uomo, perseverando così nell'eresia nestoriana.

 

Giussani - "Perché la Chiesa"

(tomo 2) pag. 31

Domandiamoci allora, proprio nel tentativo di affinare il nostro sguardo, quale sia l'atteggiamento più confacente a chi voglia esprimere un giudizio sulla Chiesa, escluso ormai quello di basarsi sul comportamento degli uomini. Ed è veramente da escludere, non solo per la sua inadeguatezza di fronte all'oggetto, come già abbiamo visto, dato che la Chiesa include nella definizione di sé la possibile e inevitabile miseria umana, ma anche per la sua non praticabilità coerente. Osservava acutamente un noto vescovo americano, Fulton J. Sheen, che coloro che sfuggono la Chiesa per l'ipocrisia, l'imperfezione delle persone religiose si scordano che se la Chiesa fosse perfetta nel senso da loro reclamato, non ci sarebbe in essa posto per loro[...]. Gesù ebbe a dire: "E beato è chiunque non sarà scandalizzato di me"; cioè di quello che diceva e faceva per paradossale che apparisse. Analogamente noi possiamo dire: beato l'uomo che non rifiuta il valore, per l'eventuale imperfezione di chi lo porta. Mentre ancora Gesù era in vita, dunque, il problema si poneva allo stesso modo che per noi oggi.

CONCILIO DI TRENTO

18. Se qualcuno dice che anche per l’uomo giustificato e costituito in grazia i comandamenti di Dio sono impossibili ad osservarsi, sia anatema.

21. Se qualcuno afferma che Gesù Cristo è stato dato agli uomini da Dio come redentore, in cui confidare e non anche come legislatore, cui obbedire: sia anatema.

22. Se qualcuno afferma che l’uomo giustificato può perseverare nella giustizia ricevuta senza uno speciale aiuto di Dio, o non lo può nemmeno con esso: sia anatema.

25. Se qualcuno afferma che in ogni opera buona il giusto pecca almeno venialmente, o (cosa ancor più intollerabile) mortalmente, e quindi merita le pene eterne, e che non viene condannato solo perché Dio non gli imputa a dannazione quelle opere: sia anatema.

27. Se qualcuno afferma che non vi è peccato mortale, se non quello della mancanza di fede, o che la grazia, una volta ricevuta, non può esser perduta con nessun altro peccato, per quanto grave ed enorme, salvo quello della mancanza di fede: sia anatema.

33. Se qualcuno afferma che con questa dottrina cattolica della giustificazione, espressa dal santo sinodo col presente decreto, si riduce in qualche modo la gloria di Dio o i meriti di Gesù Cristo nostro signore, e non piuttosto si manifesta la verità della nostra fede e infine la gloria di Dio e di Gesù Cristo: sia anatema.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

[...] si gittano (modernisti) su quanto vi ha di più santo nell'opera di Cristo, non risparmiando la persona stessa del Redentore divino, che, con ardimento sacrilego, rimpiccioliscono fino alla condizione di un puro e semplice uomo.

Sostiene che l'imperfezione e l'ipocrisia della Chiesa sia cosa analoga allo scandalo che dava Gesù; Cristo così è nuovamente ridotto a un semplice uomo come tutti e anche peccatore; afferma infatti Luigi Giussani che "allo stesso modo" come per lo scandalo di Gesù allora, si pone il problema oggi per l'imperfezione e l'ipocrisia della Chiesa.

LA RIVELAZIONE

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

"Questi nemici della divina rivelazione, che estollono con altissime lodi l'umano progresso, vorrebbero, con temerario e sacrilego ardimento, introdurlo nella cattolica religione, quasi che la stessa religione fosse opera non di Dio ma degli uomini o un qualche ritrovato filosofico che con mezzi umani possa essere perfezionato" (Enc. "Qui pluribus", 9 nov. 1846).

 

 

Giussani - "Perché la Chiesa"

(tomo 1) pag. 32

(Dice Luigi Giussani con le parole di K. Adam)

"Noi lo ammettiamo senza arrossire, anzi con orgoglio: il cattolicesimo non va identificato senz'altro e sotto ogni riguardo col cristianesimo primitivo o col messaggio di Cristo, allo stesso modo che la quercia adulta non è totalmente identica alla minuscola ghianda. Esso conserva la sua fisionomia essenziale non in maniera meccanica, ma organicamente [...]. L'annunzio di Cristo non sarebbe un messaggio vivente, né il seme che esso gettò alla glebe sarebbe un messaggio vivente, se fosse rimasto eternamente il piccolo seme dell'anno 33 e non avesse messo radici ed assimilato materia estranea; se, anche con l'aiuto di questa materia, non fosse cresciuto ad albero sui rami del quale nidificano gli uccelli del cielo".

 

Giussani - "Il senso religioso" pag. 62

Io vedo che cosa sia un seme in quel presente in cui è sviluppato in albero. Di fronte all'albero dirò: "E' un pioppo", e avendo conosciuto il pioppo analizzerò meglio il seme, cosicché oggi un botanico può dire a prima vista: "questo è un seme di pioppo". Che cosa sia un uomo è visibile nel presente di uno sviluppo più maturo dei suoi fattori: che cosa sia un uomo lo si capisce meglio in Socrate o Dante, che non nella massa ineducata.

 

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

Per questo l'enciclica Redemptoris missio ripropone alla Chiesa il compito di proclamare il Vangelo, come pienezza della verità: "In questa Parola definitiva della sua rivelazione, Dio si è fatto conoscere nel modo più pieno: egli ha detto all'umanità chi è. E questa autorivelazione definitiva di Dio è il motivo fondamentale per cui la Chiesa è per sua natura missionaria. Essa non può non proclamare il vangelo, cioè la pienezza della verità che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso". Solo la rivelazione di Gesù Cristo, quindi, "immette nella nostra storia una verità universale e ultima, che provoca la mente dell'uomo a non fermarsi mai".

6. È quindi contraria alla fede della Chiesa la tesi circa il carattere limitato, incompleto e imperfetto della rivelazione di Gesù Cristo, che sarebbe complementare a quella presente nelle altre religioni. La ragione di fondo di questa asserzione pretenderebbe di fondarsi sul fatto che la verità su Dio non potrebbe essere colta e manifestata nella sua globalità e completezza da nessuna religione storica, quindi neppure dal cristianesimo e nemmeno da Gesù Cristo.

Questa posizione contraddice radicalmente le precedenti affermazioni di fede, secondo le quali in Gesù Cristo si dà la piena e completa rivelazione del mistero salvifico di Dio. Pertanto, le parole, le opere e l'intero evento storico di Gesù, pur essendo limitati in quanto realtà umane, tuttavia, hanno come soggetto la Persona divina del Verbo incarnato, "vero Dio e vero uomo", e perciò portano in sé la definitività e la completezza della rivelazione delle vie salvifiche di Dio, anche se la profondità del mistero divino in se stesso rimane trascendente e inesauribile. La verità su Dio non viene abolita o ridotta perché è detta in linguaggio umano. Essa, invece, resta unica, piena e completa perché chi parla e agisce è il Figlio di Dio incarnato. Per questo la fede esige che si professi che il Verbo fatto carne, in tutto il suo mistero, che va dall'incarnazione alla glorificazione, è la fonte, partecipata, ma reale, e il compimento di ogni rivelazione salvifica di Dio all'umanità, e che lo Spirito Santo, che è lo Spirito di Cristo, insegnerà agli Apostoli, e, tramite essi, all'intera Chiesa di tutti i tempi, questa "verità tutta intera" (Gv 16,13).

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Le coscienze tutte cristiane, essi dicono (modernisti), furono virtualmente inchiuse nella coscienza di Gesù Cristo, come la pianta nel seme. Or poiché i germi vivono la vita del seme, così deve affermarsi che tutti i cristiani vivono la vita di Cristo. Ma la vita di Cristo, secondo la fede, è divina; dunque anche quella dei cristiani. Se pertanto questa vita, nel corso dei secoli, diede origine alla Chiesa e ai Sacramenti, con ogni diritto si potrà dire che tale origine è da Cristo ed è divina. Nello stesso modo provano esser divine le Scritture e divini i dogmi. E con ciò la teologia moderna può dirsi compiuta. Esigua cosa a dir vero, ma più che abbondante per chi professa doversi sempre ed in tutto rispettare le conclusioni della scienza.

Ma vediamo in pratica come uno di costoro (modernisti) compia la sua apologia. Il fine che si propone è di condurre l'uomo che ancora non crede a provare in sé quella esperienza della cattolica religione che, secondo i modernisti, è base della fede. Due vie perciò gli si aprono, l'una oggettiva, l'altra soggettiva. La prima muove dall'agnosticismo; e tende a dimostrare come nella religione e specialmente nella cattolica vi sia tale virtù vitale, da costringere ogni savio psicologo e storico ad ammettere che nella storia di essa si nasconda alcun che di incognito. A tale scopo fa d'uopo provare che la religione cattolica qual è al presente, è la stessissima che Gesù Cristo fondò, ossia il progressivo sviluppo del germe recato da Gesù Cristo. Pertanto dovrà dapprima determinarsi quale esso sia questo germe. Pretendono di esprimerlo colla seguente formola: Cristo annunciò la venuta del regno di Dio, il quale regno dovrebbe aver fra breve il suo compimento, ed Egli ne sarebbe il Messia, cioè l'esecutore stabilito da Dio e l'ordinatore. Dopo ciò converrà dimostrare come questo germe, sempre immanente nella religione cattolica, di mano in mano e di pari passo con la storia, siasi sviluppato e sia venuto adattandosi alle successive circostanze, da queste vitalmente assimilandosi quanto gli si affacesse di forme dottrinali, culturali, ecclesiastiche; superando nel tempo stesso gli ostacoli, sbaragliando i nemici, e sopravvivendo ad ogni sorta di contraddizioni o dl lotte. Dopo che tutto questo, cioè gl'impedimenti, i nemici, le persecuzioni, i combattimenti, come pure la vitalità e fecondità della Chiesa, siansi mostrati tali che, quantunque nella storia della stessa Chiesa si scorgano serbate le leggi della evoluzione, pure queste non bastano a pienamente spiegarla: l'incognito sarà dl fronte e si presenterà da sé stesso. Fin qui i modernisti. I quali, però, in tutto questo discorrere, non pongon mente a una cosa; e cioè, che quella determinazione del germe primitivo è tutto frutto dell'apriorismo del filosofo agnostico ed evoluzionista, e che il germe stesso è così gratuitamente da loro definito pel buon giuoco della loro causa.

 

Giussani - "Si può vivere così?"

pag. 46

Lui (Gesù) è nella sinagoga e sta dicendo: "I vostri padri hanno mangiato la manna ma sono morti; la mia parola è come la manna, ma chi mangia la mia parola non muore più". E tutta la gente era un po' stranita a questo modo di dire, ma ormai ci era abituata un po'. Mentre stava dicendo così, si spalanca la porta in fondo e fiotta dentro tutta la gente che aveva fatto il periplo del lago, che lo andava a cercare. Lo cercava per un motivo sbagliato, perché era stata sfamata, però lo cercava. Allora Lui è come inondato di emozione davanti alla gente che lo cercava, perché era un uomo, Gesù. Le idee gli venivano come vengono a noi: attraverso le circostanze, l'esperienza. Lui si è commosso e improvvisamente gli viene in mente la cosa più grande che gli è venuta in vita, cambia il senso delle parole che usa: "Voi mi cercate perché vi ho sfamati col pane. Io vi darò la mia carne da mangiare, non la mia parola - come aveva detto fino all'ora - vi darò la mia carne da mangiare, vi darò il mio sangue da bere".

Luigi Giussani dice che Gesù all’occorrenza cambiava il senso delle sue parole; in questo modo sarebbe lecito dire qualunque cosa si voglia, se anche Gesù affidandosi al sentimento, trovava opportuno cambiare il senso delle cose che diceva; la Rivelazione diventa così una specie di favola al servizio del sentimento, del senso religioso e delle esigenze; è facile capire che una volta convinti di questo, Giussani abbia via libera per ritenersi autorizzato a cambiare il senso della Rivelazione a favore di ogni tipo d’eresia.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

A dir più breve e più chiaro vogliono (modernisti) che debba ammettersi la evoluzione vitale dei Libri sacri, nata dalla evoluzione della fede e ad essa corrispondente.

[...] per terzo principio filosofico, pur quelle cose che non escono dalla cerchia della storia, le vagliano quasi e ne escludono, rimandandolo parimenti alla fede, tutto ciò che, secondo quanto dicono, non entra nella logica dei fatti o non era adatto alle persone. Di tal modo, vogliono che Cristo non abbia dette le cose che non sembrano essere alla portata del volgo. Quindi dalla storia reale di Lui cancellano e rimettono alla fede tutte le allegorie che incontransi nei suoi discorsi. Si vuol forse sapere con quali regole si compia questa cernita? Con quella del carattere dell'uomo, della condizione che ebbe nella società, della educazione, delle circostanze di ciascun fatto: a dir breve con una norma, se bene intendiamo, che si risolve per ultimo in mero soggettivismo. Si studiano cioè di prendere essi e quasi rivestire la persona di Gesù Cristo; ed a Lui ascrivono senza più quanto in simili circostanze avrebbero fatto essi stessi. […]

Noi, Venerabili Fratelli, pei quali la verità è una ed unica, e che riteniamo i sacri Libri come quelli che "scritti sotto l'ispirazione dello Spirito Santo, hanno per autore Iddio" (Conc. Vat., De Rev. c. 2), affermiamo ciò essere il medesimo che attribuire a Dio la menzogna di utilità o officiosa; e colle parole di Sant'Agostino protestiamo che: "Ammessa una volta in così altissima autorità qualche bugia officiosa, nessuna particella di quei libri resterà che, sembrando ad alcuno ardua per costume o incredibile per la fede, con la stessa perniciosissima regola, non si riferisca a consiglio o vantaggio dell'autore menzognero" (Epist. 28). Dal che seguirà quel che lo stesso santo Dottore aggiunge: "In esse - cioè nelle Scritture - ciascuno crederà quel che vuole, quel che non vuole non crederà". Ma i modernisti apologeti non si dàn pensiero di tanto.

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

5. Per porre rimedio a questa mentalità relativistica, che si sta sempre più diffondendo, occorre ribadire anzitutto il carattere definitivo e completo della rivelazione di Gesù Cristo.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 38

E così quei due (Giovanni e Andrea) sono stati tutto il pomeriggio sentendolo parlare (Gesù) , vedendolo parlare, perché non capivano niente di quel che diceva, ma il modo con cui diceva era così persuasivo, era così evidente che quell'uomo diceva la verità, che uno non sapeva quasi neanche fermare in se stesso le sue parole.

Sempre esalta il sentimento e relativizza la Rivelazione per favorire il modernismo; pospone la Rivelazione  al senso religioso, per questo dice che non si capiva quello che diceva Gesù e che l'importante era "il modo persuasivo".

 

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag. 14

Ed è da esso (senso religioso) che scaturisce l'ipotesi che il mistero che circonda tutte le cose, che penetra tutte le cose, si sia manifestato direttamente all'uomo, l'ipotesi della rivelazione in senso stretto, vale a dire l'ipotesi del mistero diventato fatto storico. L'annuncio cristiano è che quella ipotesi si è avverata. Un uomo si è detto Dio.

Come si può notare, Il senso religioso viene messo sempre al primo posto; qui, secondo Luigi Giussani, si trova la verità ed è così che trova il pretesto, di non nominare nemmeno questa volta le Scritture; è poi da questa presunta verità che si ritiene in diritto, come si è visto all'inizio, di aprire la via per la modifica anche radicale dei dogmi; da notare anche il fatto che per Luigi Giussani, Gesù sarebbe un uomo in cui si è manifestato Dio.

Inerente all’argomento anche il brano successivo dell'enciclica "Pascendi Dominici Gregis".

 

Giussani - "Perché la Chiesa"

(tomo 1) pag. 33

Le fonti storiche sono parole che esprimono, documentano un tipo di esperienza del passato. Occorre possedere "oggi" lo spirito e la coscienza propri di quella esperienza che duemila anni fa ha dettato i vangeli. Solo in questo modo si potrà captare il vero messaggio di questi testi.

 

Giussani - "Il senso religioso"

pag. 20

L'esigenza della bontà, della giustizia, del vero, della felicità costituiscono il volto ultimo, l'energia profonda con cui gli uomini di tutti i tempi e di tutte le razze accostano tutto, al punto che essi possono vivere tra loro un commercio di idee oltre che di cose, possono trasmettersi l'un l'altro ricchezze a distanza di secoli, e noi leggiamo con emozione frasi create migliaia di anni fa dagli antichi poeti con un'espressione di suggerimento al nostro presente, come talvolta non deriva dai rapporti quotidiani. Se c'è un'esperienza di maturità umana è proprio questa possibilità di addentrarsi nel passato, di accostarsi al lontano come fosse vicino, come fosse parte di sé. Perché ciò è possibile? Perché questa esperienza elementare, come dicevamo, è sostanzialmente uguale in tutti, anche se poi sarà determinata, tradotta, realizzata in modi diversissimi, apparentemente persino opposti.

 

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

E fin qua, o Venerabili Fratelli, del modernista considerato come filosofo. Or, se facendoci oltre a considerarlo nella sua qualità di credente, vogliam conoscere in che modo, nel modernismo, il credente si differenzi dal filosofo, convien osservare che quantunque il filosofo riconosca per oggetto della fede la realtà divina, pure questa realtà non altrove l'incontra che nell'animo del credente, come oggetto di sentimento e di affermazione: che esista poi essa o no in sé medesima fuori di quel sentimento e di quell'affermazione, a lui punto non cale. Per contrario il credente ha come certo ed indubitato che la realtà divina esiste di fatto in se stessa, né punto dipende da chi crede. Che se poi cerchiamo, qual fondamento abbia cotale asserzione del credente, i modernisti rispondono: l'esperienza individuale. Ma nel dir ciò, se costoro si dilungano dai razionalisti, cadono nell'opinione dei protestante dei pseudomistici. Così infatti essi discorrono. Nel sentimento religioso, si deve riconoscere quasi una certa intuizione del cuore; la quale mette l'uomo in contatto immediato colla realtà stessa di Dio, e tale gl'infonde una persuasione dell'esistenza di Lui e della Sua azione sì dentro, sì fuori dell'uomo, da sorpassar di gran lunga ogni convincimento scientifico. Asseriscono pertanto una vera esperienza, e tale da vincere qualsivoglia esperienza razionale; la quale se da taluno, come dai razionalisti, è negata, ciò dicono intervenire perché non vogliono porsi costoro nelle morali condizioni, che son richieste per ottenerla. Or questa esperienza, poi che l'abbia alcuno conseguita, è quella che lo costituisce propriamente e veramente credente. Quanto siamo qui lontani dagli insegnamenti cattolici! Simili vaneggiamenti li abbiamo già uditi condannare dal Concilio Vaticano. Vedremo più oltre come, con siffatte teorie, congiunte agli altri errori già mentovati, si spalanchi la via all'ateismo. Qui giova subito notare che, posta questa dottrina dell'esperienza unitamente all'altra del simbolismo, ogni religione, sia pure quella degl'idolatri, deve ritenersi siccome vera. Perché infatti non sarà possibile che tali esperienze s'incontrino in ogni religione? E che si siano di fatto incontrate non pochi lo pretendono. E con qual diritto modernisti negheranno la verità ad una esperienza affermata da un islamita? con qual diritto rivendicheranno esperienze vere pei soli cattolici? Ed infatti i modernisti non negano, concedono anzi, altri velatamente altri apertissimamente, che tutte le religioni son vere. E che non possano sentire altrimenti, è cosa manifesta. Imperocché per qual capo, secondo i loro placiti, potrebbe mai ad una religione, qual che si voglia, attribuirsi la falsità? Senza dubbio per uno di questi due: o per la falsità del sentimento religioso, o per la falsità della formola pronunziata dalla mente. Ora il sentimento religioso, benché possa essere più o meno perfetto, è sempre uno: la formola poi intellettuale, perché sia vera, basta che risponda al sentimento religioso ed al credente, checché ne sia della forza d'ingegno in costui. Tutt'al più, nel conflitto fra diverse religioni, i modernisti potranno sostenere che la cattolica ha più di verità perché più vivente, e merita con più ragione il titolo di cristiana, perché risponde più pienamente alle origini del cristianesimo. Che dalle premesse date scaturiscano siffatte conseguenze, non può per fermo sembrare assurdo. Assurdissimo è invece che cattolici e sacerdoti, i quali, come preferiamo credere, aborrono da tali enormità, si portino in fatto quasi le ammettessero. Giacché tali sono le lodi che tributano ai maestri di siffatti errori, tali gli onori che rendono loro pubblicamente, da dar agevolmente a supporre che essi non onorano già le persone, forse non prive di un qualche merito, ma piuttosto gli errori che quelle professano apertamente e cercano a tutt'uomo propagare. Ma, oltre al detto, questa dottrina dell'esperienza è per un altro verso contrarissima alla cattolica verità. Imperocché viene essa estesa ed applicata alla tradizione quale finora fu intesa dalla Chiesa, e la distrugge. Ed infatti dai modernisti è la tradizione così concepita che sia una comunicazione dell'esperienza originale fatta agli altri, mercè la predicazione, per mezzo della formola intellettuale. A questa formola perciò, oltre al valore rappresentativo, attribuiscono una tal quale efficacia di suggestione, che si esplica tanto in colui che crede, per risvegliare il sentimento religioso a caso intorpidito e rinnovar l'esperienza già avuta una volta, quanto in coloro che ancor non credono, per suscitare in essi la prima volta il sentimento religioso e produrvi l'esperienza. Di questa guisa l'esperienza religiosa si viene a propagare fra i popoli; né solo nei presenti per via della predicazione, ma anche fra i venturi sì per mezzo dei libri e sì per la trasmissione orale dagli uni agli altri. Avviene poi che una simile comunicazione dell'esperienza si abbarbichi talora e viva, talora isterilisca subito e muoia. Il vivere è pei modernisti prova di verità; giacché verità e vita sono per essi una medesima cosa. Dal che è dato inferir di nuovo, che tutte le religioni, quante mai ne esistono, sono egualmente vere, poiché se nol fossero non vivrebbero. E tutto questo si spaccia per dare un concetto più elevato e più ampio della religione! […]

Della natura ancora e dell'origine dei Libri sacri già si è toccato. Secondo il pensare dei modernisti, si può ben definirli una raccolta di esperienze: non di quelle, che comunemente si hanno da ognuno, ma delle straordinarie e più insigni che siensi avute in una qualche religione. E così essi appunto insegnano a riguardo dei nostri libri del Vecchio e del Nuovo Testamento. A lor comodo però, notano assai scaltramente che, sebbene l'esperienza sia del presente, può tuttavolta prender materia dal passato ed eziandio dal futuro, in quanto che il credente o per la memoria rivive il passato a maniera del presente, o vive già per anticipazione l'avvenire. Ciò giova a dar modo di computare fra i Libri santi anche gli storici e gli apocalittici. Così adunque in questi libri parla bensì Iddio per mezzo del credente; ma, come vuole la teologia modernistica, solo per immanenza e permanenza vitale. Vorrà sapersi, in che consista dopo ciò l'ispirazione? Rispondono che non si distingue, se non forse per una certa maggiore veemenza, dal bisogno che sente il credente di manifestare a voce e per scritto la propria fede. È alcun che di simile a quello che si avvera nella ispirazione poetica; per cui un cotale diceva: È Dio in noi, da Lui agitati noi c'infiammiamo. È questo appunto il modo onde Dio deve dirsi origine della ispirazione dei Libri sacri. Affermano inoltre i modernisti che nulla vi è in questi libri che non sia ispirato. Nel che potrebbe taluno crederli più ortodossi di certi altri moderni che restringono alquanto la ispirazione, come, a mo' di esempio, nelle così dette citazioni tacite. Ma queste non sono che lustre e parole. Imperciocché se, secondo l'agnosticismo, riteniamo la Bibbia come un lavoro umano fatto da uomini per servigio di uomini, salvo pure al teologo di chiamarla divina per immanenza, come mai l'ispirazione potrebbe in essa restringersi? Sì, i modernisti affermano un'ispirazione totale: ma, nel senso cattolico, non ne ammettono in fatto veruna.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 288

Derivando dunque da Dio, l'io ha come legge l'amore. Non esiste un'altra legge umana: il vangelo si capisce che è divino proprio perché è l'unico testo di morale... non è un testo di morale, ma è come se fosse l'unico testo di morale in cui tuta la morale si riconduce all'amore.

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

Se qualcuno dirà che la fede divina non si distingue dalla conoscenza naturale di Dio e delle cose morali, e che perciò non si richiede alla fede divina che la verità rivelata sia creduta per l'autorità di Dio rivelante: sia anatema.

Luigi Giussani cerca di screditare il Vangelo e vuole ridurlo a un testo di sola morale.

 

 

Giussani - "Si può vivere così?"

pag. 147

C'è una comprensione della fede che è propria dei teologi, di quelli che studiano, e quella non c'entra niente; no, c'entra sì! C'entra sì, ma non c'entra; quello che c'entra è quello che può capire chiunque; e noi abbiamo rievocato, spiegando la fede, quello che può capire chiunque.

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

Se qualcuno dirà che non è possibile o spiegabile che l'uomo, attraverso la divina Rivelazione, sia ammaestrato e illuminato su Dio e sul culto che Gli si deve prestare: sia anatema.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Deridono (modernisti) perciò continuamente e disprezzano la filosofia e la teologia scolastica. Sia che ciò facciano per ignoranza, sia che il facciano per timore o meglio per l'una cosa insieme e per l'altra; certo si è che la smania di novità va sempre in essi congiunta coll'odio della Scolastica; né vi ha indizio più manifesto che taluno cominci a volgere al modernismo, che quando incominci ad aborrire la Scolastica. Ricordino i modernisti e quanti li favoriscono la condanna che Pio IX inflisse alla proposizione che diceva (Sillabo, Prop. 12): "Il metodo ed i principî, con cui gli antichi Dottori scolastici trattarono la teologia, più non si confanno ai bisogni dei nostri tempi ed ai progressi della scienza". Sono poi astutissimi nello stravolgere la natura e l'efficacia della Tradizione, alfin di privarla di ogni peso e di ogni autorità.

[...] ammoniva lo stesso Nostro Predecessore con queste altre gravissime parole (Loc. cit.): "La causa di siffatti errori, chi la ricerchi diligentemente, sta principalmente in ciò che di questi nostri tempi, quanto più fervono gli studi delle scienze naturali, tanto più son venute meno le discipline più severe e più alte: alcune di queste infatti sono quasi poste in dimenticanza; alcune sono trattate stancamente e con leggerezza, e, ciò che è indegno, perduto lo splendore della primitiva dignità, sono deturpate da prave sentenze e da enormi errori".

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 110

Noi possiamo penetrare soltanto le parole vive, cioè le parole che ci dicono coloro che con noi vivono, che partecipano alla nostra vita.

Intende naturalmente le sue e di coloro che parlano per lui; addirittura nemmeno quelle di Gesù sono parole "di vita" ma "che spiegano la vita - ragionevoli", come si può vedere nei brani successivi.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 115

(Gesù) "Anche voi volete andarvene?" [...] (Pietro) "Maestro, anche noi non comprendiamo quello che tu dici, ma se andiamo via da te dove andiamo? Tu solo hai parole - la vera traduzione dovrebbe essere questa - che corrispondono al cuore, che danno senso alla vita". Ma parole che corrispondono al cuore che cosa vuol dire? Parole ragionevoli!

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 59

[...] Simone l'ha detto chiaramente con quella frase che rimane per tutta la storia: "Se andiamo via da te, dove andiamo? Tu solo hai parole che spiegano la vita".

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 46-47

(Gesù) "Anche voi volete andarvene?". Non ritira quel che ha detto: "Anche voi volete andarvene?". Allora Pietro - e questo è il punto che sintetizza, come dicevo prima, tutto questo drammatico porsi di Cristo e il sorgere della fede nel mondo, questo è il momento in cui sorge la fede in Cristo nel mondo e durerà fino alla fine del mondo - Pietro, Simon Pietro, con la solita irruenza dice: "Maestro, anche noi non comprendiamo quel che dici, ma se andiamo via da te, dove andiamo? Tu solo hai parole che spiegano la vita. E' impossibile trovare uno come te. Se non devo credere a te, non posso più credere in niente". [...] Così gli ha detto Pietro: "Tu solo, Tu solo spieghi tutto" [...].

 

 

Il modernismo, abbracciando in parte anche il razionalismo, pretende che le verità della fede siano conosciute attraverso la ragione, per questo Luigi Giussani trasforma "parole di vita" in "parole che spiegano la vita" o "ragionevoli" e perciò a cui si può arrivare con la ragione stimolata dal senso religioso, quindi qualcosa di immanente e non trascendente. Da notare come san Pietro avrebbe detto: “Tu solo, Tu solo spieghi tutto”; nel Vangelo si legge invece: “Tu hai parole di vita eterna” e Gesù dice: “le parole che vi ho dette sono spirito e vita.”.

 

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 253

Per la vita che si vive, per i fatti più che per le parole, perché anche la parola è un fatto: per dire certe parole occorre una fatica, infatti non tutti le dicono.

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 2) pag. 31

Domandiamoci allora, proprio nel tentativo di affinare il nostro sguardo, quale sia l'atteggiamento più confacente a chi voglia esprimere un giudizio sulla Chiesa, escluso ormai quello di basarsi sul comportamento degli uomini. Ed è veramente da escludere, non solo per la sua inadeguatezza di fronte all'oggetto, come già abbiamo visto, dato che la Chiesa include nella definizione di sé la possibile e inevitabile miseria umana, ma anche per la sua non praticabilità coerente.

Potete notare come si contraddica spesso; prima dice che bisogna testimoniare con la vita, poi che non è possibile; dunque propone un cristianesimo dove non esistono più né verità certe, perché tutto è sottoposto al senso o sentimento religioso, né praticabilità; se a tutto questo aggiungiamo il panteismo e il fatto che Dio rimarrà sempre in conoscibile, come dice in brani successivi, si può capire perché san Pio x disse che con questa dottrina si apre la strada all'ateismo.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 355

Oggi dovete dire non solo le vostre riflessioni sulla lezione di stamattina, ma su tutto l'anno, sulla situazione che queste parole imbastiscono, segnalano: le vostre difficoltà, le obiezioni che sentite, quello che non riuscite a capire...e io vi dirò: "Non si può capire!". Ma, cari miei, rimane ancora un'altra cosa: cosa bisogna fare? E', se opera; infatti cambia, ti cambia; non lo capisci, ma ti cambia.

”Poche parole e più vita”, è un motto dei modernisti, così da potersi allontanare dalle Rivelazione e usare principalmente di quel senso o sentimento interiore o cuore che porta dove ognuno vuole; è sempre opportuno ricordarsi che Dio insegna provenire dal cuore sia il bene che il male, per questo bisogna accettare e desiderare Dio e la sua Parola che rimane immutabile, rimanendo fermi negli insegnamenti della Chiesa e volendo viverli; in questo modo si riceve in dono lo Spirito Santo, dono che viene dal cielo, la terza Persona di Dio.   

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 339

[...] non è perché siamo così astratti che viviamo un po' come lontani dalla realtà?

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 192

Dicevi che queste parole sono chiare e astratte

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 203

Lei ci ha ricordato che il problema più urgente per noi è che queste cose rischiano di rimanere chiare ma astratte, [...].

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 204

Per rendere il "giusto" concreto e non astratto devo fare la fatica di stabilire dei rapporti, di vivere dei rapporti. Per esempio, perché siamo obbligati a stare in compagnia? E' un'applicazione della necessità di questi rapporti. Perché dice la Didachè, uno dei primi scritti cristiani: "Cercate ogni giorno il volere dei santi e traete conforto nei loro discorsi"? [...] La vita la impari nel concreto, non teoricamente.

Queste sono perplessità frequenti di persone appartenenti al movimento di Luigi Giussani.

In precedenza ha detto che possono penetrare solo le parole di coloro che partecipano alla loro vita, poi dice che non si può capire e di trarre conforto nel discorso dei santi; ma ci si chiede, quale consolazione se non si capisce, e poi quali santi? Sembra intenda per santi, se stesso o chi per lui e vorrebbe che li "guardino" parlare, come ha scritto nel brano successivo parlando degli Apostoli, che "guardavano" parlare Gesù, perché non capivano quello che diceva; è ovvio che tutto questo lo dica per tralasciare la Rivelazione e le verità conosciute, favorendo così le proprie interpretazioni eretiche.

 

Giussani - "Si può vivere così?"

pag. 167

[...] quando Andrea e Giovanni sono andati per la prima volta da Gesù: i primi due che lo hanno visto, per la prima volta, in un certo modo: sono andati là, sono stati là a guardarlo parlare...e noi non riusciamo a immaginarci come doveva essere. Si capisce benissimo che quei due sono stati colpiti dalla eccezionalità di quell'uomo, e infatti diciamo che lo guardavano parlare perché non capivano quel che diceva, e neanche noi riusciamo a capire quel che poteva dire a noi.

Vedete lo sforzo per relativizzare il Vangelo per non insegnare la Parola di Dio; per Luigi Giussani e il modernismo, come si è detto, la cosa più importante è il sentimento o senso religioso; come si è visto più sopra, anche Gesù cambierebbe il senso delle sue parole per favorire questo senso religioso; in questo modo la Rivelazione perde la sua fondamentale importanza fino a poterne cambiare il significato; in questo brano gli Apostoli erano colpiti dall'eccezionalità di quell'uomo, quindi questo alimenta il senso religioso, ma dice Luigi Giussani: “sono stati là a guardarlo” e ancora: “non capivano quel che diceva, e neanche noi riusciamo a capire quel che poteva dire a noi.”.

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

Per questo l'enciclica Redemptoris missio ripropone alla Chiesa il compito di proclamare il Vangelo, come pienezza della verità: "In questa Parola definitiva della sua rivelazione, Dio si è fatto conoscere nel modo più pieno: egli ha detto all'umanità chi è. E questa autorivelazione definitiva di Dio è il motivo fondamentale per cui la Chiesa è per sua natura missionaria. Essa non può non proclamare il vangelo, cioè la pienezza della verità che Dio ci ha fatto conoscere intorno a se stesso".

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 217

[...] se uno entra nel Gruppo Adulto deve sperare la felicità della sua vita dal Gruppo Adulto, in quanto Dio gli ha dato questa vocazione e nella misura in cui è alla mercé della modalità che Dio usa e con cui Dio usa le cose. Da questa libertà dalle cose, che nasce dalla certezza che Dio compie tutto Lui, scaturisce un'altra caratteristica dell'animo povero che è la letizia, [...]. Vi ricordate di quel che dice Mauriac nella Vita di Gesù [...] la pagina sulle beatitudini, dove Gesù su in alto alla collina dice "Beati...beati..." e intanto tutta la gente arriva e gli ultimi che arrivano sono gli sciancati, i down, i vecchi, e siccome arrivano da ultimo stanno in fondo e tendono l'orecchio perché non sentono bene. L'unica parola che sentono è una parola che Cristo ripete ogni tanto con un'arsi di voce, alzando la voce: "Beati..." e sentono "Beati...beati...beati...". E questo li tende ancora di più, li fa tendere con tutta la loro anima, ma non sentono il resto.

E’ evidente come, volutamente esalti il sentimento e le esigenze a discapito della Rivelazione, dicendo che la gente non sentiva quello che diceva Gesù, in questo caso le beatitudini; bisogna dire invece, che in questo bel brano del Vangelo, Dio si rivela parecchio dicendo quelle che sono le persone a Lui gradite e il motivo che hanno queste persone di rallegrarsi; il modernismo di Luigi Giussani, al contrario, tra le numerose eresie insegna che Dio sia perennemente inconoscibile, non dando così la possibilità di conoscerLo ed amarLo.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

A dir più breve e più chiaro vogliono (modernisti) che debba ammettersi la evoluzione vitale dei Libri sacri, nata dalla evoluzione della fede e ad essa corrispondente.

[...] Di più, per terzo principio filosofico, pur quelle cose che non escono dalla cerchia della storia, le vagliano quasi e ne escludono, rimandandolo parimenti alla fede, tutto ciò che, secondo quanto dicono, non entra nella logica dei fatti o non era adatto alle persone. Di tal modo, vogliono che Cristo non abbia dette le cose che non sembrano essere alla portata del volgo. Quindi dalla storia reale di Lui cancellano e rimettono alla fede tutte le allegorie che incontransi nei suoi discorsi. Si vuol forse sapere con quali regole si compia questa cernita? Con quella del carattere dell'uomo, della condizione che ebbe nella società, della educazione, delle circostanze di ciascun fatto: a dir breve con una norma, se bene intendiamo, che si risolve per ultimo in mero soggettivismo. Si studiano cioè di prendere essi e quasi rivestire la persona di Gesù Cristo; ed a Lui ascrivono senza più quanto in simili circostanze avrebbero fatto essi stessi.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 241

"Di quel giorno [della fine e la fine sarà la grande festa di Cristo, dell'uomo Cristo: tutto il mondo vedrà e dirà "Era vero"] nessuno sa, neanche il Figlio dell'Uomo [neanche Cristo] e neanche gli angeli di Dio, ma solo il mistero del Padre [il mistero della creazione]".

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 253

"Di questo giorno nessuno sa, neanche il Figlio dell'Uomo e neanche gli angeli di Dio, ma solo il Padre."

 

 

In questo brano del Vangelo, in ordine di importanza, Gesù viene messo subito prima del Padre, ma Luigi Giussani modifica il brano così da far sembrare Gesù inferiore agli angeli di Dio.

 

 

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag. 88

Leggendo il Vangelo pare che Cristo si sia oltremodo preoccupato di scartare quanto poteva nuocere al carattere personale delle sue relazioni con i suoi discepoli. Manifesta la sua antipatia per le lunghe formule di preghiera - in multiloquio - per il formalismo [...].

In realtà, Gesù mette in guardia dagli scribi e farisei ipocriti, ai quali interessa la propria gloria e per questo, si mettono in mostra anche quando pregano (Mc. 12); Luigi Giussani  lascia intendere che non si debba pregare il rosario, preghiera molto amata dalla Madonna e dal Papa, nonché da diversi ordini religiosi e da milioni di fedeli, attraverso la quale si ottengono molte grazie.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 372

Due sono, pertanto, i fattori individuabili nel progetto spirituale della Memores Domini:

- la contemplazione, intesa come Memoria tendenzialmente continua di Cristo. Cristo, infatti è la consistenza di tutte le cose (cfr. Col 1, 17) ed è presente nella storia attraverso la personalità del battezzato e la comunione con i fratelli (cfr. Gal 3, 26-28);

- la missione, cioè la passione di portare l'annuncio cristiano con la propria persona trasformata dalla Memoria.

Costantemente trasforma il Vangelo, "sussistenza" diventa "consistenza", elimina il vocabolo "sussistenza" e derivati, poiché "sussistere" vuol dire esistere come realtà in sé, come sostanza, indipendentemente dal soggetto pensante, quindi cadrebbero le sue tesi a favore dell'immanenza divina e del panteismo.

Lascia poi intendere, più o meno velatamente, che la contemplazione di Cristo avvenga per la contemplazione dei fratelli e del creato, perché tutto, secondo lui, è fatto “di” Cristo, come afferma in brani successivi; in questo modo non si dà gloria a Dio ma a se stessi.

 

Giussani - "Si può vivere così?"

pag. 262

"Tutti voi che mangiate lo stesso pane siete una cosa sola, tutti voi che siete stati battezzati vi siete immedesimati con Cristo; non esiste più né giudeo né greco, né schiavo né libero, né uomo né donna, ma tutti voi siete -eis-, uno, una persona sola, che si chiama Cristo Gesù" (Gal 3, 27-28).

 

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Si studiano (modernisti) cioè di prendere essi e quasi rivestire la persona di Gesù Cristo; ed a Lui ascrivono senza più quanto in simili circostanze avrebbero fatto essi stessi.

Ancora, per raggiungere il suo fine, cambia il Vangelo, scrive "immedesimati con..." al posto di "rivestiti di..."; nell'espressione originale si distingue la creatura dal Creatore, mentre se uno si immedesima vive come se lui stesso fosse Gesù Cristo; così subito dopo dice: "tutti voi siete uno, una persona sola, che si chiama Cristo Gesù" al posto di "tutti voi siete uno in Cristo Gesù"; nell'espressione di Luigi Giussani non si distingue la Chiesa da Cristo, mentre in quella originale si risalta la comunione senza confondere la Chiesa con Cristo.

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

Gesù Cristo, infatti, continua la sua presenza e la sua opera di salvezza nella Chiesa ed attraverso la Chiesa (cf. Col 1,24-27), che è suo Corpo (cf. 1 Cor 12, 12-13.27; Col 1,18). E così come il capo e le membra di un corpo vivo pur non identificandosi sono inseparabili, Cristo e la Chiesa non possono essere confusi ma neanche separati, e costituiscono un unico "Cristo totale".

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 346

(Gesù) "Padre, se possibile che io non muoia, però non la mia, ma la tua volontà sia fatta" [...].

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 118

(Gesù) "Padre, se possibile che io non sia ucciso, però non la mia ma la tua volontà sia fatta."

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 119

Cristo, anche quando il Padre ha permesso che Lui fosse ucciso - che era una cosa ingiusta, e Cristo, come uomo, non capiva perché, tant'è vero che ha pregato: "Padre, se possibile, che io non muoia" [...].

Anche qui riporta in modo scorretto le parole del Vangelo, "passi da me questo calice" diventa "che io non muoia" e "che io non sia ucciso", una traduzione errata dalla quale non si riceve il senso di tutto quello che rappresenta quel calice. Con Luigi Giussani si parla poco della passione ed espiazione redentrice di Cristo, un valido esempio è anche il brano seguente dove si parla della confessione.

CONFESSIONE

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 237

Certo che guardare in faccia Cristo e non fare progetti di perfezione, vuol dire che si guarda in faccia Cristo desiderando veramente il bene, desiderando veramente di esser veri, desiderando veramente di voler bene: «desiderandoti veramente, o Signore». Adesso c'è la Settimana Santa; se uno il Giovedì Santo, il Venerdì Santo, il Sabato Santo, la Pasqua, in questi quattro giorni va dentro senza guardare in faccia Cristo e basta, ma con la preoccupazione dei peccati o della perfezione oppure delle cose da meditarci su, viene fuori stanco e riprende le cose come prima. Guardare in faccia Cristo, invece, cambia. Ma perché cambi, bisogna guardargli in faccia veramente, col desiderio del bene, col desiderio della verità: «Di tutto sono capace, Signore, se sto con te che sei la mia forza»; è un tu che domina, non delle cose da rispettare. Provate a pensare come nessuno, nessuno, capisce queste cose: nessuno le pensa e nessuno le capisce. Invece è questa l'unica vera rivoluzione nel mondo: la fede come conoscenza e la carità, guardare in faccia Cristo, come morale. Nella prima lettera di Giovanni, primo capitolo, si parla della fedeltà di Dio: «Se diciamo che siamo senza peccato, inganniamo noi stessi e la verità non è in noi. Se riconosciamo i nostri peccati, egli che è fedele e giusto ci perdonerà i peccati e ci purificherà da ogni colpa». E' guardandolo in faccia che uno sente questa forza purificatrice che lo deterge; non è come stare lì a confessare: «uno, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, otto, nove, dieci, dodici peccati: li ho detti tutti e dodici», ma quando lo guarda in faccia, Lui che è fedele e giusto, perdona.

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 260

Se la sera sentendo la misericordia - "Della misericordia del Signore è piena la terra" - tu ripeterai questa frase con attenzione maggiore... cosa vuol dire "Della misericordia del Signore è piena la terra"? Che il Signore perdona tutto quello che si fa contro di Lui, innanzi tutto la dimenticanza: "Io, oggi, Dio mio, quanta dimenticanza; non ho offerto quello che potevo offrire..." E poi? Non ti consiglio di fare questo ragionamento; se procedi per questo ragionamento, devi dire: "Eh già, mia mamma non l'ho trattata benissimo, e sono stata superficiale molto con i miei compagni...", e fai un elenco lunghissimo tutte le sere. No, è meglio che tu dica: "Della tua misericordia, o Signore, è piena la terra, grazie della tua misericordia su di me"; ma questo devi dirlo tenendo presente che la misericordia è essere perdonati di qualcosa che si è fatto, anche se non ti viene in mente, mi capisci? Allora sei grata, sei umile. Non è un dolore specifico e preciso come se tu avessi offeso tua madre gravemente e tua madre avesse pianto; questo ti rimane anche la sera e allora ti diventa difficile pensare che Dio ti perdoni, diventa difficile pensare anche alla misericordia. Allora, per pensare alla misericordia, dovrai veramente aver dolore: ma non è necessario questo tipo di dolore, ma la coscienza di essere piena di limiti.

CATECHISMO DELLA

CHIESA CATTOLICA pag. 375 376

1451. Tra gli atti del penitente, la contrizione occupa il primo posto. Essa è "il dolore dell'animo e la riprovazione del peccato commesso, accompagnati dal proposito di non peccare più in avvenire".

1452. Quando proviene dall'amore di Dio amato sopra ogni cosa, la contrizione è detta "perfetta" (contrizione di carità). Tale contrizione rimette le colpe veniali; ottiene anche il perdono dei peccati mortali, qualora comporti la ferma risoluzione di ricorrere, appena possibile, alla confessione sacramentale.

1456. La confessione al sacerdote costituisce una parte essenziale del sacramento della Penitenza: "E' necessario che i penitenti enumerino nella confessione tutti i peccati mortali, di cui hanno consapevolezza dopo un diligente esame di coscienza, anche se si tratta dei peccati più nascosti e commessi soltanto contro i due ultimi comandamenti del Decalogo, perché spesso feriscono più gravemente l'anima e si rivelano più pericolosi di quelli più chiaramente commessi": i cristiani che si sforzano di confessare tutti i peccati che vengono loro in mente, senza dubbio li mettono tutti davanti alla divina misericordia perché li perdoni. Quelli, invece, che fanno diversamente e tacciono consapevolmente qualche peccato, è come se non sottoponessero nulla alla divina bontà perché sia perdonato per mezzo del sacerdote. "Se infatti l'ammalato si vergognasse di mostrare al medico la ferita, il medico non può curare quello che non conosce".

IMMANENZA DIVINA - PANTEISMO

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo 1) pag. 111

Vediamo che cosa implica la consapevolezza della cristianità primitiva dell'essere costituita dal "Dono dello Spirito" o dalla "forza dall'alto". [...] I primi cristiani erano ben consapevoli che tutto ciò che accade in loro e tra di loro di nuovo, di eccezionale rispetto alle cose di prima, di sconvolgente in paragone all'esistenza che tanti altri attorno a loro conducono, non è un frutto della loro adesione, della loro intelligenza, o della loro volontà, ma è un dono dello Spirito, un dono dall'alto, una forza misteriosa da cui erano investiti. Con queste formule potremmo dire che veniva indicata la persuasione che i primi cristiani avevano di chiarire così l'origine di una personalità nuova che si sentivano addosso. Ed è sempre opportuno ricordare che quel "dall'alto" non va inteso come una investitura meccanica ed estranea: in latino, infatti, "altus" ha anche il senso di "profondo". Dire perciò di essere investiti da una forza dall'alto equivale a significare una forza che sta alla radice dell'essere, un'energia con cui viene comunicato l'essere. E' giusto perciò affermare che il contenuto dell'autocoscienza nuova di quella gente, che si sentiva determinata da un'energia proveniente dall'alto, coincideva con la forma di una nuova personalità. In loro è scattata una personalità diversa intimamente, nel profondo.

Ecco in che modo trasforma da “trascendente” in “immanente” anche il dono dello Spirito Santo; sostituisce "dall'alto" con "dal profondo dell'essere", intendendo dal profondo dell'uomo, perché la parola "essere" è con lettera minuscola; il Vangelo e la Chiesa non ammettono assolutamente questa erronea interpretazione.

BEATTO PIO IX - SILLABO DEI PRINCIPALI ERRORI

II. È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli uomini e il mondo.

 ATTI DEGLI APOSTOLI

"Arrivato il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all'improvviso dal cielo un rombo, come di vento che si abbatte gagliardo, e riempì tutta la casa dove si trovavano. Apparvero loro lingue come di fuoco che si dividevano e si posarono su ciascuno di loro; ed essi furono tutti pieni di Spirito Santo e cominciarono a parlare in altre lingue come lo Spirito dava loro il potere di esprimersi."

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 79

Per questo dovete, d'ora in avanti, cercare di rendere il più frequente possibile in voi la ripetizione della breve preghiera che è l'emblema del Gruppo Adulto, Veni Sancte Spititus, Veni per Mariam. Vieni, o Spirito dell'Immenso, del Mistero, lo Spirito di Cristo che ci fa capire le cose, che ci le energie per andar dietro le cose giuste. E lo Spirito di Cristo, come ci aiuta? Attraverso le viscere di una donna: Cristo è nato dalle viscere di una ragazza di diciassette anni, cioè attraverso le viscere della nostra esperienza comune, di una esperienza in comunità; dalle viscere di un'esperienza concreta lo Spirito ci comunica la luce e l'aiuto.

 

Contrariamente alla Chiesa, appoggia nuovamente la falsa teoria dell'immanenza divina, continuando a negare il fatto che lo Spirito Santo è un dono che viene dall'alto, trascendente.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 288

L'uomo deriva da Dio - "la fonte è in Te dell'Essere" - infinitamente di più che un bambino nasca dalle viscere di sua madre; e mentre è appena accennato nelle viscere di sua madre, sua madre è tutto, tutto, nel senso letterale della parola. Se il bambino fosse autocosciente direbbe: "Tu sei tutto per me". Derivando dunque da Dio, l'io ha come legge l'amore. Non esiste un'altra legge umana: il vangelo si capisce che è divino proprio perché è l'unico testo di morale... non è un testo di morale, ma è come se fosse l'unico testo di morale in cui tuta la morale si riconduce all'amore. "Maestro buono, cosa devo fare?", gli chiede il dottore della legge. E Gesù: "Come si riassume tutta la legge?". "Ama il prossimo tuo come te stesso"(Lc, 10, 25-27).La legge dell'io è una sola: amare. E questo si capisce, perché è la legge della fonte stessa da cui nasce: "La fonte è in Te dell'Essere". Dio che è la fonte dell'essere, ha una sola dinamica, descrivibile esclusivamente come dono di sé, commosso. Così noi siamo fatti parte, siamo fatti accedere, appena appena, sulla soglia del grande Mistero che fa tutte le cose, il Mistero del Dio Padre che ama generando il Figlio, facendo scaturire in questo rapporto la realtà dello Spirito che è identica a ognuno di loro.

Vedete come nella prima parte di questo brano, Luigi Giussani porta più o meno velatamente l’eresia del panteismo e dell'immanenza divina; segue poi eliminando dal brano dell'Evangelista Luca, la parte dove si dice di dover amare Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la forza e con tutta la mente, perché si distinguerebbe Dio dalla creatura, mentre, come si può vedere dai brani riportati, elimina questa distinzione per favorire la divulgazione dei suoi gravissimi errori.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 304

Cosciente del fatto che tu partecipi dell'essere, allora sono pronto a sentire emozione e commozione quando ti incontro o quando ti capitasse qualche cosa. L'emozione o la commozione sono verso qualche cosa che c'è e se qualcosa c'è, c'è perché c'è un'Altra cosa; da sola non si è fatta, e questa è la ragione del vivere: la ragione del vivere è ciò per cui siamo fatti, di cui siamo fatti, la ragione del vivere è un Altro. Se tu usi il linguaggio normale, a questo Altro dai del tu; la persona "tu" esprime in modo supremo, sintetico o supremo, la coscienza di una Presenza dalla quale tu sei fatta perché non c'eri e da sola non ti fai: "Io sono Tu che mi fai", dice il decimo capitolo de Il senso religioso, che è la scoperta più grande, più tranquillizzante, più commuovente, più stupefacente, più bella che l'uomo possa fare.

Affermazione chiaramente panteistica di Luigi Giussani che dice di sé: "Io sono Tu che mi fai"; da rilevare anche l’espressione: "di cui siamo fatti", da cui si deduce che l’uomo è fatto della sostanza di Dio, ciò che la Chiesa condanna.

SAN PIO X

“PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Ma difatto l'immanenza dei modernisti vuole ed ammette che ogni fenomeno di coscienza nasca dall'uomo in quanto uomo. Dunque di legittima conseguenza inferiamo che Dio e l'uomo sono la stessa cosa; e perciò il panteismo.

 

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag.68- 94-95-96

  - X è il punto da cui l'uomo parte

  - la linea orizzontale ¥  è Dio, il Verbo, l'infinito

  - l'angolo è la vita dell'uomo

  - le lettere sono persone che devono raggiungere Dio                              

Risposta di Luigi Giussani alla domanda: dove sta Gesù nel grafico?

"in qualunque punto del grafico. Cristo non è nient'altro che l'incarnarsi - il diventar carne, nato da donna - della linea ultima, vale a dire, del termine ultimo che definisce la libertà. La libertà è capacità di rapporto con l'infinito. L'infinito l'abbiamo segnato con la linea ultima: quella linea è il Verbo, è il Mistero che è diventato carne. Carne vuol dire un bambino piccolo, perciò anche un trattino di un centimetro; oppure, diventato carne, ha gettato il suo riflesso sul mondo con cui tu vedi il cielo stellato, e sembra che sia un tratto più grosso. Comunque, che l'infinito diventi carne vuol dire che l'infinito entra nell'unica grande esperienza della storia, che è la realtà dell'Essere, la realtà del Mistero, vissuta dall'uomo, con la misura umana. Perciò, in tutte le cose, tu trovi il riverbero concreto di Cristo, perché di che cosa tu sei fatto? Di che cosa un albero di pino è fatto? Di che cosa è fatto un uccellino? "Tutto in Lui consiste.". [...] Perciò che Dio sia diventato uomo non vuol mica dire che è diventato quell'uomo lì e basta. Quell'uomo lì è fattore generativo di tutta la storia dell'umanità, incidente su tutto lo sviluppo della storia, tant'è vero che san Paolo lo mette in paragone con tutto: "Tutto in Lui consiste".

 

 

 

 

GIOVANNI PAOLO II

“DOMINUS IESUS”

È pure contrario alla fede cattolica introdurre una separazione tra l'azione salvifica del Logos in quanto tale e quella del Verbo fatto carne. Con l'incarnazione, tutte le azioni salvifiche del Verbo di Dio si fanno sempre in unità con la natura umana che egli ha assunto per la salvezza di tutti gli uomini. L'unico soggetto che opera nelle due nature, umana e divina, è l'unica persona del Verbo.

Pertanto non è compatibile con la dottrina della Chiesa la teoria che attribuisce un'attività salvifica al Logos come tale nella sua divinità, che si eserciterebbe "oltre" e "al di là" dell'umanità di Cristo, anche dopo l'incarnazione.

BEATO PIO IX – “DEI FILIUS”

Se qualcuno dirà che le cose finite, sia materiali, sia spirituali, o almeno le spirituali, sono emanate dalla sostanza divina;

ovvero che la divina essenza per la sua manifestazione ed evoluzione diventa ogni cosa;

ovvero infine che Dio è ente universale od indefinito, il quale determinando se stesso costituisce l'universo delle cose, distinto in generi, specie ed individui: sia anatema.

Per dare ancora più credito alla sua affermazione eretica, cambia le parole della Rivelazione, “sussiste” diventa “consiste”.

 

Giussani - "Il senso religioso" pag. 143

Mentre Dio, Padre in ogni istante, mi sta concependo ora. Nessuno è così padre, generatore.

Evidente il riferimento al panteismo.

Dio però ha generato solo un Figlio, Gesù, che è quindi Dio da Dio; noi invece siamo stati creati dal nulla.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 289

La carità è dono di sé fino in fondo. Se non c'è la disponibilità a dare sé fino in fondo, la legge non è applicata. Per questo l'amore è vero quando è eterno, quando è concepibile, accettato, desiderato come eterno: "Nessuno ama tanto come colui che dà la vita per i propri amici". Quando uno, quindi, applica la legge dell'amore nel rapporto con un altro in modo autentico, vero, cioè disposto ad amare fino in fondo, aperto all'ultimo, aperto alla morte e quindi all'eterno, quando uno si dona all'altro così, per l'altro egli è tutto, tutto. Se l'altro sapesse riflettere, guardando l'amico in questa disposizione amorosa verso di lui, gli direbbe: "Ma tu sei tutto per me". E' esattamente quello che diceva san Paolo a Gesù: "Vivo, non io, sei Tu che vivi in me".

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

La fede, quindi, "dono di Dio" e "virtù soprannaturale da lui infusa", comporta una duplice adesione: a Dio, che rivela, e alla verità da lui rivelata, per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma. Per questo "non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo".

Anche qui Luigi Giussani vuole sostituirsi alla persona di Gesù pensando di poter essere “tutto” per il prossimo; mette sullo stesso piano Gesù e l'uomo, ma la Chiesa insegna che non si può credere in un uomo qualsiasi ma in Gesù Cristo che è un'unica persona e questa persona è la seconda persona della Trinità, il Verbo; quindi nel caso di san Paolo non era quel Tu rivolto a un semplice uomo, ma a Dio.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 313

Perché tutte le cose di cui la realtà è fatta hanno come vetta del loro insieme, hanno come vetta, come termine ultimo, come scopo ultimo la gloria di Cristo? Perché tutte le cose sono fatte di Cristo. I tuoi capelli non c'erano, tanto meno quel capello da cui, anche soltanto da esso, è colpito il tuo cuore. I tuoi capelli non c'erano, non c'erano neanche i tuoi occhi - quindi se non c'erano i tuoi occhi...! -, ma soprattutto non c'era neanche il tuo cuore, cioè non c'era niente: tutto ciò di cui sei fatto (tutto!), tutto in Lui consiste, è fatto da qualcosa che non viene fuori dal niente; e fuori dal niente c'è l'Essere e l'Essere è uno solo: il Mistero di Dio che si è fatto uomo. Perciò tutto è gloria di Cristo, perché tutto è fatto di Cristo.

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

3. Se qualcuno dirà che unica e identica è la sostanza, o l'essenza, di Dio e di tutte le cose: sia anatema.

 4. Se qualcuno dirà che le cose finite, sia materiali, sia spirituali, o almeno le spirituali, sono emanate dalla sostanza divina;

ovvero che la divina essenza per la sua manifestazione ed evoluzione diventa ogni cosa;

ovvero infine che Dio è ente universale od indefinito, il quale determinando se stesso costituisce l'universo delle cose, distinto in generi, specie ed individui: sia anatema.

 5. Se qualcuno non dichiara che il mondo e tutte le cose che in esso sono contenute, sia spirituali, sia materiali, secondo tutta la loro sostanza, sono stati da Dio prodotti dal nulla;

o dirà che Dio non per volontà libera da ogni necessità, ma tanto necessariamente creò, quanto necessariamente ama se stesso;

o negherà che il mondo sia stato creato a gloria di Dio: sia anatema.

Come spesso e volutamente capita, cambia le parole del Vangelo per cambiarne il significato; anche qui "da Cristo" diventa "di Cristo" e "sussiste" diventa "consiste", in questo modo vuole professare il panteismo.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 368-369                              

E' stata letta stamattina una bellissima preghiera: "cosicché amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa", amando quest'uomo, Cristo, in ogni cosa e sopra ogni cosa: in ogni cosa è chiaro (in ogni cosa: anche un capello del capo) e sopra ogni cosa - dice il volume Un avvenimento di vita, cioè una storia (l'autore è sempre lui) non vuol dire che Cristo è sopra; sopra vuol dire dentro ogni visibilità della questione, più dentro di tutto ciò che noi possiamo vedere, più dentro di ogni visibilità, più dentro, più profondo di ogni ragione e consistenza visibile.

Vedete che sostituisce la parola "sopra" con "dentro"; con la parola "sopra" si distingue Dio dalle creature, mentre con "dentro" dà un significato panteistico alla frase.

 

BEATTO PIO IX - SILLABO DEI PRINCIPALI ERRORI

È da negare qualsiasi azione di Dio sopra gli uomini e il mondo.

 

RELIGIONE DELL’INCONOSCIBILE

Giussani - "Il senso religioso" pag. 159-160

Per quanto oscuro, enigmatico, nebuloso, velato sia questo "Altro", è innegabile che esso sia il termine dell'impeto umano, lo scopo dell'umana dinamica. Riassumiamo l'itinerario già definito. La natura della ragione (che è comprendere l'esistenza) per coerenza costringe la ragione stessa ad ammettere l'esistenza di un incomprensibile, l'esistenza cioè di Qualcosa (di un "quid") costituzionalmente oltre la possibilità di comprensione e di misura ("trascendente") [...].

L'avventura della ragione ha un vertice ultimo in cui intuisce l'esistenza della spiegazione esauriente come qualcosa di inattaccabile da sé: mistero. Non sarebbe ragione se non implicasse l'esistenza di questo "quid" ultimo. Come gli occhi aprendosi non possono non registrare colori e forme, così l'uomo come ragione, per ciò stesso che si mette in moto sollecitato dall'impatto con le cose, afferma l'esistenza di un perché ultimo, totalizzante; è un "quid" ignoto: il "Dio ignoto". La parola "Dio" non ci confonda perché essa è il termine che nel linguaggio religioso universale identifica questo "quid" assoluto. Fra un miliardo di secoli qualunque confine l'uomo abbia raggiunto "non è quello" [...].

Giussani - "Il senso religioso" pag. 191

Ma Dio , tradotto in termini comprensibili, non sarebbe idolatria? Nonostante che sia tradotta in termini umani, il risultato della rivelazione deve essere l'approfondimento del mistero come mistero. Il suo risultato non deve essere una riduzione, quasi che l'uomo possa dire: "Ho capito!", ma un approfondirsi del mistero. Per cui lo si conosce e lo si conosce sempre di più come mistero.

Giussani - "Il senso religioso" pag. 155-156

La ragione è esigenza di comprendere l'esistenza; vale a dire la ragione è esigenza di spiegazione adeguata, totale dell'esistenza. La risposta c'è, perché grida attraverso le domande costitutive del nostro essere, ma non è misurabile dalla esperienza. C'è ma non si sa cos'è. [...] Il vertice della conquista della ragione è la percezione di un esistente ignoto, irraggiungibile, cui tutto il movimento dell'uomo è destinato, perché anche ne dipende. E' l'idea di mistero. Il mistero non è un limite alla ragione, ma è la scoperta più grande cui può arrivare la ragione: l'esistenza di qualcosa incommensurabile con se stessa. Il ragionamento fatto prima si potrebbe riassumere così: la ragione è esigenza di comprendere l'esistente; nella vita questo non è possibile; dunque fedeltà alla ragione costringe ad ammettere l'esistenza di un incomprensibile.

 

SAN PIO X

“PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Finalmente pari è la conseguenza che si trae dalla loro (modernisti) decantata distinzione fra la scienza e la fede. L'oggetto della scienza lo pongono essi nella realtà del conoscibile; quello della fede nella realtà dell'inconoscibile. Orbene l'inconoscibile è tale per la totale mancanza di proporzione fra l'oggetto e la mente. Ma questa mancanza di proporzione, secondo gli stessi modernisti, non potrà mai esser tolta. Dunque l'inconoscibile resterà sempre inconoscibile tanto pel credente quanto pel filosofo. Dunque se si avrà una religione, questa sarà della realtà dell'inconoscibile.

 

RAZIONALISMO

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Questi anzi (modernisti) tanto più oltre si spinsero che, come già osservammo, non pure il cattolicesimo ma ogni qualsiasi religione hanno distrutta. Così si spiegano i plausi dei razionalisti: perciò coloro, che fra i razionalisti parlano più franco ed aperto, si rallegrano di non avere alleati più efficaci dei modernisti.

 

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo1) pag. 34

L'obiettività della conoscenza storica, che è il valore che voleva essere affermato nell'atteggiamento razionalista, è salvata se io partecipo all'esperienza che ha dettato quei documenti storici (la Rivelazione). E c'è una sola ipotesi: che quella esperienza sia presente, abbia un luogo presente. Questa è la Chiesa, questa è la unità dei credenti in essa.

Quindi il razionalismo, condannato per i suoi errori dalla Chiesa, è per Luigi Giussani  giusto se vissuto dentro l’istituzione Chiesa.

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

Contro il razionalismo. La fede è una virtù soprannaturale. Non si dà fede scientifica.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 27-28

[...] quello che noi faremo insieme in quest'ora di lezione o discussione poggia tutto sulla ragione nella sua dinamica caratteristica che porta il nome di fede, poggerà tutto sulla ragione in quanto capace di fede, la fede essendo la capacità estrema della ragione. Estrema perché senza di essa non esisterebbe l'umano: non esisterebbe più la storia, non esisterebbe più la cultura, non esisterebbe più la convivenza, e per questo non esisterebbe più la conoscenza del destino.

 

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

Se qualcuno dirà che l'uomo non può essere divinamente elevato ad una conoscenza e ad una perfezione che superino quelle naturali, ma che può e deve da se stesso arrivare al possesso di ogni verità e di ogni bene in un continuo progresso: sia anatema.

Se qualcuno dirà che l'assenso alla fede cristiana non è libero, ma che si produce necessariamente dagli argomenti della ragione umana; ovvero che la grazia di Dio è necessaria alla sola fede viva che opera per la carità: sia anatema.

Mi sono spiegato? Abbiamo parlato di questo, perché a questo livello noi parleremo. Parleremo, primo, di fede come è normalmente usata, vale a dire riconoscimento di un contenuto invisibile della realtà (la realtà nel suo aspetto invisibile); e secondo, di come questo contenuto è raggiunto attraverso la ragione in quel suo metodo caratteristico che si chiama metodo di fede, conoscenza attraverso la testimonianza.

 

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

La chiesa cattolica ha sempre unanimemente creduto e ancora crede che esistono due ordini di conoscenza, distinti non solo per il loro principio, ma anche per il loro oggetto: per il loro principio, perché nell'uno conosciamo con la ragione naturale, nell'altro con la fede divina; per l'oggetto perché oltre la verità che la ragione naturale può capire, ci è proposto di vedere i misteri nascosti in Dio, che non possono essere conosciuti se non sono rivelati dall'alto.

Se qualcuno dirà che nella rivelazione divina non è contenuto alcun mistero vero e propriamente detto, ma che tutti i dogmi della fede possono essere compresi e dimostrati dalla ragione debitamente coltivata per mezzo dei principi naturali: sia anatema. 

GIOVANNI PAOLO II - “FIDES ET RATIO”

Il Concilio Vaticano I, con parole tanto chiare quanto autoritative, aveva già condannato questo errore, affermando da una parte che " quanto a questa fede [...], la Chiesa cattolica professa che essa è una virtù soprannaturale, per la quale sotto l'ispirazione divina e con l'aiuto della grazia, noi crediamo vere le cose da lui rivelate, non a causa dell'intrinseca verità delle cose percepite dalla luce naturale della ragione, ma a causa dell'autorità di Dio stesso, che le rivela, il quale non può ingannarsi né ingannare ": Cost. dogm. Dei Filius III: DS 3008, e can.3. 2: DS 3032. Dall'altra parte, il Concilio dichiarava che la ragione mai " è resa capace di penetrare [tali misteri] come le verità che formano il suo oggetto proprio ": ibid., IV: DS 3016. Da qui traeva la conclusione pratica: " I fedeli cristiani non solo non hanno il diritto di difendere come legittime conclusioni della scienza le opinioni riconosciute contrarie alla dottrina della fede, specie se condannate dalla Chiesa, ma sono strettamente tenuti a considerarle piuttosto come errori, che hanno solo una ingannevole parvenza di verità ": ibid., IV: DS 3018.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 33

Ricordate di che cosa abbiamo parlato l'ultima volta? Del metodo e della fede. Metodo in che senso? Metodo vuol dire "modo per fare una cosa": la fede è un modo di conoscenza. Chi è che conosce? La mia ragione; si chiama "ragione" quell'energia propria dell'uomo per cui l'uomo conosce. Allora la fede è un metodo - un modo per - della ragione, un modo di conoscenza della ragione o più brevemente, un metodo di conoscenza. Che metodo di conoscenza è? E' un metodo di conoscenza indiretto. Perché indiretto? Perché filtra, è mediato dal fatto che la ragione s'appoggia a un testimone: non vede direttamente, immediatamente lei l'oggetto, ma viene a sapere dell'oggetto attraverso un testimone. Abbiamo detto che questo metodo è il più importante di tutti i metodi della ragione, molto più dell'evidenza che si basa sui sensi, e molto più della scienza che si basa sull'analisi e sulla dialettica. Gli altri metodi della ragione usano soltanto un pezzo dell'uomo; questo invece, il metodo della fede, usa tutto l'uomo. Perché? Perché bisogna fidarsi del testimone.

Dice che la fede è un modo di conoscenza della ragione che si fida totalmente di un testimone; questa non è fede, la fede la dà Dio, come dono trascendente a chi aderisce a Lui e alla Rivelazione, per la fiducia a un testimone; quindi la fiducia in un testimone non è la fede, se fosse così non sarebbe fede in Dio ma in un uomo e questo è condannato dalla Chiesa; professando il panteismo vorrebbe far credere che aver fede in un uomo sia aver fede in Dio.

GIOVANNI PAOLO II - “DOMINUS IESUS”

La fede, quindi, "dono di Dio" e "virtù soprannaturale da lui infusa", comporta una duplice adesione: a Dio, che rivela, e alla verità da lui rivelata, per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma. Per questo "non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo".

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 34

Qual è la sorpresa più grossa che avete avuto la volta scorsa? Sentir parlare di fede in cui non c'entrano né Dio, né la Madonna, né i Santi, ma sentir parlar di fede come aspetto della ragione, […]

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 120

[...] la fede è il vertice della conoscenza umana, il vertice della conoscenza della ragione.

 

BEATO PIO IX - “DEI FILIUS”

Contro il razionalismo. La fede è una virtù soprannaturale. Non si dà fede scientifica.

 

ASSOLUTIZZAZIONE DELLA CHIESA E DELL’UOMO

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 281

[...] perché l'uomo è chiamato alla felicità, l'uomo è grande e chiamato alla felicità, l'uomo è grande come Dio ed è chiamato alla felicità di Dio.

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 108

Quando ha detto: "Facciamo l'uomo a nostra immagine e somiglianza", ha fatto l'uomo a immagine e somiglianza di ciò che Lui è, supremamente: la suprema libertà. Dio è la libertà; è la libertà il più gran dono di sé che Dio ha fatto all'uomo facendolo simile a sé; per cui l'uomo è il signore di sé stesso e del creato.

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 142

Nessuno è solo, non perché si sente insieme a chissà chi, a Dio o a Cristo: sentirsi insieme a Dio e a Cristo significa sentirsi insieme a della gente con cui ci mette!

 

 

 

 

satana ha sedotto l’uomo con queste menzogne dando origine al peccato e ai mali del mondo; l’opera di satana è dunque ancora ben presente.

 

Giussani - "Perché la Chiesa" (tomo2) pag. 118

"La Chiesa - esclama Guardini - è nuovamente viva. E noi comprendiamo che essa è veramente "l'Uno e il Tutto".

Non si può dire che la Chiesa è "l'Uno e il Tutto” (da notare anche le lettere maiuscole), perché è solo il corpo, le membra di Cristo che è il capo, la testa; quella descritta da Luigi Giussani è una Chiesa morta che corrisponde a un corpo senza il capo.

 

 

Giussani - "Perché la Chiesa"

 (tomo 1) pag. 26

E fu proprio questa fede nella Chiesa, la quale doveva [...].

 

CATECHISMO DELLA CHIESA CATTOLICA

750 Credere che la Chiesa è “Santa” e “Cattolica” e che è “Una” e “Apostolica” (come aggiunge il Simbolo di Nicea-Costantinopoli) è inseparabile dalla fede in Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Nel Simbolo degli Apostoli professiamo di credere una Chiesa Santa (“Credo. . . Ecclesiam”), e non nella Chiesa, per non confondere Dio e le sue opere e per attribuire chiaramente alla bontà di Dio tutti i doni che egli ha riversato nella sua Chiesa [Cf Catechismo Romano, 1, 10, 22].

GIOVANNI PAOLO II – “DOMINUS IESUS”

La fede, quindi, "dono di Dio" e "virtù soprannaturale da lui infusa", comporta una duplice adesione: a Dio, che rivela, e alla verità da lui rivelata, per la fiducia che si accorda alla persona che l'afferma. Per questo "non dobbiamo credere in nessun altro se non in Dio, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo".

SUPERBIA - PLAGIO

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Ma ad accecare l'animo e trascinarlo nell'errore assai più di forza ha in sé la superbia: la quale, trovandosi nella dottrina del modernismo quasi in un suo domicilio, da essa trae alimento per ogni verso e riveste tutte le forme. Per la superbia infatti costoro presumono audacemente di se stessi e si ritengono e si spacciano come norma di tutti. Per la superbia si gloriano vanissimamente quasi essi soli possiedano la sapienza, e dicono gonfi e pettoruti: "Noi non siamo come il rimanente degli uomini"; e per non essere di fatto posti a paro degli altri, abbracciano e sognano ogni sorta di novità, le più assurde. Per la superbia ricusano ogni soggezione, e pretendono che l'autorità debba comporsi colla libertà. Per la superbia, dimentichi di se stessi, pensano solo a riformare gli altri, né rispettano in ciò qualsivoglia grado fino alla potestà suprema. No, per giungere al modernismo, non vi è sentiero più breve e spedito della superbia.

Si rammenta che Dio si rivela agli umili e non ai superbi, questi ultimi non conoscono Dio; Luigi Giussani ne è una chiara prova.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 225

Meditate bene tra voi questa bella lezione perché sono cose che non si odono da nessuna parte [...].

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 237

Provate a pensare come nessuno, nessuno, capisce queste cose: nessuno le pensa e nessuno le capisce.

SAN PIO X

“PASCENDI DOMINICI GREGIS”

 […] e dicono gonfi e pettoruti: "Noi non siamo come il rimanente degli uomini"

Superbia.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 316

Per questo i Memores Domini rappresentano un tipo di vita molto più complesso e faticoso che non la vita di un monastero, [...].

Capite per favore che razza di differenza mentale c'è tra noi e altri? Basta guardare in noi stessi, la differenza mentale che c'è in certi momenti da altri.

Memores Domini: associazione ecclesiale nata dallo sviluppo dell'esperienza nel movimento “comunione e liberazione”.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

[…] e dicono gonfi e pettoruti: "Noi non siamo come il rimanente degli uomini"

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 92

Così in queste cose, coi mesi e con gli anni, imparerete; se si segue: tutti quelli che sono venuti e a un certo punto hanno detto: "Sì, lei avrà anche ragione, ma io sono stufo, vado via", non hanno più imparato. Chi è rimasto ha imparato. E' terribile questa cosa: chi sta impara, diventa se stesso; chi non sta perde se stesso.

In realtà è esattamente il contrario, chi resta nel movimento aderendo a queste eresie, si perde, mentre chi ne esce ha solamente da guadagnarci, perché è la verità che vi farà liberi e non le eresie del modernismo.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 110

Noi possiamo penetrare soltanto le parole vive, cioè le parole che ci dicono coloro che con noi vivono, che partecipano alla nostra vita.

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 164

Così, quando vi diciamo le nostre parole, che anche a noi sono state dette come sono dette a voi, ricordiamo i tempi in cui anche per noi queste parole erano come dei sassi che ci venivano buttati in faccia; non li penetravamo né ci penetravano. Ma la misericordia del Signore sta proprio nella pazienza con cui ripete nel tempo le cose, ci fa ripetere nel tempo le cose; [...] Allora, qual è la prima conseguenza di quello che sto dicendo? Non ci si deve meravigliare se non si capisce, ma guai a colui che, non comprendendo, pianta lì, e dice "Non capisco", guai! E' finita per lui, è un rifiuto che sarà sempre senza frutto.

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 333-334

Cristo resta presente con noi, ogni giorno fino alla fine del mondo, dentro le circostanze storiche che il mistero del Padre stabilisce, le circostanze storiche attraverso le quali il mistero del Padre ti fa riconoscere e amare la Presenza di qualche cosa d'altro, di Cristo. Queste circostanze storiche attraverso cui il Padre ci fa capire la presenza di un'altra Presenza, di qualcosa d'altro più grande, appartengono a quello che si chiama carisma: le circostanze storiche che creano il nostro Movimento o il Gruppo Adulto. […] Chi è stato raggiunto da un carisma, non può più seguire Cristo abbandonando il carisma: sarebbe un tradimento. Tutta la gente che mi ha detto: "Il Movimento ha tutti questi difetti, me ne vado", tutti quelli che se ne sono andati, hanno perso tutto, non hanno più capito niente, tant'è che a un certo punto tanti ritornano. Uno di voi, se andasse via, non capirebbe più niente; [...]

«Se potessero toccare Gesù da vicino! - disse il Papa tre settimane fa - Toccare, ma dove? Vedere, dove? Se lo vedranno in voi diranno: "Signore mio e Dio mio" come san Tommaso.» In voi: Cristo è presente per mezzo nostro, si tocca Cristo attraverso di noi, si vede Cristo attraverso di noi. Mentre se ci abbandoni non vedi più niente!

Per non dare modo di verificare le sue affermazioni usa un atteggiamento settario; questo va naturalmente a discapito della salute spirituale di molti e  per la loro possibile nonché probabile perdizione.

 

 

 

Arriva anche ad intimidire chi fa parte del suo movimento, assicurando loro il fallimento nella vita, se lo abbandonassero.

 

 

 

 

 

 

Superbia - plagio.

 

 

 

 

Senza dubbio, come ognuno può verificare, è esattamente l’opposto; chi segue Luigi Giussani cammina nell’errore e si separa in maniera grave da Dio.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 137

all'infuori di Cristo insomma, non val la pena vivere, nel senso letterale del termine; tutto diventa gioco politico come la giustizia di oggi, tutto diventa violenza come la politica di oggi: il contrario di quello che dovrebbe essere! E il rimedio a questo non è certo quello di parlare di morale e di valori, come fanno anche tanti nostri superiori, ma è quello di creare, di mostrare a tutti, di far vedere a tutti che una compagnia fatta perché si è incontrato Cristo, una compagnia che si crea perché si è incontrata della gente che ha incontrato Cristo, fa realizzare quello che tutta la politica, tutta la cultura e tutto il resto non valgono a farci vivere.

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 361

Sì, ciò che sentiamo astratto, è qualcosa a cui abbiamo già detto di no. Perché se non ho detto di no, anche se mi pare astratto, capisco che devo fare tutta la fatica per renderlo concreto, per renderlo esperienza; tutto ciò che vi abbiamo detto, vi giuro che diventerà esperienza; lo è diventato per noi, è il motivo per cui siamo qui. Dovremmo aver un bel coraggio a radunare tanta gente così per dire una menzogna. […]

Dirvi una cosa astratta che non è vera è una minaccia, è tenervi sotto il terrore di una minaccia. La maggior parte del clero non si accorge che fa così: tiene sotto minaccia la gente. La maggior parte del clero, dei genitori, o dei politici, di tutti: chi non ama la tua persona e il suo destino ti tiene sotto minaccia.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Da tutto questo strepito di lodi e d'improperi colpiti e turbati gli animi giovanili, da una parte per non passare per ignoranti, dall'altra per parere sapienti spinti internamente dalla curiosità e dalla superbia, si dànno per vinti e passano al modernismo. Del gregge dei modernisti sembra detto ciò che con tanto dolore scriveva il Predecessore Nostro (Motu proprio "Ut mysticam", 14 marzo 1891): "Per rendere spregiata ed odiosa la mistica Sposa di Cristo, che è la luce vera, i figli delle tenebre furon soliti di opprimerla pubblicamente di una pazza calunnia, e, stravolto il significato e la forza delle cose e delle parole, chiamarla amica di oscurità, mentitrice d'ignoranza, nemica della luce e del progresso delle scienze". Fanno certamente pietà questi uomini, dei quali l'Apostolo ripeterebbe: "Svanirono nei pensamenti... imperocché vantandosi di essere sapienti, son divenuti stolti" (Rom., I, 21, 22); ma muovono in pari tempo a sdegno, quando poi accusano la Chiesa di manipolare i documenti in guisa da farli servire ai propri vantaggi. Addebitano cioè alla Chiesa ciò che dalla propria coscienza sentono apertamente rimproverarsi.

[...] pure criticano con somma audacia la Chiesa, accusandola di camminare fuor di strada, né saper distinguere fra il senso materiale delle formole e il loro significato religioso e morale, [...].

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 344

Per cui uno, che ha incontrato CL, non può più essere un bravo cristiano se dimentica questo; Teoricamente uno è libero di andare dove vuole, ma obiettivamente, esistenzialmente, storicamente, se non ottempera, se non obbedisce, se non prende in considerazione, se non si lascia illuminare dalla modalità con cui Cristo lo ha percosso, dalle circostanze di un certo incontro, se non aderisce a questo, non sarà mai cristiano sul serio, non sarà mai contento, non raggiungerà mai una posizione adeguata per essere utile agli altri; più semplicemente: sarà sempre scontento, perché è un tradimento.

 

Nel brano precedente a questo accusa la Chiesa di tenere sotto minaccia la gente, ma come si può ben notare è lui che fa questo; non è tradimento uscire da un qualsiasi movimento e in particolare da questo; chi tiene alla salvezza della propria anima ha, alla luce dei fatti, il diritto e anche il dovere di uscirvi.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 362

Comunque, questa è una testimonianza che devo dare: io non ho mai avuto una domanda, anche a scuola, una domanda che non mi fossi già fatta io e a cui non avessi risposto. Se m'avessero fatto una domanda sul De magnetite, non l'avrei saputa. E' sulle cose non vere che non avrei saputo la risposta.

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Eppure, chi li ascolti ad oracolare (modernisti) dei loro studi sulle Scritture, pei quali han potuto scoprirvi si gran numero di incongruenze, è spinto a credere che niun uomo prima di loro abbia sfogliato quei libri, né che li abbia ricercati per ogni verso una quasi infinita schiera di Dottori, per ingegno, per scienza, per santità di vita più di loro.

 

Giussani - "Si può vivere così?" pag. 236

[...] guardate che è veramente un delitto che la maggior parte di voi non legga i testi che noi facciamo uscire; chi non legge i testi che noi facciamo uscire commette delitto, un delitto contro se stesso e anche contro l'umanità [...].

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Insomma li punge la vana bramosia che il mondo parli di loro; il che si persuadono che non sarà, se dicono soltanto quello che sempre e da tutti fu detto. Intanto si dànno forse a credere di prestare ossequio a Dio ed alla Chiesa; ma in realtà gravissimamente li offendono, non tanto per quel che fanno, quanto per l'intenzione con cui operano e per l'aiuto che prestano utilissimo agli ardimenti dei modernisti.

ALTRE DICHIARAZIONI DI SAN PIO X E SUOI COMANDI

DALL'ENCICLICA “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

CONTRO IL MODERNISMO

Quindi accade che la medicina giunga talora troppo tardi, quando cioè pel troppo attendere il male ha già preso piede. Vogliamo adunque che i Vescovi, deposto ogni timore, messa da parte la prudenza della carne, disprezzando il gridio dei malvagi, soavemente, sì, ma con costanza, adempiano ciascuno le sue parti; memori di quanto prescriveva Leone XIII nella Costituzione Apostolica "Officiorum": "Gli Ordinari, anche come Delegati della Sede Apostolica, si adoperino di proscrivere e di togliere dalle mani dei fedeli i libri o altri scritti nocivi stampati o diffusi nelle proprie diocesi". Con queste parole si concede, è vero, un diritto: ma s'impone in pari tempo un dovere. Né stimi veruno di avere adempiuto cotal dovere, se deferisca a Noi l'uno o l'altro libro mentre altri moltissimi si lasciano divulgare e diffondere. Né in ciò vi deve rattenere il sapere che l'autore di qualche libro abbia altrove ottenuto l'Irnprimatur; sì perché tal concessione può essere simulata, sì perché può essere stata fatta per trascuratezza o per troppa benignità e per troppa fiducia nel l'autore, il quale ultimo caso può talora avverarsi negli Ordini religiosi. [...]

Ciò che loro sia scrive a colpa, essi l'hanno per sacrosanto dovere. Niuno meglio di essi conosce i bisogni delle coscienze perché si trovano con queste a più stretto contatto che non si trovi la potestà ecclesiastica. Incarnano quasi in sé quei bisogni tutti: e quindi il dovere per loro di parlare apertamente e di scrivere. Li biasimi pure l'autorità, la coscienza del dovere li sostiene, e sanno per intima esperienza di non meritare riprensioni ma encomii. Pur troppo essi sanno che i progressi non si hanno senza combattimenti, né combattimenti senza vittime: e bene, saranno essi le vittime, come già i profeti e Cristo. Né perché siano trattati male, odiano l'autorità: concedono che ella adempia il suo dovere. Solo rimpiangono di non essere ascoltati, perché in tal guisa il progredire degli animi si ritarda: ma verrà senza meno il tempo di rompere gl'indugi, giacché le leggi dell'evoluzione si possono raffrenare, ma non possono affatto spezzarsi. E così continuano il lor cammino, continuano benché ripresi e condannati, celando un'incredibile audacia col velo di un'apparente umiltà. Piegano fintamente il capo: ma la mano e la mente proseguono con più ardimento il loro lavoro. E così essi operano scientemente e volentemente; sì perché è loro regola che l'autorità debba essere spinta, non rovesciata; si perché hanno bisogno di non uscire dalla cerchia della Chiesa per poter cangiare a poco a poco la coscienza collettiva; il che quando dicono, non si accorgono di confessare che la coscienza collettiva dissente da loro, e che quindi con nessun diritto essi si dànno interpreti della medesima.

Non si curano poi, nello scrivere, di insistere sulla propria sincerità: sono essi già noti presso i razionalisti, sono già lodati siccome militanti sotto una stessa bandiera; della quale lode, che ad un cattolico dovrebbe fare ribrezzo, essi si compiacciono [...].

[...] quando parlasi di modernismo, non parlasi di vaghe dottrine non unite da alcun nesso, ma di un unico corpo e ben compatto, ove chi una cosa ammetta uopo è che accetti tutto il rimanente. Perciò abbiam voluto altresì far uso di una forma quasi didattica, né abbiamo ricusato il barbaro linguaggio onde i modernisti fanno uso. Ora, se quasi di un solo sguardo abbracciamo l'intero sistema, niuno si stupirà ove Noi lo definiamo, affermando esser esso la sintesi di tutte le eresie. Certo, se taluno si fosse proposto di concentrare quasi il succo ed il sangue di quanti errori circa la fede furono sinora asseriti, non avrebbe mai potuto riuscire a far meglio di quel che han fatto i modernisti. Questi anzi tanto più oltre si spinsero che, come già osservammo, non pure il cattolicesimo ma ogni qualsiasi religione hanno distrutta. Così si spiegano i plausi dei razionalisti: perciò coloro, che fra i razionalisti parlano più franco ed aperto, si rallegrano di non avere alleati più efficaci dei modernisti.

[…] queste intime esperienze quali dai modernisti si spacciano [...] se queste esperienze hanno si grande forza e certezza, non l'avrà uguale quella esperienza che molte migliaia di cattolici affermano di avere, che i modernisti cioè battono un cammino sbagliato?

Per lo che il Nostro Predecessore Gregorio XVI a buon diritto scriveva (Lett. Enc. "Singulari Nos", 25 giugno 1834): "È grandemente da piangere nel vedere fin dove si profondino i deliramenti dell'umana ragione, quando taluno corra dietro alle novità, e, contro l'avviso dell'Apostolo, si adoperi di saper più che saper non convenga, e confidando troppo in se stesso, pensi dover cercare la verità fuori della Chiesa cattolica, in cui, senza imbratto di pur lievissimo errore, essa si trova".

Ma qui già siamo agli artifici con che i modernisti spacciano la loro merce. Che non tentano essi mai per moltiplicare gli adepti? Nei Seminari e nelle Università cercano di ottenere cattedre da mutare insensibilmente in cattedre di pestilenza. Inculcano le loro dottrine, benché forse velatamente, predicando nelle chiese; le annunciano più aperte nei congressi: le introducono e le magnificano nei sociali istituti. Col nome proprio o di altri pubblicano libri, giornali, periodici.

Per dar poi, o Venerabili Fratelli, disposizioni più generali in sì grave materia, se nelle vostre diocesi corrono libri perniciosi, adoperatevi con fortezza a sbandirli, facendo anche uso di solenni condanne.

[…] vigilino i Vescovi che i librai per bramosia di lucro non spaccino merce malsana: il certo è che nei cataloghi di taluni di costoro si annunziano di frequente e con lode non piccola i libri dei modernisti. Se essi ricusano di obbedire, non dubitino i Vescovi di privarli del titolo di librai cattolici; [...].

[…] ordiniamo una osservanza più diligente di quanto si prescrive nell'articolo XLII della citata Costituzione "Officiorum", cioè: "È vietato ai sacerdoti secolari, senza previo permesso dell'Ordinario, prendere la direzione di giornali o di periodici". Del quale permesso, dopo ammonitone, sarà privato chiunque ne facesse mal uso. Circa quei sacerdoti, che hanno titoli di corrispondenti o collaboratori, poiché avviene non raramente che pubblichino, nei giornali o periodici, scritti infetti di modernismo, vedano i Vescovi che ciò non avvenga; e se avvenisse, ammoniscano e diano proibizione di scrivere. Lo stesso con ogni autorità ammoniamo che facciano i Superiori degli Ordini religiosi: i quali se si mostrassero in ciò trascurati, provvedano i Vescovi, con autorità delegata dal Sommo Pontefice.

Ricordammo già sopra i congressi e i pubblici convegni come quelli nei quali i modernisti si adoprano di propalare e propagare le loro opinioni. I Vescovi non permetteranno più in avvenire, se non in casi rarissimi, i congressi di sacerdoti. Se avverrà che li permettano, lo faranno solo a questa condizione: che non vi si trattino cose di pertinenza dei Vescovi o della Sede Apostolica, non vi si facciano proposte o postulati che implichino usurpazione della sacra potestà, non vi si faccia affatto menzione di quanto sa di modernismo, di presbiterianismo, di laicismo.

Scrutino con attenzione gl'indizi di modernismo tanto nei libri che nell'insegnamento; con prudenza, prontezza ed efficacia stabiliscano quanto è d'uopo per la incolumità del clero e della gioventù. Combattano le novità di parole, e rammentino gli ammonimenti di Leone XIII (S. C. AA. EE. SS., 27 gennaio 1901): "Non si potrebbe approvare nelle pubblicazioni cattoliche un linguaggio che ispirandosi a malsana novità sembrasse deridere la pietà dei fedeli ed accennasse a nuovi orientamenti della vita cristiana, a nuove direzioni della Chiesa, a nuove ispirazioni dell'anima moderna, a nuova vocazione del clero, a nuova civiltà cristiana". Tutto questo non si sopporti così nei libri come dalle cattedre.

È parimente officio dei Vescovi impedire che gli scritti infetti di modernismo o ad esso favorevoli si leggano se sono già pubblicati, o, se non sono, proibire che si pubblichino. Qualsivoglia libro o giornale o periodico di tal genere non si dovrà mai permettere o agli alunni dei Seminari o agli uditori delle Università cattoliche: il danno che ne proverrebbe non sarebbe minore di quello delle letture immorali; sarebbe anzi peggiore, perché ne andrebbe viziata la radice stessa del vivere cristiano.

Assecondi Iddio i Nostri disegni e Ci prestino aiuto quanti di vero amore amano la Chiesa di Gesù Cristo. Ma di ciò in altra opportunità. A Voi intanto, o Venerabili Fratelli, nella cui opera e zelo sommamente confidiamo, imploriamo di tutto cuore la pienezza dei lumi Celesti, affinché in tanto periglio delle anime per gli errori che da ogni banda s'infiltrano, scorgiate quel che far vi convenga; e con ogni ardore e fortezza lo eseguiate. Vi assista colla Sua virtù Gesù Cristo autore e consumatore della nostra fede; vi assista coll'intercessione e coll'aiuto la Vergine Immacolata profligatrice di tutte le eresie.

E Noi, come pegno della Nostra carità e delle divine consolazioni fra tante contrarietà, impartiamo con ogni affetto a voi, al vostro clero ed ai vostri fedeli l'Apostolica Benedizione.

Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 8 settembre 1907, nell'anno V del Nostro Pontificato.

CONCLUSIONI

La divulgazione di questi errori va oltre il loro movimento e oltre i confini nazionali; entrano nelle parrocchie con sacerdoti, catechisti e giovani che, più o meno consciamente, cercano sotto l’apparenza di un buon comportamento ma in nome di un personale e falso dio, di inculcare una dottrina eretica che ha come fine la separazione dell’uomo dalla verità e da Dio.

Si consiglia per questo, tutti coloro che in buona fede frequentano questo movimento, di interessarsi della veridicità di questi fatti per il proprio e altrui bene e di non lasciarsi intimidire o scoraggiare in questo, sapendo cosa disse san Pio x a riguardo:

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

[...] l'audacia indicibile, con cui ogni stranezza che uno di loro proferisca, dagli altri è levata al cielo e decantata qual progresso della scienza; con cui, se taluno voglia da se stesso verificare il nuovo ritrovato, serratisi insieme lo assalgono, se talun lo neghi lo trattano da ignorante, se lo accolga e lo difenda lo ricoprono di encomî. Così non pochi restano ingannati che forse, se meglio vedessero le cose, ne sarebbero inorriditi. Da questo prepotente imporsi dei fuorviati, da questo incauto assentimento di animi leggeri nasce poi un quasi corrompimento di atmosfera che tutto penetra e diffonde per tutto il contagio. […]

Che se la dottrina e l'efficacia di chi li confuta dà loro timore, ne incidono i nervi colla congiura del silenzio. E questa maniera di fare a riguardo dei cattolici è tanto più odiosa perché nel medesimo tempo e senza modo né misura, con continue lodi esaltano chi sta dalla loro; [...].

Piangiamo pur troppo gran numero di giovani di speranze egregie e che ottimi servigi renderebbero alla Chiesa, usciti fuori dal retto cammino. Piangiamo moltissimi, che, sebbene non giunti tant'oltre, pure, respirata un'aria corrotta, sogliono pensare, parlare, scrivere più liberamente che non si convenga a cattolici. Si contano costoro fra i laici, si contano fra i sacerdoti; e chi lo crederebbe? si contano altresì nelle stesse famiglie dei Religiosi.

Per questo si invitano vivamente coloro che fanno parte di questo movimento, solo all’apparenza cattolico, di non farsi scrupoli a lasciarlo, per non trovarsi privi dell’amore di Dio a causa delle eresie di chi ha lasciato gli insegnamenti della santa Chiesa Cattolica.

Si invitano altresì coloro che hanno il dovere di occuparsi di queste cose, di prendere atto e di conseguenza i necessari provvedimenti, sapendo che quando non si compie il proprio dovere si appoggiano i nemici di Dio e si mettono in grave pericolo molte anime oltre che la propria.

È inoltre della massima gravità il fatto che anche tra coloro che hanno il compito di difendere la verità, vi è chi invece appoggia tali eresie; un esempio qui sotto.

“Un avvenimento di vita cioè una storia”

«Il punto di partenza è l'esperienza della fede come realtà. È affascinante vedere nei testi di questo libro - sorti ciascuno da un momento particolare, che in essi si riflette - l'intima passione e la ragionevolezza della fede che ispirano questa grande guida spirituale di uomini giovani e meno giovani».

Titolo di un libro di Luigi Giussani

 

Queste a fianco sono le parole di Joseph Ratzinger scritte nella presentazione di questo libro dove definisce Luigi Giussani "grande guida spirituale".

 Ma è con parole autoritarie che san Pio X e la santa Chiesa Cattolica condanna queste eresie, coloro che le propagano, nonché coloro che elogiano i maestri di questi errori. ¯

SAN PIO X - “PASCENDI DOMINICI GREGIS”

Assurdissimo è invece che cattolici e sacerdoti, i quali, come preferiamo credere, aborrono da tali enormità, si portino in fatto quasi le ammettessero. Giacché tali sono le lodi che tributano ai maestri di siffatti errori, tali gli onori che rendono loro pubblicamente, da dar agevolmente a supporre che essi non onorano già le persone, forse non prive di un qualche merito, ma piuttosto gli errori che quelle professano apertamente e cercano a tutt'uomo propagare. [...]

Chiunque in alcun modo sia infetto di modernismo, senza riguardi di sorta si tenga lontano dall'ufficio così di reggere e così d'insegnare: se già si trovi con tale incarico, ne sia rimosso. Parimente si faccia con chiunque o in segreto o apertamente favorisce il modernismo, sia lodando modernisti, sia attenuando la loro colpa, [...].

Né stimi veruno di avere adempiuto cotal dovere, se deferisca a Noi l'uno o l'altro libro mentre altri moltissimi si lasciano divulgare e diffondere. Né in ciò vi deve rattenere il sapere che l'autore di qualche libro abbia altrove ottenuto l'Irnprimatur; sì perché tal concessione può essere simulata, sì perché può essere stata fatta per trascuratezza o per troppa benignità e per troppa fiducia nel l'autore, il quale ultimo caso può talora avverarsi negli Ordini religiosi.

CONDANNE PONTIFICIE

GIOVANNI PAOLO II - AD TUENDAM FIDEM”

Lettera Apostolica data Motu Proprio con la quale vengono inserite alcune norme nel Codice di Diritto Canonico e nel Codice dei Canoni delle Chiese Orientali.

PER DIFENDERE LA FEDE della Chiesa Cattolica contro gli errori che insorgono da parte di alcuni fedeli, soprattutto di quelli che si dedicano di proposito alle discipline della sacra teologia, è sembrato assolutamente necessario a Noi, il cui compito precipuo è confermare i fratelli nella fede (cf Lc 22, 32), che nei testi vigenti del Codice di Diritto Canonico e del Codice dei Canoni delle Chiese Orientali vengano aggiunte norme con le quali espressamente sia imposto il dovere di osservare le verità proposte in modo definitivo dal Magistero della Chiesa, facendo anche menzione delle sanzioni canoniche riguardanti la stessa materia. […]

4. Spinti perciò da detta necessità abbiamo opportunamente deliberato di colmare questa lacuna della legge universale nel modo seguente:

A) Il can. 750 del Codice di Diritto Canonico d’ora in poi avrà due paragrafi, il primo dei quali consisterà del testo del canone vigente e il secondo presenterà un testo nuovo, cosicché nell’insieme il can. 750 suonerà:

Can. 750 - § 1. Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale, ossia quello che è manifestato dalla comune adesione dei fedeli sotto la guida del sacro magistero; di conseguenza tutti sono tenuti a evitare qualsiasi dottrina ad esse contraria.

§ 2. Si devono pure fermamente accogliere e ritenere anche tutte e singole le cose che vengono proposte definitivamente dal magistero della Chiesa circa la fede e i costumi, quelle cioè che sono richieste per custodire santamente ed esporre fedelmente lo stesso deposito della fede; si oppone dunque alla dottrina della Chiesa cattolica chi rifiuta le medesime proposizioni da tenersi definitivamente.

Nel can. 1371, n. 1 del Codice di Diritto Canonico sia congruentemente aggiunta la citazione del can. 750 § 2, cosicché lo stesso can. 1371 d’ora in poi nell’insieme suonerà:

Can. 1371 - Sia punito con una giusta pena:

1) chi oltre al caso di cui nel can. 1364 § 1, insegna una dottrina condannata dal Romano Pontefice o dal Concilio Ecumenico oppure respinge pertinacemente la dottrina di cui nel can. 750 § 2 o nel can. 752, ed ammonito dalla Sede Apostolica o dall'Ordinario non ritratta;

2) chi in altro modo non obbedisce alla Sede Apostolica, all'Ordinario o al Superiore che legittimamente gli comanda o gli proibisce, e dopo l'ammonizione persiste nella sua disobbedienza.

SAN PIO X - “LAMENTABILI SANE EXITU

Nota previa ed esplicativa

Il Motu Proprio "Praestantia Scripturae Sacrae" del 18 Novembre 1907, conferma espressamente le condanne inflitte dal Decreto Lamentabili e dall'Enciclica Pascendi: "Noi rinnoviamo e confermiamo, in virtù della Nostra Autorità Apostolica, tanto quel Decreto della Sacra Suprema Congregazione, quanto l'anzidetta Enciclica, aggiungendo la pena della scomunica a danno di coloro che contraddicono a questi documenti [...] Questa scomunica poi è indipendente dalle pene, nelle quali quanti mancheranno in ordine ai surriferiti documenti possano incorrere come propagatori e difensori di eresie, allorquando le proposizioni, opinioni o dottrine da essi propugnate siano eretiche; il che agli avversari dei due citati documenti accade in non pochi casi e principalmente allorché difendono gli errori del Modernismo, sintesi di tutte le eresie".